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4. DANNI CEREBELLARI E DEFICIT COGNITIVI

Il cervelletto è un’area chiave per il controllo e la regolazione delle funzioni del SNC;

inizialmente, si credeva implicato principalmente nelle funzioni motorie, ma negli ultimi anni le

evidenze che lo rendono partecipe anche a livello cognitivo ed emotivo sono sempre più

crescenti.

La prima evidenza che ha fornito supporto a questa ipotesi è il quadro sintomatologico dei

pazienti cerebellari, che hanno quindi subito lesioni di vario genere nella zona del cervelletto:

oltre a sintomi esclusivamente di dominio motorio (atassia statica/dinamica, ipotonia, tremore

posturale, ecc.), si aggiungono dei caratteristici sintomi cognitivi, che sono molto simili ai

sintomi derivanti da una lesione prefrontale.

Ciò ha portato gli studiosi ad inferiore che il cervelletto sia in comunicazione con le aree

prefrontali, e che con esse svolga una funzione condivisa, principalmente di ‘’controllore’’ di

funzioni quali attenzione, pianificazione, memoria di lavoro, linguaggio, funzioni visuo-spaziali e

apprendimento.

È stato dimostrato che, danni al cervelletto, non fanno sì che la funziona sia totalmente

deficitaria o assente, ma che venga meno il controllo su tale funzione, e pertanto risulta

parzialmente compromessa.

I deficit variano in funzione della localizzazione e della gravità del danno: ad esempio, pazienti

con lesioni focali (circoscritte a determinate aree) hanno delle problematiche legate quasi

esclusivamente alla funzione sottesa dall’area inficiata (es.: lesione focale lobulo IV sinistro,

deficit di tipo visuo-spaziale per la connessione controlaterale all’emisfero destro,

maggiormente responsabile delle info visuo-spaziali).

Lesioni che invece, coinvolgono aree più vaste, inficiano maggiormente il funzionamento

cognitivo e motorio del soggetto, come anche malattie di tipo neurodegenerativo (Parkinson e

Alzheimer).

5. CONNESSIONI CEREBELLO -CORTICALI

Il cervelletto si trova in connessione funzionale con varie aree cerebrali, non solo quelle

sensorimotorie, ma anche cognitive e affettive.

Sono stati individuati dei network attivi in determinate condizioni, come il DMN (PFC

dorsomediale, precuneo, PCC), attivo principalmente durante il riposo e la produzione di

pensieri autoriferiti o memoria autobiografica, oppure il CEN (PFCdl, corteccia parietale), attivo

in compiti cognitivi.

Questi network sono in connessione anche con alcune aree cerebellari; infatti, uno studio di

Olivito e colleghi del 2017 ha indagato l’alterazione funzionale di questi network in un gruppo

di persone appartenenti allo spettro autistico, poiché i deficit risultano compatibili con deficit

cerebellari (compromissione cognitiva, deficit nella ToM e disfunzioni sociali).

Lo studio ha mostrato proprio come aree cerebellari connesse con ai network della ToM (PFC,

giunzione temporoparietale) e del DMN (precuneo, PCC), quali lobuli V, VI, Crus I e II, risultino

funzionalmente alterate.

Si tratterebbe di una riduzione della connettività tra nucleo dentato e aree corticali

fondamentali per il riconoscimento delle intenzioni e stati mentali altrui, e una overconnettività

tra aree del cervelletto e aree dominio del DMN, che correlerebbe con la iperattivazione del

network, risultante nella caratteristica ‘’chiusura’’ sociale delle persone appartenenti allo

spettro.

Quindi, ricapitolando, alcune aree del cervelletto risultano essere connesse funzionalmente ad

alcune aree cerebrali, dominio di network attivi in differenti fasi.

Nella ToM, le aree principalmente implicate risultano essere Crus I e II, situate nella parte

posteriore del cervelletto, che risulta essere maggiormente implicata in processi cognitivi e

affettivi (aree supramodali, Schahmann).

6. RISONANZA MAGNETICO FUNZIONALE

È una tecnica di imaging funzionale molto utilizzata in neuroscienze, che, in quanto tale, valuta

le connessioni funzionali tra aree diverse del cervello e cervelletto misurando il flusso

sanguogno (> flusso, > implicazione dell’area).

Può essere applicata sia durante compiti cognitivi, per valuatre come le aree collaborino per

una determinata funzione cognitiva, oppure a riposo (resting state), per valutare come varie

aree collaborino in assenza di attività.

Da uno studio di O’Riley del 2010, è emerso in questa condizione (resting state) il contributo

del cervelletto in alcuni network fondamentali, tra cui il DMN, attivo principalmente durante

condizioni riposo, pensiero autocentrato e memoria autobiografica.

Sono emerse aree cerebellari funzionalmente connesse con nodi chiave del network (dmPFC,

PCC, precuneo e corteccia temporale laterale), ossia i lobuli VII, Crus I e II.

Questo studio fornisce evidenza anche alla differenziazione suggerita da Schahmann sulla

divisione anteroposteriore cerebellare: la parte più anteriore risulta connessa ad aree

somatomotorie della corteccia cerebrale, mentre la parte più posteriore ad aree importanti per

la sfera cognitiva ed affettiva.

Uno studio di Olivito e colleghi del 2017, invece, ha fornito maggior evidenza a questi studi

analizzando con fMRI le connessioni cerebro-cerebellari in soggetti affetti da atassia

spinocerebellare tipo 2 (SCA2), i quali hanno mostrato connessioni alterate tra le aree

supramodali posteriori del cervelletto e le aree target della corteccia cerebrale, allo stesso

modo di aree sensorimotorie anteriori e corteccia somatomotoria cerebrale.

Questo risultato correla con i deficit di natura sia motoria, che cognitiva dei pazienti cerebellari,

suggerendo a maggior ragione l’implicazione di entrambi i domini del cervelletto.

7. TMS (STIMOLAZIONE TRANS CRANICA) E TDCS (A CORRENTE DIRETTA)

Tecnica non invasiva che modula l’eccitabilità neuronale. Si basa sul principio di base die

neuroni, ossia la loro comunicazione elettrica, generata dal potenziale d’azione; infatti,

applicando una debole corrente sullo scalpo del soggetto, tramite un coil collegato ad un

macchinario che genera un campo magnetico (condensatore elettrico), si può modificare

l’eccitabilità di una popolazione neuronale sottostante all’area di applicazione.

Questa tecnica viene utilizzata per studiare come determinate aree reagiscono a determinati

stimoli. I protocolli sono principalmente online (durante l’esecuzione di un compito) o offline

(prima dell’esecuzione di un compito), e single pulse (stimoli singolo ogni 5-10 secondi) o

repetitive (treno di stimoli).

Per valutare poi l’effetto, vengono registrati i potenziali motori evocati (MEP) su una parte

periferica del copro (es.: mano), per verificare che lo stimolo abbia facilitato il tratto

corticospinale (aumento della risposta) o inibito (diminuzione della risposta).

La tCDS si basa sullo stesso principio, ma ha un effetto più duraturo, e viene utilizzato anche

nello studio e trattamento delle sintomatologie derivate da patologie degenerative e

psichiatriche.

In questo caso, vengono applicati due elettrodi sul soggetto, tra i quali passerà una corrente

molto bassa (1-2 mA), non percepita, la quale però andrà ad indurre una maggior eccitabilità

(corrente anodica, depolarizzante) o una minor eccitabilità (corrente catodica,

iperpolarizzante).

Uno studio di Ferrucci e colleghi del 2012 ha utilizzato questa tecnica per osservare il

miglioramento o peggioramento del riconoscimento di emozioni a valenza negativa, applicando

la corrente catodica (che inibisce) sulla zona della PFC.

Ha dimostrato che a seguito della stimolazione, il gruppo di partecipanti era peggiorato nel

riconoscere stimoli a valenza negativa (stimoli positivi inalterati), dimostrando che la zona della

PFC è strettamente correlata al riconoscimento di stimoli a valenza negativa.

Un altro studio, di Leggio e colleghi del 2012, ha utilizzato questa tecnica applicandola sulla

zona del verme cerebellare, per valutare la sua implicazione nel riconoscimento di stati mentali

altrui.

La corrente applicata era anodica, e ha generato pertanto una maggior efficienza dell’area

cerebellare: il risultato ha mostrato un miglioramento nella prestazione di riconoscimento

(RMET) nei partecipanti, il che ha come implicazione logica il fatto che l’area del verme, e

quindi più in generale il cervelletto, sia fortemente implicato nel riconoscimento degli stati

mentali altrui.

8. SINDROME COGNITIVO -AFFETTIVA CEREBELLARE (CCAS)

Quadro sintomatologico che si verifica a seguito di danno cerebellare, che ha principali sintomi

su due fronti, quello cognitivo e quello affettivo.

Dal punto di vista cognitivo, i sintomi più evidenti sono di deficit linguistici (fluency fonemica >

compromessa della fluency lessicale), deficit visuo-spaziali, di pianificazione e della memoria.

Dal punto di vista affettivo, la sindrome risulta in una maggior irritabilità, depressione,

malumore, ansia o disinibizione comportamentale.

Ciò accade perché sintomi che prima si attribuivano esclusivamente al dominio delle funzioni

cerebrali come PFC per la sfera cognitiva e sistema limbico per la sfera affettiva, negli ultimi

anni si è mostrato sempre più il coinvolgimento del cervelletto in queste componenti.

Pertanto, una lesione o danno al cervelletto, genera una compromissione (seppur meno grave)

delle componenti sì motorie, ma anche cognitive ed affettive.

9. ORGANIZZAZIONE TOPOGRAFICA CERVELLETTO

A livello cerebrale, le diverse parti del corpo sono rappresentate in corteccia somatosensoriale

nel cosiddetto Homunculus, che ha la caratteristica di rappresentare le varie zone in maniera

non realistica, ma in base alla maggiore sensibilità delle varie aree, e quindi in base al maggior

numero di stimoli che giungono in corteccia dalle zone del corpo (mano – molto grande,

schiena – molto piccola).

È stato scoperto che anche nel cervelletto vi è una mappa somatotopica, che risulta tuttavia

differente in certi aspetti, primo tra i quali la sua disposizione: è infatti detta rappresentazione

somatotopica frammentata, poiché la stessa area corporea viene rappresentata in maniera per

l’appunto frammentata, in più aree cerebellari, andando a creare una sorta di mosaico.

Questo ha un significato evolutivo e funzionale, poiché il cervelletto è implicato

nell’elaborazione della ripetitività degli stimoli, e quindi nell’anticipazione di eventi, in questo

modo è più pronto ad integrare le informazioni che giungono dall’esterno e dalla periferia del

corpo, coordinando vari aspetti contemporaneamente. Ciò, quindi, lo rende più adattivo, fa in

modo che l’integrazione sensoriale e motoria sia più rapida e complessa e che la coordinazione

avvenga in maniera rapida e contemporanea.

10. TEST DEGLI OCCHI

Il Reading the Mind in the Eyes Test (RMET) è un test molto utilizzato nella batteria

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Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/02 Psicobiologia e psicologia fisiologica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lauraquintiliani di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Neuroscienze sperimentali in ambito clinico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Leggio Maria.
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