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SEZ. III – L’INVESTIGAZIONE DIFENSIVA E LA LEGGE SULLA
13. Il codice in materia di protezione dei dati personali
privacy
La legge sulla (d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196 «codice in materia di protezione dei dati
privacy)
personali», o legge incide sulle indagini difensive penali sotto due profili: da un lato, le
investigazioni devono svolgersi in modo da garantire al loro interno la riservatezza dei dati raccolti
(ad esempio, la legge impone di adottare cautele nella conservazione delle notizie: art. 31 ss. legge
privacy); da un altro lato, le investigazioni all’esterno incontrano i limiti di riservatezza con i quali
gli interessati proteggono i dati della propria vita privata.
La clausola dell’inutilizzabilità . L’art. 11 del codice in materia di protezione dei dati personali
stabilisce che «i dati personali trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di
trattamento dei dati personali non possono essere utilizzati».
14. Le investigazioni difensive su dati personali “non sensibili” a)
Occorre tracciare una distinzione fondamentale tra l’investigazione difensiva: su dati “non
b)
sensibili”; su dati “sensibili”, quali sono quelli che riguardano l’origine razziale, le convinzioni
privacy
religiose, lo stato di salute e la vita sessuale e che sono previsti nella legge sulla (art. 26).
Quando l’investigazione difensiva ha per oggetto dati personali “non sensibili” sono superabili, a
privacy.
determinate condizioni, i più importanti limiti posti dalla legge sulla Non è necessario che
f);
l’interessato esprima il consenso al trattamento (art. 24 c. 1 lett. all’interessato non deve essere
data la comune informativa (art. 13) perché egli non ha il diritto di opporsi al trattamento (art. 8 c. 2
e).
lett.
Condizioni che autorizzano la deroga . I dati devono essere «trattati esclusivamente» per le
finalità concernenti l’investigazione difensiva o la tutela giudiziaria di un diritto e per il periodo
strettamente necessario al loro perseguimento; ove tali condizioni non siano rispettate, torna in
vigore l’ordinario regime del trattamento e le relative sanzioni previste dal codice in materia di
protezione dei dati personali in caso di inosservanza. In base alla normativa vigente per il processo
privacy,
penale, spetta al difensore indicare quelle finalità che, ai sensi della legge sulla
legittimeranno la deroga all’informativa e al consenso. I dati dovranno essere trattati
esclusivamente in relazione ad esse; la legge vuole evitare indagini che siano autonome rispetto ad
un procedimento penale.
Tempo strettamente necessario . La seconda condizione impone che i dati siano trattati «per il
periodo strettamente necessario al (...) perseguimento» delle finalità di indagine. Il termine è da
intendersi riferito alla formazione del giudicato sull’intera vicenda processuale, comprensiva della
questione del risarcimento del danno derivante dal reato; la legge vuole evitare, in sostanza, che
esistano fascicoli svincolati da una vicenda processuale. Fino al momento in cui interviene il
giudicato, il materiale raccolto non può essere usato ad altri fini.
Informativa . Vi è infine una terza condizione da rispettare. Quando si raccolgono informazioni
“personali” presso un soggetto, questi deve essere informato sulla finalità dell’intervista e sulla
privacy).
identità di colui che opera il trattamento (art. 13 c. 1 legge
Le investigazioni svolte personalmente dalle parti private . Le parti private possono svolgere
indagini personalmente, e cioè senza l’ausilio di un difensore; tuttavia l’indagine svolta
dall’imputato o dalla persona offesa non gode delle facilitazioni e dei poteri previsti per le
investigazioni “difensive”. Infatti, l’art. 327-bis c.p.p. si limita a regolare l’attività investigativa del
difensore, pur non vietando che i soggetti del procedimento penale compiano indagini
personalmente.
15. Le investigazioni difensive su dati personali “sensibili”
Il codice in materia di protezione dei dati personali (art. 26) permette che siano investigabili per
mezzo di indagini difensive tutti i dati personali “sensibili”: non soltanto la salute e la vita sessuale,
bensì anche l’origine razziale e le convinzioni religiose, filosofiche e politiche. Il difensore, che
agisca personalmente o mediante sostituti, praticanti o ausiliari che non siano investigatori, trova i
suoi poteri regolamentari nell’autorizzazione generale del Garante per la protezione dei dati
personali n. 4 del 2013. I dati sensibili relativi a persone diverse dal cliente possono essere trattati
«ove ciò sia strettamente indispensabile per l’esecuzione di specifiche prestazioni professionali
richieste dai clienti per scopi determinati e legittimi». I dati raccolti possono essere trattati solo per
b, privacy);
il tempo strettamente necessario al perseguimento di tale finalità (art. 13 c. 5 lett. codice
se invece il trattamento ha una durata eccedente tale periodo, è richiesta sia l’informativa che il
consenso scritto dell’interessato. C V
APITOLO
I L GIUDIZIO DI PRIMO GRADO
S . I – G
EZ LI ATTI PRELIMINARI AL DIBATTIMENTO
1. Considerazioni generali
Nel dibattimento la formazione della prova avviene nel contraddittorio: le parti pongono
direttamente le domande alle persone esaminate. Il dibattimento può essere oggetto di rinuncia da
parte dell’imputato, come avviene quando questi richiede lo svolgimento del giudizio abbreviato o
concorda col pubblico ministero l’applicazione della pena (c.d. patteggiamento).
Il c.d. processo di parti. Si ha “processo di parti” quando queste ultime dispongono sia dell’oggetto
del processo, sia delle prove. Tipico esempio di processo di parti è il processo civile: da un lato,
l’attore può disporre del diritto controverso (ad esempio, può effettuare una transazione); da un
altro lato, il giudice decide soltanto sulla base delle prove richieste dalle parti. Il processo penale
non accoglie lo schema del processo civile; in primo luogo, l’azione penale non è disponibile, bensì
obbligatoria: il pubblico ministero non può operare transazioni sull’imputazione (cioè sull’oggetto
del processo); in secondo luogo, le parti non hanno l’esclusiva disponibilità dei mezzi di prova: una
volta che sono state acquisite le prove da esse richieste, il giudice può assumere, nuove prove
d’ufficio se risulta assolutamente necessario; in terzo luogo, il giudice non è vincolato a decidere nei
limiti delle richieste delle parti: può assolvere o condannare ad una pena più grave di quella
richiesta dal pubblico ministero. Il giudice nel decidere è vincolato soltanto all’osservanza della
legge. L’unico vero limite al potere decisionale del giudice consiste nel fatto storico enunciato
nell’imputazione (art. 521, c. 1); egli può dare al fatto storico una definizione giuridica diversa da
quella enunciata nell’imputazione, purché il reato non ecceda la sua competenza; pertanto può
modificare soltanto il titolo di reato (e cioè la qualificazione giuridica del fatto storico).
2. Gli atti preliminari al dibattimento
La fase degli atti preliminari al dibattimento ha inizio nel momento in cui la cancelleria del giudice
competente riceve il decreto che dispone il giudizio ed il fascicolo per il dibattimento e termina nel
momento in cui, in udienza, il presidente dell’organo giudicante dichiara aperto il dibattimento. In
questa fase sono compiute attività sia dalle parti, sia dal presidente; l’intervento del collegio è
soltanto eventuale, qualora sia pronunciato il proscioglimento anticipato. Al termine dell’udienza
preliminare, nel momento in cui redige il decreto che dispone il giudizio, il giudice chiede al
presidente dell’organo competente il giorno e l’ora dell’udienza dibattimentale. Di essi è data
comunicazione alle parti presenti all’udienza preliminare mediante lettura del decreto mentre per
le parti assenti esso è notificato.
La funzione necessaria. La fase degli atti preliminari al dibattimento svolge la funzione di svelare
quali sono i testimoni, consulenti tecnici, periti e imputati connessi dei quali una parte intende
chiedere l’ammissione in dibattimento al momento delle richieste di prova; a tale scopo ogni parte
ha l’onere di depositare una lista contenente i nomi delle persone menzionate (art. 468, c. 1).
Le funzioni eventuali. La fase degli atti preliminari al dibattimento può svolgere altre tre funzioni
1)
eventuali, e cioè: ottenere dal presidente del collegio giudicante l’autorizzazione alla citazione dei
2)
testimoni, consulenti tecnici, periti e imputati connessi (art. 468, c. 2); permettere l’assunzione di
3)
prove urgenti (art. 467); permettere la pronuncia di una sentenza anticipata di proscioglimento
(art. 469).
3. La lista dei testimoni, consulenti tecnici, periti e imputati connessi
In base all’art. 468, c. 1, le parti che intendono chiedere l’esame di testimoni, periti, consulenti
tecnici e imputati connessi o collegati devono depositare in cancelleria, almeno sette giorni prima
della data fissata per il dibattimento, la lista con la indicazione delle circostanze su cui deve vertere
l’esame.
L’indicazione dei mezzi da assumere a prova principale . Il codice impone un vero e proprio
“onere” di svelare in anticipo i mezzi di prova dichiarativa che la parte intende assumere in
dibattimento a titolo di prova principale; in caso di inosservanza di tale onere, scatta la sanzione
della inammissibilità. Nella lista devono essere indicati i testimoni, periti o consulenti tecnici e
imputati connessi e collegati che una parte intende sentire in dibattimento. Non devono essere
indicate le parti private, perché queste godono del potere di non consentire all’esame. La dottrina
discovery,
tradizionale ritiene che la funzione della lista sia quella di permettere la e cioè di
assicurare una previa conoscenza alle altre parti, in modo da evitare “prove a sorpresa”. In effetti,
ciascuna delle parti ha diritto ad esaminare in cancelleria le liste presentate dalle altre parti ed in tal
modo può conoscere per tempo quella che sarà la prevedibile richiesta di ammissione di prove che
le altre parti formuleranno nel corso delle richieste introduttive.
Il diritto all’ammissione della prova contraria . La funzione più importante delle liste consiste nel
mettere in grado ciascuna delle parti di esercitare il proprio diritto all’ammissione della prova
contraria (art. 468, c. 4); altra funzione