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MLN).
Come abbiamo detto occorre il riconoscimento della comunità internazionale affinché un
movimento di liberazione nazionale sia legittimo, come nel caso del movimento di liberazione
nazionale sorto in Angola, territorio collocato sopra la Namibia, ed ex colonia portoghese.
Resta il fatto che ad un certo punto vi erano tre presunti e contrapposti movimenti di liberazione
nazionale angolani, e per stabilire quale fosse quello legittimo si era guardato alla scelta
dell’organizzazione per l’unità africana, la quale aveva riconosciuto nel 1975 il movimento
popolare per la liberazione dell’Angola come legittimo rappresentante del popolo angolano
nell’esercizio del suo diritto all’autodeterminazione.
Solitamente dunque l’AG delle NU accetta il riconoscimento del MLN effettuato
dall’organizzazione regionale interessata.
Riguardo la situazione del Sahara occidentale: era colonia spagnola fino al 1975, poi la Spagna
rinuncia al possedimento, ma il processo di autodeterminazione del popolo saharawi viene impedito
perché subentra l’occupazione militare del Marocco, che si annette la zona.
È un chiaro esempio di negazione del diritto all’autodeterminazione, per cui la situazione viene
condannata dalla comunità internazionale.
Interviene allora il cds, che nel 1991 adotta una risoluzione per favorire una soluzione pacifica della
questione, in cui sanciva che doveva tenersi un referendum per far decidere alla popolazione
saharawi il suo destino.
Il problema è che tutt’oggi tale referendum non è stato effettuato legittimamente, sicché il Marocco
aveva cambiato la composizione demografica della popolazione stanziata nel Sahara occidentale,
inserendo al suo interno propri cittadini al fine di aumentare la popolazione favorevole alla presenza
marocchina.
La situazione è delicata, dal momento che il territorio in questione è ricco di materie prime, e che il
mare antistante ad esso è ricco di pesce, tant’è che l’UE aveva stipulato degli accordi con il
Marocco per sfruttare le risorse del Sahara occidentale.
Questo ha suscitato molte proteste, e la cosa è arrivata davanti alla Corte di Giustizia dell’UE, che
ha riconosciuto come questo accordo non possa essere applicato al Sahara occidentale, dato che vi è
la presenza di un’occupazione militare illegittima sul questo territorio.
Di conseguenza emerge come la potenza occupante non possa gestire il territorio occupato a suo
vantaggio, perché c’è il diritto all’autodeterminazione che deve essere rispettato.
Lo stesso avviene per quanto riguarda l’OLP.
Anche qui il riconoscimento ufficiale internazionale del movimento di liberazione nazionale passa
dalla lega araba, l’organizzazione regionale competente, che riconosce l’OLP come membro a pieno
diritto della lega stessa nel 1976 (per cui la Palestina viene riconosciuta come uno Stato).
A livello internazionale in altri ambiti l’OLP non era riconosciuto, per cui gli stessi accordi di Camp
David degli anni immediatamente successivi tra Egitto e Israele, che cercano di risolvere la
questione palestinese, non vedono il suo coinvolgimento.
La maggioranza degli Stati riterrà invalidi tali accordi.
L’OLP verrà riconosciuto da Israele solo nel 1994, anno in cui stipula i primi accordi con esso.
Ecco che nasce l’autorità nazionale palestinese come suo successore.
È stata un’esistenza travagliata quella dell’OLP, il quale aveva lo status di membro osservatore alle
NU, non di Stato vero e proprio (i suoi delegati potevano assistere ai lavori delle NU).
Ad un certo punto gli Usa decidono di impedire di entrare sul proprio territorio i delegati
palestinesi, considerando l’organizzazione in questione come terroristica.
Si va davanti alla CIG, che afferma come gli Usa non possono impedire l’entrata alle NU di coloro
che assistono ai suoi lavori (questi si svolgono a New York).
C’è infatti un accordo tra USA e NU con cui gli Usa accettano la presenza alle NU da parte di tutti
coloro che venivano accettati dalle NU stesse.
Resta il fatto che la Palestina aspira ad essere riconosciuta come Stato, per cui in cds si sono aperti i
dibattiti per decidere se ammetterla come Stato a pieno titolo alle NU.
Oggi essa è riconosciuta come tale da 130 Stati, è stata ammessa all’Unesco, ha aderito a vari
trattati internazionali (es ha riconosciuto tutto il corpo normativo del diritto umanitario, come le
convenzioni di Ginevra e i protocolli del 1977).
Da qui ad affermare che essa sia uno Stato vero e proprio ci sono delle perplessità.
Manca infatti la sovranità, la piena ed esclusiva sovranità su un territorio, che è elemento costitutivo
di uno Stato (si parla di statualità ridotta).
Essa ha comunque chiesto di aderire anche allo statuto della Corte Penale Internazionale, e ha
aderito alla convenzione delle NU sul diritto del mare, passi importanti che caratterizzano
l’esistenza di uno Stato.
Manca forse ancora qualcosa affinché si possa affermare che la Palestina è uno Stato, così come
emerso in una sentenza della Cassazione italiana degli anni ‘80, che aveva riconosciuto come l’OLP
non potesse essere considerata uno Stato soggetto di diritto internazionale a tutti gli effetti.
Era comunque un MLN con una soggettività internazionale, poiché con la sua attività andava ad
interagire con gli altri Stati.
Ora le cose sono migliorate, ma resta il fatto che veniva confermata la triade popolo, governo e
territorio per quanto riguarda gli elementi costitutivi di uno Stato, cosa che non permetteva all’OLP
di essere considerata appunto a pieno titolo soggetto di diritto internazionale.
Oggi la Palestina è riconosciuta ufficialmente dall’AG, che afferma il suo diritto
all’autodeterminazione, per cui invita tutte le agenzie delle NU a prestare supporto a tal fine.
Lezione completa
Lezione 22 del 23 aprile
Stavamo parlando del principio di autodeterminazione dei popoli, una delle regole fondamentali del
diritto internazionale, il quale comporta il diritto di un popolo a lottare contro 3 particolari forme di
oppressione: dominio coloniale, razzista o straniero.
Uno dei classici casi in merito a tale principio è rappresentato dal problema dei territori palestinesi
occupati, e questo aspetto del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese è stato affrontato
nel parere chiesto dall’AG alla CIG circa le conseguenze giuridiche derivanti dalla costruzione di
un muro nei territori palestinesi occupati, per l’appunto.
Come abbiamo visto non vi sono problemi se il muro segue la linea di confine tra il territorio
israeliano e il territorio palestinese occupato. Il problema è che in alcuni tratti penetra in profondità
nel territorio palestinese occupato, andando ad inglobare alcune sue aree, e determinandone una
vera e propria annessione. Ciò comporta l’isolamento totale dei centri urbani.
Ecco che la CIG in questo parere considera l’affermazione del diritto all’autodeterminazione del
popolo palestinese.
Abbiamo detto che il riconoscimento dell’autodeterminazione passa attraverso la lotta di
quell’organismo che rappresenta il popolo nella lotta all’autodeterminazione medesima, ovvero il
movimento di liberazione nazionale.
Il rappresentante del popolo palestinese è l’OLP, che nel 1993 ha stipulato un accordo con Israele
per cercare di risolvere la questione del contrasto con la Palestina.
Esso era già stato riconosciuto dalla comunità internazionale, nonché dalle organizzazioni regionali
competenti a gestire le crisi che sorgono in una certa zona geografica.
Nel 1993 c’è uno scambio di lettere tra il governo israeliano e l’OLP, con cui i due enti si
riconoscono per la prima volta reciprocamente, accettando di iniziare colloqui di pace.
Fino ad allora Israele non aveva infatti riconosciuto l’OLP come legittimo rappresentante del
popolo palestinese, ma anzi lo considerava un’organizzazione terroristica.
Ecco che a questo punto il movimento di liberazione nazionale svolge anch’esso un ruolo rilevante
a livello internazionale, entrando in contatto con organizzazioni internazionali o con gli Stati stessi.
Detto ciò, ci sono dei buoni propositi, ma evidentemente tali accordi di pace non hanno avuto
successo, vista la situazione attuale.
Il primo ministro israeliano è stato infatti poi ucciso da un fondamentalista ebreo, e dopodiché non
c’è stato più alcun miglioramento della situazione.
A gennaio del 2023 l’AG si è rivolta alla CIG per pronunciarsi in merito alle conseguenze
giuridiche derivanti dalla pratica israeliana nei territori palestinesi occupati, con questo
trasferimento di cittadini israeliani che vanno ad alterare la composizione demografica dei territori
stessi (cosa vietata dal diritto umanitario).
Nel 2004 la CIG affermava anche che la costruzione del muro impediva l’affermazione del
principio di autodeterminazione del popolo palestinese.
Nella domanda rivolta dall’AG l’anno precedente si chiedeva di determinare le conseguenze
giuridiche derivanti dalla continua violazione del diritto all’autodeterminazione da parte di Israele.
La questione è ancora aperta.
Abbiamo detto che il principio di autodeterminazione può essere ottenuto anche con l’uso della
forza armata da parte del movimento di liberazione nazionale.
Ciò significa che come estrema conseguenza si può arrivare ad uno scenario bellico tra le forze
armate di uno Stato e questo movimento di liberazione nella sua componente militare.
Solitamente tali gruppi di liberazione hanno infatti anche forze armate, non solo una forza
diplomatica.
Ecco allora che il fenomeno bellico che sorge tra lo Stato e il movimento di liberazione nazionale
viene considerato anche nel primo protocollo addizionale alla convenzione di Ginevra del 1977, che
disciplina i conflitti internazionali.
La lotta dei popoli contro un domino razzista, coloniale o straniero viene infatti considerato come
conflitto armato di carattere internazionale, anche se vede coinvolti non due Stati, ma uno Stato e un
movimento di liberazione nazionale.
Quindi i conflitti internazionali possono essere anche di tale tipo.
Considerare un conflitto internazionale la lotta armata tra uno Stato e un movimento di liberazione
nazionale comporta il fatto che i membri del movimento di liberazione nazionale devono rispettare
il diritto dei conflitti armati, e qualora venissero catturati avranno diritto di essere considerati
prigionieri di guerra, per cui non potranno essere processati per atti commessi durante le ostilità.
Questo va a sottolineare l’importanza del principio di autodeterminazione e del movimento di
liberazione nazionale.
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