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1. PIANO ATTESTATO DI RISANAMENTO:
Il legislatore è consapevole che nessuno meglio del debitore è in condizione di percepire la
crisi economica dell’azienda; i creditori sono tendenzialmente sono coloro i quali
percepiscono la crisi quando essa si è manifestata (esempio quando l’imprenditore non paga
più e non hanno soddisfatto i propri diritti), ma la crisi non è verificabile quando il debitore
è inadempiente, l’inadempimento se sistematico è una espressione/manifestazione
dell’insolvenza.
I creditori se percepiscono la crisi in conseguenza dell’inadempimento (salvo alcuni
particolari creditori come per esempio le banche che svolgono un’analisi precisa dei bilanci
e report periodici) è una percezione ritardata in termini temporali rispetto la posizione
dell’imprenditore.
Allora la legge dice che l’imprenditore in crisi (ma anche insolvente), dunque
quell’imprenditore che ha una percezione immediata della difficoltà ad adempiere, può
proporre ai suoi creditori un accordo di esecuzione di un piano in esecuzione attestato di
risanamento, articolo 56 codice della crisi, mentre articolo 67 legge fallimentare.
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“L’imprenditore in stato di crisi o insolvenza può predisporre un piano rivolto ai
creditori che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria
dell’impresa e a riassicurare un equilibrio della situazione finanziaria” quindi il
debitore- imprenditore insolvente o in crisi, che ha questa percezione, può predisporre un
piano rivolto ai creditori che risana l’azienda.
Sono due concetti che mettono assieme i valori che la legge vuol tutelare e quindi tutela
continuità aziendale.
Notiamo che chi predispone il piano è lo stesso debitore, non è stato espulso o spossessato,
l’imprenditore crea lo strumento e in questa operazione è protagonista e proponente nei
confronti dei suoi creditori.
Qui usciamo dall’idea dello strumento ed entriamo nel rito per attuare il piano, quindi
seguire un procedimento per renderlo trasparente ed oggettivamente efficiente:
Il piano deve avere data certa e deve indicare la situazione economico-patrimoniale-
finanziaria dell’impresa, le cause della crisi, le strategie di intervento e i tempi
necessari per assicurare l’equilibrio della situazione finanziaria, i creditori e
l’ammontare crediti dei quali si propone la rinegoziazione e lo stato delle eventuali
trattative, nonché l’elenco dei creditori estranei con indicazione delle risorse destinate
all'integrale soddisfacimento dei loro crediti alla data di scadenza, gli apporti di
finanza nuova, i tempi delle azioni da compiere, il piano industriale e i suoi effetti.
Ora andiamo all’attestato: un professionista indipendente deve attestare la veridicità dei
dati aziendali e la fattibilità economica del piano; infine il piano e gli accordi conclusi
con i creditori possono essere pubblicato nel registro delle imprese su richiesta del
debitore.
La legge costruisce dunque questa procedure che abbiamo spiegato. Tutte le informazioni
sono necessarie poiché i creditori dovranno valutarlo.
Il piano deve occuparsi di un problema ovvero se, per esempio, abbiamo 100 creditori ed
aderiscono solo 50?
Infatti i creditori non sono obbligati ad aderire, è un accordo non sono obbligati. In questo
caso c’è asimmetria tra i creditori medesimi, quindi la prima cosa che occorre effettuare è
che non può trascurare l’imprenditore gli uni dagli altri e gli altri non trattarli, poiché ha
l’obbligo di indicare quale elenco dei creditori estranei con le risorse destinate all’integrale
soddisfacimento dei loro credenti alla dati di scadenza.
Dunque c’è un problema di trattamento di creditori che non aderiscono che deve essere
regolato.
Altro elemento è la attestazione, cioè l’imprenditore che propone il piano non può agire in
modo superficiale, non può agire affidando la composizione della ristrutturazione del suo
debito guardando una impostazione del tutto personale ma deve, proprio perché ci sono in
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gioco gli interessi di terzi, avere un supporto ovvero una attestazione da parte di un
professionista, e questa attestazione è soprattuto una tutela dei creditori, la quale afferma
che quei dati siano veri.
Il secondo passaggio attiene invece alla tutela dei creditori dal profilo non della verità dei
dati (quella di prima) ma della fattibilità poiché il creditore non può essere chiamato ad
accordarsi rispetto ad una limitazione del suo diritto di credito vanamente, ma deve essere
chiamato a farlo con piena cognizione rispetto ad una valutazione attestata svolta da un
professionista esterno.
Domanda collega: questa è una limitazione per l’imprenditore?
Prof: In parte sì. Il contratto in sé pone dei vincoli all’imprenditore (debitore) e ai creditori,
non ci sono dubbi… tutti i diritti sono compressi in questa situazione, però qui le
compressioni sono compressioni che dischiudono il risanamento dell’impresa e valorizzano
la continuità aziendale.
Un aspetto importante è quello che occorre questa attestazione ma occorre anche che
l’imprenditore si faccia carico di pagare i creditori non aderenti.
Qui il correttivo con la sua integrazione: “nonché l’elenco dei creditori estranei con
indicazione delle risorse destinate all'integrale soddisfacimento dei loro crediti alla data di
scadenza”
Il correttivo costruisce la figura dei creditori estranei all’accordo nella prospettiva
dell’informativa che l’imprenditore deve dare ai creditori affinché valutino l’accordo di
risanamento, ma nel dare questa informativa ci fa capire che i creditori estranei devono
essere pagati al 100% e nei termini idonei, quindi proprio perché non sono aderenti devono
trovare soddisfacimento con logiche diverse. Dunque qui troviamo una asimmetria
informativa.
Questa asimmetria è frutto di una valutazione individuale di ciascun creditore, cioè il
creditore potrebbe trovare conveniente questa soluzione (il risanamento) piuttosto che
arroccarsi di una linea di assoluto rigore che magari non agevola la realizzazione
dell’equilibrio finanziario e quindi si potrebbe porre in modo antitetico al modo che si vuol
raggiungere, che è quello di riavviare il rapporto obbligatorio.
Esempio: un creditore deve avere 100.000 euro ma continua a lavorare con quella azienda,
mentre un altro creditore con 20-30.000 ha smesso di lavorare; il primo potrebbe dire
‘continuo a lavorare anche se sul credito pregresso prendo meno’ oppure il secondo
creditore potrebbe dire ‘non ho motivo di accettare’ visto che non lavora più con
quell’azienda.
Come notiamo sono tutte valutazioni a carattere individuale che non sono sindacabili ma
che comunque compongono l’accordo, poiché il debitore dovendo mettere da parte risorse
idonee sufficienti ad alimentare il debito che ha nei confronti di coloro i quali non
aderiscono, dovendo mettere da parte tali risorse finisce per incidere sulla realizzazione del
piano, poiché tanto più crescono queste risorse extra (rispetto il risanamento) tanto meno
efficace sarà il piano di risanamento (è intuitivo). Pagina 4 di 7
Ultimo profilo di questa procedura che è necessario cogliere: la legge crea degli strumenti
per favorire l’accordo; quale nel nostro caso?
Nella legge fallimentare questa regola è contenuta nell’articolo 67 comma 3 lettera d.
Nel Codice della crisi: articolo 166 comma 3 lettera d.
“Non sono soggetti all’azione revocatoria gli atti, i pagamenti effettuati, le garanzie
concesse sui beni del debitore, posti in essere nell’esecuzione del piano attestato di cui
all’articolo 56, l’esclusione non opera in caso di dolo o colpa grave dell’attentatore o di dolo
o colpa grave del debitore, quando il creditore ne era a conoscenza al momento del
compimento dell’atto, del pagamento o della costruzione della garanzia. L’esclusione opera
anche con riguardo dell’azione revocatoria ordinaria”
Che significa? Che se il debitore, nonostante il piano di risanamento, fallisse, e quindi i
pagamenti fossero oggetto di revocatoria ebbene, quei pagamenti che l’imprenditore in crisi
ha eseguito ai suoi creditori, in forza del piano, non possono essere revocati. Quindi chi
riceve non ha un rischio revocatorio, dunque non subire il rischio revocatorio, significa non
essere vittima di un’azione del curatore che ne richiede la restituzione, poiché la legge
protegge tale pagamento tutelando il creditore. Quindi il pagamento consente al creditore di
percepire la somma serenamente senza dover poi essere chiamato a restituirla
ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI (art. 57 codice della crisi): gli
accordi di ristrutturazione dei debiti sono conclusi dall’imprenditore anche non commerciale
e diverso dall’imprenditore minore, in stato di crisi o di insolvenza con i creditori che
rappresentano almeno il 60% dei crediti e sono soggetti ad omologazione ai sensi dell’art.48
(codice della crisi) (legge fallimentare art. 142 bis). Gli accordi devono contenere
l’indicazione degli elementi del piano economico finanziario che ne consentono
l’esecuzione.
Il piano deve essere redatto secondo le modalità indicate dall’art. 56.
Gli accordi devono essere idonei ad assicurare il pagamento integrale dei creditori estranei,
nei seguenti termini: entro 120 giorni dall’omologazione in caso di crediti già scaduti, entro
120 giorni dalla scadenza in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell’omologazione.
Un professionista indipendente deve attestare l’attendibilità dei dati aziendali e la fattibilità
del piano; l’attestazione deve specificare l’idoneità dell’accordo in grado di assicurare le
modalità di pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei termini di cui al comma n. 3.
Questa è una procedura quasi uguale a quella esposta dall’art. 56, ma ha delle caratteristiche
distintive che la rendono singolare; perché la rendono singolare, quali sono gli elementi
distintivi? Innanzitutto la omologazione, cioè il fatto che trova ai sensi del tribunale
un’analisi tecnico giuridica di validità e fattibilità, la procedura viene così ricondotta
nell’ambito degli strumenti giudiziali soggetti ad omologazione. Altro elemento attiene alla
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protezione che il debitore riceve per effetto dell’accordo di ristrutturazione (nel momento in
cui l’accordo di ristrutturazione dei debiti viene pubblicato nel registro delle imprese, p