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PSICOLOGICO TIPICO E ATIPICO
In qualsiasi studio che riguarda l’aspetto psicologico della personalità umana non bisogna mai
dimenticare che essa è costituita innanzitutto da un organismo biologico, che ha un impatto notevole sui
tutti i processi mentali dell’individuo.
Per quel che concerne il rapporto tra mente è cervello, per , non bisogna immaginare un relazione di
tipo speculare come se ogni evento mentale fosse la traduzione di un evento neuro-fisiologico, ma come
un evento che pur poggiando su tale base ha una sua manifestazione sua tipica.
Luca Ciompi, uno dei maggiori studiosi della schizofrenia, nell’esplicitare questo concetto ebbe a dire:
“La mente ha le radici nella biologia del cervello, ma è tutt’altra cosa”.
Altri autori immaginano, invece, l’aspetto mentale come legato a una dimensione trans-personale della
consapevolezza; quindi come una sostanza che agisce nel corpo, ma non appartiene al corpo e ha una
dimensione spirituale universale.
Comunque ci è chiaro dal punto di vista scientifico che alcune alterazioni genetiche, del sistema nervoso
centrale o suo mancato sviluppo producono patologie molto gravi.
Questa constatazione ci offre qui l’opportunità di distinguere le patologie che hanno una causa biologica
da quelle funzionali, che si sviluppano per la carenza o per la distruttività di relazioni nei contesti di
accadimento della persona.
Tra le patologie funzionali sulla scorta dell’insegnamento di vari autori importanti, per l’influenza della
psichiatria psico-dinamica e per l’evoluzione scientifica della psicoterapia contemporanea, includiamo le
nevrosi, gli stati borderline e la psicosi.
Questi disturbi sicuramente presentano livelli diversi di gravità e si sviluppano in periodi
cronologicamente diversi e successivi durante lo sviluppo psicologico della personalità. (psicosi/
simbiosi, stati borderline/separazione-individuazione, nevrosi/mancata risoluzione del conflitto edipico).
Ore se l’essere umano non presenta alterazioni biologiche, neuro-fisiologiche o danni dovuti a traumi o
stress, nei punti di partenza della sua crescita psicologica, sicuramente svilupperà una personalità che
attraverserà le varie fasi della vita in modo relativamente sereno.
Quindi per una sana crescita psicologica durante l’infanzia ci dovrà essere una madre che non solo
garantisce il nutrimento al proprio piccolo, ma che è in grado di trasmettere il suo calore e la sua
vicinanza affettiva.
Tutto ci ella lo comunica attraverso la gioia con cui lo guarda, con il suo sorriso e con l’attenzione
costante ai suoi bisogni e cambiamenti d’umore.
In questo modo tra madre e figlio si crea uno scambio continuo di messaggi corporei ricchi di significato
relazionale, che saranno, non solo, una base sicura per la costruzione di un attaccamento salutare tra
loro, ma permetteranno al bambino di incamerare quella fiducia di base utile per le sue relazioni future.
Questa base affettiva sicura poi lancerà il bambino verso un’adolescenza che gli permetterà, anche
attraverso le relazioni con i coetanei e la lunga scolarizzazione, di gestire i conflitti inerenti alle relazioni
umane.
Un bambino così che poi diventa un adolescente non problematico sarà in grado di entrare nel mondo
degli adulti con un assetto psicologico positivo di base, che muterà, comunque, durante l’intero arco
della sua esistenza, a seconda delle interazioni con il suo ambiente sociale.
Uno sviluppo sanno della sua personalità gli consentirà di entrare nel mondo del lavoro, di accedere ad
una dimensione affettiva di coppia, di procreare dei figli e gestire la loro educazione. Una tale persona,
poi, durante l’anzianità che pu essere un periodo caratterizzato da una certa fragilità e dal bisogno di
essere sostenuti, potrebbe, invece, essere ancora attivo come persona ed utilizzare la saggezza
acquisita per essere un punto di riferimento per i giovani.
Per quanto concerne, invece, poi i soggetti che presentano un danno neurologico, un mancato sviluppo
dell’area cerebrale o un’alterazione genetica, sappiamo che evidenziano caratteristiche nel loro modo di
percepire e di pensare completamente diverse.
Nella scuola di oggi possiamo trovare, infatti, ragazzi che presentano un’alterazione psicologica molto
grave legata ad alcuni fattori biologici; i fattori che generano una tale anomalia vengono definiti “Disturbi
generalizzati dello sviluppo” e sono: “ il Disturbo di Asperger, il Disturbo di Rett, il Disturbo disintegrativo
dell’infanzia, il Disturbo generalizzato (pervasivo) dello Sviluppo, Il Disturbo Autistico,
I ragazzi affetti dal disturbo di Asperger, come gli autistici, manifestano compromissione nell’interazione
sociale, un’alterazione del comportamento e un mancato interesse per le cose, mentre presentano una
buona capacità linguistica e cognitiva.
Le capacità cognitive che permettono loro di avere risultati nei test di intelligenza, nella media o superiori,
alla media ha permesso di definirli come autistici ad alto funzionamento.
Per poi si osservano varie limiti nella interazione sociale; infatti presentano una compromissione di tutti
quei messaggi non verbali che regolano la comunicazione umana. (mimica, gestualità, sguardo, postura
ecc.)
Inoltre non condividono con gli altri interessi e sono incapaci di sviluppare relazioni adeguate con i
coetanei.
Manifestano poi interessi limitati, rituali rigidi e specifici, manierismi motori (innaturali, artificiali), un
linguaggio scarsamente comunicativo, un pensiero confuso e sono goffi nel movimento.
La sindrome di Rett, invece, pare venga solo riscontrata nelle femmine; si tratta di una patologia genetica
ed è caratterizzata da una inadeguata crescita cerebrale.
Dopo un periodo di sviluppo normale nei primi sei mesi di vita si assiste a una perdita delle cognizioni
precedentemente acquisite o a un loro deterioramento con la presenza di una microcefalia, che si
manifesta con un deficiente sviluppo del cranio accompagnato, in genere, da deficienza mentale.
Si osserva in queste bambine una perdita delle capacità manuali finalistiche con una tendenza a
sviluppare attività stereotipate.
Le loro capacità comunicative sono fortemente compromesse sia dal punto di vista della comunicazione,
che della ricezione dei messaggi.
La durata della loro vita non è lunga a causa di infezioni delle vie respiratorie o per disturbi cardiaci.
Il disturbo disintegrativo dell’infanzia, poi, fu diagnosticato dallo psichiatra austriaco Theodore Heller,
che definì questa condizione come una forma di demenza infantile.
Questi bambini nei primi due anni di vita presentano uno sviluppo normale nelle capacità di
comunicazione, nel gioco e nelle relazioni sociali.
Dopo i primi due anni, per , il bambino va incontro a una perdita significativa di capacità già acquisite
come l’espressione e la ricezione del linguaggio, le capacità sociali, il gioco, le capacità motorie, il
controllo sfinterico.
Il periodo di regressione pu manifestarsi in pochi giorno o in un lasso di tempo di alcuni mesi, seguito,
in genere, da un modesto recupero nel linguaggio espressivo.
La patologia si manifesta anche con un grave ritardo mentale, anomalie del tracciato
elettroencefalografico o epilessia.
Poi ci sono una serie di disturbi che presentano caratteristiche simili a quelle dell’autismo e che vengono
inquadrati con la diagnosi di disturbo generalizzato dello sviluppo non altrimenti specificato.
Questa sindrome si manifesta dopo i tre anni e non manifesta caratteristiche tipicamente autistiche.
Infatti si osserva una compromissione delle capacità di relazione sociale e della capacità di
comunicazione verbale e non verbale e sono presenti atteggiamenti stereotipati, ma non sono tali da
emettere una diagnosi di autismo.
Tra i disturbi, fin d’ora elencati, sicuramente quello più noto è il disturbo autistico; questo termine fu
utilizzato da Eugene Bleulerper descrivere la chiusura in se stessi dei pazienti schizofrenici.
In seguito Leo Kannerlo utilizz per indicare una sindrome specifica che aveva osservato in alcuni
bambini che erano chiusi in se stessi e avevano problemi di comunicazione, socializzazione e
comportamentali.
Probabilmente dietro questa concezione sicuramente c’era l’idea che ci fosse in questi ragazzi un Io
gravemente compromesso, incapace di aprirsi alla realtà; ma probabilmente, invece, questi bambini
vivono in un universo fatto solo di sensazioni (sensualità)scollegate da qualsiasi punto di riferimento.
Probabilmente sensazioni che non appartengono a nessun cosa che possa definirsi come un minimo
abbozzo di identità e che non hanno, quindi, la minima possibilità di diventare emozioni.
Comunque dopo una serie di interpretazioni di tipo psicoanalitico che cercavano la causa del disturbo
nelle prime interazioni con la figura materna (madre frigorifero), oggi ormai una cosa certa è che il
disturbo ha una causa di origine biologica e probabilmente in un danno genetico.
Il DSM-V ha individuato una serie di criteri diagnostici di tipo psicologico, che orientano verso la diagnosi
di autismo e che sono:
A. Deficit persistente della comunicazione sociale e nell’interazione sociale in molteplici contesti, come
manifestato dai seguenti fattori:
Deficit della reciprocità socio-emotiva, che vanno da un approccio sociale anomalo e dal fallimento della
normale reciprocità della conversazione, a una ridotta condivisione di emozioni o sentimenti, alla
incapacità di dare inizio o di rispondere a interazioni sociali.
Deficit dei comportamenti comunicativi non verbali per l’interazione sociale, che vanno dalla
comunicazione verbale e non verbale scarsamente integrata; anomalie del contatto visivo e del
linguaggio del corpo o deficit della comprensione e dell’uso dei gesti, totale mancanza di espressività
facciale e di comunicazione non verbale
Deficit dello sviluppo, della gestione e della comprensione della relazione, che vanno dalla difficoltà di
adattare il comportamento per adeguarsi ai diversi contesti sociali alla difficoltà di condividere il gioco di
immaginazione o di fare amicizia, alla assenza di interesse verso i coetanei.
B. Pattern di comportamenti, interessi o attività ristretti e ripetitivi come manifestato da almeno due
dei seguenti fattori:
1. Movimenti, uso degli oggetti o eloquio stereotipati o ripetitivi (stereotipie motorie semplici, mettere
in fila giocattoli o capovolgere oggetti, ecolalia, frasi idiosincratiche)
2. Insistenza nella sameness (immodificabilità), aderenza alla routine priva di flessibilità o rituali di
comportamento verbale e non verbale (estremo disagio di fronte a piccoli cambiamenti, difficoltà nelle
fasi di transizione, schemi di pensiero rigido, saluti ritu