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AZIONI COMMESSI IN STATO DI INCAPACITÀ
Non preordinato alla commissione di un reato, ma che tuttavia debbano ricondursi alla perdita di autocontrollo da parte dell'agente che, volontariamente o colposamente, si è posto nello stato di incapacità, diverse sono le soluzioni proposte in dottrina:
- Da una parte, si sostiene che del fatto l'agente debba rispondere alla stregua dell'elemento psicologico con cui esso risulta commesso in concreto.
- Dall'altra (orientamento non condiviso), si ritiene che per determinare il titolo della responsabilità si debba guardare piuttosto all'actio praecedens, nel senso che la responsabilità dovrebbe essere:
- a titolo di dolo quando l'agente, ponendosi in stato di incapacità, si è rappresentato la possibilità di commettere il reato, accettandone il rischio;
- a titolo di colpa, quando non si è rappresentato la possibilità di commettere il reato, ma avrebbe dovuto farlo.
condizione emotiva (ad es: panico), in relazione alla personalità del soggetto e/o alla sua intensità, potrebbe assumere le caratteristiche e la valenza di una vera e propria infermità, ricadente nell'ambito dell'art. 88 c.p. N.B. Moccia fa rientrare questa disciplina nella colpa d'autore, per cui anche in questo caso come nell'ipotesi di ubriachezza non accidentale devono comunque valere le regole sull'imputabilità. Nel senso che si deve tenere conto della capacità di intendere e di volere al momento del compimento del fatto.
4. Le altre cause di esclusione della colpevolezza.
IL PROBLEMA DELL'"IGNORANTIA LEGIS"
Gli ordinamenti giuridici contemporanei sono contrassegnati dal principio secondo cui nessuno può addurre come scusa per la violazione di una norma art. 5 c.p. "Nessuno penale l'ignoranza o l'errore su di essa. Infatti l' . stabilisce: può invocare a propria scusa
L'ignoranza della legge penale. Questa regola ha un ovvio fondamento politico nell'esigenza di non compromettere l'efficacia delle norme penali col subordinarne l'applicazione alla loro conoscenza da parte dei destinatari. Secondo un punto di vista fortemente radicato, l'affievolimento di questa regola di irrilevanza dell'ignorantia juris esporrebbe l'ordinamento ad esiti, addirittura, rovinosi, dal momento che, per sfuggire ai rigori delle norme penali, basterebbe tenersene all'oscuro. Nell'odierna concezione normativa della colpevolezza la coscienza dell'antigiuridicità cessa di apparire come una controversa componente del dolo, giudizio di colpevolezza. Per configurarsi come un autonomo elemento del Nella dimensione normativa della colpevolezza non è però l'effettiva conoscenza della norma a venire in questione, ma è ad essere assunta come condizione dell'obbligo.
conoscibilità. D'altra parte, l'affermazione della del comando, per risultare sufficiente a legittimare la pretesa dell'ordinamento, non può scaturire da una "presunzione"; essa deve esistere in concreto, perché l'obbligo di conoscere la legge - implicito nella condizione del cittadino libero e partecipe del potere dello Stato - può essere condizionato dall'assenza di situazioni che rendano la legge oscura o inconoscibile. In Italia il tenore dell'art. 5 c.p. ha inibito a lungo un reale progresso della dottrina della colpevolezza inevitabile sul terreno della rilevanza da attribuire all'errore e all'ignoranza della legge penale. Nella materia contravvenzionale di fronte ai casi più eclatanti di errore inevitabile, la Cassazione aveva elaborato il punto di vista c.d. della "buona fede", che permetteva di riconoscere una rilevanza scusante quando l'erronea opinione di.L'età del fatto può essere determinata in diverse situazioni, come ad esempio da un provvedimento dell'autorità amministrativa, da una precedente pronuncia assolutoria o dalla persistente tolleranza manifestata dall'autorità competente a intervenire. Tuttavia, la soluzione era insoddisfacente perché la cosiddetta "inescusabilità" non implicava in nessun caso un problema di elemento psicologico e non si sarebbe potuta sottrarre alla regola di posta dall'art. 5 c.p. 63 sentenza 364/1988. Solo con la memorabile sentenza 364/1988 il trattamento dell'errore e dell'ignoranza inevitabile della legge penale ha ricevuto nel nostro ordinamento un assetto compatibile con il principio di colpevolezza. Fra le premesse fondamentali di questa sentenza è da annoverare la netta distinzione, all'interno dei requisiti della colpevolezza, fra i requisiti subiettivi minimi dell'imputazione soggettiva, intesi come specifico.Rapporto tra soggetto ed evento e la diversa relazione che deve intercorrere fra soggetto e legge.
La Corte distingue infatti ripetutamente fra l'elemento psicologico del fatto e la sua "rimproverabilità". "La tipicità del fatto è il primo presupposto della punibilità ed è distinta (la tipicità) dalla valutazione e rimproverabilità del fatto stesso" di conoscenza.
L'esigenza costituzionale di riscontrare almeno la possibilità della norma violata si deduce, a giudizio della Corte, dal collegamento tra il 1° e il 3° comma dell'art. 27 Cost.: vale a dire dal riferimento alle funzioni "rieducative" della pena.
Dal collegamento tra il 1° e il 3° comma, La Corte quindi ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 5 c.p. "nella parte in cui non esclude dall'inescusabilità dell'ignoranza della legge."
penale l'ignoranza inevitabile", precisando che il "nuovo testo" dell'art.5, derivante dalla dichiarazione di parziale incostituzionalità, deve intendersi così formulato: "L'ignoranza della legge penale non scusa tranne che si tratti d'ignoranza inevitabile". Dunque, l'impossibilità di error juris) conoscenza del precetto (il c.d. e pertanto, dell'illiceità del fatto, non ascrivibile alla volontà dell'interessato deve necessariamente escludere la punibilità. inevitabilità La Corte inoltre ha sottolineato che l' dell'ignoranza e dell'errore non può farsi discendere da criteri soggettivi "puri", fondati cioè su parametri commisurati solo alle specifiche caratteristiche personali dell'agente, ma su criteri di tipo oggettivo misti. Per i criteri oggettivi la Corte ha indicato i casi dell'assoluta oscurità
delprecetto o di un atteggiamento interpretativo gravemente caotico degli organi giudiziari;
Per i criteri di tipo misto, la Corte ha indicato i casi in cui l'inevitabilità dell'errore sia derivato da particolari circostanze "positive" di fatto, in cui si è formata l'opinione dell'autore (per es. precedenti giudicati, varie assoluzioni dell'agente per lo stesso fatto, ecc.).
La Corte, però, ha tenuto a precisare che il fondamento della scusa vale soprattutto per quei soggetti che versano in condizioni soggettive di inferiorità e non, invece, per quei soggetti dai quali si pretendono comportamenti adeguati alla loro condizione tecnica e sociale. La Consulta ha, altresì, stabilito che: la scusabilità dell'errore è delimitata soltanto a quei reati che, pur presentando un certo disvalore sociale.