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Estratto del documento

(A)

(A). Schema dell’organizzazione strutturale di un monomero della nitrato riduttasi, con le distinte frazioni.

(B). Modello a nastro dell’omodimero della NR in cui sono evidenziati con colori diversi i distinti domini

molecolari: il dominio del complesso Mo-molibdoproteina in verde con Mo-MPT in nero; il dominio di

dimerizzazione in giallo; il dominio del citocromo b riduttasi in rosso, che contiene i domini di legame del

FAD e del substrato NADH; in blu il FAD.

Nella NR la riduzione del nitrato, a spese del NAD(P)H o NADH, avviene attraverso un particolare

meccanismo cinetico (ping-pong) dell’enzima: il NAD(P)H riduce il FAD nel primo sito attivo e gli elettroni

passano lungo la catena di trasporto dal FAD al citocromo b e da questo al MoCo, che costituisce il

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secondo sito attivo in cui viene ridotto il nitrato.

I potenziali redox dei componenti della nitrato riduttasi sono coerenti con un flusso in “discesa” di elettroni

dal NAD(P)H (-320 mV) al FAD (-272 mV) alla Fe-eme (-160 mV) e infine al co-fattore molibdeno MoCo (-10

mV) il quale infine cede i due elettroni al nitrato che si trasforma in nitrito; inoltre la NR è altamente

efficiente.

Regolazione NR:

Segnali ambientali

La carenza di azoto modula negativamente la trascrizione della nitrato riduttasi, questo si traduce in un

risparmio energico, è una sorta di induzione, nel senso che c’è bisogno di nitrato per poter sintetizzare la

nitrato riduttasi.

Il ritmo circadiano modula la trascrizione in funzione del momento della giornata, è correlato con il ciclo di

organicazione del carbonio (acido glutammico, acido aspargico); a seconda dell’ora del giorno, dell’intensità

luminosa e di quanto sta funzionando la fotosintesi.

Il nitrato modula positivamente la trascrizione.

Citochinina, un ormone coinvolto nella divisione cellulare. Una maggiore divisione cellulare equivale ad uno

stato vegetativo frizzante, con necessità maggiori di N, quindi le citochinine regoleranno positivamente la

sintesi di NR.

Il saccarosio modula positivamente la trascrizione, è il principale prodotto del ciclo di Calvin.

La luce modifica positivamente la trascrizione e l’attività della NR.

La concentrazione alta della CO modula positivamente l’attività.

2

Ossigeno down regola la sintesi, mentre l’anossia regola positivamente.

Ma regolazione della NR può essere anche più sofisticata, con meccanismi attivazione/disattivazione della

proteina:

Ad esempio piante lasciate al buio per diverse ore, riducono la trascrizione di nitrato riduttasi, tuttavia

avremo comunque livelli alti di rna messaggero nel caso tornasse utile ricominciare a sintetizzare.

Un altro sistema di regolazione attraverso una chinasi va a fosforilare la NR, in questo assetto la proteina

rimane funzionante, se non che delle proteine, chiamate proteine 14:3:3, che attivano o disattivano

determinate attività enzimatiche, legano il gruppo (P) inserito sulla NR modificandone la struttura terziaria,

rendendola inattiva.

In caso di necessità la NR può essere resa di nuovo disponibile a livello cellulare:

+2

le proteine 14:3:3 possiedono al loro interno dei metalli (indicati con Fe-eme perché generici); le cellule

iniziano a sintetizzare acidi organici tali da chelare i metalli, in questo modo le proteine 14:3:3 perdono a

loro volta la loro struttura terziaria e la NR può tornare attiva a seguito di una defosforilazione.

nel momento in cui la cellula blocca la sintesi delle NR, il nitrato in eccesso andrà stoccato nei vacuoli.

Inibizioni di tipo enzimatico possono essere anche di tipo irreversibile, ciò comporta una degradazione

dell’enzima il quale non funzionerà in modo permanente.

Nitrito riduttasi (NiR).

L’enzima Nitrito riduttasi, è una proteina monomerica

che utilizza esclusivamente ferredossina ridotta (Fd )

RID

come donatore di elettroni.

Possiede struttura globulare costituita da tre domini, all’interfaccia dei quali sono presenti 2 gruppi

prostetici rappresentati da un gruppo ferro-zolfo e da un gruppo siroeme. Quest’ultimo è proprio anche

delle solfito riduttasi, entrambi enzimi che conducono una reazione di riduzione con 6 elettroni.

Nella molecola NiR si distunguono una frazione N-terminale che contiene il sito di legame per la

ferrodossina, e una frazione C-terminale che contiene i due gruppi prostetici con il sito di legame per il

nitrito. In questa frazione il gruppo ferro-zolfo e il gruppo siroeme sono accoppiati attraverso un ponte

zolfo fornito da una cisteina.

Il trasferimento di elettroni procede dalla ferrodossina al gruppo ferro-zolfo e da questo al siroeme che a

sua volta, trasferisce gli elettroni al nitrito ad esso legato.

La reazione avviene nei cloroplasti o plastidi se parliamo di tessuti non fotosintetizzanti.

Regolazione NiR.

I meccanismi di regolazione della NiR hanno lo scopo di evitare l’accumulo di nitrito, fortemente tossico,

prodotto nelle cellule dalla NR.

Pertanto la NiR viene regolata a livello trascrizionale in coordinazione con la NR.

La luce ed elevate quantità di nitrato, inducono la trascrizione del gene NiR, mentre l’ammonio e i prodotti

finali dell’assimilazione dell’azoto, come la glutammina e l’asparagina la reprimono.

La modulazione dell’espressione del gene NiR in risposta a questi segnali favorisce un eccesso di attività

dell’enzima NiR, rispetto l’attività della NR.

Nelle cellule radicali, l’aumento della quantità di nitrato disponibili induce, oltre all’espressione dei geni NiR

e NR, anche quelli dei geni della ferrodossina e dalla Fd-NADP riduttasi, necessarie per il funzionamento

della NiR nei plastidi non fotosintetici.

Assimilazione dell’ammonio.

Si è prodotto ammonio, l’assimilazione non si è compiuta, ora bisogna portare l’ammonio su di una

molecola organica. I processi di biosintesi e organicazione dell’ammonio portano, sostanzialmente in una

prima fase a produrre amminoacidi (20 presenti nelle proteine ed altri tipi di amminoacidi non sono

presenti nelle proteine sono presenti in concentrazioni minori) e in minor parte viene usato per le basi

azotate.

La biosintesi degli amminoacidi segue principalmente due vie:

1. Completamente dipendente: porta alla biosintesi di amminoacidi aromatici (fenilanalina e tirosina);

2. Corismato (acido corismico): intermedio biochimico per la fenilanalina e tirosina (produzione lignina e

metaboliti secondari).

Domanda: che differenza c’è tra metaboliti primari e secondari?

Da un punto di vista evolutivo, i metaboliti primari sono prodotti quasi tutti da organismi superiori. Tutti i

vegetali producono determinati tipi di molecole, proteine,… Metabolismo secondario specifico, per specie,

per varietà, per tessuto…; questi tipi di metaboliti sono una quantità enorme.

Tipologie di metaboliti secondari:

1 Composti azotati;

2 Terpeni;

3 Composti fenolici: se ne conoscono oltre 12000.

I metaboliti secondari sono quelle molecole specifiche che le piante producono in situazioni di stress,

consentono di stabilire una relazione con l’ambiente nel quale crescono e vivono. Sono prodotti solo da

alcune specie adattate a vivere in un determinato ambiente e non sono prodotti sempre, ma solo quando

servono. Ad esempio una pianta attaccata da una determinata malattia, le piante sviluppate in ambiente

naturale producono determinati tipi di molecole. Molte sostanze terpeniche (usate anche in cosmesi),

come gli olii essenziali prodotti in determinati tessuti (mentolo, limonene, ecc…) sono usati sostanzialmente

per difendersi.

Nel metabolismo primario (che è quello che porta alla biosintesi di tutti gli altri amminoacidi) l’azoto viene

portato dalle prime fasi dell’organicazione dell’ammonio, quindi le piante assimilano azoto da glutammato

(amminoacido semplice) e glutammina (transaminazione del glutammato), l’azoto fornito è usato per acidi

nucleici e altri composti azotati (glucosinati) e in più l’azoto viene incorporato da aspartato e aspargina.

5. Nutrizione fosfatica

5.1 Il fosforo nel sistema suolo pianta

Il P viene definito come macro-nutriente, insieme a N e K, dopo l’azoto, nelle pratiche agronomiche di

concimazione è quello più utilizzato.

Il P è un elemento che nei suoli si sposta con grandissima difficoltà, è poco solubile sia a pH sub-alcalini che

acidi (ricordiamo lo stretto range di solubilità del fosfato, che comunque resta a basse concentrazioni).

Molto del fosfato viene estratto dalle fosforiti, rocce con diverse caratteristiche di base costituite da fosfato

di calcio, le quali derivano da depositi fossili di ossa, esoscheletri, che si sono formati nelle ere geologiche.

Queste riserve sono presenti solo in alcune zone del pianeta e sono in esaurimento, e sempre più inquinate

da metalli pesanti come il cadmio o l’uranio.

C’è da dire che interessanti livelli di fosforo sono presenti nei fanghi di depurazione, circa un 3%;

Alcuni parlano invece di fosfiti, ma le piante non sono in grado di utilizzarlo.

Un’altra via è rappresentata dall’avere piante o popolazioni microbiche in grado di attaccare il P non

solubile, attraverso fenomeni di acidificazione che rendono più solubile i fosfati di calcio.

Di fosforo nel suolo ce n’è lo 0,04% quindi moltissimo. Di questo il 50% all’incirca è minerale, dipende dai

suoli, mentre il resto è organico (queste percentuali sono molto variabili).

In soluzione parliamo di concentrazioni micro-molari.

Essendo la sua concentrazione maggiore nel bulk-soil rispetto alla rizosfera, le piante devono assorbirlo

contro gradiente, queste presentano sulle membrane del rizoderma e sull’apice radicale dei trasportatori

ad alta affinità con il fosfato.

Le principali forme di P nel terreno:

Terreni a pH acidi: abbiamo diverse forme di P incluso nei minerali a base di ferro, alluminio e manganese.

Quindi strutture minerali che contengono il P come costitutivo del minerale stesso (all’interno).

Abbiamo poi P adsorbito sulle superficie dei minerali, per cui è più facile da intercettare per un apparato

radicale piuttosto di quando è costitutivo.

P in minerali argillosi.

Spostandoci con il pH abbiamo fosfati precipitati con Sali di calcio come le apatiti.

Una piccola frazione di P inorganico disponibile, anche se l’area si attesta su pH abbastanza neutrale ed

anche del fosforo organico. Quando parliamo di fosfati dobbiamo sempre pensare

all’acido di derivazione, che è l’acido fosforico (H PO ), che ha

3 4

tre gruppi acidi deprotonabili ognuno con una sua pKa.

Il primo protone che lascia la molecola ha una pKa di 2,12

quindi parliamo di un acido abbastanza forte. Questo significa

che ha pH 2 abbiamo il 50% delle molecol

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
97 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/10 Biochimica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher hermes4ever di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Chimica e biochimica della nutrizione vegetale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Braschi Ilaria.