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LA CARTA DI TREVISO

La Carta di Treviso viene firmata a Treviso il 5 ottobre del 1990 dall’Ordine dei giornalisti,

dalla Federazione Nazionale della Stampa e dal Telefono Azzurro. Questa data può essere

fissata simbolicamente come l’inizio della deontologia dell’informazione.

Fino a quella data i giornalisti erano figli di una cultura in cui si doveva e poteva pubblicare

tutto in virtù della completezza della notizia ma da quel momento in poi non è più così per i

minori (che fanno sempre audience) coinvolti in un fatto di cronaca. Si iniziano a prendere in

considerazione le conseguenze.

Si ribalta la concezione che voleva ogni dettaglio sacrificato al diritto di cronaca e alla

completezza della notizia: ora invece è proprio il diritto di cronaca ad essere sacrificato al

diritto all’infanzia. Ovviamente bisogna proporre un bilanciamento dei diritti costituzionali.

La stessa legge istitutiva dell’ordine (n. 69/63) nell’art. 2 sancisce che:

“è diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica, limitata dall’osservanza

delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui…”

estendendo, ovviamente e a maggior ragione, questo concetto anche ai soggetti minorenni.

In tale misura l’ordinamento giuridico esistente protegge “lo sviluppo psichico e il processo di

maturazione” dei soggetti fino al compimento di 18 anni.

A livello costituzionale la tutela dei minorenni è riconosciuta dall’art. 31, in cui si afferma che

la Repubblica italiana

“protegge… l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”

Tale salvaguardia è comunque giù espressa, in senso più ampio, nell’art. 2 della

Costituzione in cui vengono riconosciuti e garantiti “i diritti inviolabili dell’uomo”, senza

ovviamente rinunciare all’art. 21 (libertà di pensiero e di espressione).

I diritti dei minorenni sono tutelati anche dalla legislazione ordinaria nel settore civile, penale

e amministrativo. In particolare dalla legge n. 176/91 che ha ratificato la Convenzione

internazionale sui diritti dell’infanzia, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni

Unite il 20 novembre del 1989. All’art. 3 viene sancito che:

“in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di

assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse del

fanciullo deve essere una considerazione preminente”

Nel successivo art. 16 viene stabilito che:

“nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella vita privata, nella sua famiglia,

nel suo domicilio o nella sua corrispondenza e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua

reputazione. Il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti”

A tutto ciò si aggiungono:

legge n. 633/1941 → tutela dell’immagine prevista dal diritto d’autore;

❖​ art. n. 114 del cpp e art. 13 del d.p.r. 448 dell’88 → articoli specifici del codice di

❖​ procedura penale sulla pubblicità dei procedimenti in cui sono coinvolti minori (non

pubblicità commerciale) in cui la tutela, cioè il divieto di qualsiasi notizia o immagine

del minore coinvolto, non va riferita solo al momento del processo in aula ma fin dalle

indagini istruttorie, nell’ambito di tutto il procedimento penale.

L’esigenza di una Carta deontologica sui minori nasce nel 1990 dopo tre episodi di cronaca

che fecero scalpore e che coinvolsero tre bambini:

Marco (7 anni) → 1987. Questo bambino è stato rapito e sequestrato per circa due

❖​ mesi prima di essere rilasciato. Al momento del rilascio, tutte le testate giornalistiche

hanno tentato di intervistarlo. Con l'autorizzazione del padre, molte sono riuscite.

Miriam (2 anni e mezzo) → 1989. I genitori di Miriam la portano al pronto soccorso

❖​ dove il dottore nota degli ematomi, che vengono identificati come possibili segni di

violenza. Lo segnala alla Magistratura, che apre il fascicolo d’indagine: il padre è il

primo sospettato. Ovviamente, al tempo la notizia viene pubblicata a grandi colonne

con il nome del padre. In realtà, nulla di tutto ciò è vero: la diagnosi del medico era

sbagliata, i lividi erano segni di un tumore maligno che poi uccise la bimba.

Serena (3 anni) → 1989. È una bimba filippina che viene adottata in forma irregolare.

❖​ Una famiglia italiana si reca nelle Filippine, la preleva e la porta in Italia in modo

illegale, in quanto tenta di farla apparire come figlia naturale. Per diversi motivi, tale

adozione è stata scoperta e la Magistratura è intervenuta: visto che l’adozione non

era stata fatta per canali ufficiali risultava come un sequestro di persona e per questo

motivo la bimba fu tolta alla famiglia per affidarla ad un’altra. Tutto ciò scatena una

divisione dell’opinione pubblica italiana:

■​ la bambina è stata per due anni in quella famiglia e lì aveva trovato

nuovo affetto: l’opinione pubblica sosteneva che avrebbero dovuto

solo sanzionare la famiglia e lasciare lì la bimba;

■​ qualcuno credeva che l’intervento dei giudici fosse stato corretto.

Quel che interessa è che ha iniziato a girare ovunque la foto di Serena insieme ai

suoi dati anagrafici. Oggi questo non è chiaramente possibile.

La Carta di Treviso è nata per iniziativa dell’Ordine dei giornalisti, della Federazione

Nazionale della Stampa e del Telefono Azzurro.

Nel 1995 viene scritto il “Vademecum” e il 30 marzo del 2006 viene aggiornata la Carta,

legandola anche all’uso del web e delle realtà emergenti. Rappresenta lo sforzo di

trasformare nell’immaginario comune, il diritto di cronaca in dovere, cioè informare nel

rispetto delle persone (2021).

Alla Carta di Treviso è dedicato poi l’intero art.7 della legge 675 del ‘96 (poi 196/2003 del

Codice della privacy). Da norma secondaria diventa norma primaria.

Nel dicembre del 2009 la Carta di Treviso è stata presentata nella sede delle Nazioni Unite a

New York ed è stata oggetto di una Risoluzione posta all’attenzione del Parlamento

europeo → il primo emendamento prevede che non ci siano limitazioni al diritto di cronaca

mentre la Carta di Treviso una limitazione la imponeva: considerata come una sorta di

censura.

Nel 2016 entra anche nel Testo Unico dei doveri del giornalista, art. 5.

Cosa va salvaguardato?

Lo sviluppo della personalità del minore, il suo equilibrio psico-fisico.

Come va salvaguardato?

Attraverso la riservatezza e la protezione dei suoi dati personali, non rivelandone l'identità né

rendendolo identificabile.

Quando va protetto il minore?

Quando esistono situazioni che possono turbarlo, ovvero danneggiare, appunto, lo sviluppo della sua

personalità. Quando è coinvolto in fatti di cronaca, anche non aventi rilevanza penale, ma lesivi

della sua personalità. O quando può essere compromessa la sua dignità.

Il minore non va neppure strumentalizzato o spettacolarizzato.

Nel caso di bambini malati, feriti o disabili, occorre porre particolare attenzione nella

diffusione delle immagini e delle vicende al fine di evitare che, in nome di un sentimento

pietoso, si arrivi a un sensazionalismo che finisce per diventare sfruttamento della persona.

Esempio: una donna si presenta con il bambino malato in redazione per lanciare un appello pubblico alle

autorità sanitarie così da farsi aiutare a trovare i fondi per portarlo all’estero e curarlo lì. La donna porta il

bambino per farlo vedere. Come ci si comporta? È necessario rendere l’idea del suo dolore ma senza mettere il

bambino in vetrina, senza catturarlo in primo piano.

Tutto questo è ricondotto a un’unica domanda: quale minore va tutelato?

Il minore vittima, artefice ma anche solo testimone di fatti di cronaca che possono

danneggiarlo.

Esempio: dei bambini giocano in un’aia. Un bambino trova il fucile da caccia del padre, che si è dimenticato di

scaricarlo. Non sapendo quali sarebbero state le conseguenze, preme il grilletto e ferisce il proprio compagno di

gioco. In questa situazione chi va protetto? Tutti quanti.

L’autorizzazione dei genitori cancella il dovere di tutela da parte dell’informazione? No. La

tutela va esercitata a prescindere dall’eventuale consenso dei genitori. Il giornalista rispetta

eventuali rifiuti del minorenne anche in presenza di autorizzazione.

Esempio: il conduttore televisivo di un programma che parla di separazioni e divorzi conflittuali riceve in studio

una coppia che si presenta con il figlio. In questo caso la trasmissione viene bloccata perché il bambino deve

essere allontanato: il contesto sarebbe stato altamente stressante per lui.

Le imprese televisive si impegnano anche a non intervistare minori in situazioni di grave

crisi, per esempio, che siano fuggiti da casa, che abbiano tentato il suicidio, che siano

strumentalizzati dalla criminalità adulta, che siano inseriti in un giro di prostituzione (baby

squillo), che abbiano i genitori in carcere o genitori pentiti.

A maggior ragione, con l’utilizzo dei new media, aumenta l’esigenza di proteggere i soggetti

minorenni dalle conseguenze di una non corretta informazione, rafforzandone la tutela. Non

solo: i nuovi media favoriscono una sempre crescente informazione “ibridata”, cioè

un’informazione che integra notizie provenienti “dall’alto” con notizie che arrivano “dal

basso”.

Tutto ciò ovviamente non riguarda solamente i soggetti minori italiani, ma anche quelli

stranieri → va mantenuta un’estrema cautela sulle immagini di minori stranieri nelle notizie

su violenze di genere, sfruttamento sessuale o legate alla guerra.

Se, infatti, fino a qualche anno fa la possibilità per minori stranieri di essere riconosciuti era

solo teorica, oggi, con le nuove tecnologie, tali immagini possono essere viste non solo in

Italia, ma in un numero crescente di casi anche nei paesi di origine degli stessi minori, con il

rischio concreto per loro di essere identificati.

Esiste però un’eccezione: nei casi di rapimento, sequestro o scomparsa di un minore.

Come ci comportiamo? Distinguiamo tre fasi:

Prima (appena si sa della scomparsa) → pubblicare la foto e il nome del

➢​ minore scomparso significa fare il suo interesse e per questo motivo

possiamo divulgarli. In questo caso però è fondamentale l’autorizzazione dei

genitori e/o del magistrato competente.

Durante → con il proseguimento della vicenda è ovvio mantenere lo stesso

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Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alegaggi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguaggi del giornalismo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Elisei Franco.
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