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Le reazioni allergiche sono dovute a precedente sensibilizzazione allo stesso agente o ad un altro con
medesima struttura chimica. Le reazioni di idiosincrasia sono anormali processi di reattività verso una
sostanza chimica, è una disfunzione genetica. Le prime non sono dose-dipendenti, non sono trasmesse
geneticamente e le manifestazioni sono comuni per tutti i tossici e curabili con terapie standard, a differenza
delle altre.
Le principali vie di esposizione ai tossici nell’ambiente, in ordine di pericolosità, sono: l’iniezione, l’inalazione,
l’ingestione e il contatto con la cute. L’esposizione varia a seconda della durata e della frequenza, definite
sperimentalmente nelle seguenti categorie: l’esposizione acuta avviene per una singola somministrazione o
per diverse ripetute in 24h massimo; subacuta se la somministrazione è ripetuta per un mese; subcronica se
è ripetuta in 1-3 mesi; cronica oltre i 3 mesi o per tutta la vita. Un altro parametro importante è la velocità
di eliminazione del tossico: se l’esposizione eguaglia l’eliminazione, il tossico non raggiunge mai una
concentrazione sufficiente a causare un danno. Tale fattore viene considerato anche dal programma Reach
nell’identificazione dei POPs (Kow): si riferisce principalmente alla solubilità del tossico, o alla sua affinità a
instaurare legami con le sostanze organiche. L’elevata lipofilicità determina il bioaccumulo della sostanza
nell’organismo in seguito ad esposizioni ripetute, nonché grosse difficoltà nell’eliminazione della stessa.
L’esposizione a più tossici contemporaneamente può produrre effetti diversi da quelli prodotti dai singoli
tossici: in campo ambientale è senza dubbio la situazione più comune. Un effetto additivo è semplicemente
la somma degli effetti dei singoli contaminanti (2+3=5); un effetto sinergico risulta ampliato, come quello
causato dall’azione contemporanea di fumo di sigaretta, asbesto o radon e cancro polmonare (2+2+2=30);
effetto di potenziamento: una sostanza che di per sé non ha alcun effetto può essere presente
contemporaneamente ad un tossico, e rende l’effetto di quest’ultimo molto più pronunciato (0+3=15). Gli
effetti possono essere però anche antagonistici: di tipo funzionale, come vasodilatazione vasocostrizione
generate da due agenti differenti; chimico, quando due tossici reagiscono nella formazione di una sostanza
meno tossica; tossicocinetico se alcuni tossici rallentano la reazione di altri tossici con gli organi bersaglio;
recettoriale, se un tossico si lega ad un recettore occludendo il passaggio ad un altro. La tolleranza è uno
stato di diminuita risposta di un sistema, dovuta ad una precedente esposizione ad una sostanza o ad un’altra
strutturalmente analoga. Può essere causata dall’attivazione di sistemi di difesa da parte di un tessuto, come
la produzione di metallotioneine nel fegato per legare e neutralizzare il cadmio, oppure da una riduzione
della reattività del tessuto stesso in seguito a ripetute esposizioni della sostanza: può accadere che i siti di
reazione del recettore siano per la maggior parte occupati. Inoltre, possono intervenire meccanismi
tossicocinetici per cui una minore quantità di sostanza raggiunge il sito dell’effetto tossico.
Relazione dose(X)-risposta(Y): relazione tra le caratteristiche dell’esposizione e lo spettro degli effetti. La
dose è quella quantità di tossico che si riferisce ad una proprietà stessa dell’organismo su cui ne si testa
l’effetto. Ad esempio, per i farmaci la dose è “mg di sostanza su Kg di organismo”. (Le concentrazioni si
utilizzano al posto della dose negli studi di ecotossicologia, in quanto ci si riferisce alle concentrazioni di
tossici nelle matrici ambientali con le quali l’organismo viene a contatto). La risposta alla dose è un qualsiasi
effetto negativo subito dall’organismo tra quelli elencati in precedenza, oppure semplicemente la morte.
La curva che meglio descrive questa relazione è la sigmoide. Nella parte
iniziale non si verifica nessuna risposta statisticamente significativa
all’aumentare della dose, è la cosiddetta NOAEL (No Observed Adverse
Effect Level); aumentando la dose la curva si impenna in una crescita
lineare, fino a raggiungere nella parte finale un asintoto orizzontale. Se si
considera la morte come risposta, la curva mostra una relazione dose-
mortalità. In questo caso, gli indici più utilizzati sono le LDn: dose di
tossico che determina la morte del n% degli organismi esposti, siano essi
batteri, embrioni, pesci o ratti. In particolare, la LD50 o dose letale
mediana è la singola dose, statisticamente calcolata, che si prevede
determini la morte del 50% degli organismi esposti in definite condizioni sperimentali. Tale indice prende in
considerazione l’intossicazione acuta, ed è il primo test tossicologico che si esegue su un nuovo agente
chimico: si trattano gli organismi con concentrazioni crescenti osservando la risposta, dunque si compone la
curva utilizzando spesso scale logaritmiche o semi in ascisse, in quanto la dose può variare di alcuni ordini di
misura sia nel test che in natura. Tale metodo permette unicamente di comparare la mortalità intrinseca di
diversi agenti chimici, non valuta né altri tipi di risposta degli organismi né tantomeno le condizioni di tossicità
(concentrazioni ambientali, esposizioni croniche, tipologia di metabolismo ecc…) a cui potrebbe
verosimilmente essere sottoposto l’uomo. Una relazione di questo tipo è quantale, ossia descrive la
distribuzione della risposta a diverse concentrazioni della sostanza in una popolazione di individui: ciò
significa che o la risposta si verifica oppure no, come la morte o una particolare malattia o disfunzione, e si
misura con la percentuale di individui sul totale che hanno mostrato la risposta.
Infine, è possibile individuare altre due punti caratteristici nella curva
dose-risposta. La concentrazione soglia è la concentrazione minima
necessaria per innescare un effetto rilevabile, generalmente non è
misurabile con certezza in quanto è la zona limite tendente a zero della
curva. È il caso della morte di un solo individuo, che non ricade nella
NOAEL: una morte non è considerata significativa. In secondo luogo, si
definisce la LOAEL: dose alla quale si osserva il più piccolo effetto
statisticamente significativo, si trova immediatamente dopo l’estremo
superiore della NOAEL nella curva.
La relazione dose risposta può essere anche graduale, intesa per un parametro specifico relativo ad un solo
individuo, che cresce gradualmente all’aumentare della dose. Spesso si monitora l’attività degli enzimi, la
loro inibizione in percentuale rispetto alla dose: la curva cresce linearmente e raggiunge asintoto orizzontale,
oppure cresce linearmente se si rappresenta su scala semilogaritmica. In questi casi si utilizzano indici come
EC (Effective Concentration) o ED (Effective Dose) per misurare la risposta biologica.
La gaussiana rappresenta allo stesso modo della sigmoide la relazione quantale di dose-risposta, se si
considera che la sigmoide indica la somma del numero di individui che rispondono ad ogni dose consecutiva.
In altri termini, la relazione dose-risposta è quantale e cumulativa nella sigmoide, mentre nella gaussiana
appare come una distribuzione normale di morti nella popolazione a seconda della dose.
La gaussiana permette di esprimere la
percentuale di una risposta quantale
attraverso le unità di deviazioni standard
(NDE), da -3 a +3 comprendendo il 99,7% della
popolazione. La scala probit utilizza lo stesso
metodo di misura, ma la scala di σ è traslata di
5 unità per evitare di includere numeri
negativi: parte da 2 ed arriva ad 8.
Gli effetti qualitativi e quantitativi di uno xenobiotico per l’organismo dipendono dalla concentrazione che
esso e/o i suoi metaboliti raggiungono a livello delle molecole bersaglio; tale concentrazione dipende a sua
volta da altri fattori preponderanti quai l’esposizione al tossico in primis, poi la via di assorbimento, di
distribuzione, il metabolismo e la via di eliminazione (ADME). Ad esempio, l’esposizione può avvenire
attraverso la respirazione, l’alimentazione o il contatto cutaneo: se si escludono gli effetti diretti nel luogo di
contatto come l’irritazione, una sostanza esogena per arrecare danni deve penetrare e diffondere
nell’organismo, superare i meccanismi metabolici ed evitare l’escrezione. Proteine, lipidi, acidi nucleici e
complessi macromolecolari possono così entrare in contatto con determinate concentrazioni di xenobiotici,
ed essere alterati col risultato di effetti tossici transitori o permanenti.
Qualsiasi sia il tipo di esposizione e la via di assorbimento, la prima barriera da superare è la membrana
cellulare. Riguardo la diffusione semplice, la legge di Fick ne determina la velocità in relazione al gradiente di
concentrazione, all’area della membrana e ad un coefficiente specifico per ogni sostanza: V = k a (C2 – C1).
Per le molecole idrofile la caratteristica discriminante è la dimensione: dai canali ionici e dalle acquaporine
passano quelle con P.M.< 600 Da. Per le molecole idrofobiche e liposolubili è molto importante il valore di
Kow, il pH della soluzione e la pKa del composto: gli xenobiotici sono in buona parte acidi o basi deboli
liposolubili che diffondono facilmente nei fosfolipidi, e la dissociazione in ioni limita fortemente questa loro
capacità. Ad esempio, l’ambiente acido dello stomaco induce la dissociazione delle basi deboli e ne limita la
diffusione nelle membrane, mentre gli acidi deboli rimangono indissociati e liberi di diffondere nelle cellule
(viceversa nel duodeno). Altre modalità di penetrazione della membrana sono la fagocitosi, la pinocitosi
(tramite recettori di membrana o no), la diffusione facilitata ed il trasporto attivo: le ultime due seguono una
cinetica di saturazione, sono specifiche per alcuni gruppi di molecole e soggette a competizione.
L’ASSORBIMENTO è il processo mediante il quale le sostanze xenobiotiche entrano nel circolo sanguigno
attraverso le barriere esterne dell’organismo. Le principali vie di assorbimento sono i polmoni, il tratto
gastrointestinale e la cute, ma possono essere coinvolti anche il peritoneo, il distretto sottocutaneo e i
muscoli. Il tempo di residenza in tali strutture corporee determina in parte l’entità dell’assorbimento, così
nella cavità orofaringea è meno probabile che un tossico venga assorbito, rispetto invece alle sedi dello
stomaco, duodeno o polmoni. Tuttavia, è il tipo di barriera cellulare che influisce maggiormente su questo
fenomeno: la barriera polmonare &eg