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La classificazione dei deficit
E' agonistica, gare di natura competitiva. funzionale e fondamentale per ogni persona disabile partecipare ad uno sport per favorire la socializzazione.
16-SISTEMI DI CLASSIFICAZIONE DELLA DISABILITÀ.
La classificazione dei deficit: Vengono raggruppate in tre aree:
- deficit psicofisici
- deficit visivi
- deficit uditivi
1-I deficit psicofisici, riguardano una vasta gamma di menomazioni che interessano funzionalmente e strutturalmente solo la parte fisica, solo quella psichica o entrambe.
I soggetti affetti da deficit psicofisici (EH) presentano delle caratteristiche molto diverse tra loro, si va dalla pigrizia ed eccessiva lentezza nei soggetti affetti da deficit mentale alla difficoltà nello stabilire rapporti con la realtà, come avviene nei casi dei soggetti autistici. Per soggetti e pertanto c’è bisogno di questo motivo è abbastanza problematico per un educatore riuscire a capire come intervenire con questi seguire delle direttive precise.
Ogni soggetto portatore di deficit psicofisico bisogna, quindi, individuare preliminarmente:
- Quali forme dispone di una capacità d'interazione intellettive è disponibile ad utilizzare;
- Se tra le intelligenze;
- Quale forma intellettiva usa in maniera privilegiata.
Si tratta di guardare la persona diversamente abile con un vero approccio scientifico, partendo dalla esplorazione delle risorse inespresse, potenziando i meccanismi di autoapprendimento, facilitando le possibili modalità soggettive di approccio ai problemi.
2-Il deficit visivo (CH), può essere totale o parziale. Il soggetto videoleso, attiva un processo di conoscenza analitica pluri-sensoriale, utilizzando in maniera diversa le intelligenze umane. La didattica destinata ai soggetti ciechi, deve partire da un progetto complesso, fatto di itinerari esperenziali fondati sul "concreto" per pervenire ad una forma di "astrazione a mosaico", ad un pensiero che sia fatto di immagini.
Il soggetto videoleso non si trova sempre in situazione di handicap, ma spesso è vittima di ostacoli sociali che mettono in discussione la sua autonomia e non gli consentono uno sviluppo armonico. Per ovviare a questa difficoltà, è necessario agire sul potenziamento dei sensi variabili e portare avanti una nuova idea di persona, che abbia in sé anche la propria diversità.
L'audioleso vive un rapporto con il mondo che costruisce su messaggi alternativi al deficit uditivo (DH), a quelli sonori, utilizzando canali di comunicazione diversi da quello verbale, sviluppando meccanismi di apprendimento plurisensoriali, basati prevalentemente sul canale visivo e fondati sull'uso trasversale dell'intelligenza spaziale. I processi di astrazione e la memoria sono organizzati diversamente, secondo un'originale interazione tra intelligenza spaziale, corporeo-chinestesica dove l'immagine sostituisce la parola nelle
logico-matematica, scolastica degli audiolesi un programma che consenta “la strutturazione del pensiero. È quindi di fondamentale importanza per la formazione in modo da favorire la comunicazione attraverso altri canali e il rapporto con altre persone normoudenti del linguaggio simbolico-astratto” che possono aiutarli nelle relazioni personali.
Secondo la definizione fornita dall’ICF del 2001-La disabilità: la disabilità è la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo e i fattori personali, e i fattori ambientali. A causa di questa relazione, ambienti diversi possono avere un impatto molto diverso sullo stesso individuo con una certa condizione di salute. Un ambiente con barriere, o senza invece favorirla. L’idea di corso di vita apre a unfacilitatori, limiterà la performance dell'individuo; altri ambienti più facilitanti potranno pensiero delle abilità differenti e dell’inclusione,
secondo il quale ogni individuo è attraversato e sostanziato da una molteplicità di differenze e abilità e secondo il quale solo questo riconoscimento consente la costruzione di una società più inclusiva, capace di promuovere legami tra i suoi membri e meno ansiosa di imporre modelli normativi". Breve evoluzione storico-terminologica della disabilità: Secondo la definizione di Trisciuzzi Il termine handicap deriva dall'espressione inglese "hand in cap" (mano nel cappello) e indica uno svantaggio capitato fortuitamente. Il termine handicap non ha una definizione univoca, poiché non designa qualcosa di oggettivamente circoscritto, come una malattia specifica, ma indica un insieme di danni (disabilità) fisici o psichici, o di situazioni (alterazioni) culturali o sociali." Quando si parla dell'handicap e si affrontano a più livello problemi ad esso correlati c'è bisogno pertanto di.un'adeguata preparazione all'argomento e di un buono spirito critico che consenta di lavorare senza pregiudizi e limiti concettuali. Infatti "Il problema posto dalla sola presenza di un disabile in un gruppo in formazione è immediatamente e contemporaneamente etico, tecnico e organizzativo, teorico. Etico perché si tratta di garantire diritti inalienabili quali l'accesso e il successo alla formazione, compresa ovviamente quella motoria, tecnico e organizzativo perché implica dei cambiamenti non accidentali e non limitati alla situazione contingente bensì stabili e inherentil'intera organizzazione formativa in questione, teorici perché si tratta di mobilitare e attivare un ampio ventaglio di conoscenze anche nella sociali e culturali che rendono difficile ai disabili il godimento di diritti inalienabili". prospettiva di criticare e modificare quegli aspetti. Purtroppo solo recentemente alla persona disabile.è stato riconosciuto il diritto a vivere nella società dei normodotati senza essere additato come diverso o anormale. La cultura dominante, nonostante cerchi di proporre dei modelli che tentano di inglobare il diverso, persiste nel riconoscere come miti e valori proprio l’abilità, la salute, la bellezza stereotipata, la prestanza fisica, la ricchezza, la gioventù, la produttività, il consumo di beni effimeri, ecc. che l’unica Chi si discosta da questi modelli può incontrare difficoltà di integrazione sociale. La storia della disabilità non fa che confermare strada per la diversità era l’esclusione, in casi estremi la morte. In Grecia e a Roma, i bambini gracili o deformi venivano soppressi in modo brutale; a Sparta erano lanciati dall’alto del Monte Taigeto, mentre a Roma dalla Rupe Tarpea. Dietro questo macabro rituale vigeva l’idea che “… il bambino deforme è un messaggio, un castigo.del XX secolo, si assiste a un progressivo miglioramento delle condizioni dei disabili. Vengono istituite scuole speciali, ospedali e istituti per la riabilitazione. Tuttavia, nonostante questi progressi, i disabili continuano ad essere oggetto di discriminazione e pregiudizi. Nel corso del Novecento, grazie ai movimenti per i diritti civili e alle conquiste della medicina, si assiste a un ulteriore miglioramento delle condizioni dei disabili. Vengono introdotte leggi che garantiscono l'accesso all'istruzione, all'occupazione e ai servizi sanitari per le persone con disabilità. Inoltre, si diffonde sempre di più la consapevolezza che la disabilità non deve essere vista come una condizione negativa, ma come una diversità da accettare e valorizzare. Oggi, grazie ai progressi tecnologici e alle politiche di inclusione sociale, le persone con disabilità hanno maggiori opportunità di partecipare attivamente alla vita sociale, culturale ed economica. Tuttavia, è ancora necessario lavorare per eliminare le barriere fisiche e mentali che impediscono una piena inclusione delle persone con disabilità nella società. In conclusione, la storia dei diritti delle persone con disabilità è stata caratterizzata da una progressiva presa di coscienza e da un costante impegno per garantire loro pari opportunità e piena partecipazione alla vita sociale. Nonostante i progressi compiuti, è importante continuare a lottare per eliminare ogni forma di discriminazione e per costruire una società inclusiva per tutti.del XX secolo, l'educazione dei diversamente abili si realizza in strutture speciali gestite dai Comuni, che godono di una loro autonomia nel settore scolastico. Tra il 1861 al 1928, la formazione scolastica degli handicappati non è garantita dallo Stato, ma è affidata a organizzazioni private, enti e associazioni religiose. Nel 1923 con la riforma Gentile vengono create le prime classi differenziali e questo principio dell'esclusione è confermato anche dal decreto del 1933 che istituisce delle scuole speciali. Bisogna aspettare ancora qualche anno per avere una vera legittimazione dei diritti, che avviene con la "Costituzione che, agli articoli 3, 34, 36, stabilisce l'uguaglianza, il diritto allo studio da parte del diversamente abile e questo definisce i compiti dello Stato nel rimuovere ogni tipo di ostacolo che non consenta al cittadino la sua piena affermazione. Ci fu un'evoluzione della concezione.dell'handicap che si trasformò in diversità, risorsa da riconoscere e integrare. A partire dal 1968 socialmente sulla scia dei principi di uguaglianza sociale, recuperando la dignità dei soggetti di portatore di handicaps con il loro graduale inserimento nella scuola e nella vita sociale lavorativa. Con la Legge n. 118 nel 1971 si inserisce con forza il concetto di integrazione nei contesti sociali vari tra cui anche la scuola, con l'eliminazione in tutti gli Uffici pubblici, nelle scuole e nelle istituzioni di interesse sociale delle barriere architettoniche, prevedendo norme sul trasporto, sul lavoro, sulla prevenzione e sulla riabilitazione dei soggetti con handicaps. Altro passo importante verso l'inserimento e l'integrazione viene compiuto con la legge n. 517/77. Con essa la diversità viene vista come una risorsa da valorizzare. Viene sancita l'obbligatorietà della scuola per almeno otto anni.
L'integrazione scolastica attraverso il reale inserimento degli alunni portatori di handicap in scuole normali. Inoltre si garantisce la nascita del Servizio Nazionale Sanitario, nascono "accordi" o "intese" tra Scuola, UU.SS.LL. ed Enti Locali per perseguire azioni in favore dei suddetti alunni. Infine con quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate la Legge n.104 del 5 febbraio 1992 finalmente si pone al centro di ogni intervento la persona affinché si possa sostenere nell'evoluzione del suo sviluppo psicofisico. A livello scolastico viene stabilito il passaggio dall'inserimento alla piena integrazione dei soggetti diversamente abili. Tutte le attività sono realizzate da insegnanti dell'handicap; di sostegno specializzati che lavorano seguendo una scaletta precisa che si compone di quattro fasi: - L'individuazione - (DF), è la descrizione della condizione
a diagnosi funzionale è una valutazione che descrive le abilità e le difficoltà psicofisiche di un alunno. Il profilo dinamico-funzionale (PDF) descrive lo "sviluppo potenziale" dell'alunno handicappato nel breve termine (sei mesi) e nel medio termine (due anni). Il piano educativo individualizzato (PEI) riguarda gli interventi necessari per realizzare la piena integrazione dell'alunno.