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SINTOMATOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO
La riduzione della massa ossea è asintomatica; il quadro clinico dell’osteoporosi dipende:
• Dalla sua eziopatogenesi: osteoporosi primitive o secondarie.
• Dalla sua complicanza: frattura.
• Dalle sequele cliniche della frattura.
Fattori di rischio per l’osteoporosi:
• Forte famigliarità positiva: storia materna di fratture.
• Menopausa precoce: < 45 anni (naturale o chirurgica).
• Amenorrea secondaria: > 6 mesi.
• Basso BMI.
• Terapia prolungata con ormoni tiroidei o cortisone.
• Immobilizzazione prolungata: > 6 mesi. 21
FRATTURE
Tipo di frattura: Colles Vertebrale Femorale
Età >55 >65 >75
Femmine : Maschi 4 : 1 3 : 1 2 : 1
Tipo di tessuto osseo Trabecolare Trabecolare Corticale
! La frattura più comune nelle giovani donne con osteoporosi post-menopausale è quella al radio (colles).
Sequele cliniche:
• Dolore.
• Modificazioni dell’aspetto fisico.
• Disabilità.
• Perdita dell’indipendenza.
• Aumento della morbidità e della mortalità.
Fattori di rischio fratturativo possono essere legati a fattori:
• Scheletrici: massa ossea, geometria scheletrica,
micro-architettura, turnover, struttura del collagene,
genetica, precedenti fratture, peso/cambio di peso e
attività fisica.
• Extrascheletrici: cadute, deficit di funzione
(neuromuscolare, cognitiva, visiva), farmaci e
dinamica caduta.
Effetto cumulativo di fattori di rischio indipendenti scheletrici
ed extrascheletrici per frattura osteoporotica →
FRATTURE VERTEBRALI
• Le fratture osteoporotiche più comuni sono quelle vertebrali.
• Sono in genere localizzate nella zona di maggiore carico fisico: la parte dorso-lombare.
• Il 30-50% circa delle donne ed il 20-30% circa degli uomini andrà incontro nell’arco della vita a questo tipo di frattura
e la metà di loro avrà fratture vertebrali multiple.
• Sono generalmente localizzate a livello medio-toracico e lombare alto (le due regioni della colonna vertebrale più
compromesse dal punto di vista biomeccanico).
• Meno spesso si rilevano a livello toracico e lombare basso.
• Le vertebre cervicali e quelle dorsali alte sono raramente o mai coinvolte.
• Dal punto di vista morfologico possono essere:
- Fratture biconcave o a rocchetto: le altezze vertebrali anteriore e posteriore sono integre con compressione
centrale, tipiche in sede lombare; sono più evidenti nelle fratture da cortisone.
- Fratture a cuneo: l’altezza posteriore è relativamente conservata con collasso anteriore, più frequenti nella
regione medio-toracica; il risultato di più fratture a cuneo è l’aumento della cifosi dorsale.
- Fratture dell’intero corpo vertebrale.
• La frattura a cuneo è la più frequente (51%), seguita rispettivamente da quella biconcava (17%) e da quella dell’intero
corpo vertebrale (13%).
Clinica delle fratture vertebrali:
Dolore acuto:
• Intenso e invalidante (da 2 a 6 settimane).
• Talvolta preceduto da un episodio traumatico di modesta entità.
• Irradiato anteriormente, esacerbato dai movimenti del tronco o dallo starnuto, recede con il riposo.
• Peggiora con la stazione eretta. 22
• Raramente si irradia agli arti inferiori.
• Possono essere presenti sintomi di accompagnamento come nausea, dolore addominale e toracico.
Conseguenze a lungo termine:
• Rachialgia cronica, associata a fratture multiple, cifosi dorsale, riduzione della statura.
• Riduzione dei volumi polmonari.
• Protrusione addominale (sensazione precoce di sazietà, eruttazioni, stipsi).
• Modificazioni posturali che, interferendo con il mantenimento della stazione eretta e dell’equilibrio, aumentano il
rischio di caduta.
• Aumento del rischio di nuove fratture (le fratture vertebrali prevalenti sono associate a un rischio aumentato di circa
cinque volte di sviluppare nuove fratture vertebrali e, dopo la prima frattura, un paziente su cinque si rifrattura entro
un anno).
• Ulteriore riduzione della densità minerale ossea in rapporto all’inattività fisica.
• Aumento, per le fratture vertebrali clinicamente sintomatiche, della mortalità a 5 anni rispetto a quella attesa, in
entrambi i sessi.
• Significativa compromissione della qualità della vita.
• Perdita dell’autonomia.
FRATTURA DI FEMORE
Conseguenze: entro 12 mesi dopo una frattura di femore il 24% recupera una piena autonomia, il 20% dei pazienti muore e il
22% dei pazienti viene ammesso in una struttura assistenziale.
Clinica delle fratture femorali:
• La frattura del femore è quasi sempre sintomatica e richiede l’ospedalizzazione.
• Quando la frattura è scomposta, all’evento traumatico fa seguito la comparsa del dolore e dell’impotenza funzionale,
con incapacità di mantenere la stazione eretta e di deambulare.
• In seguito a trauma lieve, la frattura può risultare composta o ingranata ed il paziente riesce a camminare, lamentando
solo un modesto dolore alla coscia e all’inguine.
• L’esame clinico del paziente può essere completamente negativo soprattutto se la frattura risulta composta.
• Nei casi più eclatanti, quando la frattura è scomposta, l’arto si presenta accorciato ed extraruotato, può rilevarsi
ecchimosi dei tessuti molli e la mobilizzazione passiva dell’anca risulta dolorosa.
• La radiografia tradizionale consente, nella maggior parte dei casi, di accertare la presenza della frattura; nei casi dubbi
la scintigrafia scheletrica e la risonanza magnetica rappresentano le metodiche di valutazione più opportune.
• La frattura di femore è la più grave complicanza dell’osteoporosi per l’elevata morbidità e mortalità.
• L’incidenza aumenta esponenzialmente con l’età in entrambi i sessi.
• È caratterizzata da un eccesso di mortalità, che raggiunge il 20% circa nel primo anno dall’evento fratturativo.
• L’eccesso di mortalità è particolarmente marcato fra i pazienti di sesso maschile di età superiore ai 75 anni, in rapporto
alla più frequente coesistenza di altre malattie, alla demenza e alla maggiore incidenza di osteoporosi secondarie.
Fattori che contribuiscono al rischio di caduta nell’anziano:
• •
Riduzione dell’acuità visiva. Ipotensione posturale.
• •
Modificazioni vestibolari. Riduzione della prontezza dei riflessi.
• •
Deterioramento cognitivo. Calzature inappropriate.
• •
Scarsa coordinazione motoria. Mancanza di ausilio nel corso della
deambulazione.
• Instabilità posturale. •
• Pericoli ambientali (ostacoli, pavimenti scivolosi).
Ridotta forza muscolare. • Presenza di animali domestici.
• Diminuita elasticità dei movimenti.
FRATTURA DI COLLES:
• Si osserva tipicamente nel sesso femminile (rapporto femmine: maschi 4:1).
• La sua incidenza aumenta linearmente a partire dalla menopausa, raggiungendo il picco nella settima decade di vita.
• Pressoché sempre conseguente ad una caduta a terra a braccia tese.
23
• Una percentuale inferiore al 20% richiede l’ospedalizzazione.
• La sintomatologia clinica è quasi sempre presente, con dolore, tumefazione locale e impotenza funzionale.
• Una notevole percentuale di pazienti residua una sindrome algodistrofica complessa caratterizzata da dolore
persistente, impotenza funzionale, neuropatie periferiche ed artrosi post-traumatica.
• È stata riportata una significativa compromissione delle attività della vita quotidiana (cucinare, fare la spesa, salire e
scendere dall’automobile, fare le scale).
DIAGNOSI
DEXA o MOC:
• Densitometria a raggi X a doppio raggio.
• Misura la quantità di calcio, perché l’unico modo di misurare la struttura ossea è la biopsia.
• È iniziata a livello dell’avambraccio, ma ora si usa di più a livello della coxo-femorale e a livello del rachide lombare.
• La DEXA misura la Bone Mineral Density in g/cm .
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• T-SCORE: la differenza espressa in deviazioni standard tra la massa ossea del paziente e i controlli normali dei giovani
dello stesso sesso, della stessa etnia al momento del picco osseo.
• Z-SCORE: differenza espressa in deviazioni standard tra la massa ossea del paziente e i controlli normali in persone
di stessa età, etnia e sesso.
• Il paziente è osteoporotico se ha un T-score < 2,5.
! Con la radiografia faccio la diagnosi delle complicanze dell’osteoporosi.
FIBROMIALGIA
FIBROMIALGIA: condizione di dolore muscoloscheletrico cronico diffuso.
Eziopatogenesi:
• Non è una malattia ad origine “periferica”.
• Esiste certamente una familiarità per la fibromialgia.
• Nella quasi totalità dei casi, all’esordio della malattia può essere individuato un evento scatenante.
• Si tratta probabilmente di un disturbo nella percezione del dolore.
• Il meccanismo preciso è però sconosciuto.
! La fibromialgia non va considerata primariamente una malattia psichica né tantomeno immaginaria.
Epidemiologia:
• Prevalenza: 1-5% della popolazione.
• Rapporto maschi/femmine = 1/8.
• Insorgenza: tutte le età (picco tra i 30 e i 40 anni); descritta anche nei bimbi.
Caratteristiche cliniche:
• Dolore fibromialgico: dolore diffuso presente sempre.
• Descrizione del dolore: spesso immaginifica da parte del paziente.
• Punti tender.
• Sintomi di accompagnamento (molteplici).
Sviluppo della fibromialgia:
• Spesso esordisce con una sintomatologia dolorosa localizzata, che solo in seguito si diffonde a tutto il corpo.
• L’inizio della malattia è spesso progressivo, caratterizzato da disturbi generalmente non specifici come stanchezza,
disturbi del sonno o gastrointestinali.
• Quindi sviluppo di dolori alla colonna vertebrale (lombare e/o cervicale).
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Caratteristiche dei dolori:
• Grossa dipendenza dei dolori dalle condizioni climatiche (freddo-umido).
• Dolori spesso indipendenti dallo sforzo o dall’attività eseguita.
• Frequentemente disturbi vegetativi/funzionali.
Criteri classificativi:
• Storia di dolore diffuso perdurante almeno da tre mesi.
• Dolore alla digitopressione in 11 su 18 TENDER POINTS → la forza applicata alla digitopressione è di 4 kg (pressione
sufficiente a determinare lo sbiancamento del letto ungueale du