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KING LEAR
«Blow, winds, and crack your cheeks! rage! blow!
You cataracts and hurricanoes, spout
Till you have drenched our steeples, drowned the cocks!
You sulphurous and thought-executing fires,
Vaunt-couriers of oak-cleaving thunderbolts,
Singe my white head! And thou, all-shaking thunder,
Smite flat the thick rotundity o’ th’ world!
Crack nature’s moulds, an germens spill at once,
That makes ingrateful man!”
[«Soffiate, venti, e rompetevi le guance! infuriate! soffiate!
Voi cateratte e uragani, eruttate
Finché non avrete sommerso i nostri campanili, annegato i galli sui tetti! Sulfurei
lampi, più veloci del pensiero, avanguardie a tuoni che spezzano le querce,
Bruciacchiate la mia testa bianca! E tu, tuono che scuoti tutto,
colpisci fino a farla diventare piatta la spessa rotondità del mondo!
Spezza gli stampi della natura e riversa subito i germi,
che rendono l’uomo ingrato!]
Lear sta chiedendo ai tuoni e ai fulmini di distruggere il mondo, di colpirlo fino a
farlo diventare piatto, di spezzare gli stampi della natura e quindi di annientare
l’umanità perché essa è ingrata.
Egli sente l’ingratitudine delle figlie, un’ingratitudine che egli paragonerà più avanti
nel dramma al mostro del male e di cui parlerà come un qualcosa di più aguzzo del
dente di un serpente.
Interviene poi il Fool
Il Fool sarebbe il comic realise della situazione.
Il fatto è che le cose spiritose di Shakespeare non fanno più ridere nessuno.
Infatti, per far ridere serve sempre una comunanza di riferimenti fra chi scrive, chi
recita e chi legge perché se le circostanze culturali e sociali sono cambiate, è normale
che si perda anche il bersaglio della comicità, perché, si perde quello che per Freud è
fondamentale e cioè il riconoscimento.
Freud studia con cura le meccaniche del riso e dello Humor.
In alcuni dei suoi saggi , egli psicanalizza alcuni personaggi di Shakespeare.
In altri si occupa invece delle dinamiche del discorso letterario, essendo appassionato
di letteratura, e quindi dell’effetto che la lettura può fare sul lettore e lo fa per due
cose:
la prima è la comicità che egli prima studia attraverso il proprio saggio
riguardo l’inconscio “il motto dello spirito” e poi nel suo saggio sull’humor.
Poi si dedica allo studio del perturbante cioè quello che in letteratura fa paura.
Freud lavora tanto anche su Shakespeare perché lui, essendo austriaco, si basava
molto sull’idea di Goethe, cioè quella dell’eternità di Shakespeare nel suo dipingere
la natura umana.
Idea di Goethe all’incirca di fine 700/inizio 800 e ripresa da Freud tra la fine dell’800
e i primi del 900. Questa idea ci dà una delle psicanalisi di alcuni
personaggi come ad esempio quella di Amleto che secondo Freud soffre del
complesso di Edipo e quella Macbeth.
Le parti comiche non fanno più ridere per questi motivi da Freud spiegati.
Allora come si fa a oggi a far ridere della parte del Fool?
Solitamente si sostituisce in performance qualche elemento del personaggio con
un qualcosa di riconoscibile, si trasforma il personaggio in qualcuno di famoso, lo si
presenta come caricatura di un politico o facendo sì che l’attore che fa il folle sia
realmente un comico in modo che chi lo riconosce lo riconosca come tale.
Così si ottiene quel senso di riconoscimento che permette di ridere.
FOOL
“O nuncle, court holy-water in a dry
house is better than this rain-water out o’ door.
Good nuncle, in, ask thy daughters blessing.
Here’s a night pities neither wise men nor fools”
[Zietto, urina in una casa secca/asciutta
è meglio di questa acqua piovana restando al di fuori.
Buon zietto, entriamo dentro, e domanda la benedizione delle tue figlie.
Questa è una notte che non ha pietà né dei saggi né degli stolti.]
Nuncle-> sarebbe “my uncle”-> zietto
Quando parla della benedizione delle figlie -> Qui il Fool sta rovesciando l’ordine
delle cose perché, nell’uso di quel tempo, è il padre che solitamente benedice le figlie
e non viceversa però Lear si è messo in balia delle proprie figlie e quindi il Fool dice
di chiedere la benedizione di quest’ultime.
Lear non l’ha sentito e continua con questa sua invocazione degli elementi.
Questa è la tipica alternanza tra solenne e comico che troviamo in Shakespeare che
è quel tratto stilistico che lo rendeva così caro alla cultura romantica che rifiutava la
monolitica distinzione tra commedia e tragedia tipica del neoclassicismo e quindi
questa mescolanza tra comico e tragico che troviamo, come già visto, in Amleto
quando al funerale di Ofelia, nel cimitero, trova dei Clown che scavano la fossa.
Il rapporto tra Fool e Lear rimane in questa alternanza tra tragico e sublime.
KING LEAR
Rumble thy bellyful! Spit, fire! Spout, rain!
Nor rain, wind, thunder, fire are my daughters:
I tax not you, you elements, with unkindness;
I never gave you kingdom, call’d you children,
You owe me no subscription: then let fall
Your horrible pleasure: here I stand your slave,
A poor, infirm, weak, and despised old man:
But yet I call you servile ministers,
That have with two pernicious daughters join’d
Your high-engender’d battles ’gainst a head
So old and white as this. O, O! ’Tis foul!
[Fate trionfare tutto ciò che avete in pancia! Sputa, fuoco! riversati, pioggia!
Nella pioggia, nel vento, nel tuono, nei giochi sono le mie figlie:
Io non rimprovero voi, voi elementi, per la vostra scortesia;
Io non vi ho mai dato un regno, non vi ho mai chiamati figli,
Non avete verso di me alcun dovere: quindi lasciate pur cadere ciò che di più orribile
vi fa piacere lasciar cadere:
Qui il vostro schiavo,
Un vecchio, povero, infermo, debole e disprezzato:
Ma, ciò nonostante, io vi chiamo ministri/ servi servili,
Che avete unito insieme a due perniciose figlie
le vostre battaglie che nascono in alto contro una testa
Così vecchia e bianca come questa. O, O! É uno stolto!]
high-engender’d battles-> fanno scatenare la tempesta, nascono in alto in senso
metafisico perché la tempesta dovrebbe essere la polvere degli dei.
Lear sente che questo è orribile perché la tempesta sembra riversarsi contro una testa
vecchia e bianca, si intende la vecchiaia in generale ed in particolare quella
innocente di Lear che in realtà dovrebbe essere protetta dagli dei.
FOOL
“He that has a house to put ’s head in has a good head-piece.
The cold-piece that will house
Before the head has any,
The head and he shall louse;
So beggars marry many.
The man that makes his toe
What he his heart should make,
Shall of a corn cry woe,
And turn his sleep to wake.
For there was never yet fair woman but she made mouths in a glass.”
[Colui che ha una casa in cui mettere la testa ha un bel capello.
Prima che la testa abbia una casa,
sia la mutanda che la testa si riempiranno di pidocchi;
Così tanti mendicanti si sposano.
L’uomo che rende il suo alluce
ciò che lui dovrebbe fare del suo cuore,
Di un callo griderà ah che dolore,
E trasformerà il proprio sonno in veglia.
Perché non è mai esistita ancora una bella donna che non abbia fatto smorfie in uno
specchio.]
Appena dopo i primi due versi vediamo come il Fool vada sull’osceno, la comicità
oscena era tipica del mondo elisabettiano, era tinta dallo spirito del carnevalesco che
è una categoria culturale che è stata teorizzata da Michail Baptin (non sicuro come
scritto) che categorizza la comicità medievale come qualcosa di imparentato col
senso del carnevalesco che contempla fondamentalmente due elementi:
il primo fa riferimento alle funzioni basse del corpo, cosa già presente nella
teorizzazione della comicità tipica degli antichi, dei classici, come
probabilmente era in quella di Aristotele.
Altro elemento del carnevalesco è il rovesciamento dell’ordine costituito. Nel
carnevale abbiamo infatti “il re dei folli” che è una persona che ha qualche
svantaggio, solitamente il più povero, qualcuno con handicap che diventa per il
giorno del carnevale il re.
Il Fool aveva già alluso ad una sovversione sociale quando chiede a King Lear di
domandare la benedizione alle proprie figlie. Qui invece parla di sesso in modo
osceno.
Cold-piece -> “mutande” usate ai tempi dei Tudor -> mettevano in evidenza le parti
maschili -> con questo termine si tendeva ad alludere al membro maschile.
Non troviamo più il blank verse
Sono trimetri e tetrametri e abbiamo la rima, questo vuol dire che abbiamo
una canzone. Quando in Shakespeare si trovano dei brani in rima e con struttura
metrica diversa del pentametro giambico, si tratta di una canzone.
Ricordiamo che di Otello, ad esempio, nessuna partitura originale Shakespeariana ci è
rimasta tranne quella del willhousehome (a cosa si riferisce con sto termine?) che
comunque era preesistente anche a Shakespeare.
Spesso non venivano pubblicate prima per questioni di “copyright”: se tu pubblicavi
la musica, capitava che la compagnia rivale potesse rubartela.
Spesso sono stati preparati spartiti moderni così che gli attori cantassero dove
necessario. Ci sono spartiti molto belli su canzoni Shakespeare scritti da grossi autori.
Lear fa ora riferimento ad una letteratura tipica del tempo, quella che tendeva
ad edificare le persone con potere, quelli che venivano chiamati “i mirrors” cioè
specchi, nel senso che un re, un magistrato…doveva leggere questi manuali che gli
indicavano cosa fosse giusto o no e Lear ora fa riferimento a questo.
Enter Kent disguised as Caius.
KING LEAR
“No, I will be the pattern of all patience;
I will say nothing”
[No io sarò il modello,exemplum(pattern )di ogni pazienza/sopportazione;
Io non dirò niente]
“Enter Kent”
[Entra Kent]
KENT
“Who’s there?”
[Chi è là?]
FOOL
“Marry, here’s grace and a cold-piece;
that’s a wise man and a fool”
[Per la madonna, qui c’è sua grazia e una mutanda;
c’è un uomo saggio e uno stolto]
Kent in questa parte è travestito da contadino e parla come tale.
Kent in realtà parla come il primo nobiluomo del re all’inizio, usa un registro alto, da
cavalieri, facendo riferimento al proprio vincolo cavalleresco nei confronti di Lear.
Quando si traveste da contadino