M
impresa opera come una
monopolista che massimizza il suo
profitto. Nei punti intermedi, la
produzione di monopolio è ripartita
tra le due imprese, ed in particolare
ripartita equamente in J, che
rappresenta la soluzione di
massimizzazione congiunta del
profitto. Secondo Chamberlain le
imprese non devono colludere per
raggiungere questo risultato: se
riconoscono l’interdipendenza,
entrambe sono consapevoli che muovendosi da J per ottenere maggiori profitti,
otterranno una risposta che peggiorerà il proprio profitto rispetto alla soluzione
di partenza.
Il modello leader-follower di Stackelberg
Il modello leader-follower di Stackelberg ipotizza una variazione congetturale
nulla per una impresa e presente per l’altra. Di conseguenza una impresa sa
che l’altra reagirà sempre sulla sua funzione di reazione: la prima impresa
selezionerà la produzione che massimizza il suo profitto considerando la
reazione attesa dell’altra. Produrrà
quindi fino al punto di tangenza tra il
suo più alto isoprofitto e la funzione
di reazione dell’altra impresa (SA in
figura). La prima impresa è quindi
premiata poiché comprende il
comportamento dell’altra mentre
l’altra non è in grado. Questo può far
ipotizzare anche un first-mover
advantage: se A sa che inizialmente
B reagirà producendo sulla propria
funzione di reazione, andrà
direttamente a produrre su SA: in
questo punto si avrà equilibrio di
Stackelberg in cui A è leader e B
follower. Se entrambe le imprese
sono follower, si raggiungerà
l’equilibrio C-N, se entrambe tentano
di essere leader possono innalzare la propria produzione fino al livello massimo,
generando un disequilibrio di Stackelberg o Price-War: in questo punto le
imprese riducono i loro prezzi ottenendo profitti minori che in C-N. 48
Sono quindi 4 i possibili esiti:
�
A leader, B follower ⇒
�
�
B leader, A follower ⇒
B
entrambe follower ⇒ C − N
entrambe leader ⇒ � = � ⇒ P − W (price war) disequilibrio di
� �
A B
Stackelberg: sovrapproduzione, dunque ↓ P ⇒ entrambe profitti minori
rispetto a C-N
Il modello di Bertrand
Nel modello di Bertrand (1883) ogni impresa fissa il proprio prezzo e poi
vende quanto può al prezzo stabilito; le ipotesi principali sono innanzitutto due
imprese identiche che producono un bene omogeneo; i costi marginali costanti
e uguali per entrambe le imprese; le imprese non fissano il livello di output,
bensì il prezzo che massimizza il proprio profitto; ciascuna impresa decide il
suo livello di prezzo assumendo che il rivale non reagirà cambiando il proprio
(ipotesi di variazione congetturale nulla); le decisioni relative a tale livello sono
prese in modo sequenziale; non sono presenti costi di transazione e quindi
asimmetrie informative; dal momento che il bene offerto dalle due imprese ha
la stessa qualità e che si suppone che il consumatore abbia accesso a perfetta
informazione, ciascuna impresa è in grado di sottrarre tutti i clienti al proprio
rivale a seguito di una minima
riduzione di prezzo.
La prima impresa A fissa il
prezzo di monopolio (� ) ⇒ ;
� �
successivamente la seconda
impresa B entra e deve
p
determinare considerando
2
che: p p
se > la quantità
2 1
venduta sarà pari a 0
p p
se = le due imprese
2 1
si spartiranno il mercato in
parti uguali
p p
se < sarà (anche di pochissimo) inferiore a allora l’impresa B avrà la
2 1
possibilità di sottrarre tutti i clienti dell’impresa A
p
Essa sceglierà = � − (con molto piccolo), cattura tutti i clienti facendo
2 �
un profitto leggermente minore di .
� 49
Nella seconda fase A reagisce con � − 2, B reagisce con � − 3 e così
� �
via… La successione di riduzioni di prezzo finisce per � = ��� (nessun
�
incentivo a ridurre ulteriormente il prezzo):
per P > P ⇒ l’impresa perderà tutti i clienti,
C
per P < P ⇒ perdite, pur attirando tutti i consumatori del rivale
C
A � ogni impresa cattura il 50% del mercato (i consumatori sono indifferenti
�
tra le due imprese). Questo modello è anche caratterizzato dal cosiddetto
paradosso di Bertrand: con due sole imprese si ristabilisce l’equilibrio
concorrenziale, in cui le imprese fissano un prezzo pari al costo marginale e
realizzano profitti nulli; gli assunti esplicativi sono:
interazione indipendente e one-shot
prodotti omogenei (perfetti sostituti)
ipotesi di capacità produttiva illimitata
Il modello di Edgerworth
Edgeworth riprende Bertrand ipotizzando un vincolo alla capacità produttiva
in variazione congetturale nulla: la funzione di CMa è una sezione verticale
posta al livello massimo di produzione. Se un’impresa produce fino al suo
vincolo produttivo, l’altra si troverà monopolista nella parte di mercato
scoperta, rappresentata dalla
domanda residuale, fissando
un prezzo maggiore e una
quantità minore. Ma anche la
prima impresa può alzare il
suo prezzo vendendo tutta la
sua produzione; ecco che si
innescherà allora un gioco di
abbassamenti di prezzo fino a
ritornare alla piena
produzione per entrambe.
Allora, una delle due imprese
potrebbe alzare il prezzo per
godere di profitti monopolistici sulla domanda residuale innescando
nuovamente il ciclo. Il modello non ha pertanto equilibrio stabile. La facilità con
cui le imprese modificano prezzi e produzione è criticabile, tuttavia il modello
identifica una situazione di possibile instabilità in oligopolio. Edgeworth
introduce la possibilità di instabilità nell’oligopolio, tuttavia le principali critiche
sono che:
le imprese possono aggiustare continuamente e senza sforzi prezzi e
menu costs)
livelli di produzione (in realtà, casi di costi di listino,
ipotesi di variazione congetturale nulla (e congetture sempre sbagliate)
La curva di domanda ad angolo di Sweezy cerca poi di dare spiegazione
alla stabilità dei prezzi nei mercati oligopolistici. L’idea alla base è che una
impresa possa essere riluttante a iniziare una strategia di prezzo, poiché: 50
aumentando il prezzo, i rivali non la seguiranno facendole perdere quote
di mercato
diminuendo il prezzo, i rivali la seguirebbero per proteggere le quote di
mercato, impedendole di accrescere la propria quota18
Avremo quindi due funzioni di
domanda:
DD (i rivali seguono)
dd (i rivali non seguono)
Consideriamo quindi sopra il
prezzo dell’impresa una parte di
dd, sotto una parte di DD,
andando a configurare una curva
ad angolo che è la domanda
percepita dall’impresa. Avremo
per ogni curva associata una
funzione RMa associata, ed anche
qui prenderemo soltanto una
parte andando a configurare una
discontinuità. Il profitto è
massimizzato dove RMa = CMa, che ricade nella discontinuità: se CMa cambia,
finché rimarrà nella discontinuità, i prezzi e le quantità che massimizzano il
profitto saranno rigidi.
L’ampiezza della discontinuità dipende dall’ampiezza dell’angolo, detto
barometro dei prezzi. L’ampiezza dipende:
dal numero di imprese (per poche imprese ci si avvicina a DD, per molte
a dd, per intermedie avremo un angolo ampio) rivali e dalla loro
dimensione
dalla presenza di un leader di prezzo:
dominante, impresa che ha risultati migliori in quanto è più
o efficiente, non c’è interdipendenza e quindi non siamo di fronte ad
oligopolio. In questo caso c’è leader e un gruppo di follower (price-
taker)
barometrica, impresa che annuncia la variazione di prezzo poiché
o costretta dal mercato: è la prima a farlo anche se è palese che
sarebbe successo. L’impresa leader non è per forza quella
dominante e quindi, se non capisce i seguenti cambiamenti del
mercato, potrebbe perdere la leadership e diventare follower.
Esistono due tipi di leadership barometrica:
concorrenziale: frequenti cambi di leader, mancanza di
uniformità delle risposte, variazioni quota mercato
monopolistica o concorrenziale: piccolo numero di imprese,
con forti barriere all’entrata, assenza di differenziazione del
prodotto, bassa elasticità, funzione di costo simili
di cooperazione (angolo minore)
o 51
da un prodotto più omogeneo (angolo maggiore)
dall’incertezza (maggior riluttanza a cambi di prezzo)
Tale modello è criticabile poiché spiega l’esistenza dell’angolo ma non la sua
posizione o la formazione di P e Q in corrispondenza dell’angolo, e la rigidità dei
prezzi potrebbe essere spiegata in altri modi (es. menu costs). Inoltre, l’ipotesi
iniziale che dà vita alla curva ad angolo è stata oggetto di critiche.
Teoria dei giochi
La teoria dei giochi non cooperativi studia i processi decisionali in situazioni
di incertezza in cui i comportamenti strategici sono rilevanti. Le situazioni
di interazione strategica vengono dette giochi. Un decisore si comporta
strategicamente quando prende in considerazione quello che ritiene che gli
altri agenti faranno. Una caratteristica importante nell’interazione fra più agenti
è la presenza di interdipendenza strategica. In situazioni di interdipendenza
strategica ogni agente capisce che le vincite che riceve (espresse in termini di
utilità o profitto) non dipendono solamente dalle sue azioni, ma anche dalle
non cooperativi”
azioni degli altri agenti. Nei giochi definiti “ ciascun soggetto
che vi partecipa agisce unicamente per il proprio tornaconto; questo non
significa che la cooperazione non possa essere un risultato del comportamento
strategico; nel processo decisionale, ogni agente dovrebbe considerare:
le azioni che gli altri agenti hanno già scelto
le azioni che si aspetta che loro scelgano contemporaneamente
le azioni future che loro possono (o no) scegliere come conseguenza delle
sue azioni nel presente
Per descrivere una situazione di interdipendenza strategica, servono quattro
elementi fondamentali:
1. giocatori: i decisori nel gioco (chi è coinvolto?)
2. azioni: le azioni possibili, o mosse, che i giocatori possono scegliere (che
cosa possono fare?)
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