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H O N
α = β = γ =
C MM C MM C MM
% % %
C C C
in cui MM è il peso molecolare della specie chimica considerata.
A causa del fatto che quasi sempre la composizione della biomassa è data da molecole a
struttura molto varia e complessa, sono stati sviluppati metodi di calcolo del potere
calorifico di un combustibile basandosi esclusivamente dai dati ottenibili dall’analisi
elementare. II potere calorifico rappresenta la quantità di calore ottenibile dai prodotti
della combustione completa di un chilo di combustibile, fino al suo raffreddamento alla
temperatura di partenza. Utilizzando le percentuali di tutte le specie chimiche presenti
è possibile calcolare il della biomassa (si poteva anche procedere per
potere calorifico
via sperimentale utilizzando la ) come:
bomba di Mahler H %
H = H 9 r
− · 0
s i 100
dove r è il calore latente di vaporizzazione dell’acqua a 15 C (2 465 kJ kg ), mentre
◦ −1
0
H e H sono i poteri calorifici superiore ed inferiore della biomassa ovvero con
secca,
s i
o senza la quota parte di calore posseduto dal vapor d’acqua che si forma dopo la
combustione della biomassa. Altre relazioni sperimentali sono quelle di Dulong:
N + O 1
−
% %
H = 81 3 C + H + + 22 2 S [kcal kg]
· ·
% % %
s 8
e quella dell’Institute of Gas Tecnology:
H = 81 43 C + 316 H + 16 36 3 65 ε 28 62(N O ) [kcal kg]
· · − · − −
% % % %
s 11
218
dove ε è il contenuto percentuale di ceneri ed inerti. Sperimentalmente però si è consta-
tato che il potere calorifico calcolato a partire da biomasse umide risulta decisamente
inferiore a quello calcolato per bimassa secca e pertanto è necessario in questo caso
utilizzare un’altra formula apposita: U U
% %
um
H = H 1 r
− − 0
i
i 100 100
Nella maggior parte dei processi tecnologici di trasformazione dell’energia (caldaie,
motori, ecc) i prodotti della combustione non sono riportati alla temperatura iniziale
del combustibile/comburente, perdendo cosı̀ il calore associato alla condensazione del
vapor d’acqua prodotto. È questa la ragione per cui molto più frequentemente si fa
riferimento al potere calorifico inferiore H , che per le biomasse oscilla generalmente tra
i
10 20 MJ kg .
−1
÷
1.3 Classificazione delle biomasse
Come detto la biomassa consiste in tutti quei materiali organici che possono essere utilizzati
come combustibili, ovvero trasformati in combustibili solidi, liquidi o gassosi. In funzione
1
della filiera si può eseguire una prima classificazione in e (figura
residuali colture energetiche
1.5). Mentre la seconda tipologia è soggetta all’intera catena della biomassa (produzione,
Figura 1.5: Classificazione delle biomasse
conversione e utilizzazione), i residuali non solo non sono soggetti alla produzione, ma
soprattutto non competono con gli usi alimentari umani. Come visibile dalla figura 1.5 le
biomasse da residuali si suddividono in base alla loro origine che può essere:
Comprendo residui di lavorazioni del legno, della carta o di riciclati: per esempio
Forestale
segatura, trucioli, pallet e imballaggi vari.
In questa categoria rientrano i residui in genere di varie coltivazioni come le
Agricola
vinacce e i gusci di frutta, ma anche quelli derivanti dalle attività agro industriali
1 Esistono anche altre classificazioni basate sull’origine (vegetale e animale) e sulla composizione qualitativa
(lignocellulosiche, saccarifere, amidacee,oleaginose e umide).
12
219
di trasformazione come per esempio le sanse esauste, noccioli di frutta. Per questi
residuali è possibile definire di una stessa biomassa, una disponibilità potenziale che
rappresenta tutto il residuo, ed una disponibilità effettiva che invece rappresenta solo
la parte destinata ad impieghi energetici.
La biomassa derivante dai RSU è la frazione biodegradabile dei
Da rifiuti solidi urbani
rifiuti solidi urbani, suddivisibile in parte umida e parte secca. La frazione umida
dei rifiuti presenti nelle discariche in aree urbane e industriali e i depositi di liquami
(zootecnici, civili e industriali) forniscono attraverso processi biochimici un gas, chiamato
3
avente un potere calorifico medio dell’ordine di 23 000 kJ Nm , costituito per il
biogas
50 70% da metano e per la restante parte soprattutto da CO .
÷ 2
Per quanto riguarda invece le colture energetiche possiamo dire che dovendo queste essere
dedicate esclusivamente alla produzione di biomassa ad uso energetico, vengono accuratamente
scelte in modo tale che diano elevate rese, un elevato numero di raccolti (e ricrescita autonoma
dopo il taglio) e minimi costi di stoccaggio e trasporto. Si ottiene cosı̀ una biomassa avente
caratteristiche energetiche ottimali e qualità specifiche di raccolta e immagazzinamento ideali.
Le colture energetiche si possono suddividere in:
Le biomasse da colture erbacee possono a loro volta suddividersi in colture annuali
Erbacee
che restano nello stesso campo di coltivazione per una sola stagione come il girasole, o
poliennali che invece possono durare fino a 15 anni con una raccolta ogni due tre anni
come ad esempio la canna da zucchero. Le colture poliennali rispetto a quelle annuali,
sono meno esigenti in termini di lavorazioni del terreno e di interventi di coltivazione.
Le coltivazioni energetiche legnose sono costituite da specie legnose selezionate per
Legnose
l’elevata resa in biomassa e per la capacità di ricrescita dopo il taglio, ne è un esempio
il pioppo. Esistono poi colture legnose a corta rotazione (dette anche Short Rotation
Forestry) che necessitano di una preventiva selezione delle specie più adatte per essere
utilizzate a turni brevi (circa cinque anni) per produrre solo energia.
Nella figura seguente sono riassunti i contributi energetici di tutti i tipi di biomassa in Italia:
Tale potenziale energetico può essere calcolato per una specifica biomassa moltiplicando la
Figura 1.6: Contributo energetico in Italia
disponibilità annua della biomassa presa in considerazione per il valore energetico dell’unità
13
220
di massa: U r U
0
% %
V = H 1 [ktep t]
− −
i 100 η 100
dove V è il valore energetico e η è il rendimento del processo di essiccazione.
14
221
Capitolo 2
Processi di conversione
Essendo la biomassa sostanzialmente una risorsa di energia chimica si possono individuare
due fasi principali di conversione in energia utilizzabile dall’utilizzatore: il primo riguarda
la trasformazione o la conversione dell’energia chimica della biomassa in energia termica
all’interno di un luogo in cui possono avvenire processi di pirolisi, gassificazione,
reattore,
digestione anaerobica ed aerobica o combustione, mentre il secondo riguarda i processi di
conversione finale in cui si adoperano scambiatori di calore, turbine o motori a combustione
interna accoppiati a generatori elettrici o celle a combustibile. I processi di cui ci occuperemo
in questo capitolo riguardano i processi primari di trasformazione che possono essere suddivisi
in tre distinte categorie:
Riguardano principalmente i processi di conversione dell’energia chimica
Termochimici
della biomassa sfruttando un’azione termica (figura 2.1). Si possono avere trasformazioni
o in altra forma di energia chimica più pregiata (un combustibile) o in energia termica.
Tra tali processi rientrano quelli di essiccazione, pirolisi, gassificazione e combustione.
Figura 2.1: Processi di conversione primaria termochimica
Riguardano prevalentemente i processi di conversione dell’energia chimica della
Biochimici
biomassa per mezzo di attività microbica/enzimatica (figura 2.2). Anche in questo
caso si possono avere trasformazioni o in altra forma di energia chimica più pregiata
(un combustibile) o in energia termica. Tra tali processi rientrano quelli di digestione
Figura 2.2: Processi di conversione primaria biochimica
anaerobica/aerobica e di fermentazione.
15
222
Riguardano i processi di conversione dell’energia chimica della biomassa mediante
Meccanici
azione meccanica per produrre energia chimica più pregiata (un combustibile). Rientrano
in tale categoria i processi di estrazione oli.
La scelta del processo primario e della tecnologia connessa è determinata prevalentemen-
te in base alle proprietà della biomassa quali soprattutto il rapporto di concentrazione
carbonio-azoto C N ed il tenore di umidità U . In ogni caso però tutti i processi, sia
%
termochimici che biochimici, che trasformano l’energia chimica della biomassa in energia
chimica di un combustibile a più alto potere calorifico (solidi, liquidi o gassosi) devono essere
ovvero devono subire appositi processi tecnologici volti a modificare/distillare la
condizionati,
loro composizione (filtri a maniche o elettrostatici, reforming, esterificazione, precipitatori).
In particolare quando la biomassa presenta un rapporto C N > 30 e ed un contenuto di
umidità U < 30 allora ciò vuol dire che la biomassa è ricca in composti carboniosi come
%
cellulosa e lignina e sono quindi preferibili processi termochimici. Al contrario un basso
rapporto C N presuppone tessuti vegetali vitali, verdi e ricchi d’acqua e sostanze minerali che
costituiscono un ottimo substrato per l’attacco biochimico. In altre parole possiamo dire che
una biomassa con C N < 30 essendo ricca di composti azotati, emicellulosa ed umidità è più
facilmente convertibile tramite processi biochimici, mentre quella con C N > 30 presentando
alti contenuti di lignite è invece più adatta a processi termochimici.
2.1 Processi termochimici
I processi di conversione termochimica dei combustibili sono basati su una successione di
reazioni chimico-fisiche di ossidoriduzione ad alta temperatura (100 1400 C). Lo scopo è,
◦
÷
come già accennato, quello di trasformare il combustibile di partenza in altri combustibili
più pregiati e più facilmente impiegabili anche con tecnologie di conversione finali, oppure di
convertire l’energia chimica del combustibile direttamente in calore: nel primo caso bisognerà
globalmente fornire calore (processi di pirolisi e gassificazione), mentre nel secondo caso si
avrà globalmente una produzione di calore (processi di combustione). I processi termochimici
possono applicarsi a molteplici biomasse (C N > 30 e U < 30), le più comuni legna e suoi
%
derivati, residui agroindustriali, e rifiuti solidi urbani ed industriali a carattere organico.
In ogni caso qualsiasi processo termochimico parte con l’essiccazione della biomassa in un
apposito reattore, dove poi la stessa biomassa secca subisce un aumento di temperatura