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LUCE.
Da quel punto in avanti c’è un guadagno netto di CO (la pianta fissa più anidride carbonica di quanto ne
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emette con la respirazione). La fissazione procede con andamento lineare nelle primissime parti, poi
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Anna Andrea Carli TFA a.s.2023/2024
all’aumentare della radiazione la fotosintesi non aumenta più e rimane stabile. Si chiama CURVA A
SATURAZIONE, ha raggiunto il suo valore massimo (irradianza di saturazione).
Il raggiungimento del massimo livello di fotosintesi è
dovuto agli altri fattori limitanti, come dall’efficienza
della Rubisco, che non dipende dalla quantità di
radiazione.
In una classica curva di luce si individuano quindi tre
punti fondamentali:
-fotosintesi ad irradianza zero;
-punto di compensazione luce;
-punto di saturazione luce.
Le curve di luce hanno più o meno lo stesso
andamento in tutte le piante, ma i punti di
compensazione e saturazione cambiano moltissimo a
seconda delle specie. Come sopra mostrato, cambiano
moltissimo anche in piante tolleranti o meno all’ombra
(fototemperamento): piante amanti della luce, hanno
costi di respirazione elevati e possiedono anche molta Rubisco (perché adattate a ricevere molti fotoni), che
ha costi di mantenimento alti. Piante che tollerano l’ombra hanno costi di metabilismo molto meno ingenti.
Alcune piante intolleranti l’ombra hanno costi di mantenimento alti ma alte rese fotosintetiche quando si
trovano in condizioni di forte irraggimento, quindi sono poco competitive in condizioni di bassa radiazione.
Le piante tolleranti l’ombra sono invece molto competitive in condizioni di bassa irradiazione, mente in
condizioni di alta irradiazione hanno un tasso fotosintetico più basso; questo non vuol dire che non
crescano in presenza di molta luce, ma fanno meno fotosintesi rispetto ad una pianta intollerante all’ombra
nelle stesse condizioni. Ricordarsi che esistono piante intermedie di ogni tipo!
La forte presenza in un bosco di specie di piante tolleranti o intolleranti l’ombra sono anche degli
indicatori per capire i cambiamenti di specie negli anni futuri. Se sono presenti molte specie tolleranti
l’ombra, il bosco subirà grandissimi cambiamenti negli anni futuri, mentre se sono presenti molte specie
intolleranti l’ombra, il bosco cambierà relativamente poco.
Nelle piante tolleranti l’ombra c’è inoltre un diverso livello di tolleranza anche tra le foglie: nelle foglie
all’apice dell’albero la tolleranza è più bassa, mentre verso il sottochioma la tolleranza all’ombra è
decisamente più alta. Anche la forma e la dimensione delle foglie sullo stesso individuo posso variare
leggermente.
N.B. → Le piante sono poco adattate ai grandi cambiamenti in brevi tempi: anche una pianta intollerante
all’ombra, se abituata a condizioni di relativa scarsa irradiazione, se spostata alla luce può soffrire e morire.
Questo perché per le condizioni dove si trova (scarsa luce) ha sviluppato foglie adatte a poca irradiazione.
Quantità di CO nel mesofillo
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Anche l’anidride carbonica è un fattore limitante della fotosintesi.
All’interno della foglia (quindi intrafoglia), la concentrazione di anidride carbonica ha un andamento
simile a quello della radiazione vista nel paragrafo precedente: a concentrazioni basse di CO la fotosintesi è
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molto bassa, mentre quando aumenta allora anche la fotosintesi aumenta (a parità di radiazione!).
C’è un punto di saturazione anche per quanto riguarda l’anidride carbonica! Quindi quando raggiungo
concentrazioni di CO elevatissime (dentro il mesofillo) nell’ordine di 400-500 ppm, subentrano altri tipi di
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Anna Andrea Carli TFA a.s.2023/2024
limitazioni, ad esempio troppa poca Rubisco o substrato che non si rigenera abbastanza in fretta (limitazioni
biochimiche).
Il percorso della CO è abbastanza complesso: si deve spostare, e quindi il carbonio viene trasformato
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nella sua fase liquida per poter entrare nelle cellule attraverso il loro film liquido. Anche per questo percorso
complesso la CO è considerata un fattore limitante.
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La risposta alla variazione della CO varia notevolmente tra
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piante C3 e piante C4: le piante C4 raggiungono il punto di
saturazione molto più in fretta rispetto alle piante C3. Questo
perché le piante C4 hanno la pepcarbossilasi al posto della Rubisco
nelle prime fasi (partono prima nel processo di fissaggio del
carbonio), mentre nelle piante C3, quando hanno poca anidride
carbonica nel mesofillo, la Rubisco può andare anche sull’ossigeno
e per questo “ci mettono di più a partire”: devono aspettare alte
concentrazioni di CO .
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Abbiamo già constatato che l’aumento della temperatura media globale è causato anche dall’aumento in
atmosfera del livello di CO . Rispondiamo adesso ad un’altra domanda:
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Con un aumento della CO ci si può aspettare un aumento di produttività delle piante?
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Sono stati eseguiti diversi esperimenti, su sistemi semplici, mettendo delle piantine in un ambiente
isolato ad alta concentrazione di anidride carbonica e altre piante in ambiente “normale”. Si è analizzata
l’apertura stomale delle piante, visto che gli stomi si aprono in carenza di CO .
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Si è notato che la fotosintesi di saturazione è rimasta praticamente la stessa, mentre la conduttanza
stomatica si è ridotta di quasi la metà nelle piante messe in condizioni di alta anidride carbonica. Il tasso
fotosintetico, nonostante la grande quantità di CO2, non è aumentato. La minore conduttanza stomatico è
data dal fatto che la pianta, non avendo bisogno di ulteriore anidride carbonica nel mesofillo e avendo la
radiazione necessaria, preferisce chiudere gli stomi e conservare acqua, limitando la fuoriuscita del vapor
d’acqua.
Si sono svolte altre analisi in “aria libera”. Si sono usati dei diffusori di anidride carbonica in una zona ad
anello, controllati da dei computer in modo da far variare il flusso di questi diffusori a seconda della
direzione del vento (in modo da non diffondere CO al di fuori della zona di analisi). Questo sistema
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consente di eseguire analisi in un ambiente più naturale ed avere riscontri per reazioni più verosimili da
parte delle piante.
Il modello consente però di svolgere analisi in popolamenti non troppo densi, giovani e diffusi.
Nelle foreste, negli anni, si è visto con questo sistema un leggerissimo aumento di produttività (+5-10%
con doppia CO rispetto ai livelli attuali presenti in atmosfera), in certi casi addirittura una diminuzione.
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Nelle praterie generalmente non sono stati riscontrati cambiamenti rispetto al livello di CO .
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Si è voluto anche analizzare il comportamento delle foreste ampie con individui adulti e maturi. Non si
può utilizzare il modello ad anello usato prima per complicazioni spaziali di ingombro dei macchinari usati,
per questo motivo sono stati installati direttamente negli alberi delle “docce” e sensori che erogano CO in
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stretta prossimità dell’albero. I risultati finali non sono cambiati.
ATTENZIONE: i dati vanno confrontati in situazioni analoghe, quindi anche per quanto riguarda la
temperatura. A temperature elevate (o basse) vanno presi dati di altre situazioni nelle stesse condizioni.
Analizzati in questo modo possono essere comparabili.
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Per guardare l’aumento di produttività negli alberi, si guarda lo spessore degli anelli nei diversi anni: se
un anello è molto spesso allora l’albero è stato più produttivo (gli alberi arborei investono la maggior parte
degli zuccheri nella costruzione del legno).
Dal 1997 fino al 2004, ricordando che il 2003 è stato un anno particolarmente secco, anche nelle Alpi ad
alte altitudini, non ci sono variazioni di crescita significative nelle varie annate. Sono stati analizzati altri
fattori di crescita come le foglie (il carbonio totale, l’azoto totale e carboidrati non strutturali, come l’amido).
Dalla foglia, gli zuccheri vengono trasferiti dove c’è bisogno (meristemi primari e secondari) attraverso il
floema con moto dall’alto verso il basso. I tessuti che hanno bisogno dei carboidrati per lo sviluppo creano
una differenza di concentrazione (alta concentrazione sulle foglie, sempre più bassa man mano che ci si
sposta verso le radici), per questo si ha uno spostamento verso altre parti della pianta.
I carboidrati non strutturali sono carboidrati prodotti dalla fotosintesi che dovrebbero muoversi verso i
tessuti che consumano (verso il basso). Si è però rilevato che questi carboidrati non vengono trasportati e
rimangono sulle foglie. Sembrerebbe che la fotosintesi aumenti un pochino, ma il carbonio in più che viene
fissato non viene utilizzato dalla pianta: i tessuti che dovrebbero richiedere zuccheri per la crescita non sono
stimolati al richiamo per il livello troppo alto di anidride carbonica.
I carboidrati extra cadono poi con le foglie in autunno: ecco perché le lettiere hanno massa maggiore.
Concludendo, la crescita dei meristemi non è stimolata dall’aumento della CO .
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Le concentrazioni di anidride carbonica attualmente presente in atmosfera non sono limitanti al
fenomeno della fotosintesi: le piante non crescono per svariati altri motivi. Quindi, le piante fanno meno
fotosintesi perché non hanno bisogno di crescere, non perché hanno poca CO a disposizione.
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Ad un livello maggiore di fotosintesi, il pull di carbonio non cambia, perché se aumenta la fotosintesi di
conseguenza aumenta anche la respirazione.
Durante il primo anno di vita di una pianta, la sua produzione di carbonio e quindi di assorbimento di
CO è molto alta, per poi calare in modo molto evidente e stabilizzarsi a bassi livelli.
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Sono le esigenze della pianta che fanno variare la fotosintesi, non è la fotosintesi che regola l’attività
della pianta!!
All’aumentare della CO , si ha però un uso più efficiente dell’acqua. Questo consente alle piante di
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resistere ad ambienti un po’ più aridi. Va considerato però anche aumento della temperatura, il deficit di
pressione di temperatura e le precipitazioni!
In conclusione, no, le piante non diventano più produttive con un aumento della concentrazione di
anidride carbonica in atmosfera, se non di pochissimo. C’è però una migliore efficienza nel consumo di
acqua.
Limitazione di Azoto
L’azoto per la fotosintesi è molto importante, perché elemento essenziale della Rubisco. Una maggiore
quantità di azoto, porta maggiore quantità di Rubisco, che aumenta