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AB

considerato, per cui è necessario effettuare un predimensionamento del collettore considerandolo

completamente pieno. Con questo valore di dimensionamento di tentativo si va a calcolare

l’invaso specifico, dopodiché si può calcolare w per poi andarlo ad

s

inserire nell’espressione del coefficiente udometrico in modo da

calcolare u.

Calcolato il coefficiente udometrico u, la portata che deve transitare sarà uguale a:

dove A è l’area del bacino.

Questa portata Q, applicando un’equazione di moto uniforme (siccome si conosce la pendenza, la scabrezza

e così via), comporta un livello di riempimento del collettore che non è necessariamente quello ipotizzato e

cioè un collettore completamente pieno, ma si ammette che pur avendo ipotizzato in partenza nel calcolo

del volume di invaso tale livello, dal calcolo della portata Q (ottenuta mediante il coefficiente udometrico) si

trova che in realtà il collettore è pieno soltanto fino ad un certo punto.

Considerando che il riempimento del collettore non sia completo,

ma che l’area Ω sia quella tratteggiata in figura.

AB

Allora procedendo per tentativi si ricalcola il volume specifico di invaso e mediante il coefficiente udometrico

si trova un’altra portata, con la quale si troverà poi un diverso grado di riempimento, che non è quello

ipotizzato ma un altro; ci si ferma quando il processo si stabilizza.

Può capitare però che inizialmente la sezione venga ipotizzata completamente piena, oppure se si considera

la presenza di un certo franco la si considera piena fino ad un certo livello (in generale è più corretto) si può

supporre un certo Ω , può succede che alla prima iterazione si trovi un grado di riempimento molto piccolo,

AB

tale per cui la sezione è quasi vuota. Allora anziché andare avanti con le iterazioni conviene

pensare a restringere il collettore, perché probabilmente è

stato fatto troppo grande; quindi, si ripartirà da delle

dimensioni del collettore più piccole e ipotizzando che in

fase iniziale questo nuovo collettore sia pieno considerando

sempre un certo franco di bonifica, a questo punto si può

andare a ripetere la procedura con queste nuove dimensioni

del collettore.

La procedura dovrà essere ripetuta fintanto che non si stabilizza il grado di riempimento.

Come può capitare che il collettore sia stato immaginato troppo

grosso può anche capitare che sia stato immaginato troppo

piccolo, quindi se sulla base del coefficiente udometrico si trova

che la sezione deve essere piena fino ad un livello eccessivo,

questo vuol dire che la sezione ipotizzata è troppo piccola.

Allora si ricominciano a fare i conti con una sezione più grande.

Quindi questa procedura iterativa consente di dimensionare il collettore AB usando l’ipotesi di sincronismo.

I valori che normalmente si hanno per il coefficiente udometrico variano tra i 3 e i 20 litri su secondo per

ettaro; la differenza tra 3 e 20 dipende dal fatto che le reti sono diverse l’una dall’altra ma anche dal fatto

che il tempo di ritorno di progetto può essere differenziato anche molto da un caso all’altro e quindi u cambia

praticamente di un ordine di grandezza.

I valori di tempo di ritorno Tr di progetto che si usano sono compresi tra 5 e 20 anni, che sono quelli per cui

sono proporzionate la maggior parte delle reti di bonifica esistenti, in realtà questi tempi di ritorno

comportano che si accetti ogni 5 o 20 anni un allagamento. Però questi sono valori vecchi: il territorio oggetto

di inondamento oggi ormai risulta completamente diverso, non c’è più un territorio prettamente agricolo,

quindi se si dovessero progettare al giorno d’oggi si otterrebbero dei tempi di ritorno molto più elevati.

Esempio pratico: Bacino entroterra di Cesenatico Vulnerabilità Idraulica

L’area interessata dalla bonifica è quella che costituisce un’area triangolare tra le città di Cesena, Cesenatico

e Cervia. La zona di Cervia era la zona delle cosiddette acque basse che scaricavano le acque direttamente in

mare senza necessità di sollevamento, mentre il resto della zona era quelle delle acque alte che necessitano

si sollevamento meccanico e poi scaricate attraverso il porto canale di Cesenatico, recettore ultimo di scarico

per la bonifica.

Però questa area è entrata in crisi dall’anno 1996 diverse volte che dimostrarono che la rete di bonifica non

era più efficace per due diversi motivi:

1. Per incapacità di smaltimento piene dell’entroterra, che è aumentata per effetto di una cresciuta

antropizzazione e subsidenza; evento di piena Tr stimato 100 anni circa

2. Per ingressione marina durante eventi di marea-mareggiata mareggiata Tr stimato evento 10/15

anni

Dati gli innumerevoli eventi di crisi nel 2005 venne definito inaccettabile per il territorio che questi

avvenissero, non solo per pericoli su terreni agricoli ma anche per edifici che nel frattempo sono stati costruiti

nelle vicinanze. È stata riportata una mappa che rileva le

principali criticità della rete di bonifica, e

dove si può notare che la vecchia uscita a

mare del porto di Cesenatico (blu) viene

sostituita dalla nuova uscita a mare

prevista nel canale tagliata (arancione).

Si è visto che per appena 10 anni di

ritorno ci sono ampie parti della rete

indicati con il colore rosso e il ché

significa che abbiamo esondazione, le

parti di rete di colore arancione indica

che abbiamo un franco di bonifica basso,

e in colorazione blu invece è una

situazione tranquilla in cui sono rispettati

i franchi idraulici.

Inoltre, sono riportati anche le situazioni dei ponti (vedi legenda), in rosso il ponte è sormontato dall’acqua,

in arancione il ponte si trova in pressione, mentre in blu il ponte è con deflusso a pelo libero.

Questo esempio fa capire come il territorio si è trasformato, infatti non c’è più un territorio prettamente

agricolo, e quindi se si dovessero progettare in sicurezza al giorno d’oggi si otterrebbero dei tempi di ritorno

molto più elevati. CAPITOLO 8 – Dighe e traverse

Le dighe sono la costruzione principe in Italia esportando a lungo conoscenze e capacità progettuali per il

mondo. In un periodo successivo dal 2000 in poi, vedi anche disastri come, per esempio, la diga del Vajont,

la realizzazione di dighe ha subito un rallentamento e il numero di opere presenti sul territorio è rimasto

costante o addirittura in diminuzione.

Le dighe sono opere di sbarramento dei corsi d’acqua realizzati per diversi scopi, e quando una diga ricopre

due scopi viene definita diga a scopo multiplo:

• Idroelettrici

• Approvvigionamento idrico usi civili

• Usi irrigui

• Usi industriali

• Laminazione delle piene

• Sostegno magre: deflussi minimi vitali

In generale esistono due tipi di opere di sbarramento, e la differenza consiste una da un punto di vista

tecnico del loro funzionamento e una dal punto di vista normativo:

▪ Diga: sbarramento finalizzato alla creazione di un invaso artificiale a monte, per accumulare

temporaneamente i deflussi del corso d’acqua (opere con regolazione dei deflussi).

▪ Traversa: sbarramento destinato a regolare il livello dell’acqua a monte per creare un carico utile a

favorire la presa. L’invaso si forma comunque a monte ma di piccolo volume e non ha funzione di

regolazione (opere senza regolazione dei deflussi o opere ad acqua fluente).

La differenza dal punto di vista normativo è che le guide per la progettazione di uno sbarramento sono più

rigide. La prima normativa di riferimento è del 1923 che a seguito di disastri ha subito modifiche, fino al

primo decreto importante il Decreto Min. LLPP 24 Marzo 1982 - Norme tecniche per la progettazione e la

costruzione delle dighe di sbarramento (G.U. 4-8-1982, n° 212 supplemento), applicabile ad opere di altezza

superiore a 10 m (dal punto più basso della fondazione) o volume al max invaso >100000 mc.

Se la diga non rientrava in queste categorie, ovvero altezza inferiore ai 10 metri e volume di invaso minore

di 100000 mc allora non era sottoposta a questi rigidi protocolli.

Poi ci fu la Legge 21 ottobre 1994, n. 584: che regolamentò la ripartizione delle competenze tra regioni e

stato.

▪ competenze delle Regioni sulle dighe: alte < 15 m o con invaso < 1.000.000 m³ (piccoli invasi).

▪ competenze del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti attraverso la Direzione Generale Dighe sono

le grandi dighe alte > 15 m o con invaso > 1.000.000 m³.

Ad oggi è in vigore il DM 26 giugno 2014, del MIT (G.U. 08.07.2014) «Norme tecniche per la progettazione e

costruzione degli sbarramenti di ritenuta (dighe e traverse)» Le norme si applicano a tutti gli sbarramenti.

Per gli sbarramenti che hanno H<10 metri e W<100000mc possono eventualmente applicarsi, caso per

caso, le normative regionali.

Le grandi dighe italiane, di competenza statale di competenza statale attraverso il RID (Progetti approvati

dal RID, etc..) sono 541 (al giugno 2008) e ad oggi sono calate a 534.

Classificazione degli sbarramenti

1. DIGHE DI CALCESTRUZZO o di muratura

1.1. A gravità;

1.1.1. ordinarie (a gravità massicce);

1.1.2. alleggerite (a speroni, a vani interni);

1.2. A volta;

1.2.1. Ad arco;

1.2.2. Ad arco gravità;

1.2.3. A cupola; (a doppia curvatura, o a volta)

2. b) DIGHE DI MATERIALI SCIOLTI

2.1. Di terra omogenea;

2.2. Di terra e/o pietrame, con struttura di tenuta interna (zonate, con nucleo di terra per la tenuta);

2.3. Di terra e/o pietrame, con struttura di tenuta esterna (con manto di tenuta di materiali artificiali);

3. TRAVERSE FLUVIALI

4. DIGHE DI TIPO MISTO O DI TIPO VARIO

Dighe di calcestruzzo o di muratura

Le dighe in cls o in muratura possono essere di tipo diverso perché resistono alle azioni che le sollecitano in

diversi modi.

▪ Dighe a gravità: sfruttano il peso proprio della struttura per opporsi alla spinta idrostatica esercitata

dall’acqua invasata nel lago artificiale da loro creato a monte.

▪ Dighe spingenti: scaricano la spinta idrostatica sulle sponde della vallata, sfruttando la curvatura della

struttura. Tale curvatura può interessare solo le sezioni orizzontali (dighe ad arco) o anche quelle

verticali (dighe a volta o a cupola).

▪ Dighe ad arcogravità: Reagiscono in parte con il peso in parte per effetto arco.

Esempi di dighe a gravità

La diga di Vagli, in provincia di Lucca è una diga a gravità che resiste grazie al peso proprio e sono riportati

degli schemi delle sezioni trasversali.

La sezione più alta &egra

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
66 pagine
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/02 Costruzioni idrauliche e marittime e idrologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ale.mura1997 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Costruzioni idrauliche M e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Brath Armando.