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BRIOFITE
Le Briofite sono le piante terrestri più semplici, comprendono circa 24.000 specie e sono definite piante non vascolari in
quanto prive di tessuti conduttori lignificati. Non hanno vere radici ma possiedono rizoidi che servono principalmente
per ancorare la pianta al substrato; l’assorbimento di acqua e sali minerali avviene su tutta la superficie della pianta. Le
Briofite si dividono in tre phyla: Bryophyta (muschi) 15.000 specie, di cui 866 in Italia; Marchantiophyta (epatiche) 8.000
specie, di cui 289 in Italia; Anthocerotophyta (antocerote) circa 200 specie, di cui 6 in Italia. C’è una differenziazione
istologica, sia nel gametofito che nello sporofito. L’organizzazione cellulare nel complesso è simile a quella delle piante
vascolari, ma non è presente lignina (in alcune specie esiste in piccole quantità nello sporofito). Lo zigote, e
successivamente l’embrione che ne deriva, è trattenuto e nutrito all’interno del gametangio femminile (archegonio).
L’organizzazione a livello cellulare è molto simile a quella delle piante vascolari ma hanno degli aspetti peculiari: non
sono presenti amiloplasti, nelle cellule meristematiche non ci sono tipici proplastidi, ma plastidi con sistemi di
membrane tilacoidali già differenziati. Nelle epatiche si possono trovare corpi oleosi e corpi polari particolari; nelle
antocerote il cloroplasto contiene un pirenoide (tipico delle cellule delle alghe).
Nelle Briofite è presente un tessuto di sostegno detto stereoma, formato da
cellule dette stereidi, cellule allungate con pareti ispessite ricche di cellulosa.
Sono presenti due tipi di tessuti di conduzione: l’idroma è deputato al trasporto di
acqua e nutrienti, il leptoma è deputato al trasporto di prodotti della fotosintesi.
L’idroma è formato da idroidi, delle cellule allungate con pareti terminali oblique
altamente permeabili, prive di protoplasto, senza ispessimenti laterali né lignina e
accumulano polifenoli. Il leptoma è formato da leptoidi, cellule allungate con
pareti longitudinali più spesse e le pareti trasversali ricche di plasmodesmi; sono
cellule vive, con una parziale degradazione di nucleo e citoplasma ma con
mitocondri attivi per il trasporto.
Riproduzione e ciclo vitale
La riproduzione asessuale avviene per frammentazione, per produzione di gemme; la
riproduzione sessuale avviene per oogamia ma la fecondazione richiede la presenza di
acqua. I gameti maschili (anterozoidi) sono le uniche cellule flagellate mentre le cellule
femminili sono immobili. Il ciclo vitale è aplodiplonte eteromorfo, con dominanza del
gametofito: il gametofito N rappresenta la pianta perenne mentre lo sporofito 2N ha vita
♂ ♀
effimera. I gametangi (anteridi) e (archegoni) presentano una struttura analoga in tutte
le Briofite e Pteridofite (piante archegoniate). L’archegonio è il gametangio femminile, è
fatto a forma di fiasco e contiene una cellula uovo; l’anteridio è il gametangio maschile, è
fatto a pannocchia e produce numerosi anterozoidi. La maggior parte delle specie sono
dioiche, sono a sessi separati e archegoni e anteridi sono prodotti su piante diverse.
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L’archegonio ha una struttura a forma di fiasco con un lungo collo e una parte basale allargata (ventre) in cui si forma la
cellula uovo. Le cellule del canale del collo si lisano quando la cellula uovo è matura, facilitando il passaggio
dell’anterozoide. Lo zigote rimane all’interno dell’archegonio, dove è nutrito dal gametofito femminile, genera un
embrione pluricellulare diploide, che crescendo diventa uno sporofito. L’embrione è formato in tutte le piante terrestri,
dalle Briofite alle Angiosperme, per questo le piante terrestri sono dette anche embriofite.
L’anteridio è sferico o allungato, generalmente portato su un peduncolo; uno strato protettivo di cellule sterili circonda
numerose cellule spermatogene; ogni cellula spermatogena produce un anterozoide biflagellato.
-MUSCHI (PHYLUM BRYOPHYTA)
Nei muschi il gametofito è formato da un fusticino (cauloide)
che si attacca al substrato mediante rizoidi e porta foglioline
(filloidi) disposte in tre o più file. L’accrescimento del fusticino è
dovuto alle divisioni di una cellula apicale meristematica. Il
gametofito ha origine dalla germinazione di una spora ed è
inizialmente costituito da uno stadio giovanile pluricellulare
detto protonema. Il protonema può essere laminare o
filamentoso (se filamentoso è simile a un’alga verde
filamentosa); i protonemi si ramificano e sviluppano tante
gemme e ogni gemma origina un fusticino.
-Le foglioline possono presentare un certo grado di specializzazione in specie diverse; sono per lo più fotosintetizzanti e
sono composte da un singolo strato di cellule. In molte specie c’è anche una nervatura mediana pluristratificata, in cui
sono presenti cellule di sostegno e di conduzione.
-I rizoidi sono filamenti unicellulari o pluricellulari; se pluricellulari, sono uniseriati. Le cellule hanno delle pareti di
congiunzione oblique e non sono fotosintetizzanti, non assorbono acqua e nutrienti dal substrato, ma fungono da
elementi di ancoraggio.
Lo sporofito si forma dallo sviluppo dello zigote all’interno dell’archegonio e non è
mai ramificato, non è indipendente e di solito non svolge fotosintesi. Lo sporofito
vive attaccato al gametofito, da cui riceve nutrimento ed è in contatto con il
gametofito tramite una parte basale allargata, detta piede; a maturità sviluppa una
porzione allungata (seta) che porta lo sporangio (capsula). La zona di contatto tra
gametofito e sporofito è detta placenta e contiene cellule che trasferiscono
nutrimento allo sporofito; in molte specie, lo sporofito è provvisto di cuticola e
stomi. La caliptra è uno strato di cellule derivate dalla lacerazione dell’archegonio
che ricopre la capsula; resta attaccata per un certo tempo all’apice della capsula.
All’interno della capsula, numerose cellule vanno incontro a meiosi e questo risulta
nella formazione di numerose meiospore, che a maturità vengono rilasciate tramite
rottura dell’opercolo. La capsula rappresenta lo sporangio e la sua parte superiore è
formata da: caliptra, residuo dell’archegonio; opercolo, che si apre per liberare le
spore; peristoma, formato da una corona di appendici dette denti del peristoma. È presente una porzione centrale
interna detta endotecio che forma una colonna di tessuto sterile (columella), circondata dall’archesporio, un tessuto
fertile che origina le spore e dall’esotecio, una porzione più esterna che forma la parete dello sporangio.
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Ciclo vitale dei muschi
La seta emerge e produce all’apice la capsula, che rappresenta lo sporangio; dentro la capsula, lo sporofito produce per
meiosi delle spore unicellulari aploidi (meiospore). Queste spore vengono rilasciate in aria e possono restare quiescenti
per lungo tempo in attesa delle condizioni ottimali per la germinazione. Al momento della germinazione dalle spore si
sviluppa una struttura filamentosa e scarsamente differenziata detta protonema e da esso si sviluppa il gametofito adulto
(la piantina del muschio). Sul gametofito sono presenti delle strutture piliformi dette rizoidi con la funzione di ancorare il
gametofito al substrato. Sul gametofito si differenziano gli organi sessuali o gametangi: il gametangio femminile è detto
archegonio mentre quello maschile è chiamato anteridio. Nuotando in un velo d'acqua l'anterozoide raggiunge
l'archegonio e feconda la cellula uovo; lo sporofito si sviluppa all'interno dell'archegonio e forma un filamento (seta) che
gradualmente cresce ed emerge dall'archegonio.
I muschi crescono perlopiù nei luoghi umidi di foreste temperate, nelle foreste tropicali e lungo i ruscelli; qualche specie
è presente in habitat più aridi (rocce nude ed esposte). Si trovano sul terreno (terricoli), sulle cortecce di alberi (corticoli),
sulle rocce e sui muri (epilitici), sulle foglie (epifiti) e nell’acqua. Alcuni muschi sono organismi peciloidri: possono
sopportare lunghi periodi in assenza di acqua liquida e riprendere a vegetare una volta che l’acqua è di nuovo
disponibile. Questa strategia è dovuta al fatto che il protoplasto di questi organismi è in grado di tollerare una
disidratazione quasi completa che, insieme alla capacità di tollerare forti escursioni termiche, ha permesso ad alcuni
muschi di formare la vegetazione dominante in zone artiche e subartiche dove piante vascolari sono rare o assenti.
Gli sfagni, o muschi di torba, comprendono un unico genere (Sphagnum)
con circa 300 specie con molte forme polimorfiche e sono distribuiti in zone
umide e fredde, soprattutto nell’emisfero boreale; sono di grande
importanza ecologica ed economica. Il gametofito si sviluppa dalle spore
inizialmente come protonema, rappresentato da una lamina
monostratificata che si accresce ai margini. Dal protonema si origina il
gametofito eretto e anteridi e archegoni si formano su speciali ramificazioni
all’apice del gametofito; la fecondazione avviene in inverno inoltrato. Gli
sfagni hanno delle foglioline con una struttura peculiare: le cellule vive
(clorocisti) formano un reticolo nei cui spazi sono presenti cellule morte
dalle pareti porose (ialocisti). Grazie a questa struttura si imbevono facilmente d’acqua e possono immagazzinare acqua
fino a 20 volte il loro peso secco. Negli sfagni le pareti cellulari sono impregnate di composti fenolici, resistenti alla
+
decomposizione e con proprietà antisettiche; essi liberano ioni H contribuendo a rendere acido l’ambiente in cui vivono.
Gli usi pratici degli sfagni sono quelli di ricoprire e curare le ferite (nell’antichità) e vengono utilizzati come materiale da
imballaggio per le radici delle piante. Inoltre, viene usato come additivo per il
suolo per aumentarne la capacità di trattenere acqua. Gli sfagni hanno degli
sporofiti caratteristici: le capsule sono portate da un peduncolo detto
pseudopodio. A maturità la capsula si secca ed i suoi tessuti interni si
contraggono; la pressione dell’aria al suo interno raggiunge valori elevati (pari
a quelli delle gomme di un TIR). Il distacco dell’opercolo avviene con un
percettibile scoppio e porta alla fuoriuscita delle spore. Le torbiere sono
acquitrini in cui sfagni e altri muschi sono i vegetali dominanti; anche alcune
alghe verdi dell’ordine Desmidiales trovano qui un ambiente ideale e sono molto abbondanti. In regioni con clima umido
e freddo, la presenza dei composti tannici degli sfagni e l’elevata acidità inibiscono l'attività dei batteri che degradano le
sostanze organiche; per questa ragione il carbonio organico non viene decomposto rapidamente dai microrganismi. Col
tempo, lo strato profondo di sfag