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MUTAZIONE PER SOSTITUZIONE MISSENSO
↪ Nell’esempio si nota nella sequenza selvatica la tripletta AAA che si trasforma
per mutazione della prima base in GAA, che
codifica però per il glutammato (il quale ha
diverse caratteristiche chimico-fisiche rispetto
alla lisina e quindi potrebbe comportare una modificazione nella funzionalità della
proteina prodotta). In questo caso si avrà una vera e propria variante allelica che ha
effetto sul fenotipo perché si andrò a produrre nell’organismo mutato una sequenza di
DNA che codifica per una proteina che si comporta in maniera diversa e che quindi
produrrà effettivamente un fenotipo diverso da quello selvatico. Le mutazioni
missenso sono quindi quelle evolutivamente più impattanti perché al contrario delle
altre due producono un fenotipo diverso da sottoporre alla selezione naturale. Un
esempio di mutazione missenso è quella che porta all’anemia falciforme. Questa
prevede la sostituzione di un amminoacido, il glutammato in posizione 6, carico
negativamente, con una valina sempre in posizione 6, a causa di una sostituzione
puntiforme che porta GAG a GTG. Glutammato e valina sono due amminoacidi
biochimicamente molto diversi, forse nel modo più impattante per quanto riguarda la
struttura della proteina, perché il glutammato è carico mentre la valina è apolare e
idrofobica, e quando ci sono degli amminoacidi apolari sappiamo che questi
guideranno il folding, l'organizzazione della proteina, in modo diverso perché si
creeranno delle criticità tutte le volte che questo si trova esposto sulla superficie della
β
proteina a contatto con l'acqua. Nel caso dell’emoglobina mutata infatti la valina
che si troverà esposta in superficie, invece di rimanere da sola, andrà ad attaccarsi a
β
altre valine di altre globine mutate per mantenersi in una zona apolare, formando
quindi una lunga struttura fibrillare che precipita nel citoplasma, non rimane in
soluzione, e che determina proprio la modificazione strutturale del globulo rosso che
assume il tipico aspetto a falce.
MUTAZIONE PER SOSTITUZIONE NON-SENSO
↪ Questo tipo di mutazione trasforma un codone da codificante (a cui corrisponde
un amminoacido) a codone di stop, impattando fortemente il prodotto proteico visto
che la traduzione verrà interrotta prima, a livello della mutazione, con la produzione di
una proteina tronca. L’effetto fenotipico indubbiamente ci sarà ma dipende dove
avviene la mutazione. Se la mutazione non-senso avviene nella porzione più verso il
5’ dell’ORF, all’inizio della cornice aperta di lettura, è chiaro che la proteina tronca sarà
molto corta e sicuramente la proteina mutata non avrà le funzioni di quella originale,
se invece la mutazione avviene più verso il 3’, andrà a mancare una piccola porzione
carbossi-terminale e quindi la proteina tronca sarà un po’ meno lunga dell’originale ma
potrebbe anche funzionare (seppur con una cinetica diversa…) visto che la catena
proteica è stata quasi tutta sintetizzata.
MUTAZIONE PER SOSTITUZIONE DA ALLUNGAMENTO
↪ Il caso opposto è molto raro ed è la mutazione da allungamento: è il codone di
stop che viene mutato in un codone codificante per un amminoacido, quindi la
traduzione procederà allungando la proteina con gli amminoacidi corrispondenti ai
codoni presenti nella regione 3’UTR. Ciò normalmente non ha grande impatto per due
ragioni: in primis si ha comunque la sintesi di tutta la sequenza necessaria per la
proteina corretta, semmai si aggiunge un pezzo in più, che potrebbe gravare un po'
per la funzionalità ma comunque potrebbe funzionare, inoltre nella regione 3’UTR a
seguito del primo codone di stop, quello che interrompe l’ORF, se ne susseguono molti
quindi l’allungamento è spesso molto breve e riguarda un numero limitato di
amminoacidi.
INSERZIONI E DELEZIONI: MUTAZIONI FRAMESHIFT
↪ Queste mutazioni determinano, qualora l’inserzione o la delezione riguardi un
numero di basi diverso da 3 o multiplo di 3 (si creerebbe una mutazione, ma non
cambierebbe la cornice di lettura), proprio uno scivolamento della cornice di
lettura con la produzione di una proteina totalmente diversa da quella originale a
partire dal punto della mutazione. In più, le due cornici di lettura diverse da quella
aperta (UTR) sono ricche di codoni di stop e quindi è assolutamente probabile che si
venga a formare una piccola serie di amminoacidi
che si interrompe subito, una proteina tronca con
un impatto fenotipico gravoso proprio perché la
cornice cambia completamente.
3.1.3. Classificazione delle mutazioni puntiformi sulla base dell’effetto
sul fenotipo
In base all’effetto sul fenotipo si hanno mutazioni puntiformi in avanti e
all’indietro.
MUTAZIONI IN AVANTI
↪ Si parte da una condizione selvatica, quindi da un allele che nella popolazione è il
più abbondante, se non l’unico, ma con una mutazione si crea un allele nuovo, quindi
è definita in avanti proprio perché causa un cambiamento genotipico in direzione dal
selvatico al mutante, crea quindi qualcosa che prima non era presente, una variabilità
genetica in più.
MUTAZIONI ALL’INDIETRO
↪ Sono mutazioni che avvengono su un allele già colpito da una prima mutazione
in avanti, azzerano quindi l’avanzamento ritornando ad un allele selvatico oppure
creando comunque un altro allele più vicino al fenotipo selvatico. Possono essere di 2
tipi sulla base di come riportano all’indietro questo fenotipo:
1) Per reversione: sono mutazioni all’indietro che avvengono nello stesso nucleotide
precedentemente interessato dalla mutazione in avanti, causando un cambiamento
genotipico in direzione dal mutante verso il selvatico. Queste reversioni possono
essere vere reversioni, quando quel nucleotide mutato in avanti viene riportato ad
essere quello originario, riportano quindi a codificare per lo stesso amminoacido e si
→ →
ritorna cioè all’esatta tripletta selvatica (CUA CCA CUA), oppure possono
essere reversioni parziali, quando non si torna al codone originario, quindi allo
stesso amminoacido, ma se ne forma uno diverso, molto più simile a quello codificato
dal codone selvatico rispetto a quello mutato, con la funzionalità che viene quindi
→ →
almeno in parte ripristinata (CUA CCA CAA).
2) Per soppressione: sono mutazioni all’indietro che avvengono in un sito diverso
dal nucleotide colpito dalla prima mutazione in avanti, riducendo o eliminando
comunque gli effetti fenotipici. Possono avvenire nello stesso gene interessato dalla
mutazione in avanti, e si parla di soppressore intragenico, o addirittura in un gene
diverso, allora si parla di soppressore intergenico.
- Il soppressore intragenico può alterare un diverso nucleotide all’interno dello stesso
codone dello stesso gene interessato dalla mutazione in avanti, annullando o
→ →
riducendo gli effetti della mutazione precedentemente avvenuta (UCU UGU
AGU). Ad esempio, la soppressione della delezione di una base è l’inserzione di
un’altra base che deve avvenire all’interno della stessa sequenza ripristinando la
cornice di lettura originaria. L’inserzione non deve avvenire per forza nel punto di
delezione, tanto più è lontana tanto più saranno diversi gli amminoacidi che verranno
tradotti rispetto all’originale.
- Per capire la soppressione intergenica per prima cosa bisogna dire che le proteine
non lavorano da sole, sia in termini di complessi multiproteici sia in termini di cascata
metabolica. Immaginiamo di avere un reagente A e di doverlo trasformare in un
prodotto C attraverso diverse tappe enzimatiche: A viene trasformato in un prodotto
→
intermedio B da un enzima X e poi B viene trasformato in C da un enzima Y (A B
→ C). Supponiamo di avere una mutazione a livello dell’enzima X che lo rende meno
efficace (rappresenta la prima mutazione in avanti), questo significa che la velocità di
conversione da A a B sarà più bassa, quindi per ottenere C da A c’è bisogno di più
tempo perché X funziona più lentamente rallentando tutta la cascata. Supponiamo ora
di avere come mutazione all’indietro una mutazione del gene Y che produce un enzima
Y che funziona più velocemente. Il tempo perso per trasformare A in B dalla mutazione
in avanti viene così riguadagnato per trasformare B in C dalla mutazione all’indietro.
Alla fine, quindi, il tempo che si impiega per ottenere C da A ritorna molto più simile a
quello selvatico rispetto a quello mutato dalla prima mutazione in avanti (perché si
rallenta la prima tappa ma si velocizza la seconda).
Un esempio molto particolare di soppressore intergenico riguarda il caso in cui la
mutazione in avanti sia una mutazione di tipo non-senso (che crea un codone di stop
dove normalmente è presente un codone codificante) che porta quindi alla formazione
di una proteina tronca. In questo caso la mutazione all’indietro è la mutazione
all’interno della sequenza di un gene che codifica per un particolare tRNA, che quindi
muta nel suo anticodone il quale si trasforma in un anticodone capace di riconoscere il
codone di stop. Per cui quando il ribosoma arriva sul codone di stop della proteina
tronca e si ferma, prima che entri il fattore di rilascio, arriva questo aminoacil-tRNA
mutato che, riconoscendo il codone di stop, consente l’introduzione di un
amminoacido e perciò la prosecuzione della traduzione. La proteina risulterà
comunque mutata per un amminoacido, perché al posto di quello che doveva avere
originariamente, il cui codone è mutato nel codone di stop, ci sarà un amminoacido
diverso portato dal tRNA mutato, ma alla fine non si avrà comunque una proteina
tronca per cui funzionalmente parlando ci si avvicinerà al fenotipo selvatico.
Se c’è un tRNA mutato che riconosce il codone di stop, questo non va a impattare su
tutta la traduzione di tutte le proteine perché tutte le volte che trova quel codone di
stop lì, invece di fermare la traduzione della proteina come doveva succedere, provoca
l’allungamento? La risposta è NO perché i tRNA non solo sono tanti, una 50ina, ma in
realtà ogni singolo gene che produce un diverso tipo di tRNA fa parte del DNA
mediamente ripetuto quindi non si avrà una sola copia genica per quel tRNA ma tante,
e ognuna di queste produrrà in teoria un tRNA identico, che avrà quindi lo stesso
anticodone e si legherà allo stesso amminoacido. Se uno solo di questi geni per lo
stesso