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IL MODELLO ATOMICO DI N. BOHR (1913)

N. Bohr nel 1913 diede una prima soluzione a due tipi di problemi connessi con:

a) i modelli esistenti sulla struttura dell'atomo

b) le caratteristiche degli spettri di emissione degli elementi allo stato gassoso

a) Dati sperimentali suggerivano che le particelle costituenti l'atomo (protoni, neutroni ed

elettroni) erano così disposte: un nucleo centrale che racchiudeva tutta la carica positiva

-10

ed elettroni che ruotavano intorno al nucleo alla distanza dell'ordine dell'Å (1 Å = 10

m) (modello planetario di Rutheford, 1911).

Ma, secondo la teoria elettromagnetica classica, in tale situazione un elettrone avrebbe

dovuto irradiare onde elettromagnetiche e perdere quindi energia, cadendo sul nucleo in

-11

un tempo brevissimo (~ 10 s).

Il modello di Rutheford non sarebbe quindi dovuto essere stabile!

b) Gli elementi nello stato gassoso sottoposti a scarica elettrica emettevano radiazioni

elettromagnetiche di precisa e definita lunghezza d'onda.

Digressione: La luce è una forma di energia radiante o elettromagnetica. Altre forme di

radiazione elettromagnetica sono le onde radio, i raggi infrarossi, i raggi X ecc.. Una

radiazione elettromagnetica la possiamo immaginare come campi elettromagnetici che si

propagano con un moto ondulatorio.

Una radiazione elettromagnetica può essere quindi visualizzata così.

Ad una radiazione elettromagnetica sono quindi associate una lunghezza d'onda (distanza

l,

tra due massimi), designata di solito con la lettera greca lambda espressa in unità di

misura di lunghezza e una frequenza (numero di massimi che si registrano nell'unità di

s-1

n

tempo) indicata normalmente con la lettera greca ni espressa in detti Hertz. Le due

grandezze sono tra loro legate dalla relazione:

c

n  l 10

in cui c = velocità della luce (3*10 m/s)

Max Planck aveva già mostrato come l'energia di una radiazione elettromagnetica fosse

associata alla sua frequenza dalla relazione:

 n

E h -34

con h = costante di Planck e pari a 6.63x10 J s

Dalle due relazioni si vede come ad una radiazione con frequenza maggiore (lunghezza

d'onda minore) è associata una energia maggiore.

Lo spettro completo delle radiazioni elettromagnetiche è il seguente (le radiazioni

l

luminose visibili ne costituiscono solo una piccola parte, nella zona compresa tra

~700 l ~ -9

e 400 nm (1 nm = 10 m)).

Quando un elemento (ad esempio l'idrogeno) veniva sottosposto a scariche elettriche,

emetteva radiazioni elettromagnetiche caratterizzate da ben determinate lunghezze

d'onda.

Bohr innanzi tutto spiegò la apparente contraddizione presente tra la stabilità dell'atomo

e le caratteristiche del modello planetario assumendo che esistessero alcuni particolari

stati (stati stazionari) nei quali l'elettrone poteva muoversi intorno al nucleo conservando

la sua energia. Applicando al sistema costituito dall'atomo le idee di Planck, egli impose

che la condizione per cui un elettrone potesse ruotare senza emettere energia fosse che il

suo momento angolare (grandezza fisica definita come mvr con m = massa del corpo

ruotante, v= velocità dello stesso r= raggio dell'orbita) potesse assumere solo determinati

valori multipli interi di un valore minimo h/2p, potesse cioè variare solo per quantità

discrete, fosse cioè . In formule

PER QUANTI QUANTIZZATO h

mvr n 2p

con n numero intero (1, 2, 3 ecc.) chiamato numero quantico principale

Applicando ora il secondo principio della dinamica di Newton all'elettrone dell'atomo di

idrogeno, dotato di massa m e carica e che si muove intorno al nucleo in un moto

circolare uniforme con velocità v e raggio della circonferenza r. Dalla relazione F = m*a,

essendo F la forza di attrazione coulombiana tra elettrone e nucleo (e²/r²) e a=

accelerazione centripeta paria a v²/r si ottiene =

Si può dimostrare che anche l'energia associata all'elettrone risulta essere funzione del

numero quantico n secondo la relazione: 2 4

p

1 2 me

 *

E 2 2

n h

Quindi ad ogni stato stazionario dell'elettrone sono associate per un determinato valore

di n una ben precisa distanza dal nucleo e una determinata energia. Perché un elettrone

salti da uno stato stazionario ad un altro occorre che venga eccitato da una radiazione

DE

caratterizzata proprio da una energia pari al tra il livello di partenza e quello di

arrivo. Un elettrone eccitato può tornare allo stato di partenza riemettendo l'energia

prima assorbita sotto forma di radiazione di frequenza e di lunghezza d'onda

DE

corrispondente al tra i due livelli in base alla relazione

DE = hn = hc/l

Bohr trovò una sorprendente concordanza tra i valori previsti per le frequenze emesse

dall'atomo di idrogeno, in base alle sue relazioni e quelli sperimentali noti già da alcuni

decenni. Questa coincidenza diede forza al suo modello quantistico

Tuttavia, ripetendo con apparecchiature più sofisticate le esperienze di emissione di

radiazioni per elementi diversi dall'idrogeno, la concordanza tra valori calcolati e

lunghezza d'onda di emissione effettivamente misurate non ci fu più. Alcune righe

risultavano in realtà composte da doppietti di righe, vicine ma non coincidenti.

Successivamente a Bohr, Sommerfeld 1915 tentò di perfezionare il modello, ipotizzando

che gli elettroni percorressero delle orbite ellittiche e che quindi ad ogni orbita fossero

(il

associati due numeri quantici n e secondo associato alla forma dell'ellisse). Il

secondo numero quantico introdotto da Sommerfeld, definito numero quantico

angolare, poteva variare per tutti i valori interi compresi tra 0 e n-1.

=0

Ad es. per n=1 poteva esistere solo un sottolivello con

per n=2 potevano esistere due sottolivelli uno con=0 e uno con

= 1

e così via. 

Per lo stesso valore di n i due sottolivelli con diverso erano caratterizzati da energia

simile ma non identica per cui le radiazioni emesse potevano a volte presentare dei

doppietti.

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Scienze chimiche CHIM/03 Chimica generale e inorganica

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