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(∆P/P)
∏=
disoccupazione u. Definiamo con il tasso di inflazione e con u il tasso di disoccupazione. Quindi
(∆P/P)
graficamente avremo: ↓u,
TRADE-OFF(∏,u) —> se aumentano le pressioni salariali, quindi a sua volta aumentano i prezzi e infine
↓∏,
aumenta l’inflazione (↑∏)... perciò ci spostiamo dal punto A e il punto B. Viceversa succede che
se
↑u.
comporta ad un Quindi molto meno disoccupazione comporta più inflazione, mentre più disoccupazione
comporta prezzi che scendono perché scendono i salari—> infatti siccome i salari sono inglobati nella
formulazione dei prezzi delle imprese, se aumenta u abbiamo detto che i salari scendono, perciò il relativo
incremento dei costi sarà scaricato su un mark-up maggiore e dunque ci sarà un livello generale dei prezzi più
elevato. Qui si accende un dibattito tra monetaristi e keynesiani, perché questi ultimi sostenevano che fosse
possibile, almeno nel breve periodo, si potesse avere meno disoccupazione accettando un incremento
dell'inflazione, mentre per i primi tale curva risulta essere adatta alla sua impostazione in quanto prevede la
possibilità di un equilibrio macroeconomico in cui si verifichi la presenza di disoccupazione involontaria senza
meccanismi di aggiustamento verso la piena occupazione. Il trade-off prima citato, può sorgere a causa di due
motivazioni:
- Motivazione economica—> se nel sistema c’è un elevato tasso di disoccupazione, allora ci sarà un elevato
eccesso di offerta di lavoro rispetto alla domanda e quindi ci sarà molta competitività tra i lavoratori che
cercano occupazione. Questi ultimi dunque tenderanno ad accettare anche salari bassi pur di essere
impiegati. A salari bassi corrispondono prezzi bassi e dunque una bassa inflazione.
- Motivazione politica—> se il sistema è caratterizzato da elevata disoccupazione, i lavoratori così come i
relativi sindacati dispongono di un basso potere contrattuale, in quanto c’è un alto rischio di perdere il
lavoro e di non trovarne un altro, il che si riversa immediatamente su una remunerazione del lavoro spinta
verso il basso e dunque un’inflazione contenuta.
Legge di Okun
Per capire questa legge definiamo due diversi GAP (= differenza):
- GAP nel tasso di disoccupazione —> differenza tra u «corrente» e u naturale (ovvero il livello di
n
disoccupazione al quale la curva di Phillips interseca l’asse delle ascisse—> quindi sarà quello di
equilibrio per il quale non si determinano sul mercato del lavoro tensioni che portano a variazioni del
→ u = u – u .
salario nominale) o tendenziale di equilibrio gap n →
- GAP nell’output —> differenza tra Y corrente e Y Y-Yn. Il livello di Y
«naturale» o tendenziale di equilibrio
n n
si determina in corrispondenza dell'equazione sul mercato del lavoro che da luogo a u .
n
La legge di Okun «lega» il GAP del tasso di disoccupazione al GAP nell’output.
Se Y>Yn, allora u< u —> quindi —> u-u = -h(Y-Yn)/Yn —>
n n
tasso di variazione dell’output, dove abbiamo che u-u è il GAP
n
del tasso di disoccupazione, h misura l'elasticità (quindi misura
la sensibilità della disoccupazione rispetto al reddito)
con la quale la differenza nel GAP di disoccupazione incide nella differenza tra i redditi e (Y-Yn)/Yn
rappresenta la variazione di reddito corrente rispetto a quello naturale. Se il livello di reddito è più alto di
quello naturale (di equilibrio), allora il tasso di disoccupazione corrente sarà più bassa di quella naturale
e viceversa. Quindi la differenza tra la disoccupazione
corrente e quella naturale, in base alla legge di Okun, dipende dalla differenza tra l'output corrente e
quello naturale. Quindi la legge di Okun sarà anche data da:
u = - hY
gap gap
Secondo tale relazione, una crescita dell’output Y dell’1% provoca una riduzione della disoccupazione u
meno che proporzionale (quindi inferiore all’1%). Questo significa che le imprese aggiustano l’occupazione
in misura meno che proporzionale preferendo far lavorare di più lavoratori già impiegati piuttosto che
assumere (effetto Hoarding). N.B. YGAP è > 0 e quindi la disoccupazione diminuisce solamente se
l’economia è in crescita e il tasso di crescita cresce al di sopra del tasso potenziale, ma se il tasso di crescita
di un’economia è costante o negativo, allora la disoccupazione aumenta. Ora combinando la curva di
Phillips con la legge di Okun possiamo arrivare a costruire la curva di offerta aggregata (AS) con P flessibili.
Partiamo da un punto nel quale: Y=Yn (reddito corrente = reddito naturale) e u=un (tasso di disoccupazione
corrente = tasso di disoccupazione naturale):
Consideriamo un aumento di Y, allora Y>Yn quindi comporta u<un
(disoccupazione diminuisce) in base alla legge di Okun. Ma se la
disoccupazione diminuisce, allora l’inflazione aumenta (∏), in base
alla curva di Phillips. Quindi vi è una relazione diretta: se sale l’output,
sale l'inflazione. Quando Y aumenta, aumentano i salari, dovranno
∏
aumentare anche i P e quindi l’inflazione (relazione diretta).
L’inclinazione della curva dipende da -h, mentre la posizione dipenderà
invece dai fattori che incidono sui costi di produzione, oppure dal fatto
che viene aumentato il costo unitario del lavoro (si sposta verso l’alto)
e viceversa oppure dal fatto che viene migliorata la produttività del
lavoro o capitale (la curva AS si sposta verso il basso).
Uno shock negativo fa spostare la curva di offerta verso sinistra (basso), mentre uno shock positivo fa
spostare la curva verso destra (alto).
Ora che abbiamo spiegato l’offerta aggregata (AS) con prezzi flessibili e abbiamo visto che per analizzarla ci
serviva la curva di Phillips e la legge di Okun, analizziamo la domanda aggregata (AD) sempre in un contesto
con prezzi flessibili. AD è un luogo di punti di equilibrio tra output in ascissa e tasso d’inflazione in ordinata,
che garantisce l’equilibrio reale monetario (o luogo di punti di equilibrio IS-LM). Per costruire la AD si
riprende il modello IS-LM, ma introdurremo l’ipotesi che i P possono variare. Avremo che:
1. α α=1/(1-c) del reddito e C= f(M/P) —> saldo reale: viene applicato
Y= (A-bi) —> dove è il moltiplicatore
l’effetto Pigou se teniamo conto dei prezzi calanti, questi possono incidere positivamente sui consumi
(effetto saldo reale). Il consumo aggregato ora dipende anche dal saldo reale e quest’ultimo dipende dal
rapporto dello stock di moneta e il livello dei prezzi. E’ in funzione del reddito corrente.
2. M/P= L(Y,i)= kY-hi con k, h>0 : LM
Ora c’è M/P perché si parla in termini reali siccome i prezzi variano (la posizione della curva LM, parametrica
rispetto ad M e p, dipenderà ora dall’offerta reale di moneta (M/P) e quindi anche dal livello dei P.
Costruzione della curva AD —> Quando il livello dei prezzi non è più fisso ma variabile, il modello IS-LM
(dove tutte le variabili relative al mercato dei beni sono variabili reali) permette di ricavare la relazione che
lega la domanda di beni e servizi al livello dei prezzi, e cioè la funzione di domanda aggregata AD. A sinistra
abbiamo la rappresentazione grafica dell’IS-LM. Partiamo in corrispondenza del punto A: se siamo in A e i
prezzi scendono P’< P, l’offerta di moneta reale (M/P) sale (eccesso di offerta) a parità di domanda di
moneta il reddito aumenta insieme all’inflazione, diminuiscono la disoccupazione e il tasso d’interesse con
uno spostamento verso il basso della LM —> quindi con un calo dei prezzi, il valore reale della moneta (cioè
i saldi monetari reali) aumenta e Y aumenta grazie all’effetto dei saldi monetari reali.
Il secondo grafico mostra che, con lo spostamento da A a B, l’inflazione è diminuita, mentre il tasso
d’interesse è aumentato ed è aumentato anche l’output perchè i prezzi sono scesi.
I due grafici quindi ci consentono di costruire la curva AD. Perché la AD è decrescente nel piano (Y,P)?
→
Se P’<P M/P’ (offerta reale) sale e quindi LM (P’) avrà Y’>Y, ma avrà
anche un tasso d’interesse che scende (tutto ciò a parità di offerta
nominale emessa dalla BCE)
L’equilibrio AD-AS : intersezione tra la curva AD (decrescente) e la
curva AS (crescente) —> punto A. Mentre la curva AD dipende dai
fattori che incidono sulla IS-LM (siccome è parametrica rispetto
all’equilibrio reale e monetario), come politiche monetarie e fiscali
espansive/restrittive (ad es. il taglio della spesa pubblica), aumento
o diminuzione delle componenti della domanda aggregata (C,I,G…),
shock esogeni positivi/negativi delle componenti della domanda
la curva AS dipende dai costi di produzione (se
aggregata, ecc…,
aumentano, l’offerta diminuisce -> destra -> e viceversa) o dalla
produttività (se migliora la produttività del lavoro, si ha
un’espansione dell’offerta aggregata e viceversa) o da shock esogeni
positivi/negativi dal lato dell'offerta (ad es. aumento della PMK o
PMN). Se aumenta G o I o C, aumenterà la IS e quindi anche la AD.
Gli shock misti invece sono quelli che colpiscono sia dal lato della domanda che dal lato dell’offerta.
La AD individua, in corrispondenza di ogni livello dei prezzi P, il livello di produzione Y per il quale il mercato
dei beni (reddito) e quello della moneta (livello generale dei prezzi) sono simultaneamente in equilibrio—>
quindi per trovarla occorre risolvere il sistema IS-LM in modo tale da ottenere un’equazione nella quale Y sia
espresso funzione di P (avranno una relazione inversa—> iperbole). La AD sarà inclinata negativamente per
l’effetto Keynes (se P scende, l’offerta di moneta nominale sale, i scende, I e Y salgono) e per l’effetto Pigou
(se P scende, l’offerta di moneta nominale sale, C (che saranno funzione dell’offerta di moneta nominale)
salgono e Y sale). La AD inoltre può traslare verso dx se T diminuisce, se G o I o l’offerta nominale di moneta
aumentano o se vi è una politica fiscale espansiva. Invece una politica monetaria espansiva fa spostare
anch’essa la curva AD verso dx, ma stavolta non si tratterà di una traslazione uniforme in quanto varia
proprio la forma siccome è cambiato il coefficiente angolare.
L’inflazione
Per inflazione consideriamo un aumento nel livello generale dei Prezzi P (quindi è una vari