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In condizioni di morbida, ossia in presenza di precipitazioni non
particolarmente intense, si osserva ancora un incremento della
concentrazione di COD in corrispondenza degli scarichi degli impianti, ma
in misura più contenuta rispetto alla magra. L’apporto di pioggia, infatti,
provoca un aumento della portata del torrente, che consente una
maggiore diluizione degli inquinanti. Tuttavia, a valle degli impianti di
depurazione, si registra un ulteriore aumento delle concentrazioni, dovuto
all’entrata in funzione degli scaricatori di piena. Questi dispositivi si
attivano quando, a seguito della pioggia, la rete fognaria raggiunge la
capacità massima e si rende necessario lo sversamento delle acque in
eccesso, che spesso comprendono anche liquami non completamente
trattati.
La situazione diventa ancora più complessa in condizioni di piena. In
occasione di piogge intense, il sistema fognario viene sollecitato al
massimo delle sue capacità, e la quantità di acqua che giunge agli
impianti di depurazione può superare la soglia di trattamento. In questi
casi, le acque reflue vengono deviate attraverso sfioratori di piena
collocati addirittura a monte degli impianti, talvolta subito dopo la fase
di pretrattamento. Il risultato è che nei corpi idrici recettori finiscono
acque miste, non trattate o solo parzialmente trattate, che
contribuiscono all’aumento della concentrazione di sostanze inquinanti. In
tali condizioni, il valore del COD può risultare inferiore a quello registrato
in magra, per effetto della maggiore diluizione dovuta all’aumento della
portata, ma la qualità dell’acqua resta comunque compromessa, in
quanto il carico totale di sostanze organiche e inquinanti immesso nel
sistema risulta elevato.
Questo esempio mostra chiaramente che la qualità delle acque superficiali
non dipende unicamente dalla presenza o meno di impianti di
trattamento, ma anche dalla capacità del sistema infrastrutturale di
gestire in modo efficace i carichi idraulici e inquinanti variabili nel tempo.
Gli scaricatori di piena, le acque parassite e le perdite della rete
acquedottistica sono tutti elementi che concorrono a determinare
l’impatto complessivo sull’ambiente. All’interno di un bacino imbrifero, è
quindi fondamentale disporre di una visione d’insieme che tenga conto di
tutte le componenti: infrastrutture, caratteristiche del territorio, regime
idrologico, uso del suolo, densità abitativa, presenza di attività industriali
e agricole.
Le perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua potabile, ad esempio,
rappresentano una fonte indiretta di pressione sul sistema idrico. In
molte realtà urbane, tali perdite possono superare il 30% della portata
distribuita, determinando non solo un inutile spreco di risorsa, ma anche
un potenziale contributo all’infiltrazione nel suolo e, nei casi peggiori,
all’inquinamento delle acque sotterranee. Per una gestione sostenibile del
ciclo idrico integrato, è indispensabile affrontare anche queste inefficienze,
sia in fase di progettazione che di manutenzione delle infrastrutture.
Il caso del bacino del fiume Ambro consente di analizzare in modo
dettagliato le dinamiche storiche e recenti della qualità delle acque,
mettendo in relazione gli interventi effettuati sulle infrastrutture (come
la costruzione o l’ampliamento degli impianti di depurazione) con
l’evoluzione delle normative ambientali e delle condizioni idrologiche. In
questo bacino, è stato possibile osservare come, nonostante la presenza di
impianti di depurazione funzionanti e dimensionati correttamente, i livelli
di inquinamento in alcuni tratti del fiume risultassero ancora elevati.
Questo apparente paradosso trova spiegazione proprio nell’interazione tra
rete fognaria, scaricatori di piena e andamento climatico. Gli eventi
piovosi più frequenti e intensi, resi ancor più imprevedibili dai
cambiamenti climatici, mettono sotto stress le infrastrutture progettate
con criteri ormai obsoleti, portando a una maggiore frequenza di
sversamenti incontrollati.
Un’analisi approfondita del bacino imbrifero deve dunque tener conto di
numerosi fattori: i bilanci idrici tra entrate e uscite, le dinamiche della
ricarica delle falde, l’erosione del suolo, la qualità delle acque sotterranee,
le destinazioni d’uso del territorio e l’interazione tra sistemi naturali e
antropici. Le pratiche agricole, ad esempio, possono incidere fortemente
sulla qualità delle acque sia superficiali che sotterranee, soprattutto in
presenza di un uso intensivo di fertilizzanti e fitofarmaci. Allo stesso
modo, gli insediamenti zootecnici generano effluenti che, se non
correttamente gestiti, possono riversarsi nei corpi idrici attraverso i
ruscellamenti o l’infiltrazione nel sottosuolo.
Non meno rilevante è il legame tra bacino imbrifero e bacino
idrogeologico. Le acque sotterranee, infatti, possono essere influenzate da
apporti lontani anche decine di chilometri, rendendo necessarie indagini
idrogeologiche accurate in caso di contaminazioni inattese. La
comprensione dei flussi sotterranei è essenziale per una corretta
pianificazione della tutela delle falde acquifere, soprattutto in zone in cui
le sorgenti sotterranee costituiscono la principale risorsa idropotabile.
Infine, nel trattare la gestione dei corpi idrici interni, occorre distinguere
chiaramente tra acque superficiali a ricambio rapido, come fiumi e
torrenti, e acque a ricambio lento, come laghi e bacini artificiali. I fiumi,
soggetti a variazioni di portata anche rapide e intense, reagiscono in
modo dinamico agli apporti di inquinanti e possono contare su fenomeni
di autodepurazione più rapidi. I laghi, invece, tendono ad accumulare le
sostanze immesse nel tempo, mostrando effetti più lenti ma
potenzialmente persistenti, come l’eutrofizzazione. Inoltre, mentre i fiumi
attraversano territori diversi lungo il loro corso, i laghi ricevono input da
bacini scolanti più o meno definiti, ma costituiscono un corpo idrico
unitario, la cui gestione richiede strumenti e approcci differenti rispetto a
quelli fluviali.
In sintesi, la gestione integrata delle risorse idriche richiede una visione
sistemica, che tenga conto della complessità delle interazioni tra
ambiente naturale e infrastrutture antropiche. Solo attraverso una
pianificazione attenta, supportata da dati idrologici e ambientali
aggiornati, è possibile garantire il raggiungimento degli obiettivi di qualità
previsti dalla normativa e la tutela effettiva degli ecosistemi acquatici.
I fiumi e, più in generale, i corsi d’acqua, rappresentano elementi
fondamentali del paesaggio naturale e antropizzato. Sebbene si tenda a
distinguere tra corsi d'acqua naturali e canali artificiali, in molti contesti
– soprattutto in aree agricole – anche i canali hanno acquisito una
rilevante valenza ecologica. In questi ambienti, infatti, i reticoli irrigui
storici e consolidati nel tempo si sono trasformati in habitat per
numerose specie animali e vegetali, contribuendo così alla biodiversità
locale.
Dal punto di vista normativo e classificatorio, tuttavia, la distinzione
resta: si fa riferimento ufficialmente ai corsi d’acqua naturali. Nonostante
ciò, i canali possono essere oggetto di monitoraggio ambientale quando
assumono una rilevanza ecologica significativa. La caratterizzazione dei
corsi d’acqua avviene attraverso una serie di parametri fondamentali, che
risultano essenziali per comprenderne le dinamiche, l’ecologia e le
eventuali pressioni ambientali. regime idrologico
Uno degli aspetti principali da considerare è il del corso
d’acqua. Questo può essere continuo o intermittente, e la distinzione ha
rilevanza sia che l’intermittenza sia di origine naturale sia che sia
determinata da interventi antropici. Altri elementi fondamentali per la
lunghezza del corso d'acqua, dislivelli
caratterizzazione includono la i
pendenze
lungo il percorso e le relative nei diversi tratti.
È importante sottolineare che un fiume attraversa territori diversi e, di
conseguenza, presenta caratteristiche variabili lungo il suo corso. Proprio
per questa ragione, le analisi ecologiche fluviali si basano sulla suddivisione
tratti omogenei,
in poiché i parametri idrologici, morfologici e chimici
non sono costanti lungo tutta la lunghezza del corso d'acqua. L’analisi
complessiva – ad esempio dal punto di vista della pendenza dalla
sorgente alla foce – può avere valore indicativo, ma ai fini ecologici
risulta poco utile se non declinata sui singoli tratti omogenei.
morfologia dell’alveo,
Un parametro cruciale è rappresentato dalla poiché
disponibilità di habitat
essa determina la per gli organismi acquatici. La
forma e la struttura dell’alveo variano lungo il corso d’acqua e influenzano
in modo diretto il rapporto tra l’altezza dell’acqua e la superficie
disponibile per gli habitat. Allo stesso modo, esiste una relazione ben
portata sezione trasversale
definita tra la del corso d’acqua e la dell’alveo,
che determina le condizioni di moto dell’acqua e la turbolenIn generale, la
portata QQ di un fiume è data dal prodotto tra la velocità media
dell’acqua VV e l’area della sezione trasversale AA:
Q=V⋅ AQ = V \cdot A
Questa relazione mostra come l’aumento della sezione trasversale
dell’alveo possa influenzare la velocità del flusso e la turbolenza. Ad
esempio:
Se l’alveo si restringe, la velocità dell’acqua tende ad aumentare,
favorendo la formazione di turbolenze e condizioni di moto più irregolari.
Se l’alveo si allarga, la velocità diminuisce e il moto può risultare più
uniforme e laminare.
La pendenza del fondo influisce sulla velocità: un maggiore dislivello
favorisce velocità elevate e condizioni di flusso turbolento.
L'energia del flusso, la rugosità delle sponde e la presenza di ostacoli
naturali o artificiali contribuiscono ulteriormente alla turbolenza. Questo
è fondamentale nella gestione dei corsi d’acqua e nella prevenzione di
fenomeni erosivi o alluvionali.
za.
Un altro aspetto spesso sottovalutato in passato, ma oggi considerato
sponde.
essenziale, è quello delle Tradizionalmente, si studiavano corsi
d’acqua e laghi considerando esclusivamente l’acqua o, nei casi migliori,
anche i sedimenti. Oggi si riconosce che un corso d’acqua deve essere
bacino imbrifero fascia
analizzato all’interno del suo e tenendo conto della
perifluviale, comprendente le sponde e la relativa vegetazione.
vegetazione spondale