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Metodologie

QUI INIZIAMO PIÙ DIRETTAMENTE

Lo sforzo che è stato fatto tra '800 e '900 nel dare corpo ad una disciplina è tipico dell'Italia; è un fenomeno fortemente italiano.

Perché in Italia c'è questo grosso dibattito? Ma, non abbiamo parlato di manuali olandesi? È vero; anche in altre parti europee si sviluppano correnti dottrinali, dibattiti... ma in Italia il dibattito è stato molto fiorente.

Questi grandi dibattiti e questioni di tipo dottrinale in Italia ebbero forte sviluppo. Questo sviluppo si concretizzò in un libro "ARCHIVISTICA" (Casanova). In fondo al libro: Prima edizione, Siena, 1928.

Perché diciamo questo? Ancora nel 1928 Casanova scrive questo mattone di 500 pagine, dando solidità a questa autonomia disciplinare (che – tra l'altro – alcuni poi contesteranno). È lo sforzo di dire: l'archivistica esiste.

L'archivistica, da

Casanova in poi, diviene disciplina insegnabile come tale (non solo cometecnica).Riflettiamo un attimo sull'etimologia.Ci sono due linee interpretative (sostanzialmente). Casanova:Donde la voce archivio sia derivata è stato sino anche troppo discusso. Parecchi eruditi silasciarono fuorviare dal senso di due vocaboli greci: ognuno dei quali, però, ha un riscontro più omeno preciso nelle funzioni generali e particolari dell'istituto, al quale si riferiscono. L'opinione,più logicamente e scientificamente ammessa, fa discendere il vocabolo archivio, non già dal verboαα ιιαα ιιρκε ν, che significa resistere, proteggere, ma dal sostantivo ρχε ον , che indica il palazzo delmagistrato, la curia: ove era naturale che, accanto all'άρχων, cioè a colui che comanda, fosserogli atti, emanati da lui.(Uno è

Scritto con "chi"; è proprio un'altra radice!!). Da quella voce, prendendo il tutto per la parte, deriva il vocabolo latino arcivum, archivum, archivium per indicare così il locale, come la suppellettile quasi a giustificare la confusione, che parecchi fanno oggi ancora, del contenente col contenuto. Ma, presso i Romani non fu quello il solo appellativo, sotto il quale fosse conosciuto quell'istituto. Esso fu ancora detto: grapharium, cartothesium, chartaceum, chartarium publicum, sacrarium, sanctuarium, scrinium, tablinum, tabularium, ec. Tertulliano e altri, però, preferiscono chiamarlo archivum; e noi e gli spagnoli e i tedeschi lo chiamiamo rispettivamente archivio e archivo, archiv, al singolare; i francesi, archives al plurale collettivo che ricorda la riunione delle minute ufficiali già accennate. I mobili, poi, che servivano alla custodia degli atti, dalla sicurezza ch'essi infondevano a tale custodia e

che era espressa dal verbo ρκεν, donde arcere, arx e l'italiana arce, assunsero spesso la denominazione di arche, donde archarium e armarium: nomi estesi di frequente, e, per esempio, da Cassiodoro, anche al deposito tutto quanto, tanto per accrescere la confusione derivante dal ricordato verbo greco. DOPPIA ETIMOLOGIA: αα ιι ρχε ον άρχων Possiamo considerare l'archivio come qualcosa che esprime un concetto di potere o come qualcosa che significa solo "conservazione". Non sono sinonimi. Da un lato, forte accentuazione aspetto politico (archivio come emanazione del potere, sedimento di attività che tutelano il potere, αα ιιρχε ον), dall'altro amministrazione, custodia, gestione dell'amministrazione (άρχων) – nei regimi totalitari il controllo sui singoli individui si esprime tramite gliarchivi;Nel primo caso, gli archivi sono legati alla capacità che ha uno stato nel tenere sotto controllo i cittadini (1875 l'amministrazione archivistica fu sottoposta al Ministero dell'Interno)Se noi spostiamo l'attenzione più sull'aspetto amministrativo (custodia di atti che, in un certo senso, riguardano sì la macchina amministrativa e coloro che la gestiscono politicamente), lo strumento archivistico è anche strumento di garanzia di diritti. Se archivio significa "custodia", è custodia per tutti (oggi interpretazioni del ruolo di archivistica e archivistica nell'Italia del XX secolo, che definiscono archivistica come disciplina militante di tutela del cittadino di fronte allo Stato). Questa compresenza tra una dimensione di coloro che gestiscono il potere e una più legata agli interessi della collettività forse convivono; se sono elementi strutturali, ci convivono nel XX secolo, così comenel XIII secolo. Dunque, criteri di interpretazione varrebbero anche per documentazione antica (dunque perché conservata e trasmessa nel tempo?).  Gli archivi occupano degli spazi (è vero, oggi digitalizzazione, l'ingombro non c'è. Ma il rapporto tra documento, software e hardware è problematico). I km di scaffalatura, che generano ingombro, non ci sono più. Ma il problema dello spazio che occupano queste nostre registrazioni rimane. Locus in quo... trattatistiche della tarda romanità → locus, il luogo → l'archivio contenitore di documenti. Gli aspetti logistici, dunque, non sono secondari. Negli archivi di comunità di età medievale e moderna, il locus non è una cosa banale (cantina, soffitte...) → locus deve essere scelto → i giuristi se ne preoccupano: quando si sceglie un luogo sacro (es. sagrestia, chiesa...) non la si sceglie solo perché ci sta simpatico il prete, ma

Perché si vuole attribuire all'archivio carattere di sacralità (violarlo significa fare un sacrilegio).

Archivio come garanzia pubblica (Ulpiano, archivuum est locum in quo acta publica servantur). Non solo pubblici sono in senso formale (mano che li ha prodotti), ma anche perché hanno interesse pubblico (atti che un potere costituito ha interesse a produrre e conservare, in quanto – a seguito di quel tipo di atto – ci sono conseguenze pubbliche). Sono, dunque, una garanzia per il potere (io ho il potere di stabilire che se passi da... devi pagare...). L'atto emanato ha conseguenze pubbliche (lo conserva perché il conservarlo significa affermare, conservare il proprio potere).

Si potrebbe dire, in un certo senso, che sono garanzie per cittadini (nei soggetti su cui ricade l'azione giuridica). Nell'esempio della gabella, la garanzia è il fatto che ho pagato un fiorino (e non due) e non mi sarà tagliata la

mano…Ma l’esistenza di un documento non è solo in funzione di un potere costituito. Se ho una carta libertatis di una comunità, l’esistenza di quel documento significa anche per chi vive all’interno di un castello, territorio… che c’è un patto tra soggetti. Stabiliamo aspetti di libertà, fino a che punto è il tuo potere e dove io gestisco altro. Stabiliamo confini di giurisdizioni, autonomie, prerogative. Allora quel documento (che abbiamo gelosamente conservato nel nostro archivio) è anche una mia tutela.

Archivuum est locum in quo acta publica servantur → archivio come strumento di garanzia; archivio come garante di certi rapporti.

Tutto ciò è coerente con quel tipo di problema etimologico a cui facevamo riferimento inizialmente;

Nella definizione di archivio, non si fa solo riferimento agli atti pubblici. Se prendessimo un Dizionario della lingua italiana degli anni Cinquanta (che ancora non

ha assorbito alcune idee di Cencetti), si leggerebbe: luogo dove si conservano le scritture (traduzione esatta di Ulpiano) di uffici pubblici e privati. Dunque non solo dimensione pubblica; c'è anche il privato. Dunque luogo scelto da un'autorità per la conservazione di atti pubblici, ma anche luogo dove impiegati di azienda tengono le loro carte (è un locus anche quello). Se sono una famiglia di lunga tradizione, posso chiamare archivio una stanza che contiene carte di varie generazioni. Noi (famiglie normali) possiamo chiamare archivio un armadietto di casa dove conserviamo le carte di famiglia (es. bollette). Possiamo chiamare archivio un cassetto della nostra scrivania dove conserviamo ricevute di tasse, carteggi di uffici amministrativi... Dunque anche il privato compare come soggetto che ha il diritto di veder chiamare archivio il proprio deposito di documenti. Questa funzione di tutela (in quo acta servantur) posso applicarlo anche al contesto privato: il fattoche un'azienda, un gruppo di persone, un singolo individuo conservino le proprie carte è uguale a un sistema sociale che conserva le proprie (rapporto tra amministrazione pubblica e cittadini, con scopo di garanzia e tutela: allo stesso modo per archivio di famiglia e azienda). Se definisco archivio locus... e anche atti privati, significa che quella funzione è la stessa. Si sta parlando, però, sempre di locus (contenitore che tutela garanzie, diritti...). Noi siamo passati dal contenitore al contenuto. Nel momento in cui dico che il locus deve tutelare qualcosa... affermiamo che questo contenuto permette l'espressione di questi diritti. Con il passare del tempo l'accento si è spostato nelle definizioni di archivi verso il contenuto (abbiamo dato per scontato che archivio come locus è pacifico). Io, a questo punto, chiamo archivio anche le carte (il contenuto, i files). Qui il discorso inizia ad essere più complesso.articolato. Quelle comunità che studieremo più avanti (che scopriremo mettere i propri documenti in archivi, casse, sagrestie...) a un certo punto hanno consapevolezza del contenuto (non conservano solo per scopo puramente conservativo). Se entro nel merito del contenuto, mi domando: "perché conservo questi materiali?" C'è una tutela giuridica (quella comunità ha conservato con grande attenzione la carta libertatis; prima tagliava mani a tutto; dopo gli si dice "fermo". Dunque la conserva perché è divenuta una sua tutela). A un certo punto, però, c'è anche altro: non solo tutela giuridica (pubblica e privata), ma anche come strumento per gestire necessità di auto-documentazione. Il dibattito italiano ci ha fatto capire che non c'è solo la funzione di tutelarci nei confronti di chi un domani ci potrebbe contestare qualcosa (es. ricevuta di pagamento tasse), ma anche insieme dila mia auto-documentazione)
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Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
8 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/08 Archivistica, bibliografia e biblioteconomia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lucabeagle di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Archivistica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Siena o del prof Moscadelli Stefano.