
In Italia non mancano solo medici, ma anche infermieri, fisioterapisti, logopedisti e così via. Ma, mentre per i primi passa quasi una decade dall’immatricolazione universitario al primo vero impiego, per i secondi bastano solo tre anni di formazione per essere “pronti all’azione”.
Ecco perché puntare su un corso di laurea nelle tante professioni sanitarie disponibili può essere una scelta vincente per tutti quei giovani interessati a lavorare nel settore sanitario.
I tassi di occupazione registrati da questi percorsi - che formano figure di supporto al personale medico - continuano, infatti, a piazzarli di diritto in cima alla classifica dei gruppi disciplinari che risultano più performanti in termini occupazionali. Con l’84,8% dei laureati - quasi 9 su 10 - che risulta pienamente occupato a un anno dal conseguimento del titolo.
A rilevarlo è, come di consueto, l’osservatorio sul tema curato da Angelantonio Mastrillo, docente dell'Università di Bologna in Organizzazione delle professioni sanitarie e Segretario della Conferenza Nazionale Corsi di Laurea Professioni Sanitarie, che ha passato in rassegna i dati del XXVII Rapporto annuale del Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea sul profilo e sulla condizione occupazionale dei laureati.
Indice
Professioni sanitarie: tassi di occupazione da record
La vera notizia, se vogliamo parlare di novità, è che dopo la lieve flessione registrata lo scorso anno, che aveva spaventato molti, il tasso di occupazione dei laureati nelle Professioni sanitarie è tornato a crescere, riallineandosi al trend storico.
In dodici mesi l’incremento dell’appeal di questi titoli per il mondo del lavoro è stato notevole; ben 8 punti percentuali rispetto al 76,8% del 2022, che avvicina il settore al record storico del 2007, quando la percentuale di occupazione toccava quasi l’87%. La differenza rispetto a quel dato è di solo -2 punti percentuali, con il tasso di occupazione (a un anno dal titolo) che si attesta all’84,8% per i 16.977 laureati delle 22 professioni sanitarie intervistati nel 2023.
Crescita generale, ma alcune aree meglio di altre
Un riscontro, questo, che colloca le Professioni sanitarie in cima alla graduatoria dei gruppi disciplinari, con tassi di occupazione in crescita per tutte e quattro le principali aree di specializzazione. Nel dettaglio, per l’area Infermieristica e Ostetrica l’aumento è pari a +7,4 punti percentuali, dal 77,7% al 85,1%; fanno ancora meglio le professioni della Riabilitazione con +9,3 punti percentuali, dal 77,1% del 2022 al 86,4% del 2023. Più o meno le stesse cifre registrate dall’area Tecnica con +8,1 punti percentuali, che passa dal 73,9% all’82% e dall’area della Prevenzione, con +9 punti percentuali, dal 72,6% del 2022 all’81,6% del 2023.
Alcune specializzazioni riescono a fare addirittura meglio, superando addirittura la media generale dell’84,8%. È il caso, ad esempio, dei corsi per Terapista della Neuropsicomotricità dell’età evolutiva (occupazione entro un anno ai massimi storici, pari all’89,6%), per Logopedisti (88,1%), e per Tecnici Radiologi (87,8%). A offrire solide opportunità occupazionali sono anche i corsi di laurea per Podologi (87,5%) e per Fisioterapisti (87,4%).
Appena sotto la top 5, ma sempre sopra la media dell’84,8%, il Tecnico di Neurofisiopatologia (86,4%), l’Infermiere pediatrico (86,7%), l’Igienista dentale (86,4%) e l’Infermiere (85,5%).
Tutte le altre aree si attestano al di sotto la media dell’85%, ma aprendo comunque buone prospettive occupazionali. È il caso, ad esempio, dei corsi di laurea per Educatore professionale e Tecnico della Riabilitazione psichiatrica (84%), per Terapista occupazionale, per Tecnico di Laboratorio e Assistente sanitario (83%), e per Tecnico della Prevenzione (81%).
Altre "professioni" rimangono un po’ indietro (almeno rispetto alla media)
Di contro, Ostetrica, Ortottista, Tecnico Audioprotesista e Tecnico Ortopedico (79%), Dietista (71%), Tecnico di Fisiopatologia Cardiocircolatoria (68%) e Tecnico Audiometrista (63%), registrano percentuali più ridotte, ma non per questo meno performanti.
La (solita) differenza tra Nord e Sud
Molto, però, dipende anche dall’ateneo che si sceglie di frequentare. Le università delle regioni del Nord Italia sono quelle con i tassi di occupazione più alti, con il Friuli Venezia Giulia in testa con il 91,1%, seguito dalle Marche (89,7%) e dalla Lombardia (89%).
Al contrario, le Università del Sud registrano valori inferiori, con la Calabria e l’Abruzzo tra le ultime posizioni, rispettivamente con il 78,9% e il 78,3%.