
La rivoluzione del semestre aperto di Medicina doveva segnare anche la fine dei corsi privati che per anni hanno lucrato sull’ansia da test. E invece, a pochi giorni dall’avvio delle lezioni, il panorama sembra pressoché immutato: le società che un tempo addestravano gli studenti ai quiz a crocette si presentano ora come guide indispensabili per affrontare i nuovi esami universitari, quelli per il filtraggio al termine del semestre aperto.
Dunque, cambia la formula ma non la sostanza. Con pacchetti di lezioni costosi, promesse di successo e percentuali di vittoria sventolate come se nulla fosse cambiato. Un miraggio rassicurante per studenti e famiglie alle prese con l’incognita di un sistema mai sperimentato prima.
Ed è proprio su questo punto che è scattato l’allarme del Ministero dell’Università e della Ricerca, che ha segnalato all’Antitrust un proliferare di pubblicità ingannevoli che rischiano di trasformare la speranza in illusione.
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Promesse altisonanti su basi fragili
Il problema non è tanto l’esistenza dell’offerta formativa privata – che certamente può avere anche elementi validi – quanto il linguaggio utilizzato per promuoverla. Molti siti continuano a esibire percentuali di successo altissime, garanzie di superamento “al 100%” e simulazioni “fedeli” agli esami.
Dichiarazioni che appaiono quantomeno azzardate, perché si riferiscono a un sistema che non esiste più. I vecchi test potevano contare su decenni di prove archiviate e ripetute, che permettevano di costruire esercitazioni basate su dati reali, o almeno “verosimili”. Oggi, invece, non esiste alcun repertorio da cui attingere: le prove del semestre filtro sono alla prima edizione, i quesiti non hanno precedenti, e persino i docenti incaricati di elaborarli cambieranno di ateneo in ateneo. Parlare di “simulazioni realistiche”, dunque, significa vendere una suggestione più che una certezza.
Corsi sempre più costosi, famiglie sotto pressione
Il fenomeno non riguarda pochi casi isolati. In Rete si trovano decine di proposte con formule che spaziano dalle lezioni in presenza alle piattaforme online, dai pacchetti brevi a quelli più estesi, con o senza tutor personale. E le cifre non sono marginali: si va da qualche centinaio a diverse migliaia di euro.
Alcune scuole sbandierano sconti speciali se l’iscrizione avviene subito; altre propongono percorsi intensivi di centinaia di ore a oltre duemila euro. Quasi tutte, però, presentano il medesimo paradosso: percentuali di successo costruite su dati raccolti negli anni precedenti, quando il filtro era il vecchio concorso nazionale.
In sostanza, si usano numeri del passato per vendere un servizio che dovrebbe preparare al futuro. Cosa che ha fatto storcere il naso al Ministero dell’Università e della Ricerca.
Il Ministero corre ai ripari: parola all’Antitrust
Consapevole di non avere poteri diretti di vigilanza sulle società private, il Ministero dell’Università e della Ricerca ha così scelto la strada dell’Antitrust. È stato così predisposto un dossier che raccoglie esempi di pubblicità considerate fuorvianti, con l’obiettivo di accertare se quei messaggi possano configurarsi come pratiche commerciali scorrette.
Non si tratta di colpire l’intero comparto, ma di mettere un freno a quei claim che rischiano di confondere chi si affaccia per la prima volta al percorso di studi. In un sistema nuovo e privo di serie storiche, qualsiasi promessa di successo appare poco fondata. La partita, dunque, si sposta ora sul terreno della trasparenza comunicativa.
Bernini: “Basta facili illusioni, università al centro”
Il Ministro Anna Maria Bernini è già intervenuta sulla questione. “Abbiamo intrapreso una strada nuova e più giusta: l'accesso libero. È una scelta che dà piena attuazione al diritto allo studio, rimette al centro gli atenei garantendo agli studenti una valida alternativa: la preparazione universitaria. Così si valorizza davvero il merito e segniamo un passo importante verso equità e pari opportunità per chiunque sogni di diventare medico”, ha spiegato.
Le pubblicità che promettono risultati sicuri, sostiene Bernini, alimentano “facili illusioni” e rischiano di minare lo spirito stesso della riforma. Per questo il Ministero ha deciso di intervenire: non per bloccare la preparazione privata in sé, ma per togliere dal tavolo l’equivoco più pericoloso, quello che confonde l’impegno reale con l’illusione del successo comprato.