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saputo meglio descrivere l’inquietudine dell’uomo, del tedio verso la società

che, con il suo squallido vestito borghese, soffoca l’urlo disperato. Nella sua più

celebre raccolta poetica “I fiori del male”, troviamo molte tematiche

“maledette”, liriche dai contenuti forti, disprezzo per la borghesia, e soprattutto

una continua lotta tra la tentazione divina e quella terrena, con il continuo

protendersi tra il bene e il male. Nel nostro contesto una poesia in particolare

assume grande significato, ed è “L’albatro”. In questa poesia, Baudelaire,

riesce a paragonare la condizione del poeta, e quindi la sua, a quella

dell’albatro che, fatto per spaziare nei cieli, quando viene catturato dai marinai,

diventa da “alato viaggiatore” a goffo ed impotente animale, impedito a

muoversi proprio da quelle sue grandi ali. Il poeta, che riesce quindi a

paragonarsi all’uccello, prova un senso di disgusto, di mancata corrispondenza

con la realtà (Spleen), dopodiché spinge al suo superamento, alla ricerca di

cielo e purezza (Idèal). Ma reintegrarsi nelle piaghe da cui si è esiliati non è

possibile, ecco quindi il sogno di nuovi paradisi, che ripaghino da quelli da cui si

è esiliati. Cerca, quindi, nei paradisi artificiali della droga, tutto ciò che possa

sottrarlo alla routine quotidiana cercando di <<andare lontano, verso nuove

albe>> e quindi <<tuffarci infondo all’abisso, toccare il fondo dell’ignoto per

trovarvi il nuovo>>. Le poesie di Baudelaire inizieranno così un processo di

penetrazione della realtà (Corrispondenze) a cui prenderanno parte anche

Rimbaud, Verlaine e Mallarmè, che porterà al Decadentismo.

D’ANNUNZIO

Gabriele D’annunzio iniziò gli studi presso la facoltà di lettere a Roma, senza

però concluderli. Egli è probabilmente, il massimo esponente del Decadentismo

italiano. Visse all’insegna della mondanità e dell’estetismo, sempre alla ricerca

di sensazioni erotiche nuove alle quali non rinunciò mai. D’annunzio attirò

l’attenzione suscitando scalpore e molto spesso scandalo, ma la sua

personalità si rivelò talmente affascinante che il “dannunzianesimo” divenne

un comportamento e un’ideologia tipica dell’epoca. Si può dire che la sua vita

fu scandita da due costanti:

- la volontà di fare della sua vita un’opera d’arte;

- l’attiva presenza nella politica italiana durante la crisi di fine secolo e

l’avvento del fascismo.

Per quanto riguarda il primo punto, egli privilegiò i valori estetici e sensuali

rispetto a quelli morali; mentre nel secondo punto interpretò alcune tendenze

della piccola borghesia italiana: l’avversione per l’ascesa delle masse popolari,

e per il socialismo, l’opposizione al riformismo giolittiano e quindi il suo

nazionalismo e interventismo.

D’annunzio seppe essere un interprete pronto e sensibile delle novità culturali

provenienti dall’Europa, ma ebbe comunque il demerito di essere stato un

interprete molto superficiale, anche se contribuì a sprovincializzare la

letteratura italiana. Divulgò in Italia la poetica decadente ed il superomismo

nicciano, usò il verso libero nella lirica, fu aperto alle novità (cinematografo).

La poetica

Il carattere dominante dello stile e delle concezioni letterarie di D’annunzio è

l’estetismo, che nasce da un atteggiamento antipositivistico ed irrazionalistico.

L’arte può ridare il “sogno” creando un mondo di raffinata bellezza, lontano

dalla vita banale di ogni giorno, la scienza, al contrario, è incapace di “rendere

la felicità”. Le sensazioni, la sensualità, l’erotismo sono i soli mezzi per

accostarsi ad un simile mondo. L’estetismo dannunziano ci risulta quindi

caratterizzato da:

- uno stretto rapporto tra arte e vita (eccessivo autobiografismo);

- ricerca costante di nuove esperienze esistenziali ed artistiche non

accompagnate, però, da un adeguato approfondimento teorico);

- i valori musicali, coloristici, plastici della parola poetica, quelli che

colpivano i sensi e non i sentimenti del lettore.

Il piacere

D’Annunzio pubblica il romanzo “Il Piacere” nel 1889, e subito si avverte come

l’autore impersoni il conte Andrea Sperelli Fieschi D'Ugenta. Egli è un giovane

economicamente provveduto, dotato di una sensibilità acuta ed estetizzante,

diventando, infatti, poeta e cultore di un raffinato estetismo erotico ed artistico.

Sin da piccolo gli viene insegnato dal padre quella che, infondo, è la massima

fondamentale del Decadentismo nel rapporto arte-vita, cioè fare della propria

vita un’opera d’arte. Dopo alcuni mesi d’intenso amore passati con la

bellissima Elena Muti, Andrea prostrato dall’egoismo sensuale e svuotato di

ogni energia morale, viene abbandonato dalla sua dolce amante. Di

conseguenza, per dimenticarla, Andrea si abbandona alle avventure libertine e

ai diversivi erotico - mondani della bella èpoque romana. Successivamente

viene ferito in duello e, durante la convalescenza, si innamora di Maria Ferres,

donna di nobile spiritualità. Anche se corrisposto, però, l’amore della donna non

riesce a fargli dimenticare Elena e, anzi, trova nel misticismo di Maria un

elemento di complicazione erotica, fino a confondere morbosamente le due

donne in una sola figura. Finché, in un momento di trasporto nel corpo di Maria,

mentre gli si abbandona, Andrea invoca il nome di Elena, di conseguenza Maria

rompe la relazione. L’interesse de “Il Piacere” non è dato dal suo nodo

psicologico, ma dal fatto che, essendo fuori dagli schemi tradizionali del

romanzo ottocentesco, nasconde esteticamente la realtà.

Il periodo che precedette il primo conflitto mondiale fu caratterizzato da un

periodo relativamente stabile e pacifico, che degenerò a partire dal 1914. Di

fronte ad un conflitto così agghiacciante, il mondo intero fu letteralmente

sconvolto. LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Sono molte le ragioni per cui la Prima Guerra Mondiale, conosciuta anche con il

nome di “Grande Guerra”, si differenziò nettamente da tutte quelle che la

precedettero. Per la prima volta furono coinvolte in un conflitto nato nel cuore

dell’Europa anche le potenze extra-europee, come Stati Uniti e Giappone.

Inoltre, la prima guerra mondiale fu caratterizzata da uno spiegamento di forze,

da parte di tutte le nazioni coinvolte, senza precedenti e dall’utilizzo di nuove

armi come aerei, carri armati e sottomarini insieme a delle devastanti armi

chimiche. Ma il motivo principale che differenziò la Prima Guerra Mondiale da

tutti gli altri conflitti antecedenti furono gli effetti, infatti si trattò di una vera e

propria guerra “totale” che coinvolse tutta la compagine degli Stati belligeranti

non solo a livello bellico, ma anche amministrativo, economico e politico. Le

cause del conflitto sono da ricercarsi:

- nella crisi dei rapporti internazionali europei;

- nella rapida e significativa ascesa della Germania a potenza navale;

- nei movimenti nazionalisti ed irredentisti (Balcani, Alsazia, Lorena,

Trentino e Trieste).

Il pretesto fu l’attentato a Sarajevo ai danni dell’erede al trono austriaco

Francesco Ferdinando, da parte di un indipendentista slavo. L’Austria mandò,

quindi, un ultimatum alla Serbia, la quale, rifiutandosi di scendere a patti,

emise la dichiarazione di guerra il 28 luglio 1914. Il sistema delle alleanze fu

presto stabilito. Da una parte si schierarono l’Austria e la Germania (vincolate

dalla precedentemente stipulata Triplice Alleanza), e dall’altra Inghilterra,

Francia e Russia in difesa della Serbia. La Germania invase quindi la Francia,

passando attraverso il Belgio, violandone così la neutralità e suscitando molto

scalpore, soprattutto in Inghilterra, che decise così di scendere in campo al

fianco delle truppe francesi. L’intenzione tedesca era di portare avanti una

“guerra di movimento”, rapida e veloce, ma il tentativo fallì, infatti il conflitto si

rivelò lungo ed estenuante, in quella che fu poi definita “guerra di Trincea”.

Dopo l’avanzata tedesca in

Francia ed il blocco continentale operata dalla flotta inglese nel 1915 anche

l’Italia entrò in guerra, disimpegnandosi dalla Triplice Alleanza del 1882. In quel

periodo l’opinione pubblica era divisa in due fazioni: da una parte i neutralisti

(cattolici, socialisti, giolittiani e industriali esportatori), e dall’altra gli

interventisti (liberal-conservatori, nazionalisti, socialisti rivoluzionari,

irredentisti ed intellettuali della massoneria, oltre agli industriali dell’industria

bellica). Il 26 aprile del 1915, il governo italiano si alleò segretamente con la

Triplice Intesa, stipulando il patto di Londra, mantenendo all’oscuro il

Parlamento e quindi violando l’art. 5 dello Statuto Albertino. Attraverso tale

accordo l’Italia si impegnava nella guerra contro l’Austria, e in caso di vittoria

avrebbe dovuto ottenere le terre irredenti del Trentino Alto Adige, Trieste, Istria

e della città di Valona, in Albania. Le truppe italiane entrarono così in guerra il

23 maggio, nonostante la fazione interventista fosse in relativa minoranza,

avendo un ruolo importante nell’evoluzione della guerra, perché, portandosi

lungo il confine austro-ungarico, impegnavano truppe austriache che sarebbero

state decisive su altri fronti. Il 1917 vide l’ingresso nel conflitto degli Stati Uniti

a fianco della Triplice Intesa ed il ritiro della Russa, impegnata entro i propri

confini con la Rivoluzione. L’offensiva austriaca divenne sempre più pressante,

finché l’esercito italiano subì la famosa sconfitta di Caporetto, il 24 ottobre del

1917, con gravi ripercussioni anche sulla vita economica e sociale del Paese,

dando inizio, infatti, ad una serie di scioperi e manifestazioni.

Termina la “Grande Guerra”

Il 1918 fu l’anno decisivo del conflitto, segnando la conclusione della Prima

Guerra Mondiale con la vittoria della Francia. L’esercito italiano guidato dal

nuovo generale, Armando Diaz, conquistò Trento e Trieste, stipulando un

armistizio con l’Austria, giungendo finalmente alla pace. La conferenza di Parigi

penalizzò duramente i paesi perdenti, in particolar modo la Germania, facendo

prevalere gli interessi delle due potenze europee, ovvero Inghilterra e Francia.

All’Italia furono concessi i territori del Trentino, Alto Adige, Trieste ed Istria.

Dallo smembramento dell’impero austro-ungarico nacquero quindi l’Ungheria,

la Cecoslovacchia e la Jugoslavia. Rimase però sospesa la questione della città

di Fiume, poiché non ne venne prevista l’annessione all’Italia. Fu così che nel

settembre del 1919, un gruppo di volontari guidato dal poeta Gabriele

D’annunzio, prese possesso della città, instaurandovi un governo definito

“Reggenza del Carnaro”. In seguito la città di Fiume venne liberata con il

trattato di Rapallo, stipulato tra Italia e Jugoslavia. Ad ogni modo le diverse

soluzioni dei diversi trattati di pace risultarono irrispettose nel confronti delle

varie nazioni, alimentando così le cause che spinsero le potenze mondiali a

scontrarsi in un nuovo e ancor più devastante conflitto mondiale, che la storia

ci presenta come la Seconda Guerra Mondiale.

In occasione della relazione del Governatore all’Assemblea annuale della Banca

d’Italia, vengono forniti i nuovi dati sulle rimesse inviate dagli immigrati. È così

possibile ricostruire questi flussi finanziari nell’arco degli ultimi dieci anni.

LE RIMESSE DEGLI IMMIGRATI

Di fronte ad un atteggiamento restrittivo dei paesi ricchi, preoccupati di far

quadrare i loro bilanci più che incrementare l’aiuto allo sviluppo, la solidarietà

degli stessi emigrati è di conseguenza aumentata. Nel 2007, infatti, è stato

registrato l’invio di 2094 milioni di euro, un aumento quindi non dovuto solo al

fenomeno inflattivo. Le variazioni annuali possono subire sbalzi imprevisti, basti

guardare l’Irlanda che, paese di bassa classifica, ha visto arrivare dall’Italia ben

793 milioni di euro nel 2006, a differenza degli Stati Uniti, paesi già in

precedenza ben rappresentati, con i suoi 309 milioni di euro sempre nello

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