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Ma nella seconda rivoluzione non si inizio a sfruttare la
forza elettrica ma la corrente elettrica.
La corrente elettrica viene generata ricorrendo a una pila,
che è capace di creare un eccesso di elettroni, costituita da
un polo negativo,con eccesso di elettroni, e un polo
positivo, con carenza di elettroni, e legando i due poli con
un conduttore metallico si nota che gli elettroni più esterni,
non sono attratti dal nucleo e perciò essendo liberi, si
spostano verso l’altro polo che ne è carente. Questo flusso
di elettroni attraverso il filo metallico costituisce la corrente
elettrica.
L’elettricità cominciò a essere impiegata nel 1860,l’anno in
cui Pacinotti inventò la dinamo, e permise l’invenzione del
telefono e del fonografo e della lampadina, ma la svolta
decisiva avvenne però nel 1882 quando Edison costì la
prima centrale elettrica, in particolare una centrale
idroelettrica.
Nella centrale idroelettrica si frutta l’energia dell’acqua in
movimento, viene creato un serbatoio d’acqua che viene
sbarrata con una diga e si forma così un bacino artificiale.
Le acque accumulate vengono convogliate in tubature,
dette condotte forzate, che arrivano a valle alla centrale
idroelettrica, quest’acqua fa girare la turbina che trascina
in rotazione un generatore di energia elettrica chiamato
alternatore, e questa energia in fine viene inviata ai
trasformatori.
Poi, le comunicazioni divennero rapidissime nel 1844,
grazie al telegrafo inventato da Morse poi, la sopita delle
onde elettromagnetiche che portò Marconi a inventare nel
1895 il telegrafo senza fili e successivamente la radio, e
nello stesso anno Rontgen isolò i raggi X.
Grazie all’invenzione del motore a scoppio si poté
realizzare, nel 1885, la prima automobile e, nel 1903,
l’aeroplano.
Il motore a scoppio utilizzava la benzina derivata dal
petrolio tramite la distillazione frazionata del petrolio, che
serve a ottenere la separazione di varie sostanze, infatti
riscaldando il prodotto allo stato grezzo fino alla
temperatura di 350°C si ha l’evaporazione, i vapori che si
hanno, attraversato questo percorso sono per esempio le
benzine, il cherosene, il gasolio, la nafta, gli oli lubrificatori
e nell’industrie con il petrolio si producono materie
plastiche, fibre tessili, vernici, prodotti farmaceutici e
concimi.
Fra le industrie nate nella seconda meta dell’Ottocento vi
fu anche l’industria dell’acciaio, il “metallo perfetto”, che
permise la costruzione dei grattacieli.
Un’altra straordinaria protagonista della Seconda
rivoluzione industriale fu la chimica, che diede corso alla
produzione dell’alluminio, e sempre grazie alla chimica era
nata la fotografia, prima in bianco e nero, poi a colori; da
essa si passò facilmente alla pellicola cinematografica: nel
1895, infatti, i fratelli Lumière proiettarono il loro primo
film.
Nella medicina Koch individuò i bacilli della tubercolosi e
del colera, Pasteur scoprì il vaccino contro la rabbia, l’etere
fu applicato all’anestesia Chirurgica e si scoprì il Ddt, un
potente insetticida usato nella lotta contro le zanzare.
Anche l’industria alimentare si avvantaggio della chimica:
Pasteur mise a punto un procedimento, la pastorizzazione
avviene ad alte temperature inferiori ai 100°C distruggono
tutti i microrganismi dannosi e mantiene il valore nutritivo
degli alimenti.
Oggi sono state scoperte altre tecniche di conservazione
allo scopo di rendere inattivi i microrganismi, che
consentono le alterazioni degli alimenti.
La belle époque.
Durante la seconda rivoluzione industriale i beni di
consumo prodotti dalla seconda rivoluzione industriale e
trasformarono la vita di milioni di persone.
Grazie all’ampliamento dei mercati, alcune aziende
accumularono capitali immensi e crearono veri e imperi
industriali controllati da un singolo individuo, i Trusts.
Mentre le nuove tecniche di distribuzione e la pubblicità
ampliava la massa dei consumatori, le industrie dovevano
soddisfare la domanda.
Ford costruì nel 1909 il “Modello T” una nuova automobile
di prezzo contenuto, e per abbattere i tempi di produzione
applicò il “taylorismo” e introdusse la catena di montaggio,
che permise di realizzare la produzione in serie e compenso
dando agli operai riducendo l’orario giornaliero e otto ore e
aumentando i salari.
Tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento in Europa
il suffragio universale maschile fu esteso a tutti gli uomini
maggiorenni, ma non alle donne, che in Italia votarono per
la prima volta solo nel 1946.
La sociètà di massa della Belle époque era piena di
tensioni, la questione più grave riguardava l’impero austro-
ungarico, che era formato da dodici popoli diversi suddivisi
in quattro religioni antagoniste.
La Russia, inoltre, proteggeva gli Slavi ed era nemica
dell’Austria, la Francia odiava la Germania che era la più
pericolosa, perché voleva riunire in un nuovo grande Reich
tutte le minoranze di lingua tedesca, e stava rinnovando la
flotta e ciò metteva in allarme l’Inghilterra.
Questo intreccio di determinò il riarmo delle grandi potenze
e la creazione di due schieramenti: la Triplice Intesa fra
Gran Bretagna, Francia e Russia, e la Triplice Alleanza fra
Germania,Austria e Italia.
La società operaia.
Una conseguenza della seconda rivoluzione industriale fu io
movimento. Tale movimento elabora un proprio linguaggio
e divenne una vera e propria civiltà.
Tra la fine del Settecento e il 1824 gli operai e gli artigiani
inglesi che lavoravano nelle manifatture tradizionali
avevano reagito rompendo le macchine, questo movimento
fu chiamato Luddismo da Ned Lud, un leggendario
tessitore.
Tra il giorno in cui aveva avuto inizio in Inghilterra la prima
rivoluzione industriale e il 1848, la condizione dei
lavoratori delle fabbriche non era cambiato, essi erano
per la maggioranza contadini che fuggivano dalle
campagne per trovare fortuna in città, ma invece non
trovavano nessuna protezione da parte della legge,
chi si ammalava o si feriva veniva licenziato e non
garantiva né farmaci né pensione di invalidità, e non
potevano neanche permettersi degli svaghi, dei
divertimenti, come la pratica dello sport per via delle
troppe ore di lavoro.
Nel 1848 gli operai trovarono il loro messia un filosofo
ed economista di nome Karl Marx, il quale insieme
all’amico scrisse un libretto di poche pagine intitolato
Manifesto del Partito Comunista che diceva:
Con il diffondersi dell’industrializzazione è nata una
nuova classe sociale: il proletariato.
Il proletariato è sottoposto allo sfruttamento della
classe borghese.
Lo sfruttamento finirà con l’abolizione della proprietà
privata, non dovranno più appartenere a un singolo
capitalista, ma a tutti coloro che vi lavorano.
L’abolizione della proprietà privata potrà essere
realizzata solo attraverso una rivoluzione.
La rivoluzione sostituirà la società capitalista con la
società comunista: una società senza classi in cui
l’umanità raggiunge il fine, la felicità.
Questo manifesto colpì molto infatti fu tradotto in quasi
tutte le lingue europee e dopo 23 anni il Marxismo
divenne la linea-guida del movimento operaio.
Marx chiuse il manifesto con la frase “Proletari di tutto il
mondo, unitevi” egli infatti credeva che le nazioni erano
divise dai capitalisti mentre gli operai erano uniti.
Nel 1864 Marx contributi a formare la Prima
internazionale che aveva lo scopo di unire gli operai di
tutto il mondo. Le riunioni incominciarono con lo scontro tra
Marx e Bakumin il padre del movimento anarchico, lo scopo
fu vinto da Marx, che divenne il lider del movimento
operaio mondiale.
Tra i paesi industriali ci fu un eccezione l’Inghilterra. Nel
1825 il parlamento aveva avuto l’intelligenza di abolire le
leggi che privava le associazioni operaie e grazie a ciò
aveva coniato la Trade Unions.
Il Verismo.
In questo periodo la letteratura fu influenzata dalla scienza
e dal movimento operaio, e così nacque il verismo.
Il Verismo ha le sue radici nel Positivismo e nel
Naturalismo.
Il Positivismo, che deriva dal termine “positivo”, è un
movimento filosofico, il quale affermava che la ricerca della
verità deve essere condotta col metodo scientifico-
sperimentale e che esse regolavano anche il
comportamento dell’uomo; per questo erano positivi sulla
sorte della società
Il Naturalismo è una corrente letteraria francese che ha il
suo massimo esponente in Emile Zola.
Per gli scrittori naturalisti il romanzo deve rappresentare
con rigore scientifico tutte le classi sociali, anche quelle
umili.
IL Verismo si sviluppo a Milano, la città dalla vita
culturale più feconda, in cui si raccolgono intellettuali di
regioni diverse.
IL termine Verismo deriva dalla parola “vero”.
Gli scrittori veristi analizzano e descrivono delle realtà
sociali, esprimendo una concezione pessimista della vita e
del destino delle classi più povere ed emarginate che
sembrano prive di speranza.
Gli autori veristi rappresentavano la realtà in moto
oggettivo, senza commentare o interpretare, e molto
spesso anche usando la lingua italiana usavano parole o
frasi in dialetto.
Giovanni Verga.
Uno scrittore verista italiano è Giovanni verga.
La vita.
Giovanni Verga nasce a Catania il 2 settembre del 1840
in una famiglia di origine nobile. Si iscrive alla facoltà di
legge ma non terminerà gli studi perché nel 1861 si
arruola nella guardia nazionale e svolge un’intensa
attività di giornalista e anche per occuparsi dell’unione
d’Italia.
Dopo la morte, nel 1865, del padre si stabilisce a Firenze,
qui diventa un autore di successo con i romanzi che
rappresentavano “il bel mondo”, cioè l’agiatezza delle
classi nobili.
Dal 1872 al 1893 si trasferisce a Milano, città in cui
erano vivacissimi gli scambi letterari.
Nel 1874 pubblicò Nedda in cui, per la prima volta, la
tematica mondana viene sostituita con la narrazione del“la
ricerca della verità”.
Nel 1881 pubblicò I Malavoglia , e l’imprevisto
insuccesso del romanzo gli fece capire che ai lettori
piacevano i climi letterari che egli usava prima; ma egli
non si scoraggiò e continuo a pubblicare Le Novelle
rusticane e il romanzo Mastro-don Gesualdo.
Nel 1894 si stabilisce definitivamente a Catania, e con
l’andare degli anni si fa sempre più vivo in lui l’interesse
per le vicende politiche, e nel 1896 si fa sostenitore della
necessità di una più incisiva politica coloniale.
Negli anni prima della prima guerra mondiale le opera di
Verga persero il loro interesse, ma dopo la guerra, l’arte
verghiana comincia ad essere apprezzata in quello che ha
di più originale e di più vivo.
Giovanni Verga morì a Catania il 27 gennaio 1922, colto
da una paralisi cerebrale.
Le opere.
Le novelle: i due volumi di racconti Vita dei campi e
Novelle rusticane con testi diventati celebri come La
roba( storia di Mazzarò, un contadino diventato
proprietario terriero ma rimasto vecchio e solo, disperato
rovine i suoi averi per portarli con se.)Rosso Malpelo ( un
ragazzo destinato a lavorare e a morire in miniera,
ricalcando il tragico destino del padre).
I romanzi: I Malavoglia racconta la storia di una famiglia
di pescatori che vive a Acitrezza, composta dal nonno, dal
figlio, dalla nuora e dai loro figli, che racconta le vicende
della famiglia, che possiede solo una casa e una nave, e un
giorno non portano a destinazione un carico di lupini e da
allora per la famiglia si susseguiranno una serie di
disgrazie.
Mastro-don Gesualdo mette in risalto la storia del
protagonista che riesce a passare da una vita misera a
diventare ricco, ma aver sposato la nobile Bianca Trao non
cancella la sua origine; quindi rimane solo e muore nel
palazzo disprezzato anche dalla servitù.
Il pensiero di Verga.
Per riprodurre la società nel modi più vero, Verga la
osservava scrupolosamente, documentandosi sui mestieri
e sulle tradizioni, e usava uno stile impersonale in modo
che il lettore si trovasse faccio a faccia col fatto senza
doverlo leggere tra le righe, e così sembra che la vicenda si
presenti da sola e di essere nella realtà della vicenda.
Invece in Francia si sviluppò in realismo con Zola.
Anche in arte si da interessa di più alla classi meno agiate