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La Guerra lampo
La guerra lampo è la strategia che la Germania utilizzò per la seconda guerra
mondiale.
Procedeva così:
a) Venivano impiegati l’aviazione e truppe motorizzate e corrazzate.
b) Procedeva poi la fanteria.
Si chiamava guerra lampo in quanto procedeva con attacchi fulminei perché la
Germania era povera di materie prime e doveva quindi affrontare un nemico alla volta.
Leggi razziali emanate nel 1938
La difesa della razza
Il 5 agosto 1938 sulla rivista viene pubblicato il seguente
manifesto:
« Il ministro segretario del partito ha ricevuto, il 26 luglio XVI, un gruppo di
studiosi fascisti, docenti nelle università italiane, che hanno, sotto l'egida del
Ministero della Cultura Popolare, redatto o aderito, alle proposizioni che
fissano le basi del razzismo fascista.
1. LE RAZZE UMANE ESISTONO. La esistenza delle razze umane non è
già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà
fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è
rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini
simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che
continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol
dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto
che esistono razze umane differenti.
Germania
2. ESISTONO GRANDI RAZZE E PICCOLE RAZZE. Non bisogna soltanto
ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che
Stati alleati
comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da
alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi
sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, ecc.)
Stati satelliti
individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi
gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la
esistenza delle quali è una verità evidente.
Stati Neutrali
3. IL CONCETTO DI RAZZA È CONCETTO PURAMENTE BIOLOGICO.
Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di
Stati schiavi
popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche,
linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di
nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti
dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché
essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la
costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni
diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i
diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre,
sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano
ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.
4. LA POPOLAZIONE DELL'ITALIA ATTUALE È NELLA MAGGIORANZA
DI ORIGINE ARIANA E LA SUA CIVILTÀ ARIANA. Questa popolazione
a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è
rimasto della civiltà delle genti preariane. L'origine degli Italiani attuali
parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che
costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell'Europa.
5. È UNA LEGGENDA L'APPORTO DI MASSE INGENTI DI UOMINI IN
TEMPI STORICI. Dopo l'invasione dei Longobardi non ci sono stati in
Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la
fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre
nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in
tempi anche moderni, per l'Italia, nelle sue grandi linee, la
composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa:
i quarantaquattro milioni d'Italiani di oggi rimontano quindi nella
assoluta maggioranza a famiglie che abitano l'Italia da almeno un
millennio.
6. ESISTE ORMAI UNA PURA "RAZZA ITALIANA". Questo enunciato
non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il
concetto storico–linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima
parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che
da millenni popolano l'Italia. Questa antica purezza di sangue è il più
grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.
7. È TEMPO CHE GLI ITALIANI SI PROCLAMINO FRANCAMENTE
RAZZISTI. Tutta l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo
del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il
richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve
essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza
intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia
deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano–nordico.
Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo
tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la
stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e
soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri
puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra–
europee, questo vuol dire elevare l'italiano ad un ideale di superiore
coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.
È NECESSARIO FARE UNA NETTA DISTINZIONE FRA I
8. MEDITERRANEI D'EUROPA (OCCIDENTALI) DA UNA PARTE E GLI
ORIENTALI E GLI AFRICANI DALL'ALTRA. Sono perciò da
considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di
alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza
mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo
relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.
9. GLI EBREI NON APPARTENGONO ALLA RAZZA ITALIANA. Dei
semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della
nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l'occupazione araba
della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome; e
del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli
ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in
Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi
in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.
10. I CARATTERI FISICI E PSICOLOGICI PURAMENTE EUROPEI
DEGLI ITALIANI NON DEVONO ESSERE ALTERATI IN NESSUN
MODO. L'unione è ammissibile solo nell'ambito delle razze europee,
nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che
queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo
per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere
puramente europeo degli Italiani viene alterato dall'incrocio con
qualsiasi razza extra–europea e portatrice di una civiltà diversa dalla
millenaria civiltà degli ariani. »
« È tempo che gli Italiani si proclamino
francamente razzisti. Tutta l'opera che finora
ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato
sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del
razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente
biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in
Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo arianonordico. »
Primo Levi
) è stato uno scrittore italiano
Primo Levi (Torino, 31 luglio 1919 – Torino, 11 aprile 1987
autore di racconti, memorie, poesie e romanzi. Nel 1944 venne deportato nel campo di
Se questo è un uomo,
sterminio di Auschwitz. Il suo romanzo che racconta le sue
esperienze nel lager nazista, è considerato un classico della letteratura mondiale.
Primo Levi venne trovato morto nell'aprile 1987 alla base della tromba delle scale di
casa sua, dando adito a sospetti di suicidio. Nato a Torino il 31 luglio 1919 da Ester
Luzzati e Cesare Levi, appartenenti ad una famiglia di origini ebraiche proveniente
dalla Provenza e dalla Spagna, Primo Levi vive un'infanzia turbata da alcune
incomprensioni con il padre, dovute ad una notevole differenza di età e ad un
differente carattere. Nel 1934 si iscrive al liceo classico "Massimo d'Azeglio" di Torino,
noto per aver ospitato docenti illustri e oppositori del fascismo come Augusto Monti,
Franco Antonicelli, Umberto Cosmo, Norberto Bobbio, Cesare Pavese, Massimo Mila,
Leone Ginzburg e molti altri. Questi insegnanti furono però allontanati, e il clima
politico lì presente si raffreddò.
Nel campo di Auschwitz
Nel 1943 si inserisce in un nucleo partigiano operante in Val d'Aosta. Poco dopo, nel
dicembre 1943, viene arrestato dalla milizia fascista nel villaggio di Amay sul versante
verso Saint-Vincent del Col de Joux (tra Saint-Vincent e Brusson) e trasferito nel campo
di transito di Fossoli presso Carpi in provincia di Modena. Il 22 febbraio 1944, Levi ed
altri 650 ebrei vengono stipati su un treno merci (oltre 50 individui per vagone) e
destinati al campo di concentramento di Auschwitz in Polonia. Levi fu qui registrato
(con il numero 174 517) e subito condotto al campo di Buna-Monowitz, allora
conosciuto come Auschwitz III, dove rimase fino alla liberazione da parte dell'Armata
Rossa. Fu uno dei venti sopravvissuti fra i 650 che erano arrivati con lui al campo. Levi
attribuisce la sua sopravvivenza a una serie di incontri e coincidenze fortunate.
Innanzitutto, leggendo pubblicazioni scientifiche durante i suoi studi, ha appreso un
tedesco elementare. Di rilevante importanza è parimenti l'incontro con Lorenzo
Perrone, un civile occupato come muratore, che, esponendosi a un grande rischio
personale, gli fa avere regolarmente del cibo. In un secondo momento, verso la fine
del 1944, viene esaminato da una commissione di selezione, incaricata di reclutare
Buna,
chimici per la una fabbrica per la produzione di gomma sintetica di proprietà del
colosso chimico tedesco IG Farben. Insieme ad altri due prigionieri (entrambi poi
deceduti durante la marcia di evacuazione) ottiene un posto presso il laboratorio della
Buna, dove svolge mansioni meno faticose e ha la possibilità di contrabbandare
materiale con il quale effettuare transazioni per ottenere cibo. Nel far ciò si avvale
della collaborazione di un altro prigioniero cui è molto legato, Alberto, anch'egli
italiano. Infine, nel gennaio del 1945, immediatamente prima della liberazione del
campo da parte dell'Armata Rossa, si ammala di scarlattina e viene ricoverato nel "Ka-
be" (dal tedesco Krankenbau, in italiano infermeria del campo) scampando così
fortunosamente alla marcia di evacuazione da Auschwitz (nelle quali sarebbe morto
Alberto, che Primo non aveva potuto contagiare con la scarlattina avendola
quest'ultimo già contratta in età infantile). La tregua,
Il viaggio di ritorno in Italia, narrato nel romanzo sarà lungo e travagliato. Si
protrarrà fino ad ottobre, attraverso Polonia, Bielorussia, Ucraina, Romania, Ungheria,
Germania ed Austria. L'esperienza nel campo di concentramento l’ha
profondamente sconvolto fisicamente e
psicologicamente. Giunto a Torino si riprende
fisicamente e riallaccia i contatti con i familiari e
gli amici superstiti dell'olocausto. Non trovando
impiego si sposta a Milano, dove viene assunto da
una fabbrica di vernici. Mosso dalla prorompente
necessità di testimoniare l'incubo vissuto nel
Lager, si getta febbrilmente nella scrittura di un
Se
romanzo testimonianza sulla sua esperienza ad Auschwitz, che verrà intitolato
questo è un uomo. In questo periodo conosce e s’innamora di Lucia Morpurgo, che
diventerà sua moglie. Levi afferma come questo incontro sia stato fondamentale per la
Se questo è un uomo,
stesura di permettendogli di passare dalla prospettiva dolorosa
Il sistema periodico,
di un convalescente a quella descritta dall'autore nel libro con
queste parole: «un'opera di chimico che pesa e divide, misura e giudica su prove
certe, e s'industria a rispondere ai perché». Nel 1947 termina il manoscritto, ma molti
editori, tra cui Einaudi, lo rifiutano. Viene pubblicato da un piccolo editore, De Silva.
Nonostante la buona accoglienza della critica, inclusa una recensione favorevole di
L'Unità,
Italo Calvino su incontra uno scarso successo di vendita. Delle 2500 copie
stampate, se ne vendono solo 1500, soprattutto a Torino.
In questo periodo Levi abbandona il mondo della letteratura e si dedica alla