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Estratto del documento

Essa ha in genere un contenuto etico normalmente attribuito

dall'autore, che generalmente viene condiviso dal popolo; anche

per questo ne sono oggetto privilegiato personaggi della vita

pubblica che occupano posizioni di potere.

Queste stesse caratteristiche sono state sottolineate dalla Corte di

Cassazione che si è sentita in dovere di dare una definizione

giuridica di cosa debba intendersi per satira:

“é quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che

nei tempi si è addossata il compito di castigare ridendo mores,

ovvero di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o

esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato,

un esito finale di carattere etico, correttivo, cioè verso il bene”

Storia La satira nell'antichità- La

satira (dal latino satura lanx,

nome di una pietanza mista e

colorata) è una forma libera e

assoluta del teatro, un genere

della letteratura e di altre arti

caratterizzato dall'attenzione

critica alla politica ed alla società,

mostrandone le contraddizione promuovendo il cambiamento. Sin

dall'Antica Grecia la satira è sempre stata fortemente politica,

occupandosi degli eventi di stretta attualità per la città (La polis),

ed avendo una notevole influenza sull'opinione pubblica Ateniese,

proprio a ridosso delle elezioni. Per questo motivo è sempre stata

soggetta a violenti attacchi da parte dei potenti dell'epoca.

Le origini della satira nella letteratura europea si confondono

evidentemente con quelle della letteratura comica, il cui inizio è

attribuito tradizionalmente a Omero. La commedia greca di

Aristofane fa della satira politica un ingrediente fondamentale. Ma

la vera codificazione come genere letterario, anch'essa frutto di

un'evoluzione italica parallela, avviene nella letteratura latina. La

satira nasce tra il III e il II secolo a. C. ad opera di Ennio, e si può

considerare il primo genere originale della letteratura latina, al

contrario di tutti gli altri, di origine greca; Quintiliano affermerà:

“Tota nostra est”. La satira nasce come una polemica diretta ad

obbiettivi mirati, molte volte con temi moraleggianti che

riguardano i più svariati argomenti, questo succede perché non ha

schemi fissi che le donano la rigidità tipica di altri generi, ma si

basa interamente sullo stile dello scrittore.

Medioevo e Rinascimento . La satira ebbe ampio uso nella poesia

orale giullaresca di cui ci sono pervenuti alcuni frammenti scritti.

In tempi di potere assoluto questo ruolo era esercitato dai giullari

di corte col beneplacito del sovrano, ma poi, il gioco diventò più

duro e la cultura (e la satira) dette l'assalto al palazzo

dell'assolutismo, politico e religioso.

In particolare va notata la compresenza in Dante di un

registro comico realistico in corrispondenza della critica corrosiva

alle personalità che lo avevano disconosciuto ed esiliato, fino ad

allargarsi a una visione critica dell'intera società a lui

contemporanea.

Illuminismo – la filosofia dei Lumi usò largamente la satira,

contro i dogmatismi della religione e i privilegi dei nobili. Esempi

di satira in questo periodo sono: Giuseppe Parini (Il Giorno) e di

Swift il grande iniziatore del romanzo settecentesco I Viaggi di

Gulliver che sosteneva :” La satira è una sorta di specchio, dove

gli osservatori in genere vedono le facce di tutti tranne la loro”

Durante il ventennio fascista la satira venne duramente

repressa e molti oppositori, che manifestavano il proprio dissenso

attraverso scritti o disegni umoristici, vennero perseguitati e

spesso arrestati o condannati al confino ( un nome su tutti quello

di Galantara, già animatore di riviste come L'asino e Il becco

giallo). A livello di facciata, però, Mussolini, che fu anche

giornalista, non volle dare l'impressione di soffocare del tutto la

satira e pensò quindi di portarla dalla propria parte; si diffusero o

nacquero ex novo riviste satiriche fasciste (ad esempio Il 420 a

Firenze abbracciò in pieno l'ideologia fascista, Mino Maccari

fondò Il selvaggio e Leo Longanesi L'italiano) e alcuni quotidiani

pubblicarono vignette e disegni satirici in prima pagina. Fu il caso

questo per esempio de “Il Popolo d'Italia”, diretto dallo stesso

Mussolini: il disegnatore era uno dei più affermati artisti italiani:

Mario Sironi

La satira oggi – Nel significato popolare contemporaneo, si

tende ad identificare la satira con l'umorismo e , in qualche caso,

con la comicità; talvolta, poi, si intende per satira anche qualsiasi

attacco letterario o artistico a personaggi del potere politico,

sociale o culturale, o più genericamente vi si include qualsiasi

critica pungente al potere .

In questo atteggiamento volto a osservare il reale attraverso la

lente dell'ironia, scanzonata o riflessiva, la disposizione satirica

continuò a vivere, a partire dal Medioevo, che le diede voce

soprattutto nelle favole allegoriche, fino ai giorni nostri, in cui si

esercita sia in vesti letterarie sia in altre forme : dal teatro al

cinema, dalla battuta giornalistica al fumetto e alla trasmissione

televisiva, raggiungendo a volte un elevato livello artistico – si

pensi alla vera satira del Premio Nobel Dario Fò – ma

molto spesso scadendo nella banalità dell'intrattenimento di basso

popolo e di gusto discutibile

Storia della satira latina

Satura quidem tota nostra est

Satura quidem tota nostra est afferma Quintiliano nell'

Institutio oratoria (X,1,93), intendendo sottolineare che questo

genere è il solo che non abbia il suo corrispondente nella

letteratura greca e che debba la sua origine e le sue caratteristiche

al mondo romano, anche se, e ben guardato, non mancano nel

panorama letterario ellenico esempi di opere per così dire

“satiriche”, caratterizzate da ironia e da umorismo, come i giambi

di Callimaco, la Diatribe di Bione di Boristene, le Satire Menippee

(un misto di prosa e versi) di Menippo di Gàdara o anche i

Dialoghi di Luciano di Samòsata.

Restringendo la nostra indagine a Roma, il primo esempio di satira

è quello della fase preletteraria, in cui, come si ricorderà, compare

come genere drammatico, nato probabilmente dalla

contaminazione di manifestazioni diverse (recitazione, danza,

musica). Il termine, secondo Varrone, è probabilmente

riconducibile alla locuzione satura lanx, che serviva ad indicare un

piatto ricolmo di varie primizie da offrire in dono votivo agli dei.

Durante queste feste oltre alle oscenità pronunciate per favorire la

fertilità, viene preparata una focaccia impastata con farina d'orzo,

formaggio, uvetta ed altri ingredienti come se fosse un casatiello

campano.

Altra ipotesi fatta da Diomede è quella che il termine satira si

collocherebbe così, nella sua forma spontanea, alle feste (fosse

anche da questo viene il nome stesso) in cui si scambiavano

invettive scherzose.

L'utilizzazione del termine satura per questo genere di

composizioni starebbe a dimostrare il loro carattere estremamente

composto. Tuttavia non manca

anche chi riconduce il

termine ai Satyri, esseri

della mitologia greca in

possesso di un corpo metà

umano e metà da

babbuino, con orecchie,

piedi e code caprini. Ben

presto, però la satira perse

il suo carattere “teatrale”

per diventare un genere

che aveva come temi la

critica dei costumi, la

riflessione filosofica e

moraleggiante e, più in generale, la rappresentazione della realtà.

Così, ad esempio, la Saturae di Ennio in quattro o sei libri, di cui

possediamo alcuni frammenti, composte in metro vario,

affrontavano argomenti molteplici, secondo l'ottica che abbiamo

appena indicato e probabilmente costituiscono l'archetipo del

genere letterario satirico così come lo conosciamo dalle opere di

Lucilio, Orazio, Persio e Giovenale. Tuttavia il primo autore di

satire , il vero e proprio inventor del genere fu sicuramente

Lucilio, vissuto durante l'età dei Gracchi, il quale compose ben

trenta libri di satire in versi polimetri, di cui ci restano più di 1300

versi in frammenti. La satira luciliana è di tipo essenzialmente

politico e risente del clima di quell'età, in cui si diffuse

notevolmente l'otium, una forte tendenza all'individualismo, la

riscoperta della sfera del privato. Pertanto la satira di Lucilio

esprime in maniera forte e chiara i valori della soggettività; la sua

è una satira personale che spazia dal quotidiano al mondo della

polemica letteraria, dalla lotta politica all'amore e così via, con

l'intento di sottolineare l'autonomia della persona umana che non

intende farsi strumento di niente e di nessuno. Dopo Lucilio

occorre attendere qualche anno per vedere rifiorire questo genere;

fu, infatti, Varrone Reatino (116-27 a.C.) a comporre le Saturae

Menippeae, delle quali possediamo circa 600 frammenti. L'opera,

scritta secondo i canoni di Menippo di Gadàra in prosa e in versi,

affronta temi moraleggianti, assumendo come pietra di paragone il

mos maiorum. Ma il più grande autore satirico di tutta la

romanità è certamente Orazio, che rifiuta il

modello menippeo per rifarsi direttamente a

Lucilio, anche se, è bene ricordarlo, ne condanna

alcuni difetti come l'abbitudine di comporre di

getto senza troppo curarsi di una accurata revisione formale

(limae labor) e di scrivere quindi versi colmi di detriti (cum flueret

lutulentus erat quot tollere velles). A parte il gusto per la

perfezione formale che in Orazio è grandissimo, è da dire che la

satira oraziana appare assai diversa rispetto a quella di Lucilio.

Essa, infatti, non contiene affatto quella visione polemica che

caratterizza i componenti dell'inventor del genere ed appare,

invece, come una misurata e pacata conversazione alla buona (così

si spiega il titolo sermones) sui vizi più notevoli della società del

suo tempo. Satira di costume, quindi, quella di Orazio, con un

forte contenuto filosofico, ispirato in massima parte alla diatriba

storico- cinica di Bione di Boristene e con un tono che mai assume

carattere predicatorio, privilegiando, invece, un atteggiamento di

umana comprensione. Un ruolo importante svolge la satira nell'età

successiva, quella dei Giulio-Claudi (14 d.C. - 68 d. C.); essa

infatti, si qualifica come genere che intende fustigare in maniera

intransigente i costumi corrotti della società del tempo, sulla base

di una forte connotazione moralistica e filosofica. Lo scrittore

satirico di questa età è Persio, che, al confronto con Orazio, mostra

indubbiamente di possedere una minore capacità di comprensione

per i vizi umani, privilegiando una riflessione moraleggiante

spesso astratta, che rivela di non conoscere la debolezza e la

complessità dell'animo umano.

Nella stessa età si possono accostare al genere satirico anche

l'Apokolokynthosis di Seneca e il Satyricon di Petronio.

L'Apokolokynthosis, o Ludus de morte Claudii, è una satura

Menippea che descrive la trasformazione in zucca ( da qui il

titolo) dell'imperatore Claudio, dopo la sua morte. L'opera esprime

una satira pungente e spesso acre nei confronti dell'imperatore,

dovuta probabilmente all'ostilità che il Principe nutrì nei confronti

di Seneca. Il Satyricon, invece, è un 'opera assai complessa che ci

è pervenuta incompleta e che dal punto di vista del genere

letterario può essere definita un romanzo o, meglio, la parodia di

un romanzo, ma che contiene indubbiamente innumerevoli spunti

satirici. Inoltre la complessità dei temi trattati e l'alternarsi anche

qui di prosa e di versi favoriscono una collocazione dell'opera

optimo iure all'interno del genere satirico. L'ultima voce della

satira romana è quella di Giovenale, vissuto durante l'età di

Traiano (98-117 d.C.). Egli riprende le tematiche di Persio e leva

nella sua opera (sedici componimenti in esametri) una energica

protesta piena di sdegno (indignation) nei confronti dei mali che

affliggevano la società di quel tempo. Le ricchezze, la lussuria,

l'invivibilità di una megalopoli come Roma, costituiscono i temi

dominanti dell'opera di Giovenale, che fa uso di uno stile che

spesso ricorre a immagini iperboliche, a locuzioni insolite, a

vocaboli non comuni. Con Giovenale la satira perde il suo

carattere sostanzialmente umoristico e ironico per assumere quello

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