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Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna nel 1922 e qui compie gli
studi universitari laureandosi in lettere. La severità del padre e la mitezza della madre
sono alla base di un conflitto edipico al quale è da ricollegare la stessa omosessualità dello
Poesie a Casarsa,
scrittore. L’esordio come poeta avviene nel 1943 con le in dialetto friulano.
Ragazzi di vita Una vita
Nel 1949 Pasolini si trasferisce a Roma ottiene i primi successi con e
violenta . Agli inizi degli anni Cinquanta partecipa alla vita della rivista “Officina” Proprio
la sua notorietà gli consente di intervenire efficacemente su questioni culturali e socio-
politiche, assumendo un punto di vista critico-radicale nei confronti del sistema borghese.
I temi che prevalgono nelle sue opere sono il tema delle generazioni, legato al rapporto
padre-figli, dove i padri e figli sono sempre in contrapposizione, il tema dell’amore per la
madre che è vista come una fanciulla la cui bellezza assume anche i carattere di un
ragazzo e il tema di Roma è il rapporto che ha con la città. E proprio la vita di ragazzi di
strada ispirò i suoi romanzi, molte sue poesie e buona parte della sua produzione
cinematografica. All’alba del 2 novembre 1975 è ritrovato assassinato presso Fiumicino; la
cattura del giovane Giuseppe Pelosi che si dichiarava colpevole non basta a diradare le
incertezze sui modi e sulle cause del delitto. Pasolini è sepolto a Casarsa nel suo Friuli. Dal
1960 in poi la scoperta del cinema come mezzo espressivo porta Pasolini al massimo della
Lo
fama nazionale. straordinario successo di quest’uomo a partire soprattutto dagli anni
Sessanta non si deve certamente alle opere poetiche ma a quelle narrative e soprattutto
all’attività di regista cinematografico In questi anni Pasolini esordì nella regia
Accattone e altri bellissimi film come Medea,Comizi d'amore,
cinematografica con il film un
film inchiesta sulla sessualità. Su temi come il divorzio, la prostituzione, l'omosessualità, il
femminismo e la verginità, intervista così persone di tutta Italia, dal nord al sud, e di ogni
estrazione sociale: contadini, operai, ragazzi, militari, giocatori di calcio, braccianti,
qualche celebrità e alcuni intellettuali (fra anche lo scrittore Alberto Moravia). Il quadro
che ne esce è quello di un'Italia piuttosto confusa nell'affrontare questi temi, propensa a
rispondere per luoghi comuni e certo condizionata da un forte perbenismo borghese e
cattolico. Pasolini effettuò anche un'intervista fatta ad alcune operaie di una fabbrica
milanese. domanda ad un operaia se lavora in quella fabbrica e le chiede pure quanto guadagna,
Pasolini
inoltre afferma che potrebbe guadagnare molto di più lavorando la notte nei viali anche se in modo
disonesto e domanda all’operaia perché sceglie la strada dell’onestà e l’operaia spiega perché fu
abituata cosi da piccola e Pasolini domanda se fu mai tentata a guadagnare di più, ma la donna
decisa risponde che non l’era mai passato per la testa, allora lo domanda ad altre e rispondono lo
stesso spiegando che avevano scelto la strada dell’onestà, per ragioni morali e anche religiose.
Pasolini alla fine ha chiesto alle operaie se loro disprezzassero "quel tipo di donne".Due operaie
risposero di no e un'altra rispose che secondo lei in fondo quelle donne erano furbe.
Nella vita di Pier Paolo Pasolini vi sono almeno tre figure centrali: sua madre Susanna,
Laura Betti - l’amica che fu anche interprete di molti suoi film e poi affettuosa custode
Medea,
della sua memoria , Maria Callas, interprete del film legata a Pasolini da un
sentimento che andò oltre l’amicizia. Ma, oltre a queste tre donne, le tracce relative alla
interpretazione della figura femminile nella società in cui viveva, sono in Pasolini
Accattone Mamma Roma,
numerosissime e costanti. In e i suoi due primi film, per esempio
(ma anche in opere successive), Pasolini trova in personaggi di prostitute, ladri che furono
i suoi punti di riferimento per esprimere la propria poetica dell'abbandono e della povertà:
dà loro, senza discriminazioni. La prostituzione o il furto appaiono come elementi
sacrificali che emergono dal panorama costante del disagio sottoproletario. Oltre che agli
altri personaggi altrettanto umili e sottoproletari, è anche alla prostituta che va l’attenzione
e l'affetto di Pasolini, non in quanto personaggio positivo ma in quanto personaggio che
impersona una delle peggiori vittime dell'umiliazione e dello sfruttamento. Pasolini ama i
suoi personaggi, soprattutto quelli femminili: non li giudica, ce li mostra in tutta la loro
interezza, senza troppi fronzoli retorici, con scarno ed essenziale realismo (non si è mai
stancato di ripetere, in decine di interviste, che egli amava e prendeva in considerazione
"soltanto la rappresentazione della realtà", sia nei suoi lavori cinematografici sia in quelli
Mamma Roma,
letterari). In il personaggio interpretato da Anna Magnani delinea un
esempio di maternità dai comportamenti molto simili: anche qui, la donna è
disperatamente pronta a tutto pur di far vivere decentemente, di assecondare e proteggere
il proprio figlio.
Sono figure emblematiche descritte da Pasolini anche nelle sue opere letterarie oltreché
cinematografiche. E l'unica che Pasolini "salverà", riscatterà misticamente (facendola
addirittura ascendere al cielo - anche questo, dunque, un elemento simbolico che Pasolini
applica ad una figura femminile), sarà proprio la serva.
Pasolini si esprimeva in un'epoca in cui, in nome di un insopportabile moralismo, la
prostituta, l'omosessuale, la ragazza-madre costituivano un vero e proprio scandalo.
Condizioni di vita certamente diversissime, ai suoi tempi accomunate dalla condanna
causata da un diffuso senso del pudore: lo stesso che agirà nel rinviare frequentemente
Pasolini a giudizio nei tribunali italiani. Occorre ricordare che erano gli anni della legge
Merlin per la chiusura delle case d'appuntamento, di una decisa condanna
dell'omosessualità da parte di ogni parte politica, che nel migliore dei casi semplicemente
fingevano di ignorare l'esistenza di prostitute e di omosessuali, così come, prima che
intervenissero iniziative legislative, fingeranno di non conoscere l'entità degli aborti
clandestini, spesso causa di morte per le donne. Pasolini, personaggio scomodo e
irriverente che trovò la forza di manifestare la propria omosessualità in anni come i '60-'70
in cui i tabù sociali erano, come molto radicati in tutti gli strati sociali. E che rappresentava
le donne come le componenti della società più coraggiose e tenaci.
Maria Antonietta Macciocchi, direttrice di "Vie Nuove", propose a Pasolini una
collaborazione con la rivista, cosa che avvenne a partire dal maggio 1960, ha descritto lo
scrittore come «l'intellettuale più dolce, più delicato, più disponibile» che avesse
conosciuto. In un suo articolo del 1995 la Macciocchi scrive tra l’altro: «Pasolini è l'unico
grande intellettuale che abbia parlato della questione tabù: la sessualità femminile, l'amore
e l'aborto. Pasolini affermava che: "Il problema non è di essere contro o a favore
dell'aborto, ma a favore o no della sua legalizzazione. Ebbene, io mi sono pronunciato
contro l'aborto e a favore della sua legalizzazione" [..]Le leggi sono giuste, ma la
frustrazione sessuale e la violenza contro le donne restano; e non sarà una legge
sull'aborto ad abolirle. Perché le donne sono "cittadini inferiori". A rileggerlo oggi, Pasolini
appare più "femminista" delle profetesse ufficiali, perché affronta l'indicibile: le donne
sono concepite come puro strumento di riproduzione della specie. La preoccupazione
costante di Pasolini fu proprio quella della violenza stupratrice. L’immagine della donna,
negli anni che precedettero la contestazione del 1968, variava in modo considerevole fra
Nord e Sud della penisola, fra strati sociali agiati e ceti disagiati. Fu Pier Paolo Pasolini,
intellettuale, regista, poeta a intercettare, attraverso una serie di interviste, il “senso
comune” di allora, in particolare nell’Italia meridionale. Chiede Pasolini a un passante: “
Che cos’è l’onore sessuale?”Ecco la risposta: “Secondo me la donna è evangelica,
angelicata, proprio come la intendeva Dante”. Col suo discorso sulla sessualità, Pasolini fa
avanzare il discorso femminista, monco, rituale, ortodosso.[...] Lui sembrava il solo a
comprendere la fragilità disperata perfino di quelle chiamate "mostri sacri" del successo, le
più traumatizzate tra "le donne oggetto": Bardot (che tenta di uccidersi), Callas
(abbandonata da Onassis), Marilyn Monroe (suicida).
movimento femminista
E’ proprio in questi anni che sorse il prima negli Usa e poi in
Europa influendo sulla mentalità e sul sistema di valori dominanti nella società
contemporanea.
Negli anni Settanta le donne, nelle società dopo lunghe lotte hanno conquistato il diritto
allo studio e il diritto al lavoro. Ma, attraverso il movimento femminista, al centro della
loro riflessione sta la diversità del pensiero femminile, un modo diverso delle donne di
considerare il proprio corpo, la propria sessualità, i rapporti familiari, quelli con le loro
madri. La loro lotta è su tanti fronti: la politica, tradizionalmente intesa, il sindacato, le
associazioni. Le loro parole d’ordine risuonano ormai come slogan in tutte le piazze in cui
è bello, donna non si nasce, si diventa”.
sono presenti: “Donna
Sin dall’ Ottocento si fu determinato la nascita del movimento per l’emancipazione
giuridica
femminile, la cui principale battaglia per il riconoscimento dell’uguaglianza e
politica fra il cittadino maschio e il cittadino femmina si concretizzò con l’ottenimento del
diritto di voto per le donne fra gli anni venti e gli anni quaranta del Novecento. Anche il
femminismo contemporaneo trova le sue origini in fattori di trasformazione economica e
sociale: l’estensione dell’occupazione, che ha coinvolto la popolazione femminile; le
condizione
ragazze e le donne cominciarono a riflettere e discutere sui temi collegati alla
femminile. Ma allora che cosa vuole esattamente questo nuovo movimento delle donne,
quello che ai mariti e alla Chiesa aveva dimostrato negli anni Sessanta che le donne
sapevano essere qualcosa di più che mogli e madri? L’Italia degli anni Sessanta offriva
opportunità agli uomini ma anche alle donne, faceva sognare un futuro da fantascienza,
un illimitato benessere. Ma a guardare più in profondità, e facendo un passo indietro, a
cominciare dal secondo dopoguerra, l’Unione Donne Italiane (legata al PCI) aveva capito
che bisognava aiutare le donne a riorganizzarsi, insegnar loro la quotidiana attività
casalinga, la cura dei figli; e ancora, procurare pensioni alle casalinghe, assicurare alle
donne il diritto allo studio e al lavoro. Negli anni Sessanta e Settanta, però, le donne hanno
conquistato tutto questo. La donna sembrava non contare nulla oppure contare in una
dimensione privata, ristretta fra le mura domestiche, una dimensione, peraltro, tutt’altro
che semplice. …Se le donne sono uguali agli uomini, che cosa significa, allora, essere
donna”? Spiega il sociologo Franco Ferrarotti: “Fino a tempi recenti il diritto familiare
prevedeva che il marito fosse capo unico della casa e, se lo riteneva giusto, poteva anche
somministrare qualche ceffone alla moglie. Le donne avevano la funzione di sempre”. E’
questo il momento in cui le donne dicono “basta”: senza cambiare i rapporti fra i due sessi
dell’umanità non si può cambiare la società.
Nasce allora il nuovo movimento per la
liberazione delle donne; le femministe invadono le piazze, abbandonano i gruppi politici
maschili, formano i nuovi collettivi femministi che rapidamente si moltiplicano in tutta
Italia: a Trento, a Milano, a Roma, a Gela, a Napoli, e se all’inizio ammettono anche gli
uomini, poi li escludono risolutamente. E’ anche quello il momento in cui nei collettivi
femministi iniziano a parlare le donne; esse hanno finalmente centrato il problema: