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Indice dei contenuti:
Breve storia della danza classica
Nietzsche e la danza
Isadora Duncan
La danza nell’arte e nella letteratura
Bibliografia e Sitografia 2
Ringrazio Dio di avermi fatta schiava del balletto... ”
“ Isadora Duncan
Queste sono le parole della ballerina statunitense Isadora Duncan che, grazie alla sua
determinazione, alla sua totale dedizione alla danza e soprattutto alle sue idee
“rivoluzionarie”, ispirate dalla lettura del filosofo tedesco Nietzsche, pose le basi della
danza moderna e diede a quest'arte un nuovo slancio, dopo il lento declino avvenuto alla
fine dell'Ottocento.
Breve storia della danza
L a danza è la prima espressione artistica del genere umano perché ha come
strumento il corpo e, per questo motivo, ha origini antichissime: le tribù
primitive si muovevano, ancora prima di saper parlare, al suono di strumenti
rudimentali e per celebrare avvenimenti quali il successo nella caccia,
l'avverarsi di un desiderio o addirittura il sorgere del sole. La religione cristiana, per un
lungo periodo, ha considerato la danza peccaminosa, perché rendeva troppo evidente il
corpo e venne, per questo, allontanata dal rito religioso, continuando tuttavia ad essere
praticata da artisti girovaghi e saltimbanchi.
Nel Medioevo, la danza continuò comunque a vivere in occasioni di festa e si diffuse
ben presto anche nelle corti e nei castelli, dove divenne un intrattenimento, durante gli
spettacolari incontri che i signori organizzavano per celebrare matrimoni e per
dimostrare la propria ricchezza. Poiché eseguire salti, volteggi e capriole, gesti tipici dei
saltimbanchi, era considerato un modo di esibirsi poco aristocratico, i signori li
sostituirono con gesti e movimenti composti. Da qui nacque la distinzione tra la nobile
danza bassa e la popolana danza alta. La differenza sostanziale tra le due è che, nella
prima, i piedi strisciavano a terra e i passi sono piuttosto lenti, mentre nella seconda è
consentito saltare più in alto e muoversi con maggiore velocità e libertà.
Saper danzare nel Rinascimento divenne quindi una vera e propria qualità necessaria ed
entrò a far parte dell'educazione dei nobili necessaria fin dall'infanzia. Nacque quindi
proprio in questo periodo la figura del maestro di ballo e con esso la necessità di
codificare i passi; queste novità trasformarono la danza in uno spettacolo al quale
parteciparono sempre più frequentemente ballerini professionisti, provenienti dalle
scuole di ballo, tra le quali ricordiamo quella di Milano fondata nel 1545. Nel 1581 in
Francia fu allestito il primo "balletto" della storia: "Le Ballet comique de la Royne”, ad
opera dell'italiano Baldassarino da Belgioioso e da questo momento le rappresentazioni
si spostarono dalle corti ai teatri pubblici. Fu sempre in Francia che la danza classica si
sviluppò maggiormente e si ufficializzò, grazie a Luigi XIV (il Re Sole), che, tra le tante
Accademie che volle fondare, inserì anche quella dedicata al ballo, fondata nel 1661,
l'Académie Royale de Danse alla quale solamente ballerini maschi poterono partecipare
fino al 1681, anno del debutto di M.lle La Fontaine. 3
Nel Settecento la danza classica sviluppò la sua tecnica e ampliò i virtuosismi,
soprattutto maschili, fino al punto di cadere in mera acrobazia ma, a fine secolo, in pieno
Illuminismo, due ballerine, Marie Sallé e Marie-Anne de Camargo, scelsero scarpe senza
tacco, accorciarono le gonne ed eliminarono l'uso delle maschere e delle parrucche per
restituire libertà di movimento al corpo. I cambiamenti proseguirono nel secolo seguente
quando fu introdotto il tutù e le scarpette da punta che fecero prevalere la danza
femminile su quella maschile.
Negli anni del Romanticismo il balletto subì il fascino di personaggi, scenari e temi
letterari caratterizzati da situazioni tragiche e sentimenti esasperati ambientati in universi
magici. Il primo balletto romantico, “La Sylphide”, fu rappresentato per la prima volta il
12 Marzo 1832 all'Opéra di Parigi, un teatro che stava diventando uno dei templi della
danza. Nello stesso periodo, in Russia, il coreografo Marius Petipa, con la
collaborazione del musicista Petr Il'ič Čajkovskij, diede origine ad alcuni balletti classici
famosissimi: “Il lago dei cigni”, “La bella addormentata” e “Lo schiaccianoci”.
Corrispose a questo periodo l'apice della popolarità del balletto seguita, alla fine
dell'Ottocento, da un lento declino dovuto alla mancanza di grandi ballerine e al
disinteresse di importanti musicisti.
A invertire questa tendenza arrivò l'irruenza della statunitense Isadora Duncan che,
rinnegando il balletto classico, danzava scalza, coperta di veli e con i capelli sciolti,
ponendo così le basi della danza moderna e dando nuovo slancio a quest'arte. Ai primi
del Novecento il balletto sembrava quasi scomparso dal panorama europeo mentre si
trovava ad Est la nuova meta degli artisti: la città di San Pietroburgo. La danza risorse
grazie alla compagnia dei Ballets Russes di Sergej Djagilev che, tra il 1909 e il 1929, fu
artefice di una vera e propria rivoluzione in senso "moderno" della danza classica, con
l'assunzione di movimenti non canonici, per non dire addirittura "antiaccademici" e una
forte rivalutazione delle potenzialità espressive e drammatiche della danza grazie all'uso
di stupendi fondali e costumi, per la cui realizzazione venne chiesta la collaborazione di
artisti quali Pablo Picasso e Henri Matisse. Grazie a queste nuove idee la danza conseguì
nuovamente un notevole successo che portò all'apertura di nuove scuole negli U.S.A. ed
all'esibizione, per la prima volta, in Occidente della compagnia del Bolshoi di Mosca.
L’intenso spirito drammatico e il grande virtuosismo tecnico, di cui sono esempi artisti
straordinari come Rudolf Nureyev, Mikhail Baryshnikov, Pina Bausch e l'italiana Carla
Fracci, ebbero un fortissimo impatto sul pubblico che, a partire dagli anni '60 divenne
sempre più vario e caratterizzato dal sempre maggiore interesse dei giovani nei confronti
di quest’arte, unita ora a ritmi moderni e temi attuali accompagnati talvolta da musica
Jazz o Rock'n Roll. Questa trasformazione ha dato maggiore impulso allo sviluppo della
danza moderna, la quale da parte sua, fin dall'inizio del Novecento, ha contribuito
moltissimo alla spinta in avanti, in senso moderno, della danza classica.
Nietzsche e la danza 4
U
na parte importante della filosofia di Nietzsche è la teoria dell’esistenza di
uno spirito apollineo e di uno spirito dionisiaco. L’uomo, in tutti questi
secoli, ha represso lo spirito dionisiaco perché simbolo degli istinti e delle
passioni senza rendersi conto che dire di no ad esso significava dire no alla
vita. E’ proprio in questa parte del pensiero niciano che la danza assume grande
importanza. Il primo approccio del filosofo alla danza sembra derivare dalla lettura della
Bibbia che è piena di passaggi dove la danza è presente, incoraggiata e persino richiesta
come espressione della relazione con il dio. Influenze successive sono poi giunte dai
suoi studi dell'arte romantica, delle poesie e delle antichità greche e romane. Nell’antica
Grecia, infatti, i culti in onore di Dioniso erano accompagnati da danze estatiche in cui
l’uomo si univa al dio, come succedeva alle menadi, le donne possedute dagli dei che
correvano a danzare nei boschi. In queste situazioni l’uomo possedeva un’“eccedenza di
sentimento” che esprimeva tramite il pensiero o attraverso l’armonico connubio tra il
gesto (la danza) e il suono (la musica) che diventa pura volontà e accrescevano il piacere
dell’esistere.
Nietzsche tratta il rapporto tra uomo e danza in particolare in due delle sue opere: “La
nascita della tragedia” e “Così parlò Zarathustra”.
Nel primo testo, il filosofo afferma che l'uomo è mosso da due impulsi: quello apollineo
(razionale) e quello dionisiaco (istintivo e irrazionale). Anche se entrambe queste energie
sono necessariamente presenti in ogni opera artistica, lo spirito apollineo domina le arti
visuali mentre quello dionisiaco si trova nella musica e nella danza ed è l'energia che
l'uomo deve recuperare per non vivere passivamente ma, accettando anche il proprio
destino, per diventare volontà di potenza dicendo sì alla vita.
Danzare, per Nietzsche, è, prima di tutto, un'attività simbolica, una forma di espressione
umana, unica per il fatto che utilizza il corpo nel suo insieme. Questa capacità di
trasformare il corpo in un insieme di simboli è qui celebrata perché ci porta ad esprimere
l’“essenza della natura” e permette a ogni individuo di sentire il proprio corpo che
plasma immagini in movimento di se stesso come membro della natura, partecipante al
ritmo continuo di distruzione e creazione della natura stessa.
Nel testo “Così parlò Zarathustra” la riflessione sul tema della danza si amplia in
quanto il profeta persiano Zarathustra, disceso nel mercato, viene riconosciuto da un
eremita che associa il suo modo di camminare alla figura del ballerino. Zarathustra
risponde che, contrariamente all'eremita che canta, piange, ride e ama dio ma non l'uomo
perché quest'ultimo è troppo imperfetto e quindi non sa danzare, egli ama l'uomo e
supera l'attaccamento al dio innamorato dell'uomo per amare la danza e
conseguentemente la vita. Zarathustra afferma: “Io credo solo in un dio che sa danzare”
e questo sottolinea come egli rifiuti il dio che rimane fisso nella forma di un mondo
eterno mentre egli deve essere dinamico e superare se stesso diventando uomo. Egli ha
quindi l'energia e la forza di affermare la vita, di avere fiducia nella terra e nel
superuomo, capace di dominare se stesso salvandosi dal nichilismo. In conclusione è
solo colui che danza che può elevarsi fino a dio, sciogliersi in quel flusso di vita da cui si
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era separato perdendo lo spirito dionisiaco, esprimere contemporaneamente
l'appartenenza al cielo e alla terra e per questo afferrare pienamente il mondo.
Isadora Duncan
P roprio seguendo la filosofia di Nietzsche (definito da Isadora Duncan come un
“Maestro eccezionale”), sembra essersi sviluppata la danza moderna di Isadora
Duncan prima e Martha Graham poi: la danza si libera dei “dogmi” del balletto
classico e dalle scarpette da punta (che servivano alla danzatrice per
allontanarsi dalla terra) riacquistando così la fedeltà alla terra, di cui parlava il filosofo,
per diventare vera espressione dell’anima. 1
Isadora Duncan, pseudonimo di Dora Angela Duncan, nacque a San Francisco il 28
maggio 1878, da madre irlandese e padre scozzese, ed iniziò a “insegnare” all'età di
cinque anni quando raccolse attorno a sé tutte le bambine del vicinato per insegnare loro
come muovere le braccia simulando le onde del mare. Da questa esperienza dell'infanzia,
Isadora continuò a dirigere molte scuole di danza durante tutta la sua carriera per
realizzare il suo sogno, ovvero creare una scuola di vita come affermò lei stessa: “To
dance is to live. What I want is a school of life”.
Il suo sogno la condusse a Chicago e a New York, dove non ebbe molto successo; decise
allora di recarsi in Europa dove, per il poco denaro, Isadora dovette affrontare persino il
rischio di morire di fame, ma la sua determinazione la portò ad esibirsi in tuniche
ispirate all'antica Grecia, scalza e con i capelli sciolti in ricevimenti all'aperto a Londra
dove ottenne l'ammirazione di molti artisti e intellettuali. Durante la sua esistenza assai
movimentata, trascorsa in gran parte sul suolo europeo, i successi artistici si alternarono
a delusioni personali ed episodi luttuosi, tra cui la morte prematura dei due figli, ancora
bambini. La Duncan desiderava fortemente creare la danza del futuro ispirandosi alla
plasticità greca, basandosi sul sentimento e sulla passione dettati dalla natura e dalla
forza della musica.
1 Isadora Duncan 6
La sua importanza nella storia della danza è grande, sia per l'interesse che seppe
suscitare nelle platee di tutto il mondo, sia perché le sue idee furono rivoluzionarie per la