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Storia: la questione meridionale; il piano Marshall
Inglese: George Marshall
Calcolo: la Ricerca Operativa
Matematica: studio di funzione
Informatica: database e linguaggi
Elettronica: radio ed onde elettromagnetiche
Nella prima pagina del libro viene descritto l'omicidio di Salvatore Colasberna e viene
svelato come é stato ucciso e perché; tutto il libro é dedicato alla ricerca delle prove
giuridiche che possano incriminare i veri colpevoli, prove che non saranno trovate
costringendo le forze dell'ordine a desistere e a dichiararsi sconfitte. Il racconto prende
spunto da due fatti realmente avvenuti: l'omicidio del sindacalista socialista Miraglia
avvenuto nell'immediato dopoguerra, e la presenza in Sicilia di un ufficiale dei carabinieri,
Renato Candida divenuto poi molto amico di Sciascia.
Salvatore Colasberna, piccolo impresario edile, onesto titolare di una ditta che riesce ad
ottenere modesti appalti per la costruzione di opere pubbliche, viene ucciso alle 6,30 di
mattina sull'autobus che congiunge il piccolo centro con Palermo da due colpi di arma da
fuoco; subito dopo è descritto l'arrivo dei carabinieri che tentano di capire dagli astanti cosa
è successo ma “cozzano contro un muro di silenzio”.
Sciascia ci pone subito di fronte al problema della omertà generalizzata e al
distacco fra cittadini e rappresentanti dello Stato che caratterizzano la società
che egli si accinge a descrivere. Nella scena seguente i parenti di Colasberna
vengono chiamati in caserma per l'interrogatorio: i due fratelli Colasberna
bruciano di vergogna per il luogo in cui si trovano, non per la tragica morte
del fratello, ci avverte Sciascia: lo scontro fra "cittadini" e carabinieri diviene
ancora più esplicito all'arrivo del protagonista del racconto, il capitano
Bellodi, giovane ufficiale dei carabinieri, democratico ed ex partigiano: "....
dalle prime parole che disse i soci della Santa Fara pensarono continentale con sollievo e
disprezzo insieme; i continentali sono gentili ma non capiscono niente".
Tuttavia, contrariamente alle loro convinzioni, i fratelli del morto si trovano di fronte ad un
continentale molto intelligente, già penetrato fino in fondo ai segreti della Sicilia, capace di
ricostruire con chiarezza e lucidità il meccanismo del delitto e le sue motivazioni. In questa
ricostruzione Sciascia descrive attraverso Bellodi gli interessi della Mafia in ambito edilizio
ed i meccanismi con cui esercitava e manteneva il potere. Le vicende del capitano Bellodi in
Sicilia si alternano nella narrazione a quelle del Palazzo, a Roma, dove parlamentari e
ministri vengono informati sul troppo zelante ufficiale che cerca di inchiodare alle loro
responsabilità quadri intermedi e boss mafiosi.
Nel dialogo fra un imprenditore siciliano e un parlamentare riguardo alle coperture politiche
su un problema relativo alle zolfare, Sciascia denuncia amaramente la cattiva gestione dello
Stato e la collusione manifesta fra Mafia e politica. Successivamente compare un nuovo
personaggio, un confidente, che darà la possibilità al capitano di provare giuridicamente le
sue supposizioni. Parrinieddu, questo il soprannome del confidente, è il personaggio più
ambiguo del romanzo: egli vive assediato dalla paura, é costretto dalle circostanze a
convivere con la Mafia e con lo Stato, cercando di cavarsela tra queste due realtà inevitabili;
tuttavia il confidente nel momento in cui incontra il capitano Bellodi capisce che la sua
speranza di trarre profitto dalla sua posizione di informatore é conclusa e che é destinato a
rimanere schiacciato da quella stessa ambiguità. subito entra in scena un altro personaggio,
il potatore Paolo Nicolosi, scomparso dalla mattina del delitto, secondo la dichiarazione
della moglie.
Il capitano Bellodi intuisce che tra i due fatti c'é una relazione. Conduce così un
interrogatorio complesso con grande rispetto per la donna, moglie di Nicolosi, che 6
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finalmente confessa l'ingiuria, cioè il soprannome con cui è conosciuto in paese l'uomo che
suo marito ha incontrato pochi istanti dopo il delitto divenendone uno scomodo testimone:
Zicchinetta. Dunque Zicchinetta - Diego Marchica - viene arrestato e subito il confidente
capisce di essere un uomo morto. Spedisce dunque al capitano Bellodi una lettera con due
nomi e poi, come temeva, qualche ora dopo viene ucciso; la lettera con la sua delazione
arriva sul tavolo di Bellodi dopo la sua morte e subito il capitano può fare arrestare i due
personaggi denunciati: il Pizzuco, ma soprattutto il mandante dei delitti, il noto capomafia,
il protettissimo Don Mariano Arena. Malgrado il grande rispetto per Bellodi Don Mariano
ha amici potenti in Parlamento e nel Governo che userà per far cadere come un castello di
carta tutta la corretta impalcatura logica costruita dall'ufficiale.
Persone degnissime, incensurate, forniranno alibi inoppugnabili ai rei confessi; dopo la loro
scarcerazione le indagini proseguiranno ma su altre strade. Il capitano Bellodi saprà che la
vedova Nicolosi e il suo amante sono fortemente sospettati per quei delitti: si preferisce
orientare le indagini verso il motivo passionale, più facile e tranquillizzante per tutti. Il
capitano Bellodi è stato sconfitto, il maresciallo Ferlisi trasferito.
Infine lo scenario cambia, siamo a Parma dove Bellodi incontrandosi con i suoi vecchi amici
discute della Sicilia. La conversazione prosegue, tutti commentano, citano, rabbrividiscono;
poi Bellodi, sconfitto dalla Mafia, umiliato dai superiori, confuso, tornando a casa
lucidamente si rende conto di amare la Sicilia e di volervi tornare. Questa conclusione
ottimista, dopo tante sconfitte e tanto pessimismo che Sciascia ha disseminato nel romanzo,
fa riflettere sulla lezione che l'autore ha voluto darci, nel lontano 1961, ovvero una lezione
di impegno civile e di alta moralità .
Analisi del romanzo
Il racconto sembra essere la confluenza di tre grandi passioni dell’autore: l’impegno civile
di parlare di un problema della Sicilia (la mafia), la predilezione per il giallo e la voglia di
farsi capire da un vasto pubblico. Gli ambienti sono quelli dei poveri villaggi di artigiani, di
contadini e di operai, “governati” dalla mafia, ai quali lo scrittore era particolarmente legato.
Diverse volte, infatti, Sciascia comunica l’amore nei confronti della sua regione.
Il giorno della civetta è stato pubblicato nel 1961, quando la mafia veniva difficilmente
combattuta a causa dell’appoggio che essa godeva da parte di diversi politici e dall’omertà
degli abitanti dei paesi nei quali essa agiva. Addirittura alcuni negavano l’esistenza di questa
forma di terrorismo, sostenendo che si trattasse di massoneria o addirittura di
microcriminalità.
La mafia, nata intorno al 1820, assunse la fisionomia di organizzazione parassitaria e
criminale a partire dal 1860. Una vera e propria rete di piccoli centri di potere (le cosche),
mediante le minacce, i ricatti, la violenza organizzata, mise sotto controllo le campagne
della Sicilia centrale e occidentale, realizzando ampi profitti. L'attività delle cosche si estese
poi dalle campagne alle città, investendo altri settori economici e anche quello politico e
amministrativo. Nel secondo dopoguerra la mafia è dilagata nelle città, nei settori dei
mercati ortofrutticoli e dell'edilizia espandendosi anche all’estero.
Il giorno della civetta è stato per l’epoca in cui è stato scritto una rivoluzione perché mai
nessuno aveva scritto un libro indirizzato alle grandi masse che trattasse il problema della 7
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mafia. Su questo argomento esistevano allora solamente pochi scritti: una commedia di un
autore siciliano e diversi studi.
Personaggi
Il Capitano Bellodi (personaggio principale) è il protagonista della vicenda. È un giovane
alto e di colorito chiaro. È determinato, intuitivo, coraggioso ad affrontare un'inchiesta
contro la mafia. Don Mariano Arena lo definisce un “uomo”, perché tratta dignitosamente
gli investigati, senza insultarli o senza mancar loro di rispetto.
Don Mariano Arena (personaggio principale) è un anziano capomafia che svolge la funzione
di antagonista. Potrebbe apparire a prima vista un galantuomo, una persona rispettabile, ma
è il mandante dell’omicidio del Colasberna. Gode dell’appoggio della maggior parte della
popolazione locale ed la sua vera arma è l’omertà.
Diego Marchica (personaggio secondario) è un oppositore. Viene riconosciuto come
l’esecutore materiale del delitto del Colasberna. È soprannominato Zecchinetta ed è stato
diverse volte in carcere.
Il Pizzuco (personaggio secondario) svolge la funzione di oppositore. È un capomafia,
anch’egli un mandante dell’omicidio di Colasberna, ma non lo vuole ammettere.
Calogero Dibella, soprannominato Parinieddu (personaggio secondario) è uno dei pochi
aiutanti che compaiono nel racconto. Pur avendo paura della punizione che la mafia gli
potrebbe infliggere, è un confidente delle Forze Armate. Trova la morte un sera, vicino a
casa sua, probabilmente per mano del Pizzuco. Prima di morire, però aveva scritto i nomi
dei due capimafia su un foglietto, permettendo a Bellodi di giungere ai responsabili del
delitto.
Il panellaro (comparsa), è il tipico cittadino che ha paura della mafia. Si comporta in modo
vile ed è diventato uno schiavo della mafia. La caratteristica fondamentale di questo è
l’omertà, che protegge la criminalità e ostacola le indagini. Come l’autista, il bigliettaio e i
passeggeri dell’autobus svolge la funzione di oppositore. 8
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STORIA
La Questione meridionale nella storia italiana(1860-1940) 9
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A partire dagli ultimi anni dell’800, l’Italia conobbe il suo primo autentico decollo
industriale. Se l’economia italiana potè inserirsi nella congiuntura internazionale favorevole
cominciata nel 1896, ciò fu dovuto anche ai progressi che, pur fra battute d’arresto e
contraddizioni, il paese era venuto realizzando nei primi trenta-quaranta anni di vita unitaria
sul piano delle infrastrutture economiche e delle strutture produttive.
Importanti svolte avvennero per avviare il decollo industriale: costruzione di una rete
ferroviaria, creazione di un’ industria siderurgica, riordinamento del sistema bancario con la
creazione della Banca commerciale e il Credito italiano.
Iniziarono quindi a vedersi i maggiori progressi dalla siderurgia, dal settore tessile con
l’industria cotoniera, dal settore alimentare con lo zucchero, dai settori chimico e meccanico
e dall’industria automobilistica e da quella elettrica.
Il tasso di medio di crescita annua fu del 6,7% più di qualsiasi altro paese europeo in quel
periodo.
Questo decollo industriale fece sentire i suoi effetti anche sul tenore di vita della
popolazione, cosicché nel primo quindicennio il reddito pro-capite risulto aumentato del 30
%, in questo modo la gente poteva sfruttare il proprio denaro non prevalentemente
sull’acquisto del cibo ma anche sull’acquisto di altri prodotti.
La qualità di vita della popolazione iniziava a mutare insieme allo sviluppo economico. I
segni di questo mutamento erano visibili soprattutto nelle grandi città grazie anche allo
sviluppo dei servizi pubblici, mentre le condizioni abitative dei lavoratori urbani restavano
ancora precarie, infatti pochi erano gli edifici dotati di servizi igienici autonomi; ma già un
grande sviluppo si ebbe con la diffusione dell’acqua corrente e il miglioramento delle reti
fognarie che contribuirono in gran parte ad una diminuzione della mortalità da malattie
infettive.
Tuttavia questi progressi non furono sufficienti a colmare il divario che ancora separava
l’Italia dagli altri Stati più ricchi e più industrializzati. L’analfabetismo era ancora molto
elevato, mentre si avviava a scomparire in tutta l’Europa del Nord. Il consumo annuo di
carne era di tre volte inferiore a quello di un inglese. La quota della popolazione attiva
impiegata nelle campagne era ancora intorno al 55%, una quota troppo alta per le capacità
produttive dell’agricoltura italiana, comm’era dimostrato dall’emigrazione verso l’estero in
coincidenza con lo sviluppo economico.
Tutte le regioni italiane parteciparono al fenomeno migratorio, ma il contributo più
importante venne dal Mezzogiorno; inoltre mentre l’emigrazione dalle regioni del nord era a