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Filosofia: Karl Popper (cattiva maestra televisione)
Biologia: i diturbi della vista (miopia e struttura dell'occhio)
Latino: la favola epica
Storia: la propaganda fascista
Italiano: Gabriele D'Annunzio
Pedagogia: Maria Montessori
Inglese: Charles Dickens
Nel nostro Paese, Mussolini, capì subito l’importanza della
stampa per affermare il suo potere e per assicurarsi un
consenso molto vasto fra le masse condizionando stampa e
l’opinione pubblica. Nei primi anni del regime essa fu
sottoposta ad un controllo formale: il duce acquistò i
maggiori giornali italiani, per portare avanti il suo progetto.
Diffuso fu l’uso di slogan e motti affissi per le strade, che
incitavano il popolo a “credere,obbedire, combattere
insieme per la patria, a non arrendersi mai, etc”. Mussolini
dispose che ogni giornale avesse un direttore responsabile,
inserito nel partito fascista e che, il giornale stesso, prima
di essere pubblicato,fosse sottoposto ad un attento
controllo. Fu creato inoltre il Ministero della Cultura
Popolare, che aveva l’incarico di controllare ogni
pubblicazione, sequestrando tutti quei documenti ritenuti
pericolosi o contrari al regime, inoltre impartiva precise
disposizioni circa il contenuto degli articoli, l’importanza dei
titoli e la loro grandezza. L’Italia era un paese in cui i
giornali erano poco diffusi e non raggiungevano le grandi
masse. La radio in questo contesto più di ogni altro mezzo
assunse un ruolo di primo piano. I programmi trasmessi, in
cui erano presenti anche svago e informazioni, erano
costituiti per lo più da discorsi del Duce, marce ufficiali o
conversazioni sul razzismo. La radio diventava così, la voce
ufficiale dello Stato. Siamo giunti dunque all’era dei mezzi
di comunicazione di massa, che da questo momento in poi
saranno oggetto di una larghissima diffusione. Avvenne nel
1925 la costituzione dell’Istituto L.U.C.E. ovvero, “L’Unione
cinematografica educativa”. Questo istituto, rappresentò in
Italia il primo esempio di organizzazione pubblica di
educazione, informazione e propaganda, attraverso l’uso di
strumenti “multimediali”, che usavano una molteplicità di
codici comunicativi, ad esempio la voce umana che
accompagnava come commento grafici e immagini fisse o
in movimento. Tutto ciò era rivolto ad una popolazione
ancora fortemente colpita dall’analfabetismo. L’istituto
L.U.C.E rappresentava l’organo tecnico cinematografico,
posto sotto il controllo dell’autorità dello Stato, con lo
scopo essenziale della diffusione della cultura popolare e
dell’istruzione generale per mezzo di visioni, distribuite a
scopo di beneficenza e soprattutto di propaganda nazionale
e patriottica. Ma il controllo dell’informazione non bastava,
si dovevano apprendere i valori fondamentali per il
fascismo fin dai prima anni di vita. L’idea di Mussolini era di
impadronirsi del cittadino a sei anni e restituirlo alla
famiglia a sedici. Attraverso le associazioni giovanili e lo
Stato totalitario l’educazione riusciva a convincere le
masse. Soprattutto per quanto riguarda i bambini ci fu un
notevole sforzo affinché nel loro immaginario entrasse una
nuova concezione dello Stato. Scopo principale era di
radicare nei cittadini la fede nel Duce, il servizio dello stato,
i valori di unità nazionale. Più in particolare, le pubblicazioni
per bambini sono esemplari per certi aspetti: nei libri di
letture il Duce diventava un guerriero a cavallo e
acquistava poteri miracolosi. Gli elementi su cui si insisteva
erano la molteplicità del Duce, l’aspetto paterno, l’idea di
forza e coraggio, il patriottismo. Per quei ragazzini la figura
del Duce finiva per perdere ogni valore politico e veniva ad
assomigliare sempre di più ad un personaggio mitico. Il
grande padre, il Capo del popolo, si preoccupava di tutto:
era rassicurante, forte, fiero e al bambino non restava che
fidarsi ed obbedire. In una società che negli anni ’30 stava
diventando pienamente una società di massa il fascismo
cercò di avvolgere tutto tra le braccia dello Stato: esso
diventava il regolatore della vita pubblica e privata, la fonte
suprema di ogni sapere. Questo obiettivo però non era di
facile realizzazione; quello che appare evidente, invece, è
che il fascismo si spinse troppo nel tentativo di eliminare
ogni forma di pensiero critico o solamente al di fuori del
suo controllo.
Il ruolo del protagonista dell’educazione è di Mussolini, la
un’opera grandiosa di educazione della
cui vita è definita
presente generazione costituisce il
mentre la sua azione
trattato più vivo ed efficace della moderna pedagogia.
Il regime considerò sempre l’Italia fondata sui valori del
mondo contadino; dalle campagne proveniva infatti,
l’esaltazione della famiglia e la cultura patriarcale. Fine
ultimo dell’educazione fascista era di portare a
compimento l’opera lasciata a metà dal Risorgimento, cioè
fare gli italiani; infatti creare uno spirito di unità ed identità
nazionale che, unito al concetto di cittadino-soldato,
persegua l’ideale educativo del Risorgimento.
Il fascismo aveva capito il ruolo che la scuola stava
assumendo nello stato moderno, ruolo inteso come
diffusore di una cultura e il maestro era colui attraverso il
quale questo insegnamento trovava applicazione pratica. I
principi che dovevano guidare l’insegnante erano
chiaramente espressi nella serietà delle discipline e
nell’aderenza alla vita storica dello Stato.
Tutte le attività dello Stato totalitario erano educative e la
scuola doveva agire per attivare nel cittadino il rispetto e la
venerazione dello Stato. Si teorizzava un potere che
educasse al culto di se stesso e una scuola che non fosse
nulla di più che un momento di questa educazione totale:
per il regime anche la propaganda fatta con i manifesti, con
le scritte murali, con i giornali era un momento particolare
dell’educazione del cittadino.
L’educazione fascista era razionale, riferita cioè ai caratteri
specifici dello spirito di un popolo e legata ai problemi reali
di una nazione. Il ruolo che l’educazione doveva svolgere
era funzionale ai problemi dello Stato.
Elemento importante nell’educazione del cittadino è
l’insegnamento della storia. Il primo problema a tale
riguardo è l’interpretazione dei fatti: il fascismo aveva una
sua visione sulla storia tesa a valorizzare gli elementi
virtuosi del popolo italiano nei secoli. La funzione che la
storia veniva a svolgere era attiva. Doveva essere vista in
funzione dei fatti presenti, doveva servire a spiegare e
giustificare il fascismo.
METODOLOGIA
Ma la vera protagonista di questa fase della storia della
comunicazione di massa fu certamente la televisione.
L’avvento della televisione trasformò il mondo
dell’informazione, offrendo la possibilità di mostrare e
diffondere in tutto il mondo, le immagini di un evento in
tempo reale. Diventò il media più diffuso, portando lo
spettacolo dentro le case, creando nuove abitudini
familiari, nuove forme di intrattenimento ed un nuovo uso
del tempo libero. Bambini e adolescenti sono i
principali utenti della TV, la guardano per più tempo e
più di tutti.si comincia a fare esperienza di Tv molto presto.
I genitori usano mettere i figli piccoli sui loro seggioloni
davanti la televisione per calmarli. È stato dimostrato che a
partire dai 6 mesi i bambini provano interesse per le scene
televisive; a 2 anni si diventa davvero telespettatori, a 3-
4 anni diventano consumatori, persone che dedicano
sistematicamente parte del proprio tempo alla televisione.
Le ore passate davanti al televisore vanno aumentando fino
a raggiungere un massimo nella fase della preadolescenza;
dopo i 15-16 anni i ragazzi hanno più possibilità di stare
fuori casa e le ore tendono a calare. Gli adulti dedicano alla
televisione un tempo paragonabile a quello degli
adolescenti. Il consumo di televisione torna a salire dopo i
50-60 anni, mantenendosi relativamente alto nella
vecchiaia avanzata, quando le condizioni di salute non sono
buone.
Comunemente si pensa che i media siano al tempo stesso
occasioni di svago e mezzi per tenersi informati. Il senso
loisir
comune colloca i media a metà strada tra il ( tempo
libero) e la partecipazione alla vita politica e civile.
Sociologi e psicologi, invece, assegnano ai mass media
un’importanza ben superiore, perché li considerano
agenzie di socializzazione realtà formative con cui gli
individui acquistano le competenze tipiche della vita
sociale. La loro azione formativa si affianca alla famiglia,
l’ambiente di lavoro, le associazioni; infatti queste
costituivano le agenzie di socializzazione tradizionali che
avevano obiettivi precisi da raggiungere.
Il mezzo televisivo determina un processo parzialmente
indeterminato in cui gli spettatori intervengono
attivamente e che può portare a risultati diversi a seconda
dei casi. Quando si cerca di ricostruire gli effetti formativi
della televisione, sono parecchie le difficoltà che si
incontrano e le cose di cui tener conto. C’è innanzitutto il
problema della scelta, la televisione è una specie di self-
serving: offre una gamma di comunicazioni possibili a cui
attingere, vari programmi per adulti e bambini. È lo
spettatore che sceglie i programmi, che si ritaglia una
comunicazione televisiva su misura. Ancor più delicato è il
problema della ricezione, i telespettatori elaborano ciò
che vedono in modi diversi, a seconda delle età, delle
conoscenze, degli interessi. Una volta che lo spettatore ha
preso il contenuto, deve farlo proprio, nasce il problema
dell’interiorizzazione e quindi, quello di decodificare il
messaggio.
Dalla televisione si acquisiscono vari tipi di contenuti tra
cui:
- Modelli comportamentali, ruoli, stili di vita. La vita
fa vedere come si agisce nei contesti della vita sociale,
presenta i comuni ruoli (la madre, il padre,ecc)
mostrando i loro tipici stili di vita. Anche in tv il ruolo
della donna e il tipo di famiglia sono cambiati; varie
ricerche hanno dimostrato che nei programmi americani
le donne comparivano meno spesso ed erano perlopiù
mogli e madri. Quando il personaggio femminile
lavorava, in genere era alle dipendenze di personaggi
maschili; venivano rappresentate come deboli, indecise e
dipendenti, mentre gli uomini, determinati e autonomi.
A cominciare dalla fine degli anni ’80 i programmi
televisivi sono cambiati e hanno proposto un’immagine
della donna meno tradizionale; è facile infatti, imbattersi
in donne avvocato, che hanno alle loro dipendenze
aiutanti maschi e privilegiano il lavoro rispetto alla
famiglia. “Cattiva maestra televisione”
È stato Popper a intitolare
un suo scritto del 1994, in cui prendeva posizione sulla
questione del valore della socializzazione televisiva. Egli
demonizza la televisione perché ritiene che attraverso di
essa si rovinano i rapporti inter-personali.
Popper è convinto che la televisione faccia male ai
bambini in quanto i contenuti che offre stanno
degenerando. Perciò propone di istituire una patente per
fare tv, che si possa ottenere solo dopo una formazione
adeguata e che si possa mantenere a patto di rispettare
un codice etico.
Le conclusioni che si sono tratte è che la televisione tolga
spazio alla socialità diretta, basata sull’interpersonalità, e
alla lettura. È sbagliata l’idea che la tensione induca alla
passività in quanto lo spettatore non è passivo perché
deve interpretare il messaggio trasmesso; migliorano
anche le capacità razionali e quelle di ragionamento
spaziale, ma la televisione sottrae tempo alla riflessione.
Il risultato sono menti più efficienti nel processare
l’informazione, ma forse meno efficaci, in quanto meno
capaci di operare con i concetti.
Dobbiamo fare in modo che i media siano uno strumento
positivo nella formazione dell’individuo, è nata cosi la
necessità di educare ai media
L’educazione ai media è composta da tre dimensioni:
competenze tecniche, in quanto è necessario avere
- accesso ai vari tipi di media, ed essere in gradi di
utilizzarli.
Assimilazione critica, fatta di abilità del pensiero
- critico. Gli studenti imparano come le realtà possono
essere costruite per rispecchiare idee e valori, per
vendere un prodotto o provocare euforia.
Produzione di contenuti, ovvero la capacità di produrre
- e distribuire contenuti mediatici, in quanto gli studenti
non devono soltanto usare i media ma creare in modo
attivo messaggi mediatici.