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Dopo i primi anni di crisi e delusioni per i vari fallimenti dei liberali, socialisti e
cattolici, nel 1924 la lista nazionale, diretta da Mussolini, ottenne la
maggioranza grazie a dei brogli, al clima di violenza che aveva instaurato nel
paese, l’appoggio di alcuni uomini politici e alla propaganda fascista che
influenzava molto la popolazione. Matteotti, che denunciò in Parlamento i
brogli elettorali compiuti dai fascisti, fu assassinato. In un clima
d'indignazione il governo si sciolse, mentre l’opposizione, in segno di
protesta, fece il grave errore di abbandonare la Camera ( secessione
dell’Aventino ). La mancanza d’accordo tra le forze democratiche e gli
appoggi di cui godeva il fascismo finirono per rafforzare Mussolini, che con un
colpo di Stato instaurò la dittatura, trasformando il partito di governo in
“partito di regime” (3 giugno 1925 ). Il fascismo assunse i caratteri di un
regime forte, accentrato, conservatore, chiaramente schierato con la grande
borghesia. Fu adottata una politica estera d’espansione economica sul piano
internazionale, ispirata ai principi del liberalismo ( libertà economica ), e una
politica interna concentrata sulla riduzione del disavanzo pubblico, sullo
sviluppo dell’industria e dell’agricoltura e sulla diminuzione dei salari. Inoltre
adottò una serie di leggi repressive, sostituì i sindaci elettivi con podestà di
sua nomina per controllare gli enti locali, istituì le leggi fascistissime con le
quali sciolse i partiti e i movimenti d’opposizione, per reprimere le attività
antifasciste istituì un Tribunale Speciale e l’Ovra ( polizia politica ) e
intensificò il controllo di polizia e la censura, valorizzando gli organismi per
l’inquadramento delle masse (Opera nazionale Balilla, Gruppi universitari
fascisti ). Il duce trasformò così lo Stato in senso totalitario, instaurando una
dittatura personale, basata su un partito unico.
Per regime totalitario si intendono le dittature autoritarie del ‘900, in
riferimento al regime fascista italiano, quello nazista tedesco, all’Unione
Sovietica di Stalin e alla Cina maoista. I tratti comuni di questi regimi sono
rappresentati da un’ideologia tesa a trasformare radicalmente la società,
l’assenza del pluralismo politico (scioglie gli altri partiti ), il culto del “capo
carismatico” ( capacità di saper trascinare le persone ), una propaganda
finalizzata a creare il consenso politico, una pervasiva presenza dello Stato
nella società e nell’economia e infine una repressione poliziesca.
In campo economico il fascismo sosteneva l’autarchia, cioè
l’autosufficienza della produzione nazionale, da realizzare attraverso la
riduzione delle importazioni e la valorizzazione delle risorse interne. Questa
economia autarchica ebbe effetti negativi sul livello di vita dei cittadini, anche
se contribuì, ma solo in parte, a potenziare l’industria nazionale. Dopo una
prima fase di liberalismo, si passò al protezionismo: un intervento dello Stato
nell’economia, l’introduzione di dazi e di divieti d'importazione.
Ci fu la rivalutazione della lira ( la cosiddetta “quota 90” ) che comportò il
rallentamento della produzione, l’aumento dei costi, il calo delle esportazioni,
la disoccupazione, il fallimento delle imprese e l’impoverimento dei ceti più
deboli. Per fronteggiare questa crisi, il regime puntò a far diventare l’Italia uno
Stato imprenditore, allargando l’intervento diretto dello Stato in campo
economico (creazione dell’Imi e dell’Iris, banche a “partecipazione statale”).
In politica estera, in una prima fase si limitò ad assicurare la pace e a
migliorare l’immagine dell’Italia in Europa. In una successiva seconda fase,
Mussolini si occupò personalmente della politica estera, affermando con ogni
mezzo l’ideologia fascista. Per dimostrare il prestigio e la solidità del regime,
il duce decise di conquistare l’Etiopia. Nonostante l’opposizione della Società
delle Nazioni ( di cui l’Etiopia era membro ), che applicò sanzioni economiche
all’Italia, e le numerose difficoltà delle operazioni belliche, il 9 maggio 1936
l’esercito italiano conquistò il Paese africano.
STORIA DI RONCHIS-LATISANA E DELLA
BASSA FRIULANA
- La condizione sociale dei contadini era molto pesante: oppressi da una
distribuzione delle terre che favoriva solamente una ristretta parte di grandi
proprietari terrieri (tra cui molti incapaci e chiusi ad ogni progresso tecnico e
sociale), i contadini furono costretti a vivere in case poverissime e malsane e
afflitti da malattie endemiche. Di fronte a questa situazione si scatenarono molti
disordini che si arrestarono solamente qualche anno dopo, quando il “
movimento fascista” da un lato utilizzò la forza per controllare le masse e
dall’altra dette inizio a una serie di trasformazioni territoriali. Una di queste fu
la bonifica agraria, in pratica la trasformazione dei terreni prosciugati in fondi
stabilmente coltivati.
Grazie al fascismo si dette avvio alla “bonifica integrale”: collegamenti stradali
tra terreni bonificati e paesi vicini, arginature dei corsi d’acqua, utilizzo dei
canali per la navigazione interna. Un obbiettivo importante prefissato da
raggiungere era l’autosufficienza alimentare prendendo delle misure volte a
migliorare la vita nei campi e la loro produttività.
Molte delle attese iniziali andarono deluse a causa della lentezza con cui le
opere previste dalla legge poterono essere iniziate per la scarsità dei fondi
stanziati, sempre insufficienti rispetto alle esigenze. Inoltre, tutte le iniziative
procedevano lentamente; le cause di questi ritardi erano principalmente di 3
tipi: i danni provocati dalla guerra, l’arretratezza di tutto il territorio friulano in
materia di bonifica e una certa freddezza da parte del governo per i problemi
riguardanti il Friuli in genere.
Le opere di bonifica e tutta la trasformazione fondiaria ebbero però un effetto
positivo su tutto il quadro socio-territoriale della Bassa friulana.
Un po’ alla volta la pianura friulana cominciò ad entrare nel sistema produttivo
della provincia e da area marginata e chiusa, in un’economia prevalentemente di
autoconsumo, diventò una parte funzionale di una regione economica che si
allargava e si specializzava sempre di più.
Fra i centri abitati, che prima delle bonifiche erano scarsamente collegati fra di
loro e con le città e i punti di mercato della pianura veneto-friulana, si venne
interessando una trama sempre più fitta di strade che finirono col togliere
dall’isolamento i borghi più piccoli e le nuove sedi costruite in conseguenza
della bonifica.
Le nuove tecniche agronomiche contribuirono a trasformare la mentalità e le
abitudini degli agricoltori locali. Tutta l’azione promozionale a favore di
un’agricoltura moderna iniziata con la cosiddetta “battaglia del grano”
introdusse, in un ambiente fino ad allora legato a tecniche per lo più manuali ed
antiquate, le motoaratrici,le macchine seminatrici, i concimi chimici e l’uso dei
sementi ibridi. Si diffusero nuove colture come il riso, il tabacco ancora in
forma sperimentale e soprattutto la barbabietola da zucchero. Le nuove tecniche
modificarono la mentalità della popolazione locale che cominciò a guardare
all’agricoltura non più con spirito rassegnato ma come ad un’attività che poteva
garantire buone condizioni di vita.
Nel campo di grandi opere di sistemazione della Bassa friulana, realizzate nel
quadro delle leggi di bonifica, ricordiamo la strada che collegava Latisana a
Lagnano, rendendo cosi inutile il costoso e lento collegamento attraverso la
laguna di Marano. Altre importanti costruzioni furono il “lungomare” e la
“darsena” a Lignano costruite dai militari usate rispettivamente una come pista
di aerei mentre l’altra non era un porto per imbarcazioni ma un idroscalo. In
seguito, fu costruito anche il Consorzio di Bonifica della Bassa friulana.
Assieme al Consorzio per la trasformazione fondiaria della Bassa friulana
furono partecipi al radicale mutamento del paesaggio situato a sinistra del
Tagliamento. Scomparsero le selve e le paludi, il territorio assunse l’aspetto di
una fertile pianura coltivata, percorsa da nuove strade interpoderali (strada
senza sbocco, che portava a una proprietà privata), lungo canali affiancati da
filari di pioppi e fossati di drenaggio.
Sul bordo della laguna furono eretti lunghi argini di protezione dei terreni dalle
mareggiate. Andavano sorgendo, in nuove forme architettoniche, i casali rustici
e gli annessi fra vasti appezzamenti di forme regolari.
L’agricoltura, in questo periodo, era una professione con una delle più alte
componenti di imprenditorialità, che richiedeva molteplici capacità di gestione
di investimenti e di ricavi. Da attività antica e povera si è trasformata in
qualcosa di moderno e potenzialmente sempre all’avanguardia alle frontiere
dello sviluppo. Da qui è iniziata una nuova storia economica.
-Il nome Ronchis compare per la prima volta nell’anno 963 d.C. su carte e
documenti. Si presume che il nome RONCHIS derivi dal verbo latino
“roncare”(=disboscare) e dal friulano RONC vale a dire “terreno messo a
coltura in seguito a disboscamento”.
Secondo fonte storico l’indipendenza amministrativa di Ronchis avvenne
durante il periodo napoleonico, il quale divise il regno d’Italia in dipartimenti,
distretti, cantoni e comuni. Il Friuli venne diviso in 13 distretti, il comune di
Ronchis venne di conseguenza inserito nel cantone di La tisana.
-Ronchis e Latisana oltre ad avere una storia parallela, anche geologicamente
sono molto simili, infatti, date la loro ubicazione strategica di passaggio verso
le linee del Carro, dovettero vivere e sostenere anni difficili e di grande disagio
durante e dopo la prima guerra mondiale(1915-1918). Tenendo conto poi che
questo territorio aveva dei collegamenti diretti e immediati col mare, nel corso
del primo conflitto le infiltrazioni dalla laguna d’elementi pericolosi erano
molto facili ed in grado di sabotare le opere di fortificazione della zona. Di
fronte a questo problema si pensò di controllare, per tutelare il territorio, tutti i
movimenti delle persone non militari. Inoltre l’argine del Tagliamento fu
sistemato a difesa mediante una linea di trinceramento di cemento armato.
Nonostante molte precauzioni ,il primo Novembre 1917, a seguito della disfatta
di Caporetto, questa zona fu soggetta a un invasione da parte degli austriaci che
bombardarono molte case e ponti.
Nel 1918, una nuova sventura cadde su questi comuni: la terribile “spagnola”
ovvero una peste post-guerra decimò moltissime persone tra cui i bambini e i
giovani.
I danni provocati al termine del conflitto furono enormi: chiese, scuole, edifici
pubblici e privati gravemente danneggiati o crollati. Anche il fabbricato
dell’ospedale, costruzione nuovissima (entrato in funzione nel 1912), subì danni
gravissimi. Furono rasi al suolo i campanili, abbattuti dai soldati italiani per
togliere agli austriaci un pericoloso osservatorio, ed i ponti fatti saltare per
coprire la ritirata.
Le zone della bassa dovettero ospitare molti profughi veneti, arrivati dopo la
disfatta di Caporetto. I locali incominciarono ad inveire contro gli immigrati
accusandoli colpevoli di aver rubato loro il lavoro.
Ritornarono anche molti fuggiaschi di “lusso” come sindaci e funzionari che si
situarono in edifici pubblici o di carità e vivevano alle spalle di chi era rimasto a
vivere di stenti e cercando di proteggere i propri beni dal nemico invasore.
La popolazione, lasciata in condizioni misere dagli austriaci che saccheggiarono
e distrussero tutto, dovette rimboccarsi le maniche per ricostruire il paese.