Sintesi
tesina il viaggio


Il viaggio


SOMMARIO
- Italiano: Ungaretti, Divina Commedia
- Latino: Satyricon
- Greco: Giasone e il vello d'oro
- Filosofia: Freud
- Storia: Industrializzazione
- Fisica: macchine a vapore
- Geografia: Luna e Marte
- Storia dell'Arte: Boccioni

Italiano: Ungaretti

Il viaggio: uomo-vita-morte.
E' un uomo di pena, un nomade, un girovago, Ungaretti è alla folle ricerca di un paese innocente, anche di un solo minuto di vita iniziale, dove poi sia possibile sentirsi in armonia con l'universo e sottrarsi così al tempo...al tempo demolitore.
Ungaretti è sempre in viaggio, la sua vita sin dall'inizio è stato un viaggio: Alessandria d'Egitto...alla vita, Firenze, Parigi...alla cultura, l'Italia, sul Carso...alla guerra, ancora Parigi, Roma, San Paolo...a scuola, Roma...a scuola, Milano...alla morte, fine del viaggio.
Ungaretti è sempre in viaggio, lui è il nomade psichico che si affida alle parole scabre, disseccate, trasparenti che facciano emergere dalla coscienza lacerata, sentimenti, emozioni, oggetti, paesaggi, lui che con le parole ci viaggia...

E subito riprende
il viaggio
come
dopo il naufragio
un superstite
lupo di mare

...Versa, 14 febbraio 1917; la guerra era una natura che Ungaretti piano imparava a conoscere in modo nuovo, in modo più terribile, quello stretto contatto quasi morboso, ma senza odio e senza amore per un nemico, per un nessuno... la guerra, vita mescolata ad un'enorme sofferenza, spavento della natura -miodio la natura! la natura umana forse?
E fu quello stato di così estrema perversa lucidità, estrema intollerante passione ad aprirgli le porte su quel mare.
E allora, solo allora affiora la consapevolezza del dolore, della caducità, della fragilità, o meglio, la conoscenza di sé immersa nella trincea; e solo allora si è capaci di reagire, disperatamente ma reagire, resistere allo scacco, alla sconfitta, 'ché tanto la partita può essere ancora giocata.
Ed è qui che ha senso quella "ripresa del viaggio", ed è qui che se la vita è, forse, tutto un naufragio lento e massacrante, l'uomo, docile fibra dell'universo, deve riprendere il suo viaggio con la sua volontà di sopravvivere, senza mai arrendersi... l'ho scritto: quella partita è tutta da giocare, la regina e il re guardano fieri in avanti, camminano dritti, zoppicanti forse, ma rimangono ancora servitori della speranza... senza mai arrendersi, procedere di continuo nell'alternarsi forte e caotico tra vita e morte, naufragio e allegria, tra deserto e oasi.
D'accordo, il viaggio di Ungaretti è un viaggio verso la morte senza alcuna possibilità di intervento, senza la possibilità di accasare in qualche parte della terra e l'uomo sarà un perenne girovago o profugo ormai sradicato o strappato da un punto fermo in cui riconoscersi e in cui placare la sua sostanza umana.
Ma lui stesso, Ungaretti stesso, in quella poesia lo scrive: dopo il naufragio/un superstite/lupo di mare, ma lui stesso in quel superstite fa riavverare quei valori di vita che sembravano annegati per sempre sotto le onde, sotto gli alberi maestri spezzati a metà.
Ma lui stesso in quel lupo di mare ci crede, -sono un uomo di speranza- lui in quel lupo di mare non lascia cadere così facilmente la vita, e se pure sta per cadere la raccoglie piano, toglie via la salsedine e cambia rotta verso una nuova meta.
Una ricerca sempre riemergente e inappagata di un paese innocente, ma che trova, poi approdi momentanei e sensazioni di totalità e di pienezza e di beatitudine anche solo di un attimo, anche solo di quell'attimo.
Ungaretti dilata le sue mete, il suo spazio, tanto da naufragare su isole mai rintracciabili ed irriconoscibili, su terre dove si isola completamente in punti separati dal resto del mondo non perché lo siano realmente, ma perché nell'animo egli può allontanarsi in atmosfere indeterminate e rarefatte.
Ungaretti viaggia, senza che nessuno lo riconosca, in un anonimato favoloso e meraviglioso che sfuma nella pura immaterialità...
...ma qual è la meta? dove andrà a finire questo viaggio?
Forse è, semplicemente, la morte, la terra promessa dove, appunto, si è fuori dal tempo, dove non c'è spazio...
la terra promessa al di là della vita, un idilliaco paradiso in cui non si prova dolore...
la terra promessa al di là della trincea, un assoluto silenzio senza il rumore degli spari...


la terra promessa al di là del mondo intero circondata solo da onde, onde e nuvole, dove il cuore, poi, possa battere e non crogiolarsi sulle sofferenze terrene..
...buon viaggio, poeta!

Italiano: Divina commedia

UN VIAGGIO MISTICO

L'ampia dottrina, il sogno magnifico di rifare il mondo, il vizio candido dell'utopia trovano finalmente una via espressiva, che tutto riesce a comprendere e a quadrare, nella tensione profetica della Commedia, dove Dante si figura e si riconosce predestinato da Dio a un viaggio mistico.
Dante Alighieri Enea, il "pio" eroe di Virgilio, fu chiamato a dare fondamento all'Impero romano e portare nel mondo la civiltà.
San Paolo fu eletto a diffondere nel mondo la verità cristiana.
Ulisse fu costretto ad essere sempre in movimento superando i confini di spazi proibiti, proprio come Dante: loro due sono "eroi in movimento" in spazi differenti ma con una stessa meta, è come se Dante, nel viaggio attraverso il Purgatorio e il Paradiso, abbia preso la staffetta di Ulisse dopo il naufragio.
Dante, quarto, si sente scelto per salvare il mondo dal baratro di corruzione in cui è caduto.
Davanti a lui c'è lo spettacolo turpe di tanti errori e fallimenti; c'è lo squallore di una rovina a precipizio dei valori antichi...
...l'imperatore ha dimenticato la sua funzione più importante, di garantire ai sudditi giustizia e pace...
...la Chiesa ha smarrito il senso della propria missione di carità.
La Commedia nasce, appunto, in questo clima di profezia: c'è un'analisi lucidissima, all'interno della storia, di un destino globale, universale, ma c'è anche una visione allucinata, che si pone al di là del tempo.
Il pellegrinaggio nell'oltretomba, in cui viene analizzato il male, la corruzione orrenda del mondo, il cammino per cui, attraverso l'espiazione, si giunge alla gloria del paradiso, vuole comunque essere il viaggio di una redenzione individuale e insieme di un riscatto universale: di una rigenerazione che, attraverso il destino del poeta, si trasmetta a tutta l'umanità, che in una storia d'anima coinvolga il mondo intero.
La Divina Commedia respira tutta in questa atmosfera di grandezza, di ostentazione consapevole del sublime.
Nel "poema" Dante aduna l'intero sapere di una civiltà, e insieme le aspettative e le paure di questa civiltà: nella raffigurazione di quello che è un viaggio mistico confonde scienza e fede.
Ed ecco Dante nel suo viaggio.
Si trova da principio smarrito in una "selva oscura", vede un "dilettoso" colle che splende al sole: si trova cioè in uno stato d'animo d'ignoranza ed errore e vede la possibile redenzione.
Dante e Virgilio Da sé non può darsi salute: occorre per lui un aiuto sovrannaturale. E giunge perciò Virgilio, ragione e amore. Virgilio sarà guida a Dante, nel viaggio attraverso l'inferno e il purgatorio. Poi, nel paradiso, la ragione dovrà farsi fede e l'amore grazia: allora al buon Virgilio si sostituirà Beatrice.
Dante con Virgilio entra dunque nell' inferno ; varca la fatale porta, attravesa l'antinferno, dove stanno gli ignavi.
Passa il fiume d'Acheronte e arriva al Limbo.
Il Limbo è il primo cerchio dell'inferno; nel secondo ci sono i lussuriosi. Vengono via via gli altri gironi fino al nono...
...golosi, avari, prodighi, iracondi, gli eresiarchi, i violenti, i fraudolenti, i traditori.
L'inferno è una voragine scavata sotto Gerusalemme: questa voragine si fa sempre più stretta nei suoi cerchi concentrici e ha forma dunque di un cono capovolto.
Al vertice del cono c'è una distesa plumblea di ghiaccio, dove stanno confitti i traditori e in mezzo a loro, ridotto mostro, Lucifero che tradì Dio.
Il viaggio nell'inferno termina.
Dante e Virgilio passano attraverso un cunicolo molto stretto e tornano a "riveder le stelle". Ora son agli antipodi di Gerusalemme, sulla spiaggia di un'isola perduta nell'oceano...

Dante e la luna
...silenzio...
...cala la notte...

Quando s'alza il sole, appare una montagna che sale su su verso il cielo: è il mondo del purgatorio , dopo il regno del peccato, quello del pentimento e della speranza.
Il nuovo percorso del viaggio dantesco, dopo la discesa nel regno del male, è dunque un percorso di lenta e faticosa e travagliata risalita.
Dante scalerà le nove cornici che cingono la montagna del purgatorio: dove si dispongono le anime, via via sempre più in alto, a seconda della maggiore o minore gravità del loro peccato.
In vetta al monte fa spettacolo la foresta leggiadra del paradiso terrestre.
Qui Dante incontra Beatrice, che d'ora innanzi gli sarà guida, qui si conceda quindi da Virgilio.

Dante e Beatrice Il paradiso è pura luce.

Dante gli dà figura di nove sfere concentriche, incorruttibili e cristalline, nelle quali sono incastonati, come pietre preziose i pianeti.
La luce si fa tanto più intensa, quanto più ci si avvicina a Dio.
Dante incontra anime che si dispongono in una scala gerarchica, la quale dice del loro maggiore o minore grado di perfezione nella grazia, ma non indica in nessun modo una differenza, anche minima, di felicità. Le anime dei beati infatti dimorano al di là dei nove cieli, intorno a Dio, nell'Empireo, che non fa parte dello spazio ma comprende tutti gli spazi.

Latino

CHE VIAGGIO!

Il viaggio del Satyricon è un viaggio strano: il romanzo parte che Encolpio è già in fuga, ma poi in fuga da cosa? e soprattutto in viaggio per dove?
Non si sa bene tutto questo perché non conosciamo l'opera intera ma soltanto alcune parti ed anche queste sono incomplete.
Quello del Satyricon è il più strano e particolare viaggio di cui abbia mai sentito parlare: è un viaggio erotico! ecco si potrebbe definire così.
Viaggio perché comunque questi "eroi" sono in un continuo movimento, non stanno mai fermi; Erotico perché sono costretti a subire torture a sfondo sessuale e sevizie di ogni genere per continuare ad andare avanti... (ma avanti dove?)
Gli "eroi" viaggiano attraverso luoghi tipici e fondamentali del mondo romano: la scuola di retorica, i riti mistici, la pinacoteca, il banchetto, la piazza del mercato, il postribolo, il tempio... e non potrebbe essere altrimenti, perché Petronio è intriso in questi "valori", se così si possono chiamare, la sua vita era radicata in quel mondo un pò folle e un pò profano, Petronio dedicava il giorno al sonno e la notte alle occupazioni e ai divertimenti e la godeva fino in fondo quella vita così...
...era la sua e lui era l'unico vero e libero "arbiter"!
E lo stesso libero arbitrio è presente nel Satyricon, poiché se da un lato l'opera è una parodia dell'Odissea, e quindi inevitabilmente Petronio riprende alcuni temi del poema epico, d'altra parte all'interno di questi stessi temi inserisce sempre nuove situazioni, episodi e digressioni del tutto diverse da quelle del piano ben strutturato dell'Odissea.
Particolare di affresco pompeiano
Encolpio non viaggia per tornare a casa o come Ulisse per riprendere le redini del suo regno in balia dei Proci, il suo, di Encolpio, è un viaggio senza etica, senza morale, è come se gli avvenimenti e le azioni gli cadessero addosso... inoltre non c'è una meta o meglio noi non conosciamo la meta ultima verso cui tendere e di certo qui non è presente il "ritorno" omerico tanto travagliato.
Ulisse nelle peripezie ci cresce, è come se, inconsapevolmente, innalzassero il suo animo e il suo spirito a creare un uomo, ed in fondo, un eroe vero...
Encolpio non è certo un eroe! è solo il protagonista quasi passivo in una storia non sua, cioè, in una storia che lui stesso non vuole, in una storia che si trasforma spesso in un labirinto...
Il labirinto!
I protagonisti, Encolpio e i suoi "compagni d'avventura", finiscono costantemente in qualche trappola, si trovano sempre a viaggiare in spazi labirintici nei quali si perdono non riuscendo mai a trovare l'uscita, e se, in extremis, trovano una via di fuga è solo per ricadere in qualche nuova trappola o vicolo cieco.
In questo senso nella struttura del romanzo sembra che l'andamento lineare progressivo e l'andamento prettamente circolare si uniscano e si fondino insieme.
L'aiuto, poi, per uscire da questo labirinto viene offerto da guide che non sono altro che "anti-Arianne", cioè delle inversioni che non portano mai ad una vera e propria soluzione del labirinto ma spingono i personaggi in altri guai...

... "il personaggio, come il diavolo nella scatola, vede aprirsi di continuo la trappola che lo imprigiona, quasi che una forza esterna e benigna con un leggero tocco sul coperchio lo allettasse a bene sperare e ad avere fiducia in sé e nella vita ma di continuo il coperchio si abbassa e comprime la molla, sicché lo scacco così ripetuto si fa di volta in volta più comico"...

Certo è che le innumerevoli "peripezie" affrontate da Encolpio farebbero pensare ad altri romanzi: nell'Eneide il tema del viaggio è connesso con quello del destino che tende verso un futuro trionfale, di gloria, ma troviamo anche il tema portante dell'amore, ma qui il motivo della separazione degli amanti non troverà la soluzione consueta nel romanzo, in quanto il protagonista sposerà un'altra donna.
Anche nelle Argonautiche affianco al tema del viaggio e delle faticose peripezie c'è il tema sentimentale dell'amore tormentato di due innamorati.
Nella Divina Commedia il viaggio dantesco è fondato tutto sul tema della "catabasi", ma c'è anche la storia del ricongiungimento allegorico del poeta-personaggio con l'amata, dopo la forzata separazione terrena provocata dalla morte di lei.
Ma se Petronio per certi versi, e a grandi linee, si avvicina al romanzo greco, d'altro canto propone e mette in atto una spudorata parodia di quella "letteratura", capovolgendo consapevolmente e in maniera dissacrante i valori tipici dell'amore greco, ironizzando persino sull'amore più serio.
Infatti nella tipologia del romanzo greco ci sono due innamorati che vengono separati da avvenimenti infausti, incidenti, sventure... e l'agire dei protagonisti, in qualche modo, è un agire sempre inquieto, tormentato, che non trova pace, in perenne ricerca dell'amore ed è ciò che viene fuori dall'Odissea che è in gran parte esperienza e racconto di un lungo ritorno che consente solo alla fine il ravvicinamento.
Nell'Odissea l'amore è "pudico", il tono è serio e patetico, mentre nel Satyricon oltre alla trama originale e sempre imprevedibile, Petronio mostra un amore omosessuale, spesso triangolare e lo fa con toni irriverenti, "colorati", sporchi.
Dissacra anche il tema della persecuzione divina di Ulisse, dove nell'Odissea si fa sentire nelle sventure lanciate da Poseidone, rendendo così Encolpio schiavo di un dio assai particolare: Priapo, il dio figlio di Dioniso! ed in qualche modo Petronio è come se si volesse prendere gioco della religione tradizionale e dei suoi miti più antichi: non sono più le virtuose azioni degli eroi a creare l'ira divina ma semplici e bassi fatti di uomini poveri d'animo e soprattutto anti-eroi...
Il Satyricon è una storia di movimento, l'ho già scritto, i personaggi sono tutti spinti dalla volontà o necessità di spostarsi attraverso i luoghi e comunque sono stati dotati come di una propensione quasi istintiva e irrazionale al viaggio...



Greco

IL VIAGGIO E IL VELLO D'ORO

Giasone: un uomo e il viaggio: la sola realtà!
Argonauti: navigatori in una matrice di mare e terre sconosciute.
Amante: Medea ti aspetta, il vello d'oro è tuo!

E' un'antichissima leggenda quella degli Argonauti, di Giasone e dei 53, anche quella di Argo è una leggenda: la prima nave costruita da mani umane, Argo è la compagna viva nel mare, che affonda la sua pancia in onde maestose e devastanti, e la sua poppa scapola ogni tempesta, e la sua prua lascia dietro di sé migliaia di tramonti.
Il viaggio di Giasone è un continuo districarsi tra magiche peripezie e inganni divini, il viaggio per scappare da tutto ciò che ci si lascia dietro, un viaggio verso una meta: il vello d'oro... la restituzione di un trono...

Apollonio Rodio fa viaggiare nella sua mente le parole di un mito antichissimo, basti pensare che la leggenda appartiene al più illustre patrimonio mitico della Grecia insieme all'impresa di Troia, tassello davvero importante e insostituibile nell'immenso puzzle del Ciclo Epico Greco (la storia era stata già menzionata nei precedenti corpus: quello Omerico e quello Esiodeo).
Apollonio Rodio fa viaggiare la sua mente in implicazioni geografiche, etnologiche, onomastiche, religiose e culturali di altri paesi, non si ferma alla sua realtà, non si ferma alla sua Grecia, ma va oltre, spazia tra terre lontane, spazia al di là dei suoi confini e lo fa con una storia mitica intrisa ormai nei valori e nei costume di quel periodo -i Greci ce l'avevano nel sangue quelle storie lì- e lo fa con quei 53 Argonauti.
La dimensione mitica viene ridotta all'umano, nelle Argonautiche; tanto da ricondurre l'episodio della passione di Medea entro l'attitudine quotidiana e realistica di una nuova poetica.
Così per la prima volta si ha una storia d'amore, o meglio, la storia di un amore visto sotto l'ottica di una progressione inesorabile che si matura attraverso diversi stadi umani: il primo incontro, le esitazioni e i patimenti, le ansie e i sogni rivelatori dell'anima, i sentimenti puri e le commozioni di un dioalogo amoroso... e Giasone?
Giasone di fronte a questo sembra intento solo al proprio utile; per Apollonio egli rappresenta l'antieroe, rappresenta l'uomo nuovo, smarrito nel mondo che impone all'individuo gli ardui e gravosi compiti di inventare sempre nuove mediazioni e di risolvere con le sue deboli forze il rappotro creatosi tra atteggiamento morale e necessità di sopravvivere, viaggiando e scappando in continuazione da nuovi pericoli, viaggiando , si, senza fermarsi mai...
E il tema del viaggio si fa sentire forte sin dall'inizio, si fa palpare delicatamente, si fa vedere nudo negli occhi pieni di sgomento di quegli uomini di fronte all'ignota avventura per il mare...

...L'ORIENTE E' LONTANO, IL VELLO D'ORO E' LONTANO...

Costretti a non fermarsi mai, gli Argonauti, vengono tentati, stravolti nel cuore, e mossi dalla fatica e dalle promesse, di ritornare a casa...
...si perché dopo il vello d'oro c'è il viaggio per il ritorno in patria, un viaggio di ritorno già intrapreso dall'uomo Ulisse.
Sigillo con l'immagine di una nave greca carica di soldati con scudi rotondi Il suo, di Ulisse, era però un ritorno più drammatico e struggente attraverso luoghi austeri, introvabili e non rintracciabili sulle carte geografiche; perché non si può, perché non tutti potevano percorrere quell'itinerario; a Ulisse e agli Argonauti scorrevano nelle vene quelle contrade favolose e poi è come se fossero irreali o più semplicemente il riflesso, la proiezione nell'immaginario di viaggi che avevano inoltrato naviganti del Mediterraneo, sperduti tra strani costumi e perigliose avventure.
Così, ad un certo punto dei poemi, in entrambi i viaggi c'è un parallelismo quasi magico, divino: da un lato Giasone con gli Argonauti, che dopo l'impresa per il possesso del vello, ormai sfiniti, devono tornare a casa, dall'altro Ulisse con i suoi uomini, che percorrono, con estrema fatica, le strade del ritorno sfiniti dalla guerra, ma tutti e due in questo esatto momento si ritrovano a combattere Scilla e Cariddi, si ritrovano a riposare alla corte di Alcinoo, dei Feaci...
tutti e due in questo preciso momento hanno alle spalle miglia di salsedine e sangue, di polvere e dolore...
uomini e non eroi, solo uomini col destino già segnato dietro la curva del cuore, uomini e anti-eroi che si ingegnano da umani per continuare a vivere...

Sembra quasi che Apollonio Rodio trovi le sue ragioni sia nell'esigenza storica di recuperare un'identità ellenica attraverso la tradizione, sia in un condizionamento imposto dalla "poetica" della letteratura di quel periodo: in effetti questo mito ricalca il gusto che si stava diffondendo in quell'epoca ma il poeta crea una "poetica" intrisa di propri e personali effetti e moduli narrativi.
Lo schema è di una linearità assoluta, si susseguono via via nel viaggio avventure ed avvenimenti: è molto fluida questa successione, ma dietro ciò si nasconde una sorta di "tridimensionalità", dove si incrociano il passato del tempo della vicenda, il presente da cui il poeta osserva lo svolgersi degli avvenimenti e , a differenza dell'antica epica, il poeta si concede frequenti inserzioni personali, e il futuro delle predizioni che sono un espediente tipico del poema.
Così si riesce a notare un movimento, proprio come le vicende del viaggio, un movimento intestinale che varia di continuo gli angoli di veduta, e così facendo si riesce a scoprire una nuova concezione di tempo.
Il tempo viene visto come un anello che raccorda e riunisce il periodo del mito con quello della storia, conferendo in questo modo una reltà sempre viva al mito intero.
E' come se fosse un illusione che però ha una fondata ragione poetica ma soprattutto culturale: il riaffermarsi della continuità della civiltà ellenica lungo un viaggio, un percorso che dalle origini tenta di risalire il fiume del tempo protraendosi fino a coinvolgere il problematico presente.
E allora buon viaggio poeta, buon viaggio Argonauti
Buon viaggio Argonauti del III° millennio
Voi che siete capaci di viaggiare oltre ogni città, ogni paese
Oltre questa atmosfera.
Non c'è più limite a questa sfrenata voglia di andare via...

Filosofia

UN ATTIMO TRA I SOGNI DEGLI UOMINI
UN ATTIMO SOLTANTO...

Perché anche quello di Freud è un viaggio.
Con la sua meta, i suoi bivi, le sue strade brecciate. Si tratta di andare dritto verso l'inconscio di un uomo, dritto lì, senza troppe fermate, dritto a scoprire cos'è veramente un uomo.
Es, Super-Io, Ego, 3 dimensioni ma un uomo solo, una sola mente che si divide.
La prima, il calderone di ribollenti impulsi, l'Es è l'estro, la passione, l'irrazionalità, per citare uno tra i grandi, è il mondo dionisiaco al di là del bene e del male.
La seconda è il Super-Io, la coscienza morale, tutti i limiti e le regole imposte all'uomo sin dall'infanzia, è il mondo apollineo, la razionalità, è l'ordine nella psiche.
Il terzo, l'Ego fa da tramite, da bilancia per equilibrare, per cercare di tenere a bada le 2 dimensioni precedenti, e il giusto mezzo tra caos e ordine o semplicemente è l'unione che fa tacere urli maldestri.
Perché ora il viaggio di Freud si fa più complicato, tra una dimensione e un'altra pronto ad arrivare a quel desiderio rimosso in un inconscio disordinato, risalire lo strapiombo di un iceberg la cui punta, solo questa a noi è visibile, è il conscio o forse la realtà che noi riusciamo a capire.
E allora adesso inizia il viaggio... Freud ipnotizza l'uomo, addormenta solo la sua parte conscia e da questo momento si addentra nei meandri di quel cervello, in quel mare di onde e idee, e cammina cammina supera nervi e sinapsi, e cammina cammina per arrivare dritto lì, dritto all'inconscio di quella fobia assurda, quasi impercettibile ma vitale, dritto all'inconscio di quella donna con la paura dell'acqua, dritto all inconscio... che poi Anna O. non ha più paura di quel cane.
Ma l'ipnosi è spesso troppo poco efficace e così elabora un nuovo metodo, meno forzoso e meno misterioso, se vogliamo, ma di certo è un metodo che induce ad abbandonarsi completamente...
...associazioni libere, di idee, di parole, di fotogrammi e piccole immagini che all'apparenza sembrerebbero isolate, probabilmente artificiali, ma in una realtà diversa e assurda sono come anelli e pianeti che girano attorno ad uno stesso campo gravitazionale.
Il sole in questo caso è il fotogramma rimosso, un sole oscurato ed eclissato, verso cui tendono irresistibilmente ed "inconsciamente" pensieri di quell'uomo pieno di fobie ed improbabili malattie.
In altri termini il paziente si rilassa e si abbandona a quel flusso centripeto di fotogrammi parlati, trasferendo le sue emozioni sull'analista, vedendolo come una persona capace del suo passato.

...perché Freud è quasi un dio che vige dall'alto su quell'uomo che si abbandona, si rilassa...
...le sue strane parole sono associazioni di lettere che noi al di fuori sentiremo astratte...
...si abbandona, si rilassa, si addormenta...
...i suoi occhi, piccoli punti veloci, vedono cose che noi al di fuori capiremo a tratti...
... perché dopo l'ipnosi Freud trova una strada attraverso i sogni, quei maledetti sogni che non ci danno tregua.

Ora quello che noi vediamo sono solo false immagini confuse che ci lasciano uno spiraglio nel loro contenuto più vero, quello che noi vediamo nei sogni sono come desideri che non possiamo accettare o forse non possiamo vedere perché li abbiamo rimossi...
però dietro questo si nasconde qualcosa ed è la verità di quei desideri latenti, e reali nel sogno... che paradosso! una realtà in un sogno come può vivere? e invece eccola lì che si nasconde bene, viscida e sinuosa si nasconde davvero bene.
Sogni E i sogni sono un viaggio, o meglio portano ad un viaggio in realtà sono una via, una via regia che porta alla conoscenza dell'inconscio nella vita psichica.
E Freud è il viandante che ripercorre a ritroso un processo di traslazione di una realtà nascosta in un sogno visibile al fine di arrivare ad una meta: cogliere i messaggi segreti dell'Es.
Solo adesso il viaggio di Freud ha un senso: è un viaggio fatto da seduto, senza muovere un niente, un viaggio che però ha una grande importanza, un viaggio che fa bene a qualcuno.
Solo adesso Freud capisce del viaggio e di quel mare di strade di quelle boe che segnalano un continente sommerso con le sue fosse e le cime invisibili di un iceberg come una mente e di una mente piena di tre dimensioni.
L'importanza del viaggio... e scoprire quanto poi l'uomo abbia bisogno di guardarsi dentro, di viaggiarsi, di sognare il vero nascosto dietro il falso, ma soprattutto di conoscersi e rivelarsi la propria dimensione, riflesso costante e biunivoco della vita.

Perché anche quello di Freud è un viaggio, certo è da seduto ma pur sempre un viaggio con una meta: trovare quel desiderio rimosso nell' inconscio e scaraventarlo su quella parete visibile di iceberg... senza che nessuno si accorga di niente...
..senza che nessuno si accorga di niente!

Storia

50 ANNI DI PROGRESSI, LE BASI PER UN NUOVO UOMO

Ci troviamo agli inizi del 1800, con la rivoluzione industriale si stanno facendo passi da gigante, l'industrializzazione arriva molto in alto; è un'evoluzione spettacolare quella che si è vissuta in questo periodo!

Immaginate...
...immaginate i progressi, tutti i progressi fatti, e la gente, la gente normale come poteva essere spaventata da quelle nuove "energie", da quelle nuove trappole meccaniche e metalliche.
E' sicuramente ai progressi della tecnologia che si deve l'evoluzione storica dal 1800 in poi, oramai l'uomo non ne poteva fare a meno delle tecnologie, non poteva vivere senza...ed è sicuramente la comunicazione uno dei progressi più stupefacenti.
Certo il miglioramento della rete stradale, realizzato da Napoleone, aveva già permesso un'organizzazione di trasposti a cavalli, ma tutto questo quasi sminuisce davanti l'invenzione della locomotiva, piano la ferrovia si affermava prima in Inghilterra poi sul resto del vecchio continente europeo e sul nuovo continente americano. Contemporaneamente le navi a vela furono messe da parte per passare alla navigazione a vapore.

Ed era inevitabile che tutto questo si ripercuotesse sulla vita e l'economia dei popoli Europei e Americani: il veloce scambio di merci, la paradossale vicinanza che si andava creando tra due città lontane, ed il concetto di "lontano" che si ridimensionava lentamente.
Per la produzione delle verghe per i binari ferroviari, delle locomotive, dei vagoni, delle nuove navi, delle macchine per l'industria tessile e l'agricoltura si viene a creare un poderoso e massiccio sostrato costituito dall'industria pesante, siderurgica e meccanica
...paesi prima separati da giornate di viaggio a cavallo si avvicinano...
Anche l'agricoltura subisce questo progresso: l'introduzione di nuove colture, macchine per mietere e trebbiare, la chimica che consente di moltiplicare l'impiego del suolo.
Ma l'industria, di certo, è il campo che risente maggiormente le influenze dell'introduzione delle macchine e del progresso della tecnica, questo grazie anche agli investimenti per la creazione di nuove aziende con il relativo impiego di migliaia di operai; allo stesso tempo cresce lo sviluppo delle grandi banche di credito che iniziano ad assumere grande peso anche sul campo politico.
Crescono nuove classi sociali, non nascono ma crescono: la borghesia capitalistica guadagna, in buona parte dell'Europa, il sopravvento, quella stessa borghesia capace di costruirsi da sola da umili origini arrivando al colmo della ricchezza con lavoro ed intraprendenza, quella stessa borghesia che si affianca alla presente aristocrazia conquistando piano la libertà dei traffici e degli scambi e affondando il protezionismo doganale.
Però la sviluppo industriale crea soprattutto le grandi masse di operai: l'unico punto di contatto con le macchine, gli operai vivono in condizioni spaventose per i salari troppo bassi, per le ore lavorative estenuanti, per le condizioni igieniche proibitive, perché anche le donne e i bambini lavoravano a pieno ritmo ('ché loro c'avevano le mani più agili).

Lo sviluppo industriale riunisce masse di migliaia e migliaia di salariati ed è quindi naturale lo stringersi insieme, il riunirsi per conquistare, forse, un migliore tenore di vita, e così nascono le prime associazioni di lavoratori, i primi sindacati.
Ci troviamo nel 1840, e questo è stato uno spaccato, forse un poco stretto, di "quella" società, ma pur sempre reale, pur...sempre...reale...
...è qui che avviene la svolta umana, la consapevolezza che l'uomo non è poi così piccolo, da qui in poi si susseguono fatti nuovi, negativi e positivi, da qui in poi le guerre ... le grandi invenzioni ... i nuovi sentimenti dell'uomo moderno che entra negl'ingranaggi del meccanismo mondiale e non ne esce certo incolume!

Fisica

IL VIAGGIO TRA BINARI E VAPORE

Più o meno 1804, praticamente in mezzo alla rivoluzione industriale -in piena rivoluzione industriale- un certo ingegnere inglese di nome Richard e di cognome Trevithick costruì la prima locomotiva della storia.
E' da qui, è da questo momento che parte la "svolta umana", l'inizio di un lungo periodo di viaggi sempre più moderni, sempre più lontani, sempre più veloci.
Trevithick costruì la prima locomotiva ma Stephenson Giorgio Stephenson andò oltre, l'adattò al mondo, la inserì in un paesaggio di passeggeri, vagoni e treni merci, non più a fianco dei minatori, ma sotto i piedi di persone con gli sguardi dietro quel finestrino sporco di moscerini, e la chiamò "Rocket".
La grande invenzione della locomotiva, e non c'è dubbio, era la consapevolezza dell'uomo di poter andare dappertutto, partendo da quei due binari per arrivare, poi, su quel satellite che sembrava fatto di formaggio, era forse la consapevolezza di poter andare più veloce, sempre più veloce...
Stop.

La prima locomotiva andava via grazie al vapore... si, si proprio il vapore; quello che ti viene in faccia quando alzi il coperchio della pentola sul fuoco... così prima della locomotiva, di Stephenson e di Trevithick, ci sono altre persone, altre scoperte tutte fondamentali a far partire e a far viaggiare un ammasso di ferraglie come poteva essere la "Rocket", e così ripercorrendo a ritroso questa storia troviamo le invenzioni e i miglioramenti delle macchine a vapore.
Le prime macchine a vapore furono usate da sempre persino da Erone d'Alessandria intorno al 100 a.C. per sbalordire le persone aprendo una porta come fosse un dio... e poi si susseguirono Papin nel 1690, Savery
La macchina di Savery
che con la sua macchina doveva buttar via l'acqua da una miniera, e poi Newcomen.
La macchina di Newcomen
Newcomen migliorò la macchina di Savery che comportava un inconveniente: l'uso del vapore ad alta pressione portava notevoli rischi di esplosioni; Newcomen ne costruì una, di macchina a vapore, a bassa pressione, con uno stantuffo dotato di contrappeso che alleggeriva così la spinta verso l'alto causata dal vapore. Una volta raggiunta la sommità del cilindro si apriva una valvola e veniva spruzzato un getto d'acqua fredda in modo da abbassare la temperatura, far condensare il vapore e far scendere lo stantuffo. Questa macchina, o meglio, questo motore fu molto usato in Inghilterra, ma non era un buon motore perché bruciava molto carbone per compiere poco lavoro, ma la richiesta di macchine per estrarre acqua nelle miniere era molto alta.
Nel 1765 James Watt La macchina di Watt capì che nella macchina di Newcomen c'era in problema: l'elevata temperatura delle pareti del cilindro, ciò era dovuto al fatto che la maggior parte del calore si sprecava proprio nel riscaldamento delle pareti che poi dovevano essere di nuovo raffreddate quando si iniettava acqua fredda per condensare il vapore.
Watt ne costruì un'altra in cui il vapore del cilindro, dopo aver spinto in su il pistone, veniva convogliato in un contenitore separato per essere condensato. Sembrerebbe quasi una sciocchezza questo accorgimento, ma fatto sta che fu un piccolo e decisivo passo per lo sviluppo delle macchine termiche ed inoltre si riusciva a compiere il doppio del lavoro della macchina di Newcomen con lo stesso combustibile; tutto questo permise a Watt di arricchirsi vendendo le sue macchine ai proprietari delle miniere.
E' certo che la scoperta di Watt non si esaurì così facilmente infatti più tardi, nel 1781, brevettò i primi modelli per trasformare il moto alternativo dello stantuffo nel moto rotatorio di un albero.
Da questo punto la strada si divise per dar luogo da un lato all'invenzione di Trevithick Un antico treno e dall'altro, con Parson, si riuscì a costruire la prima turbina a vapore che utilizzava, appunto, il vapore per produrre direttamente un moto rotatorio.

"Le macchine termiche, quindi non fanno altro che trasformare energia da una forma ad un'altra e questo trasferimento è detto lavoro... il vapore si espande e compie lavoro sul pistone poiché assorbe il calore ceduto dal combustibile che brucia... e si arrivò così a definire il rapporto tra il lavoro compiuto e l'energia assorbita, in altri termini si definì il rendimento di una macchina termica".

Fino al 1940 le macchine a vapore fornivano la forza motrice alla maggior parte delle locomotive utilizzate sulle linee ferroviarie, da allora, però, la costruzione di locomotive a vapore fu sospesa e i veicoli esistenti ritirati per cedere i binari a locomotive diesel che avevano un rendimento maggiore, una produttività più elevata dato che non richiedeva le fermate per il rifornimento d'acqua e di carbone.
La necessità del commercio, del trasporto indusse a creare locomotive sempre migliori a compiere più lavoro, a compiere più chilometri, ed è dalla necessità del commercio, dello scambio che nasce il viaggio, la ricerca di ciò che non si possiede, la ricerca di nuovi orizzonti e nuove terre, la ricerca di altri limiti...

Geografia

IL GIORNO CHE NEIL SBARCO' SULLA LUNA...

Da sempre l'uomo guarda il cielo...
forse per la sua grandiosità, forse per perdersi un pò in quel mare di pennellate blu e bianche, forse per vedere fino a dove si può arrivare con lo sguardo guardando attentamente quei flussi volteggianti di uccelli...
Da sempre l'uomo guarda il cielo di notte...
forse perché quelle piccole luci nascondono tante piccole realtà, forse perché il cielo di notte è troppo strano per non essere guardato, forse perché su quello spicchio luminoso c'è davvero il senno perduto degli uomini...
Poi l'uomo è cresciuto e così la volontà di superare quell'atmosfera
Il ritorno dal viaggio
si è fatta sempre più forte... c'è stato un susseguirsi di voli a qualche chilometro di distanza dalla terra, sonde mandate oltre l'esosfera fino a giungere lì su un'altra terra, c'è stata la prova delle macchine prima che l'uomo potesse spiccare il balzo verso quello spazio indefinito.
Ma poi...

"Il giorno che Neil sbarcò sulla Luna tutti dissero che era un giorno speciale
dallo spazio in diretta le immagini ed il mondo si fermò a guardare
quelle orme impresse nell'argento quella bandiera così innaturale
così immobile nell'aria senza vento ed il mondo smise di sognare...
e la luna da tanto tempo così lontana
per un attimo così vicina la Luna appena sfiorata
obbiettivo di sempre e traguardo finale
di favolosi anni sessanta che stavano per tramontare."

Il primo uomo sulla Luna
Ma poi nel Luglio del'69 Armstrong, Aldrin e Collins misero fine a tutti quei sogni che la gente non smetteva di fare, perché fino a quel momento la Luna era rimasta sempre lì inviolata, in silenzio, senza mai cambiare faccia.
E' stato un viaggio partorito da anni e anni di paziente lavoro e sonde mandate lì per sapere bene di cosa si trattava, anni e anni di sogni e speranze per vedere se quella potesse essere una realtà migliore.
E' stato un viaggio, il più lungo che si possa pensare, forse per l'attesa così straziante a tutti con il naso all'insù per vedere la Terra da un altro piccolo mondo, e guardare la Terra sempre così confusa da cicloni e anticicloni.
La Luna è l'unico satellite naturale della Terra, essendo l'oggetto più vicino alla Terra, la Luna ha su questa un notevole influsso provocando le maree e le eclissi... gli astronauti di ben sei missioni, dall'Apollo 11 all'Apollo 17, che hanno camminato sul suolo lunare hanno potuto verificare di persona due fatti notevoli: la mancanza di atmosfera e la ridotta accelerazione di gravità.
La caratteristica più spettacolare del suolo del nostro satellite sono i crateri, formatisi in seguito all'impatto di grossi meteoriti, e i mari, chiamati così non perché contengano acqua, ma perché sono vaste aree pianeggianti di colore più scuro dal resto della superficie,... la crosta lunare non è mai stata esposta all'influenza dell'acqua nemmeno nelle sue prime fasi.
Nelle prime missioni Apollo gli astronauti sono potuti solo scendere su un punto del satellite ed esplorare i dintorni, entro un raggio di poche centinaia di metri.
Nelle missioni successive, invece, avendo a disposizione un'automobile -il Lunar Rover, L'uomo sulla Luna
sostanzialmente un veicolo del tipo "fuori-strada" a trazione elettrica, modificato per adattarlo alle caratteristiche del suolo lunare- con cui muoversi sull'accidentato terreno lunare, si sono spinti fino ad alcune decine di chilometri di distanza: ancora troppo poco, forse, per pronunciarsi con sicurezza sul problema della vita, ma abbastanza per raggiungere, per esempio, delle fratture del suolo lunare che mettevano in evidenza rocce presumibilmente molto più antiche di quelle superficiali, continuamente soggette all'unico tipo di degradazione esistente sulla Luna: quella dovuta all'alternarsi del caldo e del freddo nel passaggio dal giorno alla notte e al bombardamento meteoritico.
Ma la parte scura della Luna, la parte che sta dietro quella faccia ben nota, noi non l'abbiamo mai vista, e così questo satellite è stato sempre avvolto da un alone di mistero.
La Luna ci rivolge sempre la stessa faccia, appunto, perché la sua rotazione ha lo stesso periodo e lo stesso senso (diretto) della rivoluzione attorno alla terra; in realtà l'orbita della Luna è un ellisse e la velocità angolare di rivoluzione non è uniforme, come invece è quella di rotazione, così si vengono a creare leggere oscillazioni della Luna attorno al suo asse di rotazione e in tale maniera la percentuale di superficie lunare a noi visibili è del 59%, ed è come se la Luna dicesse "no".
Il disco rosso: Marte
Forse perché non c'è bastata la Luna allora l'uomo non ha saputo resistere al viaggiare oltre il nostro satellite, al viaggiare per trovare riparo su altri pianeti... altri pianeti.
Il disco rosso che intravediamo dal telescopio è l'ultimo porto del Viking 1 e 2, l'ultimo porto di Mars Global Surveyor, il disco rosso quasi infernale...: Marte!
Si è creduto che da lì venissero fonti di vita più intelligenti, ma quando nell'estate del'76 cominciarono a pervenire sulla Terra le prime, nitidissime immagini del suolo marziano, vennero le prime delusioni: molti speravano che su Marte ci fosse almeno qualche forma di vita inferiore e invece niente! Attraverso uno spazio percorso di cento milioni di chilometri, niente! Solo una landa desolata, un deserto rosso di pietre e sabbia, uguale fino ai limiti dell'orizzonte...Il deserto rosso

Ma se per certi versi Marte è simile alla Terra, per altri vivere lì su risulta proibitivo: temperature comprese tra -80 e +25 °C, atmosfera 100 volte più rarefatta di quella terrestre (composta in prevalenza da anidride carbonica, tracce di azoto, argo, ossigeno e vapore acqueo), venti spesso superiori a 150 Km/h che alzano tempeste di polvere così ampie che interessano l'intero pianeta rendendo invisibili i dettagli sulla superficie per diversi mesi.
L'uomo ci crede ancora nel progetto Marte, continua a mandare sonde su quel "diabolico" disco rosso, l'uomo crede ancora nella vita oltre la Terra, magari su stazioni orbitanti oppure in "porti" scavati ai piedi del vulcano Olimpo su Marte, ma non smetterà mai di sognare l'uomo, e sognando non smetterà di viaggiare perché ora è capace di abbattere quella forza di gravità che lo tiene legato qui, per liberarsi in uno spazio dove non si conoscono limiti e confini, dove si può essere un pò più vicini a Dio...

Storia dell'Arte

STATI D'ANIMO

"Il gesto, per noi, non sarà più un momento fermato del dinamismo universale: sarà decisamente la sensazione dinamica eterna come tale".

Questo è ciò che fa Boccioni nelle sue opere, nei suoi quadri, con i suoi colori.
Guardare questi quadri... e soffermarsi a pensare quegli oggetti, quelle persone... è una stazione, si si, è proprio una stazione con tanto di treno, passeggeri, lacrime e saluti, e sono tre momenti ben distinti: gli addii, la partenza delle persone andate, e la partenza delle persone rimaste.
E si scorge quasi vivo il dramma, la nostalgia, già, della lontananza... i rumori si fanno sentire fuori da quei colori: il vento che porta lontano il vapore, un rombo vecchio e lento del treno, le parole, le ultime parole della gente -ADDIO-, i passi sul pavimento, la voce dall'altoparlante che incita a salire i passeggeri -IN CARROZZA-, le valige sopra e sotto i sedili, il fischio del ferroviere, le ultime porte del treno che si chiudono -SLAM-, le ruote cigolano, il treno si muove, va, i finestrini aperti, le mani fuori che salutano -ADDIO!.
Si fanno annusare gli odori, è come se te li sentissi sotto le narici e poi ti scendano giù in gola: l'odore della ferrovia è inconfondibile misto a mozziconi di sigaretta non spenti e vapore e profumo di donne e dopo-barba di uomini e di sudore di macchinisti e di lavoro... e poi più tardi senti l'odore di lacrime, quello è l'odore di un ultimo saluto, misto al muco di un bambino che piange, piange e ha le guance rosse e non smette di piangere, gli occhi lucidi e la purezza di quelle lacrime... l'odore della scia di fumo-nero di carbone e l'odore della pelle di quella signora lì a cui si è appena sollevata la gonna per la scia di quel treno che arriva...

Le sensazioni in questi quadri sono tantissime ma più che sensazioni sono piccoli drammi universali che si consumano in ogni istante, ed è tutto quello che ci vuole provocare Umbreto Boccioni: movimento.
Movimento inteso non come preoccupazione cinematografica o sciocca gara con l'istantanea o puerile osservazione della traiettoria di un oggetto, la rappresentazione del movimento, in quei quadri, è l'avvicinamento alla sensazione pura, cioè la durata dell'apparizione, il vivere l'oggetto nel suo manifestarsi.
Non si può parlare di piccoli accidenti frammentari che bisogna a tutti i costi fissare...

"...l'oggetto è il nucleo dal quale partono le forze che lo definiscono nell'ambiente e ne determinano il suo carattere essenziale; si viene a creare con ciò una nuova concezione dell'oggetto: l'oggetto-ambiente concepito come un'unità indivisibile..."

...ma si deve parlare così di sensazioni che vengono dipinte e impresse nel nostro stato d'animo.
Quel treno che parte, la gente che resta e quella che va, vengono tutti rappresentati non in quel momento, in quel fotogramma istantaneo, ma in un movimento continuo di umori e di cose...

Stati d'animo: Gli addii

il treno sta per partire, parte, è già lontano e tutto questo in tre strani quadri...

Stati d'animo: Quelli che vanno

la gente parla, sale sul treno, è già lontana e tutto questo in soli tre strani quadri...

Stati d'animo: Quelli che restano

la persone parlano, salutano fermi e tristi ma il treno è già lontano e tutto questo in sole tre immagini...
in tre sole maledette immagini!
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