Concetti Chiave
- La pesca eccessiva è particolarmente grave nei bassi fondali dell'Adriatico, con l'uso distruttivo di reti da traino che danneggiano l'ecosistema marino.
- Nonostante l'aumento del tonnellaggio e del raggio d'azione dei pescherecci, la resa ittica per unità continua a diminuire drammaticamente.
- I sistemi di pesca industriale, legali o meno, sono tra i principali responsabili del degrado del patrimonio ittico italiano.
- Metodi di pesca dannosi come l'uso di veleni, esplosivi e corrente elettrica persistono a causa della scarsa sorveglianza.
- Nonostante gli appelli per una regolamentazione più rigida, la situazione peggiora, minacciando la morte biologica dell'Adriatico entro pochi decenni.
La pesca eccessiva
Un aspetto molto grave delle manomissioni umane nell’ambiente marino è la pesca eccessiva o, con un termine anglosassone, Voverfishing. È special- mente nei bassi fondali sabbiosi e limosi dell’Adriatico, che è esercitata la pesca marittima: ad Ancona sono armati numerosissimi pescherecci con di¬verse migliaia di uomini imbarcati. E la natura dei fondali consente l’uso e l’abuso dei più distruttivi mezzi di pesca, comprese le reti da traino come il « carpasfoglie », il « Larsen », il « rapido » e altre che, arando il fondo stesso fino a una certa profondità, oltre a setacciare ogni possibile organismo animale, strappano dal substrato alghe ed esseri minori, sconvolgendo completa* mente l’aspetto biologico ed ecologico del fondo. Il problema, grave in tutto il Mediterraneo, è particolarmente drammatico nell’Adriatico.Un recente studio sui mari da poco sottoposti ai moderni sistemi di pesca industriale, fornisce dei dati preoccupanti: pur aumentando, anno per anno, il tonnellaggio dei battelli da pesca e il raggio di azione degli stessi che ormai dragano i fondali dell’intero zoccolo continentale, le rese ittiche per unità di stazza sono ogni anno decrescenti con paurose curve di calo. Varie le ragioni di questi tracolli, non ultimi agli inquinamenti marini che alterano profondamente ampi areali sommersi.
Ma non c’è dubbio che siano i sistemi di pesca, legali o meno, adottati in Italia ad apportare i maggiori danni al nostro patrimonio ittico: i metodi di pesca industriale, dei quali abbiamo citato i più nocivi, sono, nella attuale e recente normativa sulla pesca marittima, ammessi con l’unica limitazione della misura delle maglie a 2 cm di lato che, in presenza di alghe ed altri detriti, cala a zero, trascinando sul ponte dei pescherecci anche larve, uova ed avan¬notti del tutto inutilizzabili. In più vi sono la pesca subacquea con uso di respiratori che consente la distruzione dei grandi pesci riproduttori e la pesca con veleni, esplosivi e corrente elettrica che la scarsissima sorveglianza non riesce a impedire.
Malgrado tutti gli appelli sulla assoluta necessità di una nuova e più rigida regolamentazione che imponga periodi di chiusura della pesca e zone di ripopolamento, la situazione non accenna a migliorare. Si continua incoscien¬temente così, uccidendo aragoste di 10 cm, cernie di pochi etti, pesci spada e tonni addirittura neonati. E la curva discendente del pescato per tonnellata di imbarcazione continua a scendere fino alla morte biologica dell’Adriatico, prevedibile tra pochi decenni.
Domande da interrogazione
- Qual è il problema principale causato dalla pesca eccessiva nell'Adriatico?
- Quali sono le conseguenze dell'uso di metodi di pesca industriale in Italia?
- Quali misure sono suggerite per affrontare la pesca eccessiva?
Il problema principale è la distruzione dell'ecosistema marino a causa dell'uso di metodi di pesca distruttivi, come le reti da traino, che danneggiano i fondali e riducono drasticamente le risorse ittiche.
Le conseguenze includono la diminuzione delle rese ittiche per unità di stazza, la cattura di larve e uova inutilizzabili, e la distruzione di grandi pesci riproduttori, aggravando il declino delle risorse marine.
Si suggerisce una nuova regolamentazione più rigida che includa periodi di chiusura della pesca e la creazione di zone di ripopolamento per migliorare la situazione e prevenire la morte biologica dell'Adriatico.