Concetti Chiave
- Il processo romano-canonico integrava il diritto comune con fonti normative e consuetudinarie esistenti, regolato da istituti derivanti da testi giustinianei, canoni, e dottrine universitarie.
- Il procedimento iniziava con un libello, un breve scritto in cui l'attore identificava la controparte e l'oggetto della lite, specificando la pretesa e l'azione giuridica.
- Le parti comparivano davanti al giudice in una data fissata per la contestazione della lite, prestando giuramento di calunnia e confermando la loro buona fede.
- Le domande delle parti venivano presentate per iscritto attraverso procuratori, dopo di che il tribunale ascoltava difensori ed eventuali esperti prima di pronunciare la sentenza.
- La sentenza, una volta definitiva, richiedeva esecuzione, e in caso di inottemperanza, poteva essere imposta con la vendita forzata dei beni del soccombente.
Indice
Evoluzione del diritto comune
Nelle regioni in cui il diritto comune intervenne ad integrare le fonti normative e consuetudinarie preesistenti, si affermò una forma di procedura giudiziaria particolare, componente fondamentale dell’ordine giuridico: il processo fu regolato da una serie di istituti e di regole derivanti dal diritto dei testi giustinianei, dal diritto dei canoni e delle decretali, dalla fiorente dottrina civilistica e canonistica di origine universitaria, dalle fonti normative locali, statutarie o regie a seconda dei territori. Da qui la formula di processo romano-canonico. Le cause iniziavano con la proposta di un breve scritto (libello) nel quale l’attore indicava la controparte, l’oggetto della lite e la ragione della sua pretesa, con l’indicazione o meno della specifica azione posta a fondamento della citazione.
Procedura del processo romano-canonico
Il giudice fissava il termine della comparizione di entrambe le parti e nel giorno convenuto avveniva la contestazione della lite, nella quale entrambe le parti sostenevano le proprie ragioni. Essi quindi prestavano il giuramento di calunnia e solenne conferma della loro buona fede nell’affrontare la causa; in molti casi davano idonea cauzione per ottemperare alle prescrizioni del tribunale. Seguiva l’enunciazione scritta delle domande di ciascuna parte rivolgeva all’avversario – attraverso un procuratore che molto spesso era fisicamente distinto dal difensore. Udite le allegazioni dei difensori e gli eventuali pareri di esperti portati in giudizio dalle parti, il tribunale pronunciava la sentenza.
Sentenza e esecuzione del giudicato
Divenuta definitiva, la sentenza in primo grado o in appello, il soccombente era tenuto all’esecuzione del giudicato, che veniva imposto coattivamente in caso di inottemperanza, mediate la vendita forzata dei beni.