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Concetti Chiave

  • L'impero carolingio era suddiviso in circoscrizioni chiamate "comitati", "marche" e "ducati", ciascuna con una specifica funzione amministrativa e militare.
  • I conti e i marchesi, responsabili di queste circoscrizioni, venivano scelti in base alla loro rilevanza sociale locale, ma erano spesso meno fedeli al sovrano quanto più erano prestigiosi.
  • Per mantenere il controllo, fu istituita una rete di monitoraggio attraverso i missi dominici, alti aristocratici selezionati direttamente dal sovrano.
  • I missi dominici, incaricati di diffondere i capitolari, le leggi del sovrano, agivano come portavoce ufficiali e potevano essere laici o ecclesiastici.
  • I vescovi, che divennero missi nella propria diocesi, furono sottoposti a un'influenza regia significativa nella loro nomina, per garantirne la fedeltà.

Indice

  1. Organizzazione territoriale dei Franchi
  2. Ruolo dei missi dominici

Organizzazione territoriale dei Franchi

Sebbene alcuni territori conservavano un carattere autonomo nella soggezione all’impero, i Franchi spinsero all’uniformazione politica e divisero i territori in circoscrizioni dette «comitati», guidati da un conte a cui erano delegati poteri giuridici, militari ed economici, sul modello delle provinciae romane, in zone di confine dette «marche», guidate dal marchese, in cui era particolarmente importante l’organizzazione militare e in territori, caratterizzati da una forte identità nazionale e spesso assoggettati da poco, detti ducati.

Ma i personaggi scelti per guidare queste porzioni territoriali, i conti e i marchesi, che godevano di rapporti vassallatico-beneficiari con il sovrano, non erano scelti arbitrariamente ma in base alla loro rilevanza sociale nel rispettivo territorio: perciò, dal momento che tanto maggiore era il loro prestigio tanto minore era la fedeltà che il sovrano poteva pretendere nei loro confronti, a questa organizzazione amministrativa venne affiancata una complessa rete di controllo.

Ruolo dei missi dominici

I missi dominici, presenti anche in età merovingia e il cui ruolo fu riformato da Carlo Magno nell’802, che appartenevano alla più alta aristocrazia del regno e potevano essere sia laici che ecclesiastici, erano scelti arbitrariamente dal sovrano e dovevano essere i diretti portavoce dei capitolari, le leggi emanate dal sovrano (composte di molti articoli→capitula) che si facevano leggere nei luoghi pubblici (spesso nelle piazze) perché erano la «voce del sovrano» che si propagava nei vari territori. Ogni vescovo divenne missus nella propria diocesi; perciò il sovrano aveva la necessità di garantirsi vescovi fedeli e questo determinò una forte influenza regia nella loro nomina.

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