Concetti Chiave
- Gli studi degli anni '80 e '90 utilizzano paradigmi datati per spiegare l'affermazione del regime signorile, spesso considerato un esito inevitabile della lotta tra fazioni o del declino comunale.
- Enrico Artifoni evidenzia che i regimi di Popolo faticano a coniugare disciplinamento sociale e apertura politica, con leggi antimagnatizie che restringono gli spazi politici.
- Giorgio Chittolini sottolinea l'importanza della "lunga durata" delle istituzioni comunali, contestando l'idea che siano state svuotate di potere con l'emergere delle signorie.
- Gian Maria Varanini osserva che, nonostante l'ampia partecipazione politica nei regimi popolari, solo pochi detengono il potere decisionale; i governi signorili spesso godono di consenso politico tramite mecenatismo e attività culturali.
- Le città sotto dominazioni personali tendono a mantenere una forte identità civica, un elemento che Varanini ritiene significativo per comprendere la continuità storica.
Indice
Critica ai paradigmi datati
Tra gli anni ’80 e ’90 ci sono diversi studi su singole realtà signorili, ma secondo Zorzi questi continuano ad usare paradigmi datati per spiegare l’affermazione del regime signorile, considerato come esito inevitabile della lotta tra fazioni o del mondo comunale al tramonto.
Perciò, lo studioso non si sofferma a nominare questi studi; dà invece peso alle considerazioni di:1.
Artifoni e l'ideologia popolare
Enrico Artifoni, che nel suo manuale di Storia medievale considera i regimi di Popolo come incapaci di coniugare il disciplinamento della società e l’apertura sul piano politico. Maire Vigueur legava il disciplinamento della società all’emergere dell’ideologia popolare, all’emanazione delle leggi suntuarie e alle leggi antimagnatizie. Secondo Artifoni i regimi popolari, nel momento in cui sono impegnati nel creare una propria immagine (ideologia) disciplinando la società secondo determinati modelli, restringono gli spazi politici: le leggi antimagnatizie sono un chiaro esempio di questo. Perciò si ritorna a quell’irrigidimento delle strutture politiche di cui parlavano Tabacco e Chittolini.
2.
Milani, Menant e la lotta tra fazioni
Giuliano Milani e François Menant ritornano a spiegare il fenomeno a partire dalla lotta tra fazioni, secondo una visione più tradizionale, meno articolata e profonda.
3.
Chittolini e la lunga durata
Giorgio Chittolini torna sulla questione, con l’intervento “Crisi” e “lunga durata” delle istituzioni comunali in alcuni dibattiti recenti, ragionando su un tema apparentemente diverso, che è quello della “lunga durata” delle istituzioni comunali, all’interno del contesto di una giornata di studi in commemorazione di Mario Sbriccoli, un collega scomparso. Chittolini sostiene che non va sottovalutata la durata delle istituzioni comunali, in quanto gli storici tendenzialmente non ricordano che si tratta di una “lunga durata”. Si dice spesso che, quando emergono le signorie, anche qualora permangano le istituzioni comunali (dopo i governi comunali veri e propri), queste vengano svuotate (gli vengono tolti i poteri, rimangono come “simulacri di qualcosa che fu”). Invece, Chittolini induce a fare attenzione in questa interpretazione, ponendo l’accento sul fatto che, se alcune magistrature, cariche, consigli rimangono per un lunghissimo periodo, probabilmente non sono poi così vuote, vane, inutili (solo di facciata).
4.
Varanini e la partecipazione politica
Gian Maria Varanini riflette sullo stesso tema facendo un’importante considerazione, legata ai regimi popolari: essi certamente allargano la partecipazione politica (c’è una percentuale di popolazione molto ampia che partecipa ai consigli ed assume magistrature), ma in realtà rimangono pochi coloro che possono prendere decisioni. Sebbene l’amplia partecipazione, un numero molto ristretto di persone ha capacità decisionale. Un altro aspetto su cui pone l’attenzione, che riguarda invece i governi signorili, è il consenso di questi governi: non è vero che i governi signorili fossero privi di un consenso politico, in quanto molti di essi avevano un consenso, che poteva essere stato ottenuto attraverso il mecenatismo, con operazioni di tipo culturale, con l’uso di linguaggi tra loro diversi. Infine, egli riflette sulla permanenza, sempre sul “lungo periodo”, dell’identità civica: le città che, a un certo punto, da comuni passano a dominazioni personali, spesso mantengono molto forte la propria identità civica, un aspetto da non sottovalutare.
Le signorie cittadine in Italia, Zorzi
Domande da interrogazione
- Qual è la critica principale di Zorzi agli studi degli anni '80 e '90 sui regimi signorili?
- Come Enrico Artifoni interpreta i regimi di Popolo nel contesto medievale?
- Qual è la posizione di Giorgio Chittolini sulla durata delle istituzioni comunali?
- Cosa osserva Gian Maria Varanini riguardo alla partecipazione politica nei regimi popolari e al consenso nei governi signorili?
Zorzi critica l'uso di paradigmi datati per spiegare l'affermazione del regime signorile, considerato come esito inevitabile della lotta tra fazioni o del declino del mondo comunale.
Artifoni vede i regimi di Popolo come incapaci di coniugare il disciplinamento della società con l'apertura politica, restringendo gli spazi politici attraverso leggi antimagnatizie.
Chittolini sostiene che la "lunga durata" delle istituzioni comunali non deve essere sottovalutata, poiché la loro persistenza indica che non sono semplicemente vuote o inutili.
Varanini osserva che, nonostante l'ampia partecipazione politica nei regimi popolari, solo pochi individui hanno capacità decisionale. Inoltre, i governi signorili spesso godevano di consenso politico, ottenuto attraverso mecenatismo e operazioni culturali.