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Concetti Chiave

  • I cavalieri emersero nel IX secolo come risposta alle incursioni esterne e alle lotte interne, evolvendosi da guerrieri a cavallo a nobili con un codice di comportamento prestabilito.
  • La fedeltà al signore era fondamentale, con i cavalieri che giuravano lealtà e supporto in cambio di protezione e guida, creando vincoli stretti con il signore e tra di loro.
  • L'educazione dei cavalieri comprendeva l'addestramento fisico e spirituale, enfatizzando valori come lealtà, coraggio e saggezza, con un forte orientamento verso la protezione dei deboli e delle dame.
  • Le armi e l'equipaggiamento includevano destrieri, spade simboliche, lance e armature, con i tornei che offrivano un ambiente controllato per dimostrare abilità e sfogare la violenza.
  • Le Crociate rappresentavano l'apice degli ideali cavallereschi, combinando l'avventura con la devozione religiosa, spesso sotto l'influenza di ordini come i Templari e gli Ospedalieri.

Indice

  1. L'origine del feudalesimo
  2. La nascita della cavalleria
  3. Il ruolo del cavaliere
  4. Educazione e virtù cavalleresche
  5. L'investitura e l'equipaggiamento
  6. I tornei e le crociate

L'origine del feudalesimo

A partire dal IX secolo l’Occidente visse secoli duri a causa delle incursioni di popolazioni esterne e delle lotte interne tra i nobili. Con la crisi del sistema socio-economico imperiale, basato sui liberi coltivatori romani, si sviluppò il cosiddetto feudalesimo, caratterizzato da una forte gerarchia.

Divenne importante la distinzione tra chi doveva produrre e chi aveva il privilegio di portare le armi a servizio del “signore”, responsabile della pace, della sicurezza pubblica e dell’amministrazione della giustizia.

La nascita della cavalleria

In questo contesto, nacque la figura del cavaliere. I contatti con le popolazioni provenienti da Oriente avevano dimostrato che i metodi della fanteria delle legioni romane erano ormai antiquati. Si capì così che era necessario contare su guerrieri capaci di combattere a cavallo. Questa tecnica era così difficile che solo poche persone bene addestrate potevano praticarla.

Secondo alcuni la cavalleria nacque come una forma di nobiltà, all’inizio di fatto e in seguito trasmessa di padre in figlio.

Secondo altri, invece, essa nacque come vero e proprio mestiere. Infatti, i primi cavalieri erano spesso di origine umile e solo dal XIII secolo, con il codice di comportamento del cavaliere, l’ordine cavalleresco divenne chiuso, nobiliare.

In ogni caso, fin dalle origini, il cavaliere fu associato ad un’idea di prestigio per il senso di sacralità che accompagnava il suo legame con il signore e la sua investitura.

Il ruolo del cavaliere

Spesso i cavalieri vivevano al castello. Affiancavano il signore nelle sue attività pubbliche, in battaglia e nella vita quotidiana. Questo forte legame era cementato dal giuramento di fedeltà che il cavaliere pronunciava davanti a Dio obbligandosi a non tradire mai il signore. Egli era tenuto a rispondere sempre al “grido del castello”, cioè alle richieste di aiuto, a rispettare i turni di guardia e, se abitava nelle terre proprie, a andare dal signore se convocato. Legami stretti si creavano anche tra i cavalieri, che formavano gruppi detti “conroi”. Chi veniva meno ai propri obblighi si macchiava di fellonìa.

Il signore, da parte sua, aveva l’obbligo di garantire al cavaliere aiuto e consiglio per tutta la vita, come un padre con il figlio.

I cavalieri potevano essere parenti stretti del signore (spesso i nipoti) o compagni di infanzia. A volte i vassalli, per trasmettere al primogenito tutti i possedimenti, destinavano gli altri figli alla vita religiosa o a quella cavalleresca. I cadetti, per evitare conflitti tra fratelli, erano allontanati da casa molto presto e mandati presso un nobile cui la loro famiglia era legata. Essi, fin da piccoli, crescevano in castelli in cui trovavano una seconda famiglia con la quale spesso si creava un legame affettivo.

Educazione e virtù cavalleresche

Il futuro cavaliere doveva essere educato nello spirito e nel corpo per diventare coraggioso, generoso, forte e abile.

Fin da piccolo viveva a contatto con il cavallo. Era addestrato a sopravvivere nei boschi e seguiva il signore nella caccia. Imparava presto l’uso delle armi: all’inizio, l’arco, in seguito la spada e la lancia. I giovani venivano assegnati ai guerrieri adulti come scudieri: portavano l’equipaggiamento del cavaliere e lo assistevano.

Lo spirito veniva educato perché il cavaliere imparasse a fare piani e calcolare rischi, fosse piacevole in compagnia e parlasse bene: al castello doveva sapersi comportare e consigliare il signore se questi lo richiedeva. Non sapeva leggere: i nobili si rivolgevano ai religiosi per farsi leggere i libri oppure chiamavano giullari o saltimbanchi, che li conoscevano a memoria.

I cavalieri, con la loro forza, potevano costituire un pericolo per la popolazione. Per evitare che commettessero abusi e la depredassero, l’aristocrazia, spinta dalla Chiesa, fece in modo che si diffondesse una cultura cavalleresca basata su tre virtù: la lealtà, il coraggio e la saggezza. La parola data non poteva mai essere tradita, in nessuna circostanza la forza d’animo e l’equilibrio potevano venire meno. Bisognava reprimere sentimenti come la collera, l’invidia, l’avidità e perseguire i valori della generosità e della cortesia. Il vero cavaliere non doveva essere attaccato alle ricchezze, le doveva dividere con i compagni. Inoltre, doveva mettersi al servizio delle dame di corte, proteggerle e cercare di avere la loro ammirazione.

L'investitura e l'equipaggiamento

L’investitura.

Con l’investitura si otteneva l’equipaggiamento e si entrava a far parte della cavalleria. Era il rito di passaggio all’età adulta. Il signore consegnava le armi e pagava la festa, guadagnandosi la fedeltà del cavaliere.

Poiché gli obblighi cavallereschi riguardavano anche la sfera sacra (si giurava di servire Dio, di proteggere i deboli…), la cerimonia veniva celebrata da un religioso. Anche questo era un modo per indirizzare la forza del cavaliere verso giuste cause.

Ogni cavaliere aveva più cavalli, perché spesso questi dovevano essere sostituiti. I peggiori, detti ronzini, venivano usati per trasportare oggetti. I migliori, i destrieri (condotti con la mano destra), erano usati per combattere. Provenivano dall’Andalusia. Erano tozzi e molto forti, perché dovevano portare il peso del cavaliere e dell’armatura.

La spada spesso aveva un nome. Era il simbolo della dignità del cavaliere e, per la sua forma, della croce. Era molto pesante, lunga per trafiggere e spessa per colpire di taglio.

I cavalieri usavano anche la lancia, che poco prima dello scontro veniva messa sotto il braccio in posizione orizzontale per colpire il nemico al galoppo.

Il cavaliere indossava una maglia metallica, detta usbergo, sotto la quale aveva un’imbottitura. Sopra, metteva un abito, la cotta, che lo teneva fresco. Solo all’ultimo indossava l’elmo e imbracciava il pesantissimo scudo.

I tornei e le crociate

I tornei.

All’epoca scoppiavano di continuo contese tra nobili e i cavalieri partecipavano volentieri: il combattimento era il loro mestiere. Per far sfogare la loro violenza, spesso riversata su mercanti o contadini, che erano costretti a rifugiarsi al castello, la Chiesa costrinse i cavalieri a giurare di non usare la spada contro gli indifesi. Gli stessi nobili avevano interesse a tenerli sotto controllo. Per questo, istituirono i tornei, nei quali il desiderio dei guerrieri di mettersi in mostra trovava sfogo. Erano vere e proprie battaglie, organizzate in base a regole precise per dare onore ai vincitori con poco spargimento di sangue.

Il desiderio di gloria spinse i cavalieri a partecipare alle Crociate, nelle quali si realizzavano gli ideali della cavalleria: servire Dio, vivere avventure in terre misteriose, mostrare il proprio coraggio, ottenere il perdono dei peccati.

I cavalieri combatterono al fianco di personaggi che all’ideale cavalleresco avevano unito i valori religiosi: i Templari e gli Ospedalieri. Perfetti guerrieri, essi erano anche monaci. Seguivano una rigida disciplina e incarnavano l’ideale di una cavalleria cristiana, fondata sulla rinuncia alle ricchezze e all’orgoglio e sui valori della carità e della giustizia.

Domande da interrogazione

  1. Qual è l'origine e l'evoluzione della figura del cavaliere nel contesto feudale?
  2. La figura del cavaliere nacque nel contesto del feudalesimo, inizialmente come una forma di nobiltà o mestiere, associata a prestigio e sacralità. Con il tempo, divenne un ordine chiuso e nobiliare, caratterizzato da un forte legame di fedeltà al signore.

  3. In che modo i cavalieri dimostravano la loro fedeltà al signore?
  4. I cavalieri giuravano fedeltà al signore davanti a Dio, impegnandosi a rispondere alle richieste di aiuto e a rispettare i turni di guardia. Il signore, in cambio, garantiva loro aiuto e consiglio per tutta la vita.

  5. Quali erano gli aspetti principali dell'educazione di un cavaliere?
  6. L'educazione di un cavaliere comprendeva l'addestramento fisico e spirituale per diventare coraggioso, generoso e abile. Imparavano l'uso delle armi, la sopravvivenza nei boschi e sviluppavano virtù come lealtà, coraggio e saggezza.

  7. Quali armi e equipaggiamenti erano tipici dei cavalieri?
  8. I cavalieri utilizzavano destrieri per combattere, spade simboliche e lance per colpire al galoppo. Indossavano maglie metalliche, cotte e elmi, e partecipavano a tornei per sfogare la loro violenza in modo controllato.

  9. Qual era il ruolo dei cavalieri nelle Crociate?
  10. I cavalieri partecipavano alle Crociate per servire Dio, vivere avventure e ottenere il perdono dei peccati. Combatterono al fianco di ordini religiosi come i Templari e gli Ospedalieri, incarnando l'ideale di una cavalleria cristiana.

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