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Problemi dell'unificazione
1. L’Italia nel 1861.
Tra gli italiani pochissimi avevano un’istruzione elementare, erano in grado di leggere e scrivere e facevano uso della lingua italiana (usavano i dialetti). C’erano molte città e la maggior parte erano prive di attività produttive di rilievo, le poche industrie si trovavano lontano dai grandi centri. La maggioranza della popolazione viveva nelle campagne e nei piccoli centri rurali traendo i mezzi di sostentamento dall’attività agricola non favorita dalle condizioni naturali: il suolo era per 2/3 montagnoso (20 %: terre incolte o terreni paludosi infestati dalla malaria). Era comunque un’agricoltura povera con varietà di colture e assetti produttivi.
Nella Pianura Padana c’erano numerose aziende agricole moderne che univano agricoltura e allevamento dei bovini condotte con criteri capitalistici e usavano manodopera salariata.
Nell’Italia centrale dominava la mezzadria: la terra era divisa in poderi (di piccole e medie dimensioni con colture cerealicole e arboree) che produceva per il mantenimento della famiglia che lo lavorava e per il padrone (1/2) che pagava la manutenzione della terra, le spese per il bestiame e gli attrezzi agricoli. ostacolo all’innovazione tecnica e allo sviluppo di un’agricoltura moderna, ma consentiva una pace sociale (salvaguardia terre e rapporto tra uomo e ambiente.
Nel mezzogiorno e le isole era presente il latifondo: grandi distese coltivate a grano non interrotte da strade o insediamenti umani e la popolazione concentrata in pochi e grandi borghi rurali.
Sicilia: contratti agrari basati sullo scambio in natura e nei rapporti signore-contadino (situazione-limite)
Bassissimo livello di vita (ai limiti della sussistenza) dei contadini che si nutrivano di pane e pochi legumi (malattie da denutrizione: pellagra) e vivevano al Sud in abitazioni piccole e malsane.
L’opinione pubblica urbana e borghese non conosceva questa situazione. Nell’Italia appena unificata mancavano:
- Dati statistici completi e attendibili
- Sistema di comunicazione rapida tra le varie zone (inesistenza della rete ferroviaria nazionale , rete stradale carente). Vaste zone erano impraticabili
Pochi uomini politici conoscevano le situazioni del Sud: Cavour: mai andato a sud di Firenze; Farini: inviato nel Sud ne rimase stupito e disgustato (paragonato all’Africa).
2. la classe dirigente: Destra e Sinistra.
Nel 1861 morì Cavour, esponenti più capace della classe dirigente moderata. I suoi successori seguirono la sua politica: rispettosa delle libertà costituzionali e accentratrice, liberista in campo economico e laica nei rapporti tra Stato e Chiesa; pur senza la sia genialità. Il gruppo dirigente era costituito da piemontesi (vecchia maggioranza), gruppi moderati lombardi, emiliani, toscani e pochi meridionali. Essi avevano diversa provenienza, formazione ed esperienze politiche ma costituivano un gruppo omogeneo dal punto di vista sociale e politico.
La destra storica (in realtà era un gruppo di centro moderato, la vera destra si era autoesclusa dalle istituzioni poiché non riconosceva la legittimità del nuovo Stato) rappresentava la maggioranza.
La sinistra democratica (mazziniani e repubblicani rifiutarono di partecipare all’attività politica ufficiale) si appoggiava su una base sociale più ampia formata da gruppi piccolo e medio-borghesi delle città, operai e artigiani (non potevano votare). Essa chiedeva: il suffragio universale, il decentramento amministrativo e il completamento dell’unità. Man mano essa allargò la sua base formata da varie componenti avverse alla destra.
Entrambe erano espresse in una classe dirigente molto ristretta (paese legale poco rappresentativo del paese reale), il diritto di voto era concesso ai cittadini di 25 anni che sapessero leggere e scrivere e pagassero 40 lire di imposte l’anno (legge piemontese)(tasso di analfabetismo alto e basso reddito) inoltre c’erano persone che pur potendo votare non lo facevanobastavano pochi voti per eleggere un deputato, carattere oligarchico e personalistico della politica e si svolgeva sulla lotta tra personaggi e non programmi. Tutto ciò isolò la classe dirigente che credeva di rappresentare la parte migliore del paese. Gli uomini della destra storica erano onesti e identificavano le proprie sorti con le istituzioni statali minacciate dai clericali reazionari (neri) e repubblicani rivoluzionari (rossi).
3. Lo Stato accentrato, il Mezzogiorno, il brigantaggio.
I primi governi si preoccuparono di salvaguardare l’unità, la Destra (ammiratori della Gran Bretagna) voleva un sistema decentrato con l’autogoverno dei singoli stati ma formarono uno stato accentrato con ordinamenti uniformi su tutto il Regno e una rigida gerarchia di funzionari (simile a quello napoleonico). Il ministero La Marmora (poteri straordinari conferitigli dall’Austria) varò alcune leggi senza il controllo parlamentare:
o estensione leggi piemontesi alle zone annesse
o leggi nuove:
legge Casati sull’istruzione: creava un sistema scolastico nazionale e obbligava la scuola elementare
legge Rattazzi sull’ordinamento comunale e provinciale: affidava il governo dei comuni a un consiglio (eletto a suffragio ristretto) e ad un sindaco (nomina regia). Le province erano le circoscrizioni amministrative più importanti ed erano controllate dai prefetti (poi estesa a tutto il Regno con la legge di unificazione amministrativa di Ricasoli)
si scelse un accentramento amministrativo poiché nel mezzogiorno il malessere antico delle masse contadine si sommò all’ostilità verso il nuovo ordine politico poiché non aveva portato nessun mutamento socialmente radicale. Cominciarono a diffondersi rivolte incoraggiate da una parte del clero e dalla corte borbonica esiliata a Roma. Nel ’61 nel Mezzogiorno c’erano bande (briganti, militari borbonici, contadini e cospiratori legittimisti) che assalivano e occupavano i piccoli centri (massacrando notabili liberali e bruciando gli archivi comunali). Vennero rafforzati i contingenti militari al Sud e venne istituita una legge che dichiarava le province in stato di brigantaggio in un regime di guerra (tribunali militari per giudicare i ribelli e fucilazione per chi si sarebbe opposto con le armi) e il brigantaggio fu sconfitto (stanchezza popolazione e efficacia delle misure repressive). La Destra non riuscì a ridurre le cause del malcontento:
La divisione dei terreni demaniali (Napoleone, Borbone) fu condotta con poca incisività senza tener conto delle usurpazioni dei grandi proprietari e dell’abolizione degli usi civici (diritti dei contadini sulle terre comuni).
La vendita dei terreni ecclesiastici non migliorò la situazione dei piccoli proprietari e dei contadini senza terra (non in grado di comprare) ma rafforzò i grandi proprietari.
Le scelte politiche della Destra furono svantaggiose per il Sud ed accentuarono il divario con il Centro-Nord.
4. La politica economica: i costi dell’unificazione.
La Destra dovette unificare economicamente il paese:
1. uniformando i sistemi monetari e fiscali
2. rimuovendo le barriere doganali
3. costruendo un’efficiente rete stradale e ferroviaria (per avvicinare le varie parti d’Italia: creazione di un mercato nazionale e simbolo di progresso e modernità)
la destra si mosse sulla strada di Cavour: legislazione doganale sarda ispirata su sistemi liberisti (bassi dazi di entrata); fu estesa a tutta l’Italia. Rapidamente si svilupparono le vie di comunicazione (ferrovia che collegava le principali città Italiane, compreso il sud) e permise rapporti di scambio tra zone isolate e zone più progredite.
o L’intensificazione degli scambi giovò alle produzioni agricole per l’esportazione (colture specializzate del Sud) ed incrementò la produzione.
o Il settore industriale non ebbe nessun vantaggio ma fu penalizzato dalla concorrenza internazionale. L’industria della seta continuò a svilupparsi ma declinarono le altre produzioni tessili (laniera, siderurgico e meccanico). Molte industrie del Sud furono chiuse per la caduta dei dazi protettivi grazie ai quali erano nati.
o Molte lavorazioni artigiane (integrare i bilanci delle famiglie contadine) finirono per la penetrazione dei rapporti di mercato nelle campagne del Sud.
Tutto ciò modernizzò la produzione ma non fu accompagnato da un’azione dei poteri statali capace di sviluppare i settori più avanzati per l’opposizione delle condizioni oggettive (ristrettezza del mercato interno, difficoltà finanziarie) e della cultura della classe dirigente. Gli uomini di desta e sinistra erano stati educati al culto del liberismo e ciò permise un’integrazione nell’economia europea. Lo sviluppo agricolo e l’abbattimento delle barriere doganali permise l’accumulazione di capitali che, prelevati in parte dallo stato, consentirono la realizzazione delle infrastrutture (strade, ferrovie …). L’Italia era più unita, più avanzata politicamente e civilmente ma non divenne più ricca. Lo sviluppo non era andato a beneficio della maggior parte degli italiani peggiorandone il tenore di vita con la politica fiscale: per coprire i costi dell’unificazione (comunicazioni, amministrazione pubblica, istruzione ed esercito9 ci furono inasprimenti fiscali (all’inizio in modo equilibrato):
o Imposte dirette: sui redditi, sulla terra
o Imposte indirette: consumi (tabacchi, sale, alimenti), affari e movimenti di capitale.
La situazione si aggravò con la crisi internazionale del ’66 e le spese per la guerra contro l’Austria e furono inasprite le imposte indirette e introdotta la tassa sul macinato (tassa sul pane che colpiva le classi più povere) che doveva essere pagata al ritiro della farina (colpiva anche i lavoratori agricoli che producevano da soli) provocando le prime agitazioni sociali con durissime repressioni. Quintino Sella istaurò la politica di duro fiscalismo e rigore finanziario ottenendo i fini sperati: il bilancio statale migliorò rapidamente fino a raggiungere il pareggio. Ma le proteste si allargarono coinvolgendo:
- Popolo
- Sud
- Reazione dei gruppi di interesse locali colpiti dal fiscalismo
- Centralismo amministrativo
- Pressione degli industriali e dei gruppi bancari
Tutti chiedevano una politica economica meno rigida e restrittiva che lasciasse più spazio alla formazione di una ricchezza privata. Tutto ciò avrebbe provocato la caduta della Destra.
5.Il completamento dell’unità
La Destra dovette anche completare l’unità, aggiungendo: Veneto, Trentino, Roma e Lazio. Tutti (democratici e moderati) volevano l’unificazione del paese e Cavour voleva rendere Roma la capitale ma volevano diverse vie:
- Destra: voleva intraprendere vie diplomatiche
- Sinistra: voleva la guerra popolare e vedeva nella lotta per la liberazione di Roma un motivo di rilancio per la parte democratica
Il papa a Roma rappresentava il maggior problema:
1. Aveva rapporti con la Francia che era il principale compagno economico e l’alleato più sicuro.
2. In Italia la maggior parte della popolazione era cattolica
3. Il clero era in alcune zone l’unica presenza organizzata e l’unico punto di riferimento culturale
4. la metà degli insegnanti erano ecclesiastici (anche nelle scuole pubbliche)
per tutto ciò i primi governi avviarono trattative col Vaticano (conforme alle idee di Cavour):
Chiesa Stato
rinunciava al potere temporale e il riconosceva il nuovo stato Dava al papa e al clero piena libertà di esercitare il proprio magistero spirituale
Ma Pio IX non accettò. Così riprese l’iniziativa dei democratici e Garibaldi tornò in Sicilia rilanciando una spedizione contro lo Stato pontificio appoggiata dal re e da Rattazzi. Ma quando Napoleone III fece capire di voler impedire con la forza questa impresa Emanuele II sconfessò l’impresa garibaldina decretando lo stato d’assedio in tutta la Sicilia e il Sud. Nel ’62 duemila volontari sbarcarono in Calabria al comando di Garibaldi ed ebbero uno scambio di colpi sull’Aspromonte dove Garibaldi stesso fu ferito e arrestato per un po’ di settimane. Questo impressionò tutto il paese. I governi italiani avviarono con Napoleone III la Convenzione di settembre:
Francia Italia
Ritiravano le truppe dal Lazio Rispettavano i confini dello Stato pontificio
Il governo trasferì la capitale da Torino a Firenze. Nel ’66 Bismark (Prussia)(in guerra con l’Austria) propose all’Italia un’alleanza che permise la vittoria prussiana a Sadowa. Nonostante la vittoria i comandi italiani diedero cattiva prova di sé: (superiori numericamente) per errori di valutazione subirono grandi perdite, solo i Cacciatori delle Alpi comandati da Garibaldi ottennero successi e la Prussia avviò le trattative con l’Austria. Dalla pace di Vienna l’Italia ottenne il Veneto. Tutto ciò causò una crisi finanziaria e morale (l’insuccesso della guerra mostrò la non unità nazionale). L’insuccesso della guerra con l’Austria riaprì l’attività dei democratici: Mazzini promosse una rifondazione repubblicana dello Stato e Garibaldi riprogettò una spedizione a Roma dove i volontari si sarebbero dovuti appoggiare ad un’insurrezione dei patrioti romani giustificandola come volontà popolare per evitare l’intervento francese. Ma l’insurrezione fallì per la scarsa partecipazione popolare, la sorveglianza della polizia e l’intervento francese. Un piccolo esercito garibaldino fu circondato e decimato dalle truppe pontificie a Villa Glori e da quelle francesi a Mentana. Con ciò si chiusero le imprese risorgimentali e svanì la speranza di conquistare Roma col consenso papale e francese. Nel ’70 il governo italiano mandò un corpo di spedizione nel Lazio avviando un negoziato col papa Pio IX che rifiutò. Il 20 settembre le truppe italiane aprirono una breccia nella cinta muraria che circondava Roma, ebbero un breve combattimento con le truppe pontificie ed entrarono a Roma presso Porta Pia accolti dal popolo festosamente. Successivamente con un plebiscito furono annessi Roma e il Lazio e successivamente la capitale fu trasferita a Roma. Nel ’71 fu approvata la legge delle guarentigie (garanzie) dove lo Stato:
- Garantiva al papa il libero svolgimento del magistero spirituale e prerogative simili a quelle di un capo di Stato (onori sovrani, poter tenere delle truppe, diritto di rappresentanza diplomatica, libertà di comunicazione con l’estero)
- Offrì al papa una dotazione annua per il mantenimento della corte papale (rifiutata)
Ciò attuava il principio della libertà della Chiesa che grazie all’abbandono del potere temporale ottenne più capacità di influenza e si attenuò l’intransigenza del papa. L’invito del papa a non partecipare alla vita politica dello Stato (dopo l’unificazione) cambiò nel non expedit: non è opportuna la partecipazione dei cattolici alle elezioni politiche (nel ’74). Con l’acquisto di Roma aumentarono le fratture sociali e diminuirono i consensi.
18. I PROBLEMI DELL'UNIFICAZIONE
1. L’Italia nel 1861.
Tra gli italiani pochissimi avevano un’istruzione elementare, erano in grado di leggere e
scrivere e facevano uso della lingua italiana (usavano i dialetti). C’erano molte città e la
maggior parte erano prive di attività produttive di rilievo, le poche industrie si trovavano
lontano dai grandi centri. La maggioranza della popolazione viveva nelle campagne e nei
piccoli centri rurali traendo i mezzi di sostentamento dall’attività agricola non favorita dalle
condizioni naturali: il suolo era per 2/3 montagnoso (20 %: terre incolte o terreni paludosi
infestati dalla malaria). Era comunque un’agricoltura povera con varietà di colture e assetti
produttivi.
Nella Pianura Padana c’erano numerose aziende agricole moderne che univano agricoltura
e allevamento dei bovini condotte con criteri capitalistici e usavano manodopera salariata.
mezzadria:
Nell’Italia centrale dominava la la terra era divisa in poderi (di piccole e medie
dimensioni con colture cerealicole e arboree) che produceva per il mantenimento della
famiglia che lo lavorava e per il padrone (1/2) che pagava la manutenzione della terra, le
spese per il bestiame e gli attrezzi agricoli. all’innovazione tecnica e allo
ostacolo
sviluppo di un’agricoltura moderna, ma consentiva una pace sociale (salvaguardia terre e
rapporto tra uomo e ambiente.
Nel mezzogiorno e le isole era presente il latifondo: grandi distese coltivate a grano non
interrotte da strade o insediamenti umani e la popolazione concentrata in pochi e grandi
borghi rurali.
Sicilia: contratti agrari basati sullo scambio in natura e nei rapporti signore-contadino
(situazione-limite)
Bassissimo livello di vita (ai limiti della sussistenza) dei contadini che si nutrivano di pane e
pochi legumi (malattie da denutrizione: pellagra) e vivevano al Sud in abitazioni piccole e
malsane.
L’opinione pubblica urbana e borghese non conosceva questa situazione. Nell’Italia appena
unificata mancavano:
- Dati statistici completi e attendibili
- Sistema di comunicazione rapida tra le varie zone (inesistenza della rete ferroviaria
nazionale , rete stradale carente). Vaste zone erano impraticabili
Pochi uomini politici conoscevano le situazioni del Sud: Cavour: mai andato a sud di Firenze;
Farini: inviato nel Sud ne rimase stupito e disgustato (paragonato all’Africa).
2. la classe dirigente: Destra e Sinistra.
Nel 1861 morì Cavour, esponenti più capace della classe dirigente moderata. I suoi successori
seguirono la sua politica: rispettosa delle libertà costituzionali e accentratrice, liberista in
campo economico e laica nei rapporti tra Stato e Chiesa; pur senza la sia genialità. Il gruppo
piemontesi lombardi,
dirigente era costituito da (vecchia maggioranza), gruppi moderati
emiliani, toscani meridionali.
e pochi Essi avevano diversa provenienza, formazione ed
esperienze politiche ma costituivano un gruppo omogeneo dal punto di vista sociale e politico.
La destra storica (in realtà era un gruppo di centro moderato, la vera destra si era
autoesclusa dalle istituzioni poiché non riconosceva la legittimità del nuovo Stato)
rappresentava la maggioranza.
La sinistra democratica (mazziniani e repubblicani rifiutarono di partecipare all’attività
politica ufficiale) si appoggiava su una base sociale più ampia formata da gruppi piccolo e
medio-borghesi delle città, operai e artigiani (non potevano votare). Essa chiedeva: il
suffragio universale, il decentramento amministrativo e il completamento dell’unità. Man
mano essa allargò la sua base formata da varie componenti avverse alla destra.
legale
Entrambe erano espresse in una classe dirigente molto ristretta (paese poco
reale),
rappresentativo del paese il diritto di voto era concesso ai cittadini di 25 anni che
sapessero leggere e scrivere e pagassero 40 lire di imposte l’anno (legge piemontese)(tasso di
analfabetismo alto e basso reddito) inoltre c’erano persone che pur potendo votare non lo
oligarchico e
facevanobastavano pochi voti per eleggere un deputato, carattere
personalistico della politica e si svolgeva sulla lotta tra personaggi e non programmi. Tutto ciò
isolò la classe dirigente che credeva di rappresentare la parte migliore del paese. Gli uomini
della destra storica erano onesti e identificavano le proprie sorti con le istituzioni statali
minacciate dai clericali reazionari (neri) e repubblicani rivoluzionari (rossi).
3. Lo Stato accentrato, il Mezzogiorno, il brigantaggio.
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I primi governi si preoccuparono di salvaguardare l’unità, la Destra (ammiratori della Gran
Bretagna) voleva un sistema decentrato con l’autogoverno dei singoli stati ma formarono uno
stato accentrato con ordinamenti uniformi su tutto il Regno e una rigida gerarchia di funzionari
(simile a quello napoleonico). Il ministero La Marmora (poteri straordinari conferitigli
dall’Austria) varò alcune leggi senza il controllo parlamentare:
estensione leggi piemontesi alle zone annesse
o leggi nuove:
o legge Casati sull’istruzione: creava un sistema scolastico nazionale e obbligava la
scuola elementare
legge Rattazzi sull’ordinamento comunale e provinciale: affidava il governo dei
comuni a un consiglio (eletto a suffragio ristretto) e ad un sindaco (nomina regia).
Le province erano le circoscrizioni amministrative più importanti ed erano
legge di unificazione
controllate dai prefetti (poi estesa a tutto il Regno con la
amministrativa di Ricasoli)
si scelse un accentramento amministrativo poiché nel mezzogiorno il malessere antico delle
masse contadine si sommò all’ostilità verso il nuovo ordine politico poiché non aveva portato
nessun mutamento socialmente radicale. Cominciarono a diffondersi rivolte incoraggiate da
una parte del clero e dalla corte borbonica esiliata a Roma. Nel ’61 nel Mezzogiorno c’erano
bande (briganti, militari borbonici, contadini e cospiratori legittimisti) che assalivano e
occupavano i piccoli centri (massacrando notabili liberali e bruciando gli archivi comunali).
Vennero rafforzati i contingenti militari al Sud e venne istituita una legge che dichiarava le
province in stato di brigantaggio in un regime di guerra (tribunali militari per giudicare i ribelli e
fucilazione per chi si sarebbe opposto con le armi) e il brigantaggio fu sconfitto (stanchezza
popolazione e efficacia delle misure repressive). La Destra non riuscì a ridurre le cause del
malcontento:
divisione dei terreni demaniali
La (Napoleone, Borbone) fu condotta con poca incisività
senza tener conto delle usurpazioni dei grandi proprietari e dell’abolizione degli usi civici
(diritti dei contadini sulle terre comuni).
La vendita dei terreni ecclesiastici non migliorò la situazione dei piccoli proprietari e dei
contadini senza terra (non in grado di comprare) ma rafforzò i grandi proprietari.
Le scelte politiche della Destra furono svantaggiose per il Sud ed accentuarono il divario con il
Centro-Nord.
4. La politica economica: i costi dell’unificazione.
La Destra dovette unificare economicamente il paese:
1. uniformando i sistemi monetari e fiscali
2. rimuovendo le barriere doganali
3. costruendo un’efficiente rete stradale e ferroviaria (per avvicinare le varie parti d’Italia:
creazione di un mercato nazionale e simbolo di progresso e modernità)
la destra si mosse sulla strada di Cavour: legislazione doganale sarda ispirata su sistemi
liberisti (bassi dazi di entrata); fu estesa a tutta l’Italia. Rapidamente si svilupparono le vie di
comunicazione (ferrovia che collegava le principali città Italiane, compreso il sud) e permise
rapporti di scambio tra zone isolate e zone più progredite.
L’intensificazione degli scambi giovò alle produzioni agricole per l’esportazione (colture
o specializzate del Sud) ed incrementò la produzione.
Il settore industriale non ebbe nessun vantaggio ma fu penalizzato dalla concorrenza
o internazionale. L’industria della seta continuò a svilupparsi ma declinarono le altre
produzioni tessili (laniera, siderurgico e meccanico). Molte industrie del Sud furono chiuse
per la caduta dei dazi protettivi grazie ai quali erano nati.
Molte lavorazioni artigiane (integrare i bilanci delle famiglie contadine) finirono per la
o penetrazione dei rapporti di mercato nelle campagne del Sud.
Tutto ciò modernizzò la produzione ma non fu accompagnato da un’azione dei poteri statali
capace di sviluppare i settori più avanzati per l’opposizione delle condizioni oggettive
(ristrettezza del mercato interno, difficoltà finanziarie) e della cultura della classe dirigente. Gli
uomini di desta e sinistra erano stati educati al culto del liberismo e ciò permise
un’integrazione nell’economia europea. Lo sviluppo agricolo e l’abbattimento delle barriere
doganali permise l’accumulazione di capitali che, prelevati in parte dallo stato, consentirono la
realizzazione delle infrastrutture (strade, ferrovie …). L’Italia era più unita, più avanzata
politicamente e civilmente ma non divenne più ricca. Lo sviluppo non era andato a beneficio
politica fiscale:
della maggior parte degli italiani peggiorandone il tenore di vita con la per
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coprire i costi dell’unificazione (comunicazioni, amministrazione pubblica, istruzione ed
esercito9 ci furono inasprimenti fiscali (all’inizio in modo equilibrato):
Imposte dirette: sui redditi, sulla terra
o Imposte indirette: consumi (tabacchi, sale, alimenti), affari e movimenti di capitale.
o
La situazione si aggravò con la crisi internazionale del ’66 e le spese per la guerra contro
l’Austria e furono inasprite le imposte indirette e introdotta la tassa sul macinato (tassa sul
pane che colpiva le classi più povere) che doveva essere pagata al ritiro della farina (colpiva
anche i lavoratori agricoli che producevano da soli) provocando le prime agitazioni sociali con
durissime repressioni. Quintino Sella istaurò la politica di duro fiscalismo e rigore finanziario
ottenendo i fini sperati: il bilancio statale migliorò rapidamente fino a raggiungere il pareggio.
Ma le proteste si allargarono coinvolgendo:
- Popolo
- Sud
- Reazione dei gruppi di interesse locali colpiti dal fiscalismo
- Centralismo amministrativo
- Pressione degli industriali e dei gruppi bancari
Tutti chiedevano una politica economica meno rigida e restrittiva che lasciasse più spazio alla
formazione di una ricchezza privata. Tutto ciò avrebbe provocato la caduta della Destra.
5.Il completamento dell’unità
La Destra dovette anche completare l’unità, aggiungendo: Veneto, Trentino, Roma e Lazio. Tutti
(democratici e moderati) volevano l’unificazione del paese e Cavour voleva rendere Roma la
capitale ma volevano diverse vie:
- Destra: voleva intraprendere vie diplomatiche
- Sinistra: voleva la guerra popolare e vedeva nella lotta per la liberazione di Roma un
motivo di rilancio per la parte democratica
Il papa a Roma rappresentava il maggior problema:
1. Aveva rapporti con la Francia che era il principale compagno economico e l’alleato più
sicuro.
2. In Italia la maggior parte della popolazione era cattolica
3. Il clero era in alcune zone l’unica presenza organizzata e l’unico punto di riferimento
culturale
4. la metà degli insegnanti erano ecclesiastici (anche nelle scuole pubbliche)
per tutto ciò i primi governi avviarono trattative col Vaticano (conforme alle idee di Cavour):
Chiesa Stato
rinunciava al potere temporale e il Dava al papa e al clero piena libertà di
riconosceva il nuovo stato esercitare il proprio magistero spirituale
Ma Pio IX non accettò. Così riprese l’iniziativa dei democratici e Garibaldi tornò in Sicilia
rilanciando una spedizione contro lo Stato pontificio appoggiata dal re e da Rattazzi. Ma quando
Napoleone III fece capire di voler impedire con la forza questa impresa Emanuele II sconfessò
l’impresa garibaldina decretando lo stato d’assedio in tutta la Sicilia e il Sud. Nel ’62 duemila
volontari sbarcarono in Calabria al comando di Garibaldi ed ebbero uno scambio di colpi