Concetti Chiave
- La marcia su Roma fu un movimento di circa 35 mila camicie nere nel 1922 per sostenere Mussolini come primo ministro.
- Mussolini non partecipò fisicamente alla marcia, ma delegò l'azione ai quadrumviri: Balbo, Bianchi, De Bono e De Vecchi.
- Le autorità locali, come prefetture e carabinieri, non riuscirono a contenere le camicie nere, chiedendo l'intervento dell'esercito.
- Il re inizialmente approvò lo stato d'assedio, ma successivamente rifiutò di firmarlo, temendo possibili conseguenze.
- Il 30 ottobre 1922, Mussolini fu convocato dal re e proclamato primo ministro, avviando un governo con cinque ministri fascisti.
Indice
L'ambizione di Mussolini
Mussolini pensa sempre di più a come diventare primo ministro. Per fare ciò deve convincere il Parlamento, la monarchia, i grandi industriali e il popolo. Quest’ultimo fu smosso nel 1922, anno cruciale, con La marcia su Roma.
La marcia su Roma
La marcia su Roma fu una mobilitazione fisica di circa 35 mila camicie nere da tutta Italia, in particolare dal centro nord, per chiedere di proclamare Mussolini primo ministro. Questo atto era rischioso perché potevano essere fermati dalle autorità e perché era illegale. Per capire, quindi, come le autorità avrebbero reagito, nel 1922 si fa una prova della marcia ad Ancona.
La prova ad Ancona
Qui la maggior parte della popolazione era socialista e le camicie nere decisero di occupare con le armi la prefettura dei carabinieri. Solamente il popolo si ribella per pochi giorni e si è consapevoli che le autorità non sono un grande ostacolo. A questo punto Mussolini sul giornale e le interviste inizia a diffondere l’idea della Marcia su Roma dando la sua autorizzazione nel farla partire la notte tra il 27 e il 28 ottobre.
La strategia di Mussolini
Mussolini non partecipa fisicamente alla marcia, tant’è che quella sera si trovava a teatro a Milano, ma la lascia ai quadrumviri ovvero aveva nominato 4 persone come capi dei 4 punti da cui i fascisti partirono: Italo Balbo, Michele Bianchi, Emilio De Bono, Cesare Maria De Vecchi. La prima occupazione fascista fu la prefettura di Cremona poi a Pisa, a Firenze, a Verona. Le prefetture e i carabinieri mandano telegrammi al ministro degli interni chiedendo l’intervento dell’esercito visto che loro non riuscivano a fronteggiare le camicie nere armate che avevano quasi preso in prigionia le autorità. Le risposte dello stato non furono chiare.
La reazione del re
Intanto nella notte c’è la riunione con il governo e si autorizza lo stato d’assedio dando pieni poteri all’esercito. Per essere effettivo il documento aveva bisogno della firma del re che nella notte si disse d’accordo con ciò. La mattina seguente però quando Facta va a casa del re per farlo firmare ma alla fine decise di non firmare anche se l’esercito era già mobilitato. Intanto le camicie nere sfilano a Roma.
Il motivo è ancora ignoto. Secondo le testimonianze degli uomini del governo il re avrebbe chiesto al generale Diaz se il re si potesse fidare dell’esercito e la risposta fu “l'esercito avrebbe certamente fatto il suo dovere, ma sarebbe stato bene non metterlo alla prova".
La nomina di Mussolini
Probabilmente il re aveva paura di una guerra civile o di essere dimesso con Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta vicino ai fascisti. Alla fine Facta si dimise. Il re convoca Mussolini e lo proclama primo ministro il 30 ottobre 1922.
Gli viene chiesto di formare un governo in cui ci saranno cinque ministri fascisti e lo stesso Mussolini sarà il ministro degli interni. Non si tratta ancora di una vera e propria dittatura ma nessuno si rende conto di quello che sarebbe potuto accadere.
Domande da interrogazione
- Qual era l'obiettivo principale della marcia su Roma?
- Come reagirono le autorità alla marcia su Roma?
- Quale fu il ruolo del re durante la marcia su Roma?
- Quali furono le conseguenze immediate della marcia su Roma?
L'obiettivo principale della marcia su Roma era di proclamare Mussolini primo ministro, mobilitando circa 35 mila camicie nere per esercitare pressione sul Parlamento, la monarchia, i grandi industriali e il popolo.
Le autorità non furono un grande ostacolo; nonostante le prefetture e i carabinieri chiedessero l'intervento dell'esercito, le risposte dello stato non furono chiare e il re alla fine decise di non firmare lo stato d'assedio.
Il re inizialmente si disse d'accordo con lo stato d'assedio, ma la mattina seguente decise di non firmare il documento, probabilmente per paura di una guerra civile o di essere dimesso.
Le conseguenze immediate furono le dimissioni di Facta e la convocazione di Mussolini da parte del re, che lo proclamò primo ministro il 30 ottobre 1922, con la richiesta di formare un governo con cinque ministri fascisti.