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Nel film il protagonista padre Pino Puglisi, è affiancata da due
personaggi molto importanti: Suor Carolina e Gregorio. Entrambi
lo aiutano e lo sostengono nella sua lotta. Altre due figure molto
importanti sono: Saro e Domenico. Saro è un ragazzo che
nonostante abbia solamente 14 anni viene arrestato per un furto,
don Puglisi riesce a farlo uscire di galera a patto che egli frequenti
abitualmente la parrocchia, ma Saro non essendone molto
entusiasta scappa. Il parroco non denuncia il fatto alla polizia
conquistando così non solo la sua fiducia, ma anche il rispetto del ragazzo che da questo momento
in poi lo seguirà in ogni sua impresa. Meno fortunato è invece Domenico che logorato da un grave
conflitto interiore, troverà nel suicidio l’unica via di fuga. Egli infatti è il figlio di un importante
mafioso vecchia conoscenza di don Puglisi, che gli impedisce, con la forza, di frequentare la
parrocchia. Domenico è un ragazzo sensibile e pronto a collaborare, ha il grande desiderio di
frequentare la chiesa e tutto ciò che per lui significa: è l’unico che davvero disapprovi la mafia e il
mondo in cui è immerso. Nonostante la sua grande volontà però, non osa disubbidire al padre se
non nel tragico finale quando, pur di non assistere all’assassinio di colui che gli aveva ridato la
speranza, si suicida contraddicendo per la prima e l’ultima volta il padre. Legato a questa famiglia
c’è un altro fondamentale personaggio: la madre di Domenico, che è l’esempio più eclatante di
come il ruolo della donna nella società meridionale sia un ruolo passivo, ritagliato esclusivamente
nello spazio domestico. Nel film, quando suo figlio Domenico viene picchiato dal marito soffre
molto ma non può intervenire. E’ commovente l’espressione dei suoi occhi, gli occhi di una madre
impotente e ormai rassegnata.
Una delle iniziative più efficaci di don Puglisi è la costruzione di un centro d’accoglienza, dove i
ragazzi possono passare le giornate invece di giocare a pallone in mezzo ad una strada. I bambini
sono così sottratti alla mafia, e iniziano una vita piena di giochi, caratterizzata dal rispetto reciproco,
viene restituita loro quell’infanzia che avevano il diritto di vivere ma che non hanno mai vissuto a
causa del regime mafioso.
Don Puglisi aiuta tutte quelle persone che ne hanno bisogno, a prescindere dalla condizione sociale,
ed è proprio la sua voglia di fare del bene che lo porta alla morte, da uomo carismatico e inflessibile
qual è (lo chiamavano “l’uomo che sparava dritto”), non si arrende ne alle minacce ne ai numerosi
avvertimenti anzi con lui queste tecniche producono l’effetto contrario, infatti più la mafia ostacola
il suo lavoro, più egli “alza la voce”, proprio questa è l’espressione che usa nel film quando la
promessa fattagli dallo stato di costruire una scuola e nuove fognature non viene rispettata per il
volere della mafia.
Don Giuseppe Puglisi riceve gli ultimi avvertimenti dopo la costruzione del centro d’accoglienza
“Padre Nostro”, ma come fatto in precedenza li ignora, continuando la sua lotta senza farsi
intimorire. Quando viene a conoscenza dell’assassinio dei giudici Borsellino e Falcone capisce che
presto toccherà anche a lui, perché come i due magistrati è ormai divenuto un uomo scomodo, una
minaccia per la mafia, ma la morte non lo spaventa, e continua a testa alta per la sua strada.
Tre sicari, lo assassinano “alla luce del sole” nel giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, il
quindici settembre del millenovecentonovantatre, le sue ultime parole furono: “me l’aspettavo”,
questa frase ci conferma che Don Puglisi sapeva che era stato condannato a morte, nonostante ciò
preferisce sacrificarsi per la gente di San Gaetano, la stessa gente che quando lo vede a terra in una
pozza di sangue si gira dall’altra parte o cambia strada con apparente gelida indifferenza,. Il suo
omicidio è sicuramente meno eclatante delle stragi di Capaci o delle
bombe esplose a Roma, a Firenze e a Milano, ma ne ha la stessa
importanza in quanto don Puglisi è un martire, e il suo martirio è un
atto di ribellione contro una situazione apparentemente immutabile.
Con questo film oltre ad onorare e a riportare alla nostra memoria il
sacrificio di un parroco che si è battuto per gli ideali in cui credeva
fermamente, Faenza dimostra che la lotta alla mafia non è persa in
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