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Sintesi

Introduzione Figura di Don Chisciotte: l'anacronistica ricerca del sogno, tesina



Nella seguente tesina maturità liceo scientifico si va a fare un'analisi dettagliata di quella che è la figura del Don Chisciotte, un tipo di uomo che non è contenibile dalle pagine di un libro: incarna le categorie senza tempo dell’uomo libero e del rivoluzionario. In questo folle personaggio possiamo vedere tutta la volontà di non arrendersi all’apparenza del mondo: vediamo la volontà di riscatto e la voglia di un mondo differente che sappia andare oltre la desolazione di ciò che ci circonda. I collegamenti presenti in questa tesina scientifica sono :

Italiano- Umorismo di Pirandello
Arte- Movimento impressionista
Inglese- I War Poets
Latino- Quintiliano
Fisica- Albert Einstein e la teoria della relatività
Storia- Altiero Spinelli e il processo di integrazione europea
Filosofia- Karl Marx
Estratto del documento

An example: Wilfred Owen

A member of this new generation of poets was Wilfred Owen, a young English

teacher who decided to volunteer after a visit in a hospital for wounded. In his

poems we can see all the main characteristics of war poetry, first of all the

massive use of images: Owen filled his poems with images of casualties, wounds

and gas intoxication. Reading his opera we’re transported on the battleground in

order to be audience of the battle. Our eyes become soldiers’ eyes and we see

what they saw and feel the same fear of death that they felt.

The pity of war

The main themes of War Poetry are summarized in the preface to Owen’s book

“Disabled and other poems” «This book is not about heroes. English poetry is not

yet fit to speak of them. Nor is it about deeds, or lands, nor anything about glory,

honor, might, majesty, dominion, or power, except War. Above all I am not

concerned with Poetry. My subject is War, and the pity of War. The Poetry is in the

pity. Yet these elegies are to this generation in no sense consolatory. They may be

to the next. All a poet can do today is warn. That is why the true Poets must be

truthful. »

7 “pity of war”:

One of the main themes of Owen’s poetry is the this concept is

antithetical to Latin idea of “pietas”: nothing is honorable or sweet in dying in war,

as expressed in one of his most famous line:

«My friend, you would not tell with such high zest

Preface to “Disabled and other poems”,

7 W. Owen, The British Library, Manuscript Collections, 96

Euston Road, London 11

To children ardent for some desperate glory,

Dulce et decorum est

The old Lie:

Pro patria mori. » 8

Like a Don Chisciotte living during the First World War

What War Poets did during the Great War is something extraordinary. Generally we

associate the idea of poetry with beauty, nature, maybe happiness and the idea of

war with horror, destruction and death. Maybe if we had lived during the war we

would have said “it is no more time for poetry and beauty, during these terrible

events no one could have the inspiration to write poems”.

poetry war

War Poets managed to link the two concepts of and creating a new genre of

poems. Their lines were born to teach us something new: their style and the world they

use are perhaps too direct and sometimes we’re shocked by them, but in the end we

pity of war.

understand the real

Their hope was to cancel the risk of a new conflict. They were convinced that all the

destruction and all the death caused by First World War would have been enough to

anyone who desired a new conflict. Sadly History teaches us that they were wrong, but

this will not cancel their lines and their hope to create a new world without violence and

war. Dulce et decorum est,

8 W. Owen, The poems of Wilfred Owen (1920)

12

Quintiliano: l’oratore perfetto ai tempi dell’Impero

Premessa l’anacronismo

Nell’ambito della Cultura latina, è sicuramente una componente

essenziale dell’opera di Marco Fabio Quintiliano. E’ manifesto uno stridente

contrasto tra la sua ricerca dell’oratore perfetto e il contesto politico in cui la sua

l’Institutio Oratoria,

opera, viene scritta.

Il contesto storico e culturale

L’opera di Quintiliano viene datata dai critici intorno al 95 a.C. In questo periodo

storico vediamo sul trono Domiziano, esponente della dinastia Flavia, e troviamo

una situazione politica relativamente stabile: la forma imperiale non trova grandi

opposizioni, sono lontane le lotte di successione che erano seguite alla fine della

dinastia giulio-claudia e lo Stato romano sta attraversando un periodo di grandi

riforme e di sviluppo.

In questo contesto la cultura conosce un nuovo sviluppo dovuto alla maggiore

alfabetizzazione della popolazione (Vespasiano fu il primo ad istituire insegnanti

pagati dallo Stato, tra i quali figurerà anche Quintiliano), sebbene l’arte della

retorica stia attraversando un periodo di grande decadenza.

La decadenza dell’oratoria: la moda delle recitationes

Fenomeno utile per comprendere la decadenza dell’oratoria è sicuramente la

recitationes

moda delle che proprio in questo periodo impera delle case più

ricche. Esse consistono nella lettura ad alta voce di componimenti in versi o in

prosa durante i banchetti. Tale moda condizionò in modo significativo lo stile della

produzione letteraria dell’epoca: i componimenti erano scritti in funzione della

performance e ricercavano il maggior effetto possibile nel pubblico, curando,

talvolta, più gli artifici retorici che i veri contenuti. «Se il metro di valutazione di

un pezzo letterario diventa l’applauso dell’uditorio, non sarà strano che il poeta

finisca per comportarsi come un prestigiatore della parola, sempre alla ricerca

dell’effetto capace di suscitare uno stupore ammirato». .

9

Quintiliano s’interessò del fenomeno della decadenza dell’oratoria nel suo trattato

De causis corruptae eloqueantiae andato, purtroppo, perduto. Sappiamo, tuttavia,

che in tale scritto egli ricercò le cause del fenomeno e che, secondo molti critici, le

identificò con il sistema educativo romano. Tale tema risulterà, infatti, al centro

l’Institutio Oratoria.

della sua opera maggiore:

L’Institutio Oratoria e il modello ciceroniano

L’Institutio Oratoria si configura come un trattato in dodici libri avente come

Oratorem

oggetto principale la formazione dell’oratore a partire dall’infanzia: «

autem instituimus illum perfectum, qui esse nisi vir bonus non potest, ideoque

non dicendi modo eximiam in eo facultatem sed omnis animi virtutes exigimus.» 10

(Ci riproponiamo di formare l’oratore completo, il quale non può non essere anche

La letteratura dell’età imperiale, Introduzione alla filologia latina

9 G. B. Conte, , Salerno Editrice,

2003

Institutio Oratoria, proemium,

10 9 13

un uomo onesto, e perciò pretendiamo da lui non solo un’eccellente capacità

professionale, ma anche tutte le virtù dell’animo). 11

Già dalle prime frasi dell’opera è evidente il riferimento all’ideale ciceroniano di

“vir bonus dicendi peritus”,

oratore come ossia uomo onesto esperto nell’arte del

parlare. In virtù di ciò non deve stupire come molte parti dell’Institutio Oratoria

De Oratore

presentino grandi analogie con il ciceroniano o come tutti gli esempi

proposti di grandi oratori siano tratti dall’età repubblicana.

La prospettiva storica di Quintiliano e il suo anacronismo

Molti critici hanno messo in evidenza un tratto fondamentale dell’opera di

Quintiliano: l’assenza di prospettiva storica. Nel rintracciare le cause della

decadenza dell’oratoria l’autore sembra non rendersi mai conto del mutato

contesto politico, ossia del passaggio dalla Repubblica all’Impero.

In età repubblicana i grandi oratori come Cicerone e Catone avevano un

importante ruolo pubblico ed istituzionale: i loro discorsi erano volti ad indirizzare

la volontà del popolo nel prendere una decisione. Nell’età imperiale il potere

decisionale non è più nelle mani del popolo o del Senato, ma in quelle

dell’imperatore che agisce in base alla propria volontà: il ruolo politico dell’oratore

è venuto meno come, a lungo andare, l’utilità dell’arte oratoria.

Quintiliano sembra non vedere tutto ciò e pare convinto di poter ricreare una

grande scuola di oratoria partendo dall’educazione dei fanciulli. Sono molteplici le

motivazioni che si sono viste dietro quest’apparente anacronismo: la volontà di

legittimare il principato, l’impossibilità di sovvertire il processo storico che dalla

Repubblica ha portato all’Impero. Probabilmente la vera causa della sua opera non

verrà mai allo scoperto,ma quello che sappiamo di sicuro è che, grazie

all’anacronismo di Quintiliano, abbiamo avuto in eredità un grandissimo trattato

sulla formazione degli oratori. Uno scritto che rappresenta un primo esempio ai

tempi dell’antica Roma di un modello pedagogico complesso e un’opera di

summa

grandissimo valore documentario, una sorta di di tutta la letteratura

antica che ha aiutato moltissimi studiosi ad aprire gli occhi su un mondo antico e

sempre nuovo.

11 Trad. R. Faranda e P. Peccchiura 14 visionarietà

I caratteri di Don Chisciotte: la

Il secondo carattere che analizzerò della figura di Don Chisciotte è quello della

“visionarietà”. Il modo migliore di comprendere in che modo il cavaliere della

Mancia sia un visionario è quello di partire dal significato che il termine assume

nella lingua italiana. Originariamente, infatti, la parola assumeva nella nostra

lingua una valenza totalmente negativa, tanto che il vocabolario lo definisce come

«Chi immagina e ritiene vere cose non rispondenti alla realtà, o elabora disegni

inattuabili» , insistendo sul carattere utopistico dei disegni proposti.

12

Vi sono, poi, ulteriori accezioni che considerano il termine come un “prestito

linguistico” dall’Inglese. Nella lingua del Regno Unito incontriamo, infatti, il

“visionary”

termine dotato di un’accezione decisamente più positiva (viene

false friend).

addirittura indicato, talvolta, come Nell’ottica del prestito linguistico

la parola assume un nuovo significato: «con idee o speranze chiare di come

qualcosa dovrebbe essere fatto o come sarà in futuro» .

13

Questa “ambiguità” di significato ripercorre in qualche modo il nostro relazionarci

alla figura di Don Chisciotte: da una parte abbiamo il “visionario” inteso come

utopista e come promotore di un mondo irrealizzabile ed impossibile, dall’altra

abbiamo il “visionary”, ossia colui che conosce bene il mondo e cosa vuole

realizzare a partire da esso.

In questo percorso abbandonerò l’idea di un Don Chisciotte “folle” ed “utopista”

per abbracciare un’interpretazione razionale della sua “malattia”, delle sue

vicende e del loro tragico epilogo. Nel cavaliere dalla triste figura ho scelto di

vedere un rivoluzionario, un uomo profondamente insoddisfatto del mondo in cui

si ritrova a vivere e che decide, quindi, di farsi portatore di un nuovo ideale di

società. A riprova della “razionalità” della figura ho da portare la

“chisciottizzazione” dei personaggi del romanzo: la “follia” del cavaliere sembra

essere una malattia contagiosa e pare che il suo modo di vedere si espanda e

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