Concetti Chiave
- All'inizio del XX secolo, l'Italia era ancora prevalentemente agricola, con il 55% della popolazione impegnata in agricoltura.
- Il territorio italiano presentava sfide significative per l'agricoltura, con solo il 20% del suolo considerato pianura fertile.
- La struttura della proprietà fondiaria era arcaica, con molti contadini costretti a lavorare come braccianti o in mezzadria.
- Durante e dopo la Prima guerra mondiale, il grido "La terra ai contadini" si intensificò, con occupazioni di terre sia incolte che coltivate.
- Le occupazioni delle terre videro l'interazione di movimenti politici diversi, con differenze tra le visioni dei cattolici e dei socialisti.
Indice
L'Italia agricola del XX secolo
Nel primo quarto del XX secolo, l’Italia, prevalentemente, era un paese agricolo. Alla vigilia dello scoppio della Prima guerra mondiale, il 55% della popolazione era dedito all’agricoltura e solo il 28% trovava un ‘occupazione nell’industria.
Questa sta a dimostrare che l’evoluzione industriale dell’Italia, pur assai considerevole tra il 1961 e il 1914, non aveva ancora tolto al paese il suo carattere prevalentemente agricolo.Conformazione del suolo italiano
A questo va aggiunta, però una riflessione, sempre attuale, sulla conformazione del suolo italiano. Solo il 20% del territorio nazionale è costituito da una pianura fertile, cioè da terra che permette un’agricoltura di elevata capacità produttiva e di alto profitto; il 40% è collina e il rimanente 40% è zona di montagna. Bisogna anche aggiungere gran parte delle colline e delle montagne italiane soprattutto nell’Italia centrale e meridionale erano e sono ancora oggetto di disboscamento. Questo fatto ha avuto grandi conseguenze sul regime delle acque, sull’umidità e quindi anche sulla capacità produttiva del terreno stesso. D’altra parte, si trattava di terreni lavorati e sfruttati da secoli che per questo vedevano via via diminuire il loro valore produttivo.
Problemi della proprietà fondiaria
La struttura della proprietà fondiaria era ancora molto arcaica; infatti, nel 1914, una massa di contadini erano proprietari di aree troppo ristrette per consentire loro di vivere dignitosamente. Per questo, essi si trovavano nella necessità di prendere in affitto o a mezzadria i fondi appartenenti ai medi o grandi proprietari o di lavorare come braccianti nelle proprietà altrui.
Il lavoro dei braccianti
Il problema dei braccianti è sempre stato tipico dell’economia agricola italiana. Si trattava di una massa di lavoratori che, come ricchezza, possedevano solo la forza delle loro braccia. Essi erano numerosi nelle regioni a cultura intensiva come la Pianura Padana, Bologna, Ferrara, Cremona, Mantova, Vercelli e Novara.
Potevano vivere soltanto perché i grandi e medi proprietari avevano bisogno di braccia per lavorare la terra. La prima conseguenza era che ad ogni crisi agricola e ad ogni crisi dei prezzi, i proprietari cercavano sempre di ridurre i salari o il numero di braccianti occupati. Subentrava allora il problema della disoccupazione. Comunque andasse la situazione, il lavoro dei braccianti era sempre molto duro e precario; infatti, il lavorio era assicurato solo una parte dell’anno, a seconda delle stagioni e del tempo atmosferico. Inoltre, esisteva una grande disparità nel trattamento salariale fra nord e sud. Pertanto, il sogno di ogni bracciante era quello di diventare proprietario di un appezzamento di terreno sufficientemente grande da ricavarci di che vivere.
Sogni e lotte dei contadini
Già durante la Prima guerra mondiale, più volte era risuonato il grido “La terra ai contadini”; nel 1917, la questione fu sollevata da alcuni giornalisti e nello stesso anno, in una riunione tenutasi a Roma dai rappresentanti della Confederazione generale del lavoro fu richiesta la requisizione delle terre non coltivate a favore di coloro che sarebbero stati disposti a dissodarle. Alla fine della guerra, i contadini tornare a casa e sperano di vedere realizzato il loro sogno.
Occupazione delle terre
Nel luglio-agosto 1919, avviene l’occupazione delle terre intorno a Roma da parte di contadini che sventolano le bandiere rosse al suono di marcia e a volte anche al suono delle campane. Vengono occupati non solo le terre incolte ma anche quelle coltivate. Non si trattò soltanto di manifestazioni provenienti da un determinato punto di vista politico. Infatti, accanto ai braccianti aderenti al movimento delle leghe rosse, si ebbe anche un “bolscevismo bianco”, cioè i cattolici che in fatto di soluzione dell’annoso problema agrario non si distaccavano molto dalla visione della sinistra. Il capo di quest’ultimo movimento era il deputato Miglioli del partito popolare, cioè cattolico. Nel 1920, l’occupazione delle campagne si spostò a nord, proprio nel centro della Pianura Padana, in una delle regioni meglio coltivate e più ricche d’Italia. La parola d’ordine era la seguente: “gestione diretta delle terre da parte dei coltivatori, per mezzo di un’impresa collettiva”.
Differenze tra rossi e bianchi
Tuttavia, fra i rossi e i bianchi esistevano delle differenze. I gruppi cattolici miravano a creare delle imprese agricole gestite dai consigli di cascina e questo significava che partecipavano ai profitti tutti i coltivatori stabili dell’impresa. Invece, il programma dei rossi si basava sul concetto di imposizione della mano d’opera. Per essi, occorreva che i proprietari delle terre occupassero tutta la mano d’opera disponibile sul mercato, anche se la situazione economica del momento non lo riteneva necessario. In pratica, i rossi si preoccupavano soltanto dei braccianti e temevano che l’applicazione del sistema dei bianchi portasse alla creazione di una sorta di aristocrazia di lavoratori.
Domande da interrogazione
- Qual era la situazione dell'agricoltura in Italia alla vigilia della Prima guerra mondiale?
- Quali erano le principali sfide affrontate dai contadini italiani nel primo quarto del XX secolo?
- Cosa rappresentava il grido "La terra ai contadini" durante e dopo la Prima guerra mondiale?
- Quali furono le differenze tra i movimenti "rossi" e "bianchi" durante le occupazioni delle terre?
- Come si manifestò l'occupazione delle terre nel 1919-1920?
Alla vigilia della Prima guerra mondiale, il 55% della popolazione italiana era dedita all'agricoltura, dimostrando che l'Italia era ancora prevalentemente un paese agricolo nonostante l'evoluzione industriale.
I contadini italiani affrontavano sfide come la proprietà fondiaria arcaica, terreni poco produttivi, disoccupazione stagionale e disparità salariali tra nord e sud.
Il grido "La terra ai contadini" rappresentava il desiderio dei contadini di diventare proprietari di terreni sufficientemente grandi per vivere dignitosamente, un sogno che si intensificò durante e dopo la guerra.
I "rossi" si concentravano sull'imposizione della mano d'opera, mentre i "bianchi" cattolici miravano a creare imprese agricole gestite dai consigli di cascina, coinvolgendo tutti i coltivatori stabili nei profitti.
L'occupazione delle terre si manifestò con contadini che occupavano terre incolte e coltivate, sventolando bandiere rosse e chiedendo la gestione diretta delle terre da parte dei coltivatori attraverso imprese collettive.