Concetti Chiave
- La guerra dei Sei giorni, combattuta nel 1967, vide Israele sconfiggere Egitto, Siria e Giordania, acquisendo territori strategici come la Cisgiordania e il Golan.
- L'operazione militare israeliana fu un tentativo di risolvere le tensioni esterne con i paesi arabi e migliorare la situazione economica interna.
- La crisi di Suez del 1956 e la successiva nascita dell'OLP nel 1964 riaccesero le tensioni tra Israele e i suoi vicini arabi, portando al conflitto del 1967.
- Nonostante la vittoria, Israele si trovò a gestire un aumento delle spese militari e un'accentuata resistenza palestinese nei territori occupati.
- La colonizzazione dei territori conquistati rese difficili le trattative con gli arabi, portando a tensioni interne e internazionali per Israele.
Indice
La guerra dei sei giorni
La guerra dei sei giorni è un conflitto combattuto tra Israele da una parte ed Egitto, Siria e Giordania dall'altra, all'interno delle ostilità arabo-israeliane, mai sopite; fu combattuta dal 5 al 10 giugno 1967; terminò con la vittoria d’ Israele che sottrasse alla Giordania la Cisgiordania e i quartieri vecchi di Gerusalemme. All’Egitto sottrasse la striscia di Gaza e la penisola del Sinai fino al Canale di Suez che rimase bloccato. Alla Siria furono sottratte il Golan e la città di Kuneitra. Tale rapida ed articolata operazione bellica va considerata come il tentativo israeliano per risolvere il contrasto esterno con paesi arabi circostanti e per trovare una soluzione al disagio economico interno. Infatti, da anni, i dirigenti israeliani erano lacerati da dissensi piuttosto acuti riguardanti il futuro del paese. Ampi strati degli elettori si erano allontanati dagli ideali pionieristici e colonizzatori originari ed erano alla ricerca dimezzi per migliorare le condizioni di vita. Il governo israeliano pensò di agire con molta astuzia, approfittando della situazione internazionale e tessendo un capolavoro di diplomazia, Israele poté attaccare per primo e vincere, facendosi passare per aggrediti e con il massimo appoggio europeo e americano.
Tensioni pre-conflitto
La Crisi di Suez del 1956, aveva lasciato un forte clima di tensione, sostenuto dalle ambizioni politiche e militari del presidente egiziano Nasser; nonostante che il suo tentativo di nazionalizzare il canale di Suez fosse andato fallito, egli era comunque riuscito a consolidare la sua posizione nel mondo arabo, e ciò aveva acuito i contrasti tra Israele ed Egitto.
Nel 1964 una serie di eventi riaccese la tensione: infatti, in Palestina aveva riacquistato vigore grazie alla nascita dell’ OLP, in Siria era salito al potere il partito Ba’Th, che sosteneva i guerriglieri armati palestinesi, e Siria e Giordania firmarono un accordo per costruire una diga sul fiume Giordano, che avrebbe limitato le risorse idriche di Israele.
Reazioni e conseguenze
A tutto questo, Israele reagì con dei raid sul territorio siriano e cisgiordano; come reazione l’Egitto cominciò a collocare le proprie truppe sul Sinai, ottenendo il ritiro delle forze dell’ONU, e chiudendo gli Stretti di Tiran che avevano un grande interesse strategico. Nasser, con l’appoggio dell’URSS, aveva intanto intensificato la sua propaganda anti-israeliana, e si dichiarava pronto a muovere guerra su Israele dove si era formato un governo di unione nazionale; questa fu una mossa che ottenne l’appoggio tacito degli Stati Uniti e diede inizio alle ostilità.
Conseguenze post-belliche
Nonostante tutto gli Arabi non crollarono, come il Governo di Tel Aviv aveva supposto. Anche se Israele ottenne terre, acqua, manodopera a basso costo ed un ampliamento del mercato interno, in realtà ne trasse soltanto un vantaggio passeggero anche perché le spese militari si moltiplicarono. Inoltre, il nodo palestinese fu ben lontano dalla soluzione, anzi si accentuò: i Palestinesi sparpagliati ovunque si erano notevolmente organizzati e a quelli originari d’ Israele si unirono quelli della Cisgiordania. A causa del protrarsi dell’occupazione delle terre conquistate, il Governo israeliano si trovò bel presto a reprimere la resistenza. Inoltre, nella popolazione israeliana si diffuse la consapevolezza che per continuare a presidiare le zone occupate si finiva col ricorrere a rappresaglie gratuite e indiscriminate, come per esempio la distruzione delle case di sospettarti di appoggio alla resistenza, oppure ai controlli polizieschi, alla censura, alla limitazione dei diritti e alla pratica della tortura. Il governo laburista scelse la strada della colonizzazione dei territori occupati, il che rendeva particolarmente difficile la trattativa con gli Arabi.
Domande da interrogazione
- Quali furono le conseguenze territoriali della guerra dei Sei giorni per Israele?
- Quali furono le cause principali che portarono allo scoppio della guerra dei Sei giorni?
- Come reagì Israele alle tensioni crescenti prima della guerra dei Sei giorni?
- Quali furono le conseguenze economiche e sociali per Israele dopo la guerra dei Sei giorni?
- Quale fu la strategia del governo israeliano nei territori occupati dopo la guerra?
Israele sottrasse alla Giordania la Cisgiordania e i quartieri vecchi di Gerusalemme, all'Egitto la striscia di Gaza e la penisola del Sinai, e alla Siria il Golan e la città di Kuneitra.
Le cause principali furono le tensioni politiche e militari tra Israele e i paesi arabi circostanti, l'intensificazione della propaganda anti-israeliana da parte di Nasser, e la chiusura degli Stretti di Tiran da parte dell'Egitto.
Israele reagì con raid sul territorio siriano e cisgiordano, e approfittò della situazione internazionale per attaccare per primo, ottenendo il massimo appoggio europeo e americano.
Israele ottenne un vantaggio passeggero con terre, acqua e manodopera a basso costo, ma le spese militari si moltiplicarono e il nodo palestinese si accentuò, portando a repressioni e tensioni interne.
Il governo laburista scelse la strada della colonizzazione dei territori occupati, rendendo difficile la trattativa con gli Arabi e portando a rappresaglie e limitazioni dei diritti.