Concetti Chiave
- Inizialmente, l'economia fascista adotta una politica liberista per ottenere il sostegno del capitale, riducendo i controlli statali e promuovendo l'iniziativa privata.
- Dal 1925, si passa al protezionismo e alla deflazione per combattere l'inflazione, diminuendo la circolazione monetaria e aumentando i dazi doganali.
- Con lo Stato imprenditore, lo Stato assume un ruolo attivo nell'economia post-crisi del '29, aumentando i lavori pubblici e creando istituti come IMI e IRI per sostenere le imprese.
- L'autarchia si intensifica dal 1935, spinta dalle sanzioni internazionali, portando l'Italia a una maggiore dipendenza dalla Germania e a un incremento delle spese belliche.
- L'incremento delle spese belliche stimola l'occupazione ma limita gli investimenti in altri settori, influenzando negativamente l'economia complessiva.
Indice
La fase liberista dell'economia fascista
Il liberismo (1922-25): in questa prima fase l’economia fascista intraprende una linea liberista, promossa dal ministro delle finanze De Stefani, al fine di garantirsi il sostegno del capitale. Perciò attenuò i controlli statali, incoraggiò l’iniziativa privata e ridusse il personale statale. Questi e altri provvedimenti favorirono lo sviluppo economico in quegli anni, ma col tempo provocarono un forte aumento dei prezzi e determinarono l’inflazione .
Protezionismo e deflazione sotto Volpi
il protezionismo (1925-29): in questo periodo l’economia, guidata da G. Volpi di Misurata, segue una politica legata al protezionismo e alla deflazione. Di fatto il problema principale di risolvere era quello dell’inflazione, per questo motivo si limitò la circolazione monetaria (=deflazione). In questo modo la richiesta di beni diminuì così come anche i prezzi e la lira aumentò il suo potere d’acquisto (quota 90). Tuttavia questa politica, che avrebbe dovuto assestare l’economia, il danneggiamento delle esportazioni a favore delle grandi concentrazioni industriali (Fiat, Pirelli…), la diminuzione dei salari e la salvaguardia ai risparmi dei ceti medi. Per quel che riguarda il protezionismo¸ invece, furono aumentati i dazi doganali, si promosse l’autarchia attraverso l’imposizione di divieti sull’importazione e attraverso la battaglia del grano (campagna a favore della produzione cerealicola interna).
Lo Stato imprenditore e la crisi del '29
lo Stato imprenditore (1929-36): lo Stato rispose alla crisi del ’29 con vari provvedimenti, tra cui un controllo più esteso sulle attività finanziarie e industriali, l’incremento dei lavori pubblici (es bonifica dell’agro pontino) che assorbì in parte la disoccupazione, la creazione dell’Istituto mobiliare italiano (Imi, 1931) che concedeva prestiti alle grandi imprese, dell’Istituto per la ricostruzione industriale (Iri, 1938) che acquistò parte del pacchetto azionario di banche e industrie che divennero a partecipazione statale;
Autarchia e spese belliche durante la guerra d'Etiopia
autarchia e spese belliche (1935-43): la battaglia per l’autarchia, esasperata a seguito delle sanzioni emanate dalla Società delle nazioni per la Guerra d’Etiopia, finì col rendere, a causa della mancanza di materie prime, l’Italia tributaria della Germania di Hitler. L’aumento delle spese belliche da una parte favorì l’occupazione, dall’altra andò a danno di altri investimenti.
Domande da interrogazione
- Quali furono le principali politiche economiche adottate dal fascismo tra il 1922 e il 1925?
- Come affrontò l'Italia fascista il problema dell'inflazione tra il 1925 e il 1929?
- Quali furono le misure adottate dallo Stato italiano durante la crisi del 1929?
Tra il 1922 e il 1925, l'economia fascista adottò una linea liberista, promossa dal ministro delle finanze De Stefani, che attenuò i controlli statali, incoraggiò l'iniziativa privata e ridusse il personale statale per favorire lo sviluppo economico.
Tra il 1925 e il 1929, l'Italia fascista adottò una politica di protezionismo e deflazione per affrontare l'inflazione, limitando la circolazione monetaria e aumentando i dazi doganali, promuovendo l'autarchia e la produzione interna.
Durante la crisi del 1929, lo Stato italiano estese il controllo sulle attività finanziarie e industriali, incrementò i lavori pubblici, creò l'Istituto mobiliare italiano (Imi) e l'Istituto per la ricostruzione industriale (Iri) per sostenere le grandi imprese e assorbire la disoccupazione.