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Concetti Chiave

  • La Belle Époque è caratterizzata da un periodo di crescita economica e innovazioni tecnologiche, che ha portato a un miglioramento delle condizioni di vita e a un senso di fiducia nel progresso.
  • Le scoperte scientifiche di Pasteur e Koch nel campo della microbiologia hanno migliorato le condizioni igieniche e ridotto la mortalità, favorendo un aumento demografico significativo.
  • Giovanni Giolitti, leader politico italiano, ha promosso una legislazione sociale avanzata e una politica di neutralità nei conflitti sociali, sostenendo l'industrializzazione e le riforme lavorative.
  • Lo sviluppo industriale si è concentrato principalmente nel nord Italia, mentre il sud ha continuato a vivere in condizioni di arretratezza economica e sociale.
  • La politica estera di Giolitti ha cercato di rafforzare la posizione italiana in Europa e nel Mediterraneo attraverso accordi diplomatici e la conquista della Libia.

Indice

  1. Crescita economica e cambiamenti sociali
  2. Espansione industriale e scoperte scientifiche
  3. Innovazioni tecnologiche e comunicazioni
  4. Cultura di massa e turismo
  5. Sport e cambiamenti sociali
  6. Crisi culturale e nuove teorie
  7. Giolitti e le riforme sociali
  8. Politica economica e industrializzazione
  9. Migrazioni e leggi sull'emigrazione
  10. Socialismo e politica cattolica
  11. Politica estera e colonialismo

Crescita economica e cambiamenti sociali

La poderosa crescita economica, che si verificò tra fine Ottocento e inizio Novecento, suscitò un senso di euforia accompagnato da una grande fiducia in un progresso materiale illimitato.

Si diffuse tra borghesia un clima di spensieratezza e di fede nel futuro, sentimenti che sembravano estendersi anche alle classi meno abbienti. La crescita economica cominciò a diffondere un certo benessere e rese più complessa e articolata la composizione professionale e

sociale; nacquero nuove occupazioni nel campo dell’amministrazione, del commercio e dei servizi, anche le donne iniziarono ad accedere al mondo del lavoro. Cominciarono a cambiare i modelli di vita: il benessere, le strade illuminate, la merce di notevole quantità nei grandi magazzini, i caffè, i cabaret, i teatri, nuove invenzioni; tutto dava la sensazione che si fosse raggiunto uno sviluppo grandioso, destinato a durare per sempre. Questa fase, dal 1885 al 1915, poi chiamata Belle Époque (definizione coniata in Francia dopo la Prima Guerra Mondiale, quando dopo gli avvenimenti di quest’ultima si ripensa con nostalgia a una stagione felice ed esaltante, definita perduta).

Espansione industriale e scoperte scientifiche

Tra fine Ottocento inizio Novecento ci fu l’espansione della produzione industriale e del commercio, vi fu anche una crescita demografica generalizzata la popolazione mondiale raggiunse il miliardo e mezzo di individui, un quarto dei quali europei. L’aumento demografico fu favorito dai progressi compiuti nella seconda metà dell’Ottocento dalla chimica, favorendo scoperte nel campo medico (vaccini e antibiotici). Decisive le ricerche nel campo della microbiologia e della batteriologia di Louis Pasteur e Robert Koch: il primo scoprì la pastorizzazione del latte, il secondo individuo l’agente

patogeno della tubercolosi e il bacillo del colera. Intuirono anche il ruolo dei microrganismi nell’origine e nello sviluppo delle malattie: derivò il miglioramento delle condizioni igieniche negli ospedali, debello più facilmente le epidemie e ridusse la mortalità infantile.

Innovazioni tecnologiche e comunicazioni

Negli ultimi anni dell’Ottocento, la ricerca si aprì a nuovi campi. Nel 1896 Antoine Henri Becquerel scopri le singolari proprietà dell’uranio, proseguì la ricerca sulla radioattività insieme a due colleghi: i coniugi Pierre e Marie Curie, risultati che avrebbero avuto importanti conseguenze per scienza e tecnologia. Belle époque anche epoca di importanti innovazioni applicate alla vita quotidiana: abitazioni, almeno in città, fornite di servizi igienici e di illuminazione con lampadine a corrente elettrica, edifici dotati dei primi riscaldamenti centralizzati e dei primi ascensori azionati dall’elettricità Ideato nel 1880 da Werner von Siemens l’ascensore elettrico, consacrazione a Parigi all’interno della Torre Eiffel. La prima esposizione universale si tenne a Londra nel 1851; la città diventò vetrina su cui mostrare tutte le

ultime meraviglie della scienza, tecnica e arte. Esposizioni anche occasione per far conoscere al pubblico europeo i territori colonizzati; la belle époque coincise con la grande espansione dell’imperialismo, quindi con il controllo e lo sfruttamento da parte delle potenze europee. Nel corso delle grandi manifestazioni si tenevano incontri e conferenze con esploratori, missionari e militari che vivevano nei paesi colonizzati: i racconti confermano nei visitatori la convinzione di essere superiori, contribuendo anche a diffondere il gusto per l’esotico.

Settore che beneficiò particolarmente fu quello delle comunicazioni, messa a punto del telefono ideato da Antonio Meucci, che permise di comunicare a distanza; l’utilizzo sulla navigazione del radiotelegrafo, brevettato da Guglielmo Marconi che offrì nuove opportunità nelle comunicazioni transoceaniche. Nel 1876 l’invenzione del motore a scoppio, in Germania, portò applicazioni che potevano velocizzare gli spostamenti di persone e merci. Negli stessi anni la bicicletta, invenzione di trasmissione a Catona, assunse la forma che oggi conosciamo: l’applicazione del motore a scoppio a una vettura diede vita alla prima automobile; alla fine secolo vennero costruite le prime motociclette Motore a scoppio applicato a due eliche permise ai fratelli Wright la progettazione dell’aeroplano, il cui primo volo avvenne nel 1903.

Progressi così rapidi che nel 1909 fu possibile eseguire la trasvolata della Manica. Nel 1927 Charles Lindbergh effettuò la prima traversata dell’oceano Atlantico in solitaria.

Cultura di massa e turismo

La Belle époque fu anche il periodo in cui si svilupparono le attività appartenenti al “tempo libero”. Nel 1894 i fratelli Lumière realizzarono un congegno capace di far scorrere e proiettare su uno schermo una pellicola precedentemente impressionata da immagini, scorrendo riproduceva il movimento reale. A fine Ottocento iniziò a diffondersi su larga scala il grammofono per l’ascolto della musica, prese piede l’abitudine di trascorrere le sere nei locali pubblici. Occasioni di svago favorite dall’illuminazione elettrica che fece protrarre i divertimenti fino a notte tarda.

La cultura di massa nasce da fenomeni come i totalitarismi politici (che hanno basato il loro potere sul supporto delle masse) o la progressiva comparsa dei mass media sulla scena culturale, in particolare la radio e la televisione. È

normalmente descritta come un tipo di cultura basata sul consumismo, sull’accesso permanente a nuovi prodotti che vanno dal più semplice al più complesso, sull’unificazione di concetti o fenomeni culturali a livello globale, sull’annullamento delle diversità, nell’accesso alla cultura d’una maggior parte della popolazione, ecc. Tutti questi

elementi possono essere considerati negativi o positivi in base alla posizione ideologica di ciascuno. Sfortunatamente per coloro che si ribellano a questa azione perpetrata dalla cultura di massa in tutti gli aspetti della vita quotidiana delle persone abbiamo cattive notizie: è molto difficile, se non impossibile, per qualcuno evitare quella influenza che questa

cultura propone, che possono rimanere isolati dalle loro azioni e dai loro effetti.

Anche il turismo cominciò a coinvolgere un pubblico sempre più vasto, confermato dal crescente successo delle guide di viaggio, in questi anni furono create le prime stazioni balneari, celebre Deauville in Francia, afflusso di vacanzieri modificò la cittadina della Normandia, si doto di nuove attrezzature e arredi urbani per accogliere i turisti. Nascita Ufficio del Turismo francese e della prima colonia estiva per ragazzi. Il turismo divenne un fenomeno di massa.

Sport e cambiamenti sociali

Lo sport divenne un fenomeno di costume, si diffuse fra le classi popolari Interesse maggiore per il calcio, conobbe i suoi primi campionati organizzati e le prime forme di professionismo, ciclismo. protagonista di competizioni sportive, e l’automobilismo. La diffusione della pratica agonistica andò di pari passo con quella dei giornali specializzati, presentavano le vicende sportive non come fatti di cronaca, ma come imprese dell’uomo moralmente sano.

Crisi culturale e nuove teorie

Cominciarono a dedicarsi allo sport professionale anche le donne, sempre più consapevoli delle proprie potenzialità; lo sport sarà uno dei principali veicoli dell’emancipazione femminile. Questo periodo fu clima universale di fiducia e ottimismo, ma che emersero ugualmente segnali di crisi e inquietudini che si manifestarono in molti ambiti della vita sociale: si affacciarono così la crisi della famiglia e dei ruoli sessuali tradizionali, rifiuto dell’ipocrisia borghese e delle convenzioni tradizionali, diffondersi di atteggiamenti originali e “trasgressivi”, comportamenti che esprimono il bisogno di adeguare lo stile di vita alle esigenze del tempo, spesso vissuti con un sentimento di drammaticità. Sembra che l’individuo avesse smarrito il senso della propria identità e le solide certezze del passato, Crisi

di valore che stimolarono la ricerca di soluzioni nuovi; principale interprete della crisi della cultura occidentale fu Friedrich Nietzsche, si scagliò contro il razionalismo positivista e con la religione cristiana, contrappose ai valori della società borghese tradizionale l’esaltazione della “volontà di potenza”. L’individuo poteva spingersi verso una dimensione “oltreumana” e Sigmund Freud elaborò il metodo della psicoanalisi, con cui cercava di far emergere l’“inconscio”, parte della psiche umana che non raggiunge il livello della coscienza, per spiegare i comportamenti e le sofferenze dell’individuo. Vera e propria rivoluzione della fisica con Albert Einstein che espose la teoria della relatività che scuoteva i fondamenti delle scienze fisiche classiche: contributo fondamentale alla revisione delle conoscenze in ambito fisico e dei rapporti dell’uomo con l’universo.

Giolitti e le riforme sociali

Nel novembre 1903, a seguito del ritiro per malattia di Zanardelli, venne chiamato a capo del governo il ministro degli interni Giovanni Giolitti, mantenne la carica per oltre un decennio passato alla storia con il

nome di “età giolittiana” Di orientamento liberale, appartenente alla “Sinistra costituzionale” dimostrò grandi abilità nel trovare un equilibrio tra le forze sociali, promuovendo l’avanzata legislazione sociale e una politica a favore della nascente industria italiana Giolitti mutò atteggiamento delle Stato davanti ai conflitti sociali e agli scioperi: non dovevano essere considerati manifestazioni sovversive bensì come eventi naturali della vita sociale ed economica.

Secondo il leader lo Stato non doveva affrontare il problema con le repressioni violente ma, rimanere neutrale limitandosi a mantenere l’ordine pubblico, lasciare che il contrasto si risolvesse per mezzo di trattative dirette tra

rappresentanti dei lavoratori e quelli dei datori di lavoro. Giolitti convinto che attraverso il miglioramento delle condizioni economiche e sociali delle classi popolari, il paese avrebbe conosciuto tranquillità e prosperità.

Giolitti si preoccupò anche di prevenire le agitazioni ricorrendo alle riforme; riteneva che il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori coincide con un progresso di tutto il paese. Nel corso del suo governo, perfezionò e

ampliò la legislazione in favore dei lavoratori anziani, infortunati o invalidi, formulate nuove norme per tutelare il lavoro di donne e bambini: fu limitato il lavoro femminile notturno, età lavorativa elevata a 12 anni. Giolitti si dimostrò attento alle pressanti rivendicazioni salariali di operai e impiegati, favorì la conquista di migliori retribuzioni le quali

contribuirono ad aumentare la richiesta di beni di consumo sui mercati ed ad ampliare la produzione. Nel 1912 estese a tutti i lavoratori l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro. introdotta nel 1898, e istituì l’Istituto Nazionale per le Assicurazioni per gestire le assicurazioni sulla vita Riforma importante riguardò le spese per l’istruzione elementare, mentre l’obbligo scolastico venne esteso fino ai 12 anni di età; gestione diretta delle scuole primarie rese possibile la costruzione di nuovi edifici ed effettivo l’obbligo alla frequenza, in modo da combattere l’analfabetismo. In

questo quadro si inseriscono alcuni interventi della sanità pubblica come la distribuzione gratuita del chinino contro la malaria, le numerose riforme sociali e igienico-sanitarie determinarono un aumento demografico e un miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni.

Politica economica e industrializzazione

Il maggior benessere generale e le rimesse degli emigrati facilitarono il risanamento dell’economia nazionale, permise un notevole incremento delle entrate dello Stato, fu possibile così mantenere il bilancio in pareggio (anche dopo l’eruzione del Vesuvio, nel 1906, e il terremoto di Messina). Grazie a una scrupolosa amministrazione del denaro pubblico, la lira acquistò un eccezionale prestigio al punto che venne preferita alle monete d’oro sul mercato internazionale la favorevole situazione finanziaria, accrebbe il risparmio e i depositi presso le banche, le quali finanziarono numerose imprese nel settore agricolo e industriale.

L’appoggio di Giolitti all’industrializzazione si manifestò principalmente di protezionismo doganale e di commesse pubbliche; in questo modo la produzione agricola, in seguito ad importanti lavori di bonifica e irrigazione, risulta più che raddoppiata tra il 1870 e il 1910 Industria meccanica conobbe un rilevante sviluppo insieme all’industria chimica, tessile e alimentare. All’interno del sistema produttivo italiano, si affermarono l’industria automobilistica, ebbe nella Fiat(fondata nel 1899) la sua più promettente espressione:

- l’industria della gomma, sorta a Milano nel 1872;

- l’industria idroelettrica, passo dalla produzione di poche migliaia di kilowatt al mezzo milione, continuò anche ad importare il carbone.

Il programma dei lavori pubblici di Giolitti ebbe la significativa manifestazione nell’estensione della rete ferroviaria, a cui contribuì la statalizzazione delle linee nel 1905. Stato italiano acquistò la piena proprietà e il controllo dei principali tratti della rete nazionale e costruì anche muove linee, nell’ampliamento di quelle esistenti e realizzazione di nuovi trafori. Nel 1910 la rete ferroviaria italiano raddoppio rispetto al 1880 raggiungendo i 18.090 km.

Lo sviluppo dell’industria e dell’agricoltura e il conseguente progresso sociale non si distribuì in modo uniforme su tutto il territorio, nella regione meridionale continuo l’arretratezza economica e sociale. La politica giolittiana sostenne il decollo industriale in regioni nord-occidentali, dove l’industria moderna si era già sviluppata: non ebbe forza di incidere nell’economia delle regioni meridionali, né ebbero effetto provvedimenti come la legge per l’industrializzazione di Napoli o l’avvio della costruzione dell’acquedotto pugliese.

Migrazioni e leggi sull'emigrazione

Nel corso dell’Ottocento l’Europa conobbe un fenomeno migratorio in uscita senza precedenti, milioni di persone emigrarono oltreoceano. Dalla Penisola le partenze si intensificarono dopo l’unificazione, l’incremento delle migrazioni

fu determinato da due fattori: da una parte gli effetti della "grande depressione" economica del 1873-1895; da un’altra l’ampia libertà di circolazione in un mercato di lavoro che assunse dimensioni mondiali. Dal 1880 le mete privilegiate furono i paesi del Nuovo Mondo, si aprirono due grandi frontiere: Brasile e Argentina.

Lo sviluppo che l’Italia conobbe durante l’età giolittiana, non arrestò il flusso migratorio; al contrario furono questi gli anni della cosiddetta “grande migrazione” dal 1900 al 1915 partirono una media di 600.000 persone all’anno, per un totale di 9 milioni (scoppio della Prima Guerra Mondiale fermò il flusso). Negli anni compresi tra il 1876 e il 1915, maggioranza degli emigrati composta da uomini tra i 18 e i 45 anni nel pieno delle capacità lavorative, partecipazione delle donne comunque non trascurabile Conseguenze sociali importanti: la partenza di tanti uomini provocò la disgregazione di molte famiglie, rese più difficile la formazione di nuovi nuclei familiari nelle comunità di origine, il numero delle donne superava quello degli uomini rimasti. Dal punto di vista economico, le partenze ridussero la disponibilità di manodopera, chi rimase incontro minori difficoltà a trovare lavoro (riduzione tassi di disoccupazione e miglioramento salariale).

A lungo i governi italiani non produssero alcuna normativa sull’emigrazione: per partire bastava essere in regola con il servizio militare ed avere il passaporto valido. Le “agenzie” organizzano viaggi: gestite da italiani già emigrati, svolgevano il ruolo di reclutamento e intermediazione tra le compagnie di navigazione e le autorità dei paesi stranieri in cerca di forza-lavoro, alimentando un tratta transoceanica in condizione di semi schiavitù. Tra chi sceglieva di emigrare, pochissimi possedevano risparmi sufficienti o beni da vendere per comprare il biglietto, quindi si affidavano all’emigrazione prepagata: dal Nord e Sud America arrivavano degli agenti inviati per reclutare manodopera promettendo ricchi guadagni, lavoro sicuro, proprietà terriera in cambio di un contratto da firmare. Una volta arrivato nella destinazione scelta, l’individuo si ritrova di fatto schiavo per onorare il debito contratto al momento del ritiro del biglietto, di fronte a questa situazione nel 1888 venne promulgata la legge Crispi. Poi, in modo più organico, la legge del 1901 abolì la figura di questo agente, affidando la gestione del reclutamento alle compagnie di Navigazione, impose norme di tutela degli emigranti.

Socialismo e politica cattolica

Giolitti cercò insistentemente di includere nello Stato le masse operaie e contadine escluse che si esprimono tramite il movimento socialista e cattolico; egli comprese che la trasformazione economica e sociale del paese esigeva una sicura basa di consenso parlamentare ed anche un’apertura alle forze politiche fino ad allora mai pienamente identificate.

Cercò un accordo con il Partito socialista, nel 1903 Giolitti propose a Filippo Turati di entrare nel suo primo governo nella convinzione che ne avrebbe scongiurato ogni tentazione rivoluzionaria; iniziativa che non ebbe successo; Turati sapeva che la corrente massimalista non l’avrebbero mai seguito su questa strada, anzi, nel 1904 l’ala più estremista riprese il controllo del partito e sostenne il primo sciopero generale nazionale della storia italiana. In seguito il fallimento della linea rivoluzionaria fece sì che la corrente riformista riprendesse forza: negli anni successivi il Partito socialista

avrebbe trovato molti punti d’accordo con la politica giolittiana, senza mai arrivare a collaborare. La nascita della Confederazione generale del Lavoro rafforzò la corrente riformista del socialismo, organizzazione sindacale che univa le formazioni sindacali locali al cui interno prevalse il socialismo moderato.

Il termine “socialismo” comprende ogni teoria politica e sociale, mirante a realizzare una riforma della società. Il fine di questa riforma è la messa in comune di tutte le risorse economiche. Le teorie socialiste prendono corpo nell’Ottocento, anche se si creano diversi gruppi socialisti con orientamenti e punti di vista diversi, hanno comunque degli elementi in comune:

rifiuto dell’individualismo, insito nell’economia capitalista in favore dei modelli di vita comunitari, in più la critica della proprietà privata.

Altra conseguenza dello sciopero generale del 1904: Giolitti si riavvicinò alla Chiesa cattolica, con l’obiettivo del reciproco sostegno per far fronte al pericolo dei “rossi”; tempi maturi per un passo del genere dato che erano emerse posizioni a favore della partecipazione attiva nella vita politica(schieramento cattolico). L’accettazione della situazione politica italiana si accompagnava a un’ampia apertura verso i fondamentali diritti del corpo sociale: piena libertà sindacale, ampia legislazione sindacale, efficace riforma tributaria, concreto decentramento suffragio elettorale amministrativo, allargamento del suffragio elettorale.

Rivestì particolare importanza Romolo Murri, fondatore nel 1900 di un movimento che voleva essere aperto ai problemi sociali nati dall’industrializzazione; Murri si rese interpretazioni appassionato di una possibile conciliazione tra democrazia e religione, anche attraverso la formazione di un’ampia rete di organismi politico-sindacali e uffici del lavoro.

Questo movimento, la Democrazia cristiana italiana, non trovò il consenso né di Leone XIII e Pio X che osteggiarono Murri. I Papi miravano a legare il movimento democratico cattolico alla gerarchia ecclesiastica al fine di mantenere i fedeli nell’ambito di un cauto appoggio, Murri entrò in contrasto con la gerarchia ecclesiastica e nel 1909 fu scomunicato. Nel frattempo Luigi Sturzo (sacerdote) si andava convincendo della necessità di un partito laico-cristiano: a carattere democratico, autonomo dell’autorità ecclesiastica, in grado di inserirsi nel tessuto civile creato da liberalismo; Sturzo sosteneva l’elaborazione dei propri programmi e strategie politiche della Chiesa.

L’ingresso dei cattolici nella vita politica italiana si realizzò solo nel 1912, fase particolare del governo di Giolitti, soggetto a una duplice opposizione: da una parte cresciute le correnti conservatrici e nazionaliste (consideravano Giolitti troppo sbilanciato a sinistra, incapace di conferire all’Italia un rango internazionale), dall’altro nel Partito socialista prevaleva l’orientamento rivoluzionario. Giolitti si rese conto che l’unica via da imboccare era creare un’intesa con le forze cattoliche. La crescita del Partito socialista indusse lo stesso pontefice Pio X ad attenuare l’intransigenza vaticana nei confronti del regno d’Italia e ammettere la possibilità della partecipazione dei cattolici alle elezioni politiche.

Accordo ben più ampio raggiunto alla vigilia delle elezioni del 1913, svolte sulla base di una nuova legge elettorale approvata nel 1912: legge che ammette al voto tutti i cittadini di sesso maschile purché avessero compiuto 30 anni (se si sapeva leggere e scrivere l’età si abbassava a 21); la riforma elettorale ebbe una grande importanza: il numero salì dal 9,4% della popolazione a circa 24% su un totale di 36 milioni di abitanti, donne ancora escluse dal voto. La Legge introdusse un’indennità parlamentare, un indennizzo per le spese sostenute nello svolgimento del proprio ruolo in Parlamento. Per rafforzare lo schieramento liberale, Giolitti stipulò un accordo segreto con Vincenzo Ottorino Gentiloni, molto vicino alla Santa Sede. In base all’accordo i cattolici si impegnano a sostenere l’elezione dei deputati liberali, in

cambio i liberali si impegnano ad abbandonare le politiche anticlericali e a difendere le scuole cattoliche e l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche.

Giolitti domina la scena politica per quasi un decennio, il suo metodo di governo non era stato molto dissimile al trasformismo di Depretis: la spregiudicatezza dell’azione di governo gli aveva attirato aspre critiche, durante le elezioni Giolitti non aveva esitato a ricorrere alla corruzione e all’intimidazione per creare una Camera di deputati che gli obbedisca fedelmente. Malgrado le accuse è ampiamente riconosciuto che la lunga stabilità di governo consenti a Giolitti di conseguire importanti risultati: avviare la modernizzazione del paese, accogliere punti del programma dei

socialisti e frenare l’irruenza della loro ala estrema.

Politica estera e colonialismo

Con Giolitti cambiò anche indirizzo la politica estera, azione diplomatica precedente caratterizzata dalla scelta filotedesca e l’ingresso italiano nella Triplice Alleanza, rapporti con Francia Inghilterra diventano conflittuali a causa della lunga guerra doganale e dall’avvio di una politica coloniale italiano: L’impresa fallimentare in Africa, sconfitta di Adua nel 1896, dimostrò che una qualsiasi politica coloniale non sarebbe stata possibile senza il favore delle due grandi potenze europee. Per questo Giolitti ridusse la Triplice Alleanza a un patto puramente difensiva e rafforzare la posizione

italiana in Europa attraverso accordi con Francia e Inghilterra. Giolitti concordò con Francia un’eventuale espansione francese in Marocco, in cambio del consenso ad una penetrazione italiana in Tripolitania e Cirenaica. La sua espansione coloniale riprese nel 1911, contingente italiano sbarcò sull’ultima parte dell’Africa settentrionale non ancora occupata; iniziativa fruttò di un’accurata preparazione diplomatica e militare: finanze pubbliche risanate, popolazione crescente e fu il pretesto dell’aumento demografico a giustificare i sacrifici derivanti da un intervento che avrebbe dato sbocco alle energie italiane. Giolitti inizialmente poco favorevole all’invasione si decise per varie ragioni:

- ogni ulteriore ingrandimento delle potenze coloniali avrebbero costituito un indebolimento e una

diminuzione di prestigio;

- per soddisfare e attenuare l’opposizione del movimento politico nazionalista;

- per favorire gli interessi economici interni, quelli della finanza e dell’industria, occasione per allargare i mercati.

Nel 1911 la Francia iniziò a conquistare Marocco e Giolitti ritenne fosse il momento di intervenire, ebbe così inizio la seconda impresa africana dell’Italia.

Il 29 settembre 1911, con il pretesto di verificare alcuni incidenti a Tripoli, l’Italia dichiarò guerra all’impero ottomano(che dominava la Libia). Pochi giorni dopo, un corpo di spedizione sbarcò a Tripoli e occupò tutta la fascia costiera fino a Tobruk sconfiggendo il nemico nella battaglia di Ain Zara; più difficile e lenta la conquista dell’interno, per le asperità del territorio e per la resistenza della popolazione. I libici non accolsero gli italiani come “liberatori”, ma come invasori opposero un efficace azione di guerriglia, Italia replicò con brutali metodi di repressione. Per costringere l’impero ottomano alla pace, il governo italiano decise di attaccarlo direttamente; un corpo di spedizione occupò Rodi e altre undici isole dell’Egeo (il Dodecaneso), mentre cinque torpediniere penetravano nello stretto dei Dardanelli. Il sultano

chiese l’armistizio e il 18 ottobre 1912 firmò la pace di Losanna: l’impero ottomano riconosceva all’Italia il possesso di Tripolitania e Cirenaica e si impegnava a far cessare la guerriglia. L’occupazione della nuova colonia, alla quale fu dato il nome di Libia, non portò all’economia nazionale i vantaggi che si speravano. Quell’ampia fascia di territorio era prevalentemente desertica ed anche povero di materie prime, ad eccezione dei vasti giacimenti petroliferi scoperti solo dopo la Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia, le operazioni militari

contribuirono a rafforzare la posizione italiana nel Mediterraneo; l’impresa libica inoltre incoraggiò i nazionalisti, spingendoli sempre più contro il governo. La guerra provocò una spaccatura all’interno del Partito socialista tra la corrente minoritaria dei riformisti, che avevano approvato il conflitto, e la maggioranza che si era opposta in nome del pacifismo e dell’antimperialismo. Il Congresso di Reggio Emilia espulse i riformisti Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi, i quali dettero vita ad un Partito socialista riformista italiano autonomo; nel Partito socialista finì col prevalere la linea più intransigente e rivoluzionaria, guidata da un giovane Benito Mussolini.

Domande da interrogazione

  1. Quali furono le principali innovazioni tecnologiche durante la Belle Époque?
  2. Durante la Belle Époque, ci furono importanti innovazioni come l'illuminazione elettrica, l'ascensore elettrico, il telefono di Antonio Meucci, il radiotelegrafo di Guglielmo Marconi, il motore a scoppio e l'aeroplano dei fratelli Wright.

  3. Come influenzò Giovanni Giolitti la politica sociale ed economica italiana?
  4. Giovanni Giolitti promosse una legislazione sociale avanzata, migliorò le condizioni di vita dei lavoratori, sostenne l'industrializzazione e mantenne un equilibrio tra le forze sociali, contribuendo alla modernizzazione del paese.

  5. Quali furono le conseguenze della migrazione italiana durante l'età giolittiana?
  6. La migrazione italiana portò alla disgregazione familiare, ridusse la disponibilità di manodopera in Italia, ma migliorò le condizioni economiche per chi rimase, riducendo la disoccupazione e migliorando i salari.

  7. In che modo la Belle Époque influenzò la cultura di massa e il tempo libero?
  8. La Belle Époque vide la nascita della cultura di massa, con l'introduzione del cinema dai fratelli Lumière, la diffusione del grammofono e l'abitudine di trascorrere le serate nei locali pubblici, grazie all'illuminazione elettrica.

  9. Quali furono le implicazioni della politica coloniale italiana sotto Giolitti?
  10. La politica coloniale italiana sotto Giolitti portò alla conquista della Libia, rafforzò la posizione italiana nel Mediterraneo, ma non portò i vantaggi economici sperati, contribuendo a tensioni politiche interne e a divisioni nel Partito socialista.

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