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Concetti Chiave

  • Nell'Ottocento, il restauro di ripristino mirava a ricostruire l'integrità dell'opera d'arte, con Viollet-Le Duc come uno dei principali sostenitori.
  • Il Novecento segna la transizione verso un restauro conservativo, focalizzato sulla salvaguardia dell'identità storica delle opere d'arte.
  • La Carta di Atene del 1931 sottolinea l'importanza di mantenere le testimonianze storiche delle opere, vietando le "restituzioni integrali".
  • Cesare Brandi definisce il restauro come un riconoscimento dell'opera d'arte nella sua fisicità e polarità estetica e storica, rispettando la patina del tempo.
  • Il restauro evolve in una forma di critica d'arte, influenzando anche il modo in cui un'opera è presentata e illuminata nei musei.

Indice

  1. Evoluzione del restauro nell'Ottocento
  2. La Carta di Atene e le sue implicazioni
  3. Il restauro come scienza filologica

Evoluzione del restauro nell'Ottocento

Nell’Ottocento il restauro era inteso come restauro di ripristino, cioè si mirava a ristabilire l’integrità dell’opera d’arte con il rifacimento delle parti mancanti. Uno dei massimi promotori di questa teoria fu il francese Viollet-Le Duc.
Solo più tardi, all’inizio del Novecento si capì che il restauro non poteva prescindere dalla salvaguardia dell’identità storica delle opere d’arte e si capì che non si doveva restaurare l’opera d’arte ma solo la materia dell’opera d’arte.

La Carta di Atene e le sue implicazioni

Nel 1931, le direttive della “Carta di Atene” avevano stabilito l’esigenza del mantenimento delle testimonianze sedimentate nel tempo, con il divieto di “restituzioni integrali” e con l’obbligo di rispettare l’opera storica e artistica del passato senza prescrivere lo stile di alcuna epoca.

Diventa generale la tendenza ad abbandonare le restituzioni integrali e ad evitare i rischi mediante la istituzione di manutenzioni regolari e permanenti atte ad assicurare la conservazione delle opere d’arte. Nel caso in cui un restauro appaia indispensabile in seguito a degradazioni o distruzioni, si raccomanda di rispettare l'opera storica ed artistica del passato, senza proscrivere lo stile di alcuna epoca.

Il restauro come scienza filologica

Così il restauro si avvia a divenire una scienza filologica e storica diretta a ritrovare e rimettere in evidenza il testo originale dell’opera, eliminando alterazioni e sovrapposizioni di ogni genere fino a consentire di quel testo una lettura chiara e storicamente esatta.
Secondo Cesare Brandi, uno dei massimi studiosi di restauro e fondatore di una delle più prestigiose scuole di restauro, l’ICR, la patina, data dal passare del tempo sull’opera, va rispettata e diviene limite invalicabile di una buona pulitura perché è il segno del passaggio del tempo sull’opera. Sarà proprio Brandi che, nel suo libro Teoria del restauro del 1963, darà la definizione di restauro che è valida fino ai giorni nostri descrivendolo come momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte, sia nella sua consistenza fisica che nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della trasmissione al futuro.

Roberto Longhi, famoso storico dell’arte, invece era sfavorevole al riempimento della lacuna (interruzione del tessuto figurativo) che l’Istituto centrale del restauro attuava sistematicamente, inizialmente con la “tinta neutra” e successivamente con una tinta che, rispetto al contesto cromatico, retrocedeva visivamente, tanto da stabilire per essa, un livello più basso rispetto alla superficie del dipinto. Longhi non credeva che questo metodo possa diminuire il disturbo ottico causato dalla caduta del colore e per Longhi andrebbe lasciata “a vista”, affinché l’occhio possa allacciare idealmente fra loro le zone superstiti, restaurandole solo mentalmente.

Da questo momento in poi, il restauro divenne critica d’arte e così anche la collocazione di un’opera in un museo, e perfino l’illuminazione e il fondale su cui l’opera sarà esposta.

Domande da interrogazione

  1. Qual era l'approccio al restauro nell'Ottocento?
  2. Nell'Ottocento, il restauro era inteso come restauro di ripristino, mirato a ristabilire l'integrità dell'opera d'arte con il rifacimento delle parti mancanti, promosso da Viollet-Le Duc.

  3. Come è cambiato l'approccio al restauro nel Novecento?
  4. Nel Novecento, si è compreso che il restauro doveva salvaguardare l'identità storica delle opere, concentrandosi sulla materia dell'opera piuttosto che sul suo rifacimento.

  5. Quali erano le direttive della Carta di Atene del 1931?
  6. La Carta di Atene del 1931 stabiliva il mantenimento delle testimonianze storiche, vietando le "restituzioni integrali" e rispettando l'opera storica e artistica senza prescrivere uno stile specifico.

  7. Qual è la teoria del restauro di Cesare Brandi?
  8. Cesare Brandi definisce il restauro come un momento metodologico di riconoscimento dell'opera d'arte, rispettando la patina del tempo e considerando la sua consistenza fisica e polarità estetica e storica.

  9. Qual era la posizione di Roberto Longhi sul riempimento delle lacune?
  10. Roberto Longhi era contrario al riempimento delle lacune, preferendo che fossero lasciate "a vista" per permettere all'occhio di collegare idealmente le zone superstiti, restaurandole mentalmente.

Domande e risposte

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