Concetti Chiave
- L'assedio di Alesia fu l'ultimo scontro decisivo della guerra tra Romani e Galli, conclusosi con la resa di Vercingetorige a Giulio Cesare nel 52 a.C.
- Giulio Cesare, approfittando delle rivalità tra tribù galliche, riuscì a sottomettere gran parte della Gallia, ma incontrò resistenza da Vercingetorige che unì i popoli gallici contro Roma.
- Alesia, una fortezza nella Gallia orientale, divenne il teatro dell'assedio romano, con Cesare che costruì due linee di fortificazione per isolare i Galli e ridurli alla fame.
- La battaglia finale vide i Romani in difficoltà, ma l'intervento di Cesare con la cavalleria costrinse i Galli a ritirarsi, portando alla resa di Vercingetorige.
- Dopo la vittoria, Cesare represse violentemente i popoli insorti, consolidando il dominio romano sulla Gallia con atti esemplari come il taglio delle mani agli abitanti di Uxellodunum.
Indice
L'assedio di Alesia
Alesia è stato il teatro dell’ultimo scontro della guerra fra i Romani e i Galli. L’assedio di Alesia si concluse intorno al 27 settembre dell’anno 52 a.C. con la resa del capo dei Galli, Vercingetorige, che si consegnò prigioniero a Giulio Cesare. Terminava così la campagna di Gallia che i Romani avevano iniziato sette anni prima. Nell’immaginario collettivo del XIX secolo, soprattutto durante il Secondo Impero e la Terza Repubblica, la battaglia di Alesia occupò un posto di rilievo perché nell’episodio fu visto l’ingresso della Gallia, la futura Francia, nella romanità e nella civiltà. In essa si vide anche una manifestazione della gloriosa resistenza gallica contro l’oppressione e l’invasione.
La campagna di Cesare in Gallia
Nel 58 a.C., Giulio Cesare ricevette dal Senato la missione di conquistare la Gallia, ancora non sotto la dominazione romana. Approfittando delle rivalità esistenti fra le tribù galliche, egli sottomise la maggior parte di esse ed arrivò fino al Reno. Attraversò anche il fiume riuscendo a respingere i Germani sull’altra riva, pur subendo la perdita di un certo numero di effettivi nella cavalleria. Successivamente, si spostò anche in Bretagna (l’attuale Inghilterra) con parecchie legioni. Dopo quattro anni di guerra, Giulio Cesare credette di aver sottomesso la Gallia, ma si sbagliava.
La resistenza di Vercingetorige
Infatti, nel corso del 53 a.C., il giovane Vercingetorige, diventò il capo degli Alvergni, una tribù stanziata nel Massiccio Centrale. Non accettando la sottomissione a Roma, egli fomentò una coalizione di tutti i popoli della Gallia. Cesare spinse il nemico verso il nord, ma quest’ultimo adottò la tattica di distruggere tutto al suo passaggio con lo scopo di ridurre alla fame l’esercito romano. Tuttavia commise l’errore di cedere alle suppliche degli abitanti di Avaricum (la Bourges moderna) che chiedevano che la loro città fosse risparmiata. Cesare riuscì, pertanto, ad impadronirsi della città e a trovarci le vettovaglia di cui aveva bisogno, grazie a cui le legioni poterono riprendere forza. Nella primavera seguente, il generale romano inseguì Vercingetorige fino in Alvergna mentre la rivolta dei Galli andava crescendo a tal punto che gli stessi Edui, tradizionalmente alleati dei Romani, andarono ad ingrossare le file dei ribelli. Nel maggio dell’anno 52, i capo dei Galli, sconfiggendo le legioni nemiche, riuscì a prendere possesso dell’altopiano di Georgovia, una piazzaforte, non lontana dalla moderna Clermont-Ferrand. Forte di questo successo, Vercingetorige dopo essere stato acclamato re riconosciuto di tutti i Galli liberi, decide di attaccare la Gallia Narbonese o “Provincia”, già in mani romane. Giulio Cesare si rese subito conto che avrebbe rischiato di essere accerchiato ed è a questo punto che si inserisce l’episodio della battaglia di Alesia che dette una svolta decisiva alla guerra. Poiché Cesare cercò di precedere Vercingetorige nella sua marcia verso la Gallia Narbonese, i cavalieri galli sferrarono contro di lui un violento attacco che però furono respinti dai cavalieri germani alleati dei Romani e dovettero, pertanto, battere la ritirata.
La battaglia decisiva
La loro fuga disordinata costrinse in capo gallico a rifugiarsi con i suoi 80.000 uomini ad Alesia, una fortezza, situata nell’est della Gallia. Di fronte a lui erano pronte ad attaccare dodici legioni romane, cioè circa 45.000 uomini a cui si aggiungevano parecchie migliaia di ausiliari e di cavalieri germanici. Le forze romane comprendevano anche molti Transalpini, accolti nello speciale corpo detto “allodole (alaudae), dei reparti di Germani in squadre di cavalleria e dei reparti di mercenari cretesi e della Numidia.
La strategia di Cesare
La cittadella è quasi sicuramente da collocare sul monte Auxois, sulle cui falde ora sorge il villaggio di Alise-Sainte-Reine nel dipartimento della Côte-d’Or. Cesare, dopo aver osservato che Alesia era circondata da tutta una serie di colline, decise di organizzare un assedio metodico e molto astuto. L’episodio viene descritto magistralmente da Cesare nel “De bello gallico”. Innanzitutto, egli fece costruire una linea di fortificazione lunga 16 chilometri che riuniva fra di loro tutte le alture con lo scopo di impedire agli assediati di uscire dalla cittadella e ridurli alla fame. Quando si accorse che un altro esercito gallico stava venendo in aiuto a Vercingetorige, rischiando così che i Romani fossero presi in una tenaglia, in meno di un mese, Cesare fece costruire una seconda linea di fortificazioni, esterna alla prima e di cui ancora oggi rimangono delle testimonianze. Fra le due linee, inserì tutta una serie di trappole ben congeniate, grazie alla collaborazione di un esperto tecnico, Mamurra, forse identificabile con Vitruvio. Nel frattempo all’interno della cittadella, i Galli, oppressi dalla scarsità di viveri, decisero di far uscire i malati e le persone anziane che non avrebbero potuto rendere alcun servizio di difesa. Come riferisce Cesare nel De bello gallico, questi espulsi, errando fra le fortificazioni morirono di fame o furono massacrati.
La resa di Vercingetorige
Sottoposti al duplice assalto dei Galli accorsi in aiuto e da quelli usciti da Alesia, i Romani si trovarono in difficoltà e nel momento decisivo della battaglia, Labieno, luogotenente di Cesare, sembrò avere la peggio. Tuttavia, Cesare intervenne con la cavalleria e costrinse tutti i Galli a battere la ritirata. La mancanza di viveri, costrinse Vercingetorige ad arrendersi e a consegnarsi prigioniero al vincitore. Incatenato, egli seguì il suo vincitore per quattro anni nel corso delle sue campagne militari. Inseguito fu imprigionato a Roma per due anni, prima di partecipare alla celebrazione del trionfo di Cesare. La sera stessa del trionfo, fu strangolato nella sua cella (26 settembre dell’anno 46 a.C.). La sottomissione dei popoli insorti fu attuata dal 51 al 50 a.C., con atti di violenta repressione; per esempio, a tutti gli abitanti di Uxellodunum (in Dordogna) che avevano impugnato un’arma contro l’esercito romano, furono tagliate per punizione le mani per dare un esempio che scoraggiasse ulteriori propositi di ribellione.
Domande da interrogazione
- Qual è stato l'esito dell'assedio di Alesia?
- Come Giulio Cesare riuscì a sottomettere la Gallia?
- Quale strategia adottò Vercingetorige contro i Romani?
- Come Cesare organizzò l'assedio di Alesia?
- Qual è stato il destino di Vercingetorige dopo la sua resa?
L'assedio di Alesia si concluse con la resa di Vercingetorige, capo dei Galli, che si consegnò prigioniero a Giulio Cesare, segnando la fine della campagna di Gallia.
Cesare sfruttò le rivalità tra le tribù galliche, sottomettendo la maggior parte di esse e respingendo i Germani oltre il Reno, nonostante alcune perdite nella cavalleria.
Vercingetorige adottò la tattica di distruggere tutto al suo passaggio per ridurre alla fame l'esercito romano, ma commise l'errore di risparmiare Avaricum, permettendo a Cesare di rifornirsi.
Cesare costruì una linea di fortificazione lunga 16 chilometri per impedire agli assediati di uscire e, quando un altro esercito gallico si avvicinò, costruì una seconda linea di fortificazioni per evitare di essere accerchiato.
Dopo la resa, Vercingetorige fu prigioniero di Cesare per quattro anni, poi imprigionato a Roma per due anni, e infine strangolato nella sua cella la sera del trionfo di Cesare.