Concetti Chiave
- I Romani costruirono acquedotti di varie lunghezze, da 8 a 85 chilometri, e altezze che superavano i 60 metri, con una portata giornaliera di 7 milioni di ettolitri d'acqua.
- Il primo acquedotto romano fu costruito da Appio Claudio nel 312 a.C., con successivi sviluppi come l'Acqua Marcia nel 146 a.C. lungo circa 81 chilometri.
- Le costruzioni erano imponenti, spesso situate in luoghi deserti, richiedendo grandi blocchi, molto tempo e numerosa manodopera.
- Gli acquedotti su archi, più economici e vantaggiosi, erano preferiti alle tubature sotterranee, a causa dell'ignoranza del sistema dei vasi comunicanti e dei costi dei materiali metallici.
- L'acqua viaggiava per gravità dalla sorgente, scorrendo in condutture di muratura rivestite di mastice, per arrivare ai castelli di distribuzione nelle città.
Indice
L'arte degli acquedotti romani
I Romani erano particolarmente specializzati nella costruzione degli acquedotti, la cui lunghezza variava da 8 a 85 chilometri, con un’altezza che in alcuni casi superava 60 metri.
L'importanza degli acquedotti
Nella Roma imperiale ne esistevano ben undici, la cui portata era di 7 milioni di ettolitri al giorno: una quantità d’acqua esorbitante, ma dobbiamo considerare che non esistevano rubinetti e si verificava un un continuo sperpero.
Tecniche e materiali di costruzione
Il primo acquedotto fu costruito da Appio Claudio nel 312 a.C., il primo su archi, quello dell’ Acqua Marcia, fu ideato nel 146 a.C.
ed era lungo circa 81 chilometri. Nei territori conquistano ricordiamo quello di Segovia, in Spagna e il Pont du Gard nella Francia meridionale, ma se ne trovano anche in Germania, in Grecia, in Asia Minore e in Africa. Si tratta di costruzioni imponenti e durature nel tempo, spesso costruiti in luoghi assolutamente deserti con una tecnica perfetta, che richiedeva enormi blocchi, molto tempo di lavoro e una mano d’opera numerosa. Prima della civiltà romana, l’acquedotto non esisteva e le popolazioni sia della penisola italiana che della Grecia, si dovevano contentare dell’acqua del posto. Alcuni studiosi ritengono che i Romani preferissero l’acquedotto su archi (invenzione degli Etruschi) a quello con tubature sotterranee perché pare che essi non conoscessero il sistema dei vasi comunicanti. D’altra parte, l’acquedotto in muratura era più comodo e più vantaggioso dal punto di vista economico: il travertino, i mattoni ed il cemento erano materiali di facile impiego e a buon mercato. Invece le tubature metalliche erano costose e malsicure: i Romani non sapevano lavorare la ghisa, il rame e lo stagno erano costosi ed il piombo non era adatto per lunghe condutture.Funzionamento e distribuzione dell'acqua
La presa d’acqua (una sorgente o un corso d’acqua) si trovava quasi sempre in una zona più elevata del luogo in cui l’acqua veniva utilizzata perché il liquido viaggiava per gravità. La conduttura in cui scorreva l’acqua, chiamata specus o canalis era in muratura, rivestita all’interno di un mastice speciale mescolato a cocci finemente tritati. La sezione poteva essere con volta ad arco, rettangolare, con volta triangolare o con volta a a trapezio. Esistevano acquedotti ad un’arcata, a due arcate soprapposte o a tre volte: questo dipendeva dal dislivello del terreno o dalla vallata da attraversare. In taluni tratti, l’acquedotto correva interrato ed era sospeso solo in presenza di depressioni del terreno, di conche od avvallamenti.
Al punto di arrivo, di solito alla periferia di una grande città, l’acqua si riversava in grandi serbatoi, chiamati castelli di distribuzione, da cui partivano delle tubature, nel primo tratto di bronzo e successivamente di piombo per condurla alle fontane pubbliche, alle case dei ricchi o alle terme.
Domande da interrogazione
- Quali erano le caratteristiche principali degli acquedotti romani?
- Perché i Romani preferivano gli acquedotti su archi rispetto a quelli con tubature sotterranee?
- Come funzionava il sistema di distribuzione dell'acqua negli acquedotti romani?
- Quali erano le tecniche costruttive utilizzate per gli acquedotti romani?
Gli acquedotti romani variavano in lunghezza da 8 a 85 chilometri e potevano superare i 60 metri di altezza. Erano costruzioni imponenti e durature, spesso situate in luoghi deserti, e richiedevano grandi blocchi, molto tempo e numerosa manodopera.
I Romani preferivano gli acquedotti su archi perché erano più economici e pratici. I materiali come travertino, mattoni e cemento erano facilmente disponibili e a buon mercato, mentre le tubature metalliche erano costose e meno sicure.
L'acqua veniva prelevata da una sorgente o corso d'acqua situato in una zona elevata e viaggiava per gravità attraverso condutture in muratura. All'arrivo, l'acqua si riversava in grandi serbatoi chiamati castelli di distribuzione, da cui partivano tubature per distribuirla alle fontane pubbliche, case dei ricchi e terme.
Gli acquedotti romani utilizzavano una conduttura chiamata specus o canalis, rivestita internamente con un mastice speciale. La sezione poteva avere diverse forme, e gli acquedotti potevano avere una o più arcate, a seconda del dislivello del terreno. In alcuni tratti, l'acquedotto correva interrato.